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Dipende dal valore dato alle certezze quotidiane

Nel documento Dubbi filosofici e certezze quotidiane (pagine 109-112)

Un dubbio paradossale

Esempio 2: -studiando gli scettici Quando studio i testi degli scettici non

1. Dipende dal valore dato alle certezze quotidiane

Tutti quanti i nostri autori, nei brani che abbiamo osservato, mettono in luce la validità di alcune certezze quotidiane che sembrerebbe proprio condividiamo tutti quanti e che riteniamo concordemente che solo una persona fuori di senno metterebbe in discussione, tanto inevitabile ci appare il doverle affermare. Soltanto che i vari pensatori hanno diverse opinioni riguardo al motivo per cui tali certezze sono così lampanti ed indiscusse:

per gli uni sono credenze vere e giustificate, sono inequivocabilmente conoscenze, ed è proprio perché lo scetticismo dubita che si possa affermare senza ombra di dubbio se siano Vere che vacilla nel quotidiano;

per gli altri sono imprescindibili nel nostro vivere e semplicemente non potremmo metterle in discussione perché sono frutto dell’abitudine (Hume), sono ciò che ci consente di agire (Peirce), sono i binari seguiti da tutto il nostro linguaggio (Wittgenstein). Dall’imprescindibilità che hanno per noi non ricaviamo che sono Vere, ma il ruolo che rivestono va ben al di là del Vero perché consentono la vita. Per questo motivo le certezze hanno la preminenza sul dubbio filosofico nel momento del confronto, se il confronto avviene nella vita di tutti i giorni.

Per Moore e Reid le certezze del senso comune che sono indubitabili sono conoscenze

in senso classico: noi le crediamo, abbiamo motivo di farlo e corrispondono al Vero.

Per gli autori del secondo gruppo invece le certezze di senso comune, di cui non si può dubitare nel quotidiano, sono certezze che ci danno una conoscenza pragmatica e

108 Chi ritiene che conoscere significhi:

in tutti i casi conoscere la Verità, allora non può accettare che lo scetticismo sia plausibile, nemmeno a livello teorico, perché non smentire la critica scettica e non decretarla inequivocabilmente errata significa lasciare uno spiraglio di distruzione di tutte le nostre conoscenze, che sono tali solo se colgono la realtà;

semplicemente saper agire quando lo usiamo nel discorso quotidiano, non sentirà lo scetticismo particolarmente come una minaccia visto la critica che quest’ultimo avanza riguarda la conoscenza come credenza vera giustificata, e quest’ultima non importa un gran che nell’agire.

Solo perché gli autori considerati nel capitolo 4 rivalutano la concezione di conoscere in termini differenti da quelli classici possono accantonare lo scetticismo e ritenere che questo sia più che sufficiente a salvaguardare la conoscenza del quotidiano. Se Hume, Peirce, Wittgenstein e i contestualisti ritenessero che le certezze che abbiamo siano

credenze, vere e giustificate non si accontenterebbero di spingere lo scetticismo in un

angolo per difendere la conoscenza, ma, al contrario, non si darebbero pace finché non lo avessero sconfitto anche sul piano filosofico.153 I filosofi che difendono la conoscenza della vita di tutti i giorni semplicemente facendo presente che lo scetticismo è “solo” teorico, e che pensano davvero che questo basti, hanno una concezione di conoscenza diversa da quella della conoscenza che lo scetticismo minaccia per davvero. Per etichettare la posizione di C è calzante l’espressione “pessimismo epistemologico”, che Rosaria Egidi usa per riferirsi, ad esempio, al Wittgenstein dei pensieri contenuti in Della Certezza:

“Al contrario dello scetticismo filosofico, che è essenzialmente giustificaszionista e fondazionalista, il pessimismo epistemologico riconosce un uso di conoscere o sapere che, essendo non-filosofico o pre-filosofico, ci consente di dire <<io so o conosco che p>> senza pena di cadere in errore e restando immuni dall’attacco dello scettico. Un buon esempio di pessimista

153 La battaglia sul piano filosofico è stata ingaggiata da quei pensatori che hanno evidenziato errori

logici e di fondo negli argomenti scettici, e che abbiamo rappresentato nell’introduzione con il personaggio che ha per nome la lettera D.

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epistemologico e non tuttavia di filosofo scettico è Wittgenstein, che può annoverarsi tra coloro che hanno lanciato la sfida antiscettica elaborando una versione della “certezza” che è esente […] dai presupposti fondazionalistici propri delle concezioni tradizionali, e che pertanto cade fuori dal contesto della giustificazione razionale”.154

Per i pensatori secondo cui la conoscenza che importa non si basa su una giustificazione ultima, lo scetticismo non fa danni di cui ci si dovrebbe preoccupare, perché esso dubita che si possa disporre di giustificazioni ultime. Peirce, ad esempio, concorda con Agrippa: non si può giustificare la conoscenza, dato che se si provasse si incorrerebbe in un regresso infinito; tuttavia, spiega Massimo Dell’Utri, per Peirce questo non è un problema, perché è assolutamente legittimo fermarsi ad un certo stadio del regresso ed assumere come conoscenza il punto da cui di fatto si parte. In questo modo:

“Lo scetticismo viene accantonato non in virtù di una sua confutazione diretta, ma grazie ad una critica della concezione gnoseologica che lo sorregge, una concezione che considera degno del nome di “conoscenza” solo ciò che è certo e ben fondato”.155

Per Hume, Peirce e Wittgenstein, come per Moore e Reid, noi non possiamo fare a meno di credere certe cose e non le potremmo mai mettere davvero in discussione: non ne possiamo dubitare in pratica, perché la certezza ci vince (vince anche la volontà dello scettico); ma nemmeno razionalmente, perché ogni nostro ragionare le dà per scontate. Soltanto che, per i primi, dal fatto che abbiamo credenze indubitabili non segue che siano Vere, mentre per Moore e Reid sarebbe proprio così.

La differenza tra i nostri soliti personaggi B e C è che ciò che non possiamo fare a meno

di credere:

154 Egidi, R., “Pessimismo epistemologico e certezza”, in De Caro, M., e Spinelli, E., Scetticismo. Una

vicenda filosofica, Carocci, Roma 2007, pp.173-174.

155

Dell’Utri, M., “Scetticismo e fallibilismo”, in De Caro, M., e Spinelli, E., Scetticismo. Una vicenda filosofica, Carocci, Roma 2007, p.155.

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- per B coincide con la Verità, e anche se non si può spiegare perché lo si sa che è così;

- per C va preso d’atto (come già facciamo nella pratica) anche in filosofia, ma ciò non impedisce che alcuni si possano addentrare in elucubrazioni che hanno valore solo sulla carta, come lo scetticismo.

2. Dipende da quanto spazio si concede ad una teoria che sottovaluta il

Nel documento Dubbi filosofici e certezze quotidiane (pagine 109-112)