1. Il quadro storico e normativo all’interno del quale è stata elaborata la Direttiva 2011/24/UE; 2. L’iter di approvazione della direttiva; 3. Definizioni e ambiti di applicazione della direttiva “pazienti”; 4.1. Il campo di applicazione oggettivo: la definizione di assistenza sanitaria e i settori esclusi; in particolare, il problema delle cure di lunga durata; 3.2. Il campo di applicazione soggettivo e l’individuazione dello “Stato membro di affiliazione”; 4. La disciplina della previa autorizzazione al rimborso delle cure transfrontaliere; 4.1. Le categorie di cure che possono essere subordinate al requisito dell’autorizzazione preventiva; 4.2. I casi in cui la concessione dell’autorizzazione preventiva può o non può venire rifiutata; 4.3. La previsione di ulteriori margini di limitazione alla libera circolazione dei pazienti; 4.4. La previa autorizzazione sotto il profilo procedurale; 5. La determinazione del rimborso delle cure transfrontaliere; 6. Embrionali aspetti di armonizzazione in materia di sanità all’interno dell’Unione europea; 6.1. Le competenze rispettive degli Stati membri di cura e di affiliazione, gli obblighi informativi e i punti di contatto nazionali; 6.2. Il principio di non discriminazione ed il diritto di accesso del singolo alle prestazioni di assistenza sanitaria in un altro Stato membro; 7. Il rapporto tra regolamento 883/2004 e direttiva “pazienti”; 8. Le misure di cooperazione in materia di assistenza sanitaria; 8.1. Mutua assistenza e cooperazione; 8.2. Il riconoscimento delle prescrizioni rilasciate in un altro Stato membro; 8.3. Le “reti di riferimento europee” e le malattie rare; 9. Notazioni conclusive sul sistema di assistenza sanitaria transfrontaliera delineato dalla direttiva “pazienti”
1. Il quadro storico e normativo nell’ambito del quale è stata elaborata la Direttiva 2011/24/UE
Accanto alla produzione giurisprudenziale della Corte di giustizia dell’ultimo decennio, un ruolo centrale in materia di assistenza sanitaria è stato giocato della Commissione, già a partire dagli anni ’90, attraverso l’utilizzo sia dei tradizionali strumenti del diritto comunitario, sia dei nuovi strumenti di governance sviluppatisi nel settore sociale1.
1 In realtà il ruolo della Commissione nei moderni processi di governance tende ad essere sottostimato in dottrina, cfr. D. WISCOTT, Looking Forward or Harking Back? The Commission and the Reform of
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A dispetto dell’esistenza di competenze comunitarie molto limitate la Commissione ha infatti coordinato nel corso degli anni innumerevoli iniziative in tema di sanità pubblica, ricorrendo prevalentemente a meccanismi di soft law2.
Alle tecniche di governance tradizionali dell’Unione possono ricondursi le ipotesi di regolamentazione della materia attraverso atti normativi: tra questi si annoverano i plurimi interventi emendativi che hanno interessato il regolamento 1408/71, le direttive sulla libera circolazione dei servizi e sulla libera circolazione delle professioni mediche3, ivi compresi gli aspetti di mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali, l’estensione all’ambito della salute della direttiva sulla protezione dei dati personali4.
Una diversa tecnica volta a valorizzare le limitate prerogative dell’Unione in materia di sanità pubblica è rappresentata dall’utilizzo di fondi comunitari ai fini della raccolta e della divulgazione di dati relativi alla sanità; l’utilizzo dei fondi di coesione e strutturali dell’Unione è stato peraltro preso in considerazione anche in relazione ad investimenti per il potenziamento delle infrastrutture sanitarie e per lo sviluppo delle abilità e delle capacità professionali del personale sanitario impiegato5.
Le questioni relative all’assistenza sanitaria hanno quindi costituito oggetto privilegiato di quel “metodo di coordinamento aperto” introdotto nel quadro della politica dell’occupazione e che, già indicato dalla Strategia di Lisbona quale strumento altamente indicato a consentire l’integrazione tra le politiche sociali dell’Unione e le nuove strategie economiche emergenti, ha reso possibile una
una valutazione critica verso questa tendenza e per una lettura del ruolo centrale della Commissione europea rispetto allo sviluppo delle politiche comunitarie vedi invece E.M. SZYSZCZAK, Patients’
Rights: A Lost Cause or Missed Opportunity?, in M. KRAJEWSKI, U. NEERGAARD, J. VAN DE
GRONDEN, Health Care and EU Law, The Hague, 2010, p. 113.
2 Tra i primi documenti della Commissione in materia cfr. Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sullo sviluppo della politica della sanità pubblica nella Comunità europea, del 15 aprile 1998, COM (1998) 230 def.; decisione n. 1786/02/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che adotta un programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008), in GUCE n. L 271 del 9 ottobre 2002, p. 1.
3 Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sui servizi nel mercato interno, in GUCE n. L 376 del 27 dicembre 2006, p. 136, e Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, cit.
4 Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di
tali dati, in GUCE n. L 281 del 23 novembre 1995, p. 31.
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Commissione europea, Processo di riflessione di alto livello sulla mobilità dei pazienti e sugli sviluppi dell’assistenza sanitaria nell’Unione europea, del 9 dicembre 2003, HLPR/2003/16, p. 11.
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generale opera di modernizzazione della protezione sociale6; in tale contesto la salute umana viene vista come uno stato di benessere fisico e mentale necessario ad una vita piacevole, costruttiva e produttiva, caposaldo di ogni forte e prosperosa economia e principio condiviso da tutte le democrazie europee7.
In tale prospettiva le limitate competenze dell’Unione nel settore della salute sono state declinate secondo un approccio dell’open method of coordination abbastanza timido e leggero (e opportunamente definito light8), ma non per questo meno efficace: esso opera attraverso la creazione di network più o meno strutturati, costituiti da portatori di diversi interessi impegnati in un costante dialogo multilivello, attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti, pubblici e privati, e nell’ottica di una cooperazione tra gli Stati e del coordinamento dei loro interventi9.
È stato nell’ambito del contesto ora descritto che si è gradualmente innestata la consapevolezza, stimolata anche dagli interventi interpretativi della Corte, che, per quanto il Trattato comunitario preveda che l’azione comunitaria debba svolgersi nel
6 Come noto il metodo di coordinamento aperto (open method of coordination), contemplato dall’art. 156 TFUE e particolarmente utilizzato negli ambiti che rientrano nella competenza degli Stati membri quali l’occupazione, la protezione sociale, l’inclusione sociale, l’istruzione, la gioventù e la formazione, delinea un nuovo quadro di cooperazione tra gli Stati membri volto a far convergere le politiche nazionali al fine di realizzare certi obiettivi comuni; tali meccanismi intergovernativi si basano in particolare sulla definizione congiunta degli obiettivi da raggiungere e degli strumenti di raffronto (statistiche, indicatori, linee guida), sull’analisi comparativa, da parte degli stessi Stati coinvolti, dei risultati raggiunti (benchmarking e peer pressure) e sullo scambio di pratiche ottimali, sotto la costante sorveglianza della Commissione.
7 Tali valutazioni sono state espresse tra l’altro da David Byrne, Commissario europeo per la salute e la politica dei consumatori, nel suo paper dal titolo “Enabling Good Health for all. A reflection process
for a new EU Health Strategy” 15 luglio 2004, reperibile in http://ec.europa.eu/health/ph_overview/ Documents/byrne_reflection_en.pdf.
8 E.M. SZYSZCZAK, Patients’ Rights: A Lost Cause or Missed Opportunity?, cit., p. 113.
9 E.M. SZYSZCZAK, Experimental Governance: the Open Method of Coordination, in European Law Journal, 2006, 12.
Tra gli interventi di soft law prodotti dalla Commissione, la quale svolge un ruolo di costante supervisione nell’ambito delle consultazioni e delle riunioni di studio, ove si confrontano autorità, esperti nazionali e stakeholders, nonché un ruolo di analisi e raffronto dei risultati conseguiti, possono menzionarsi:
− Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sullo sviluppo della politica della sanità pubblica nella Comunità europea, del 15 aprile 1998, cit.
− Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni sulla strategia della Comunità europea in materia di sanità, del 16 maggio 2000, COM (2000) 285 def.
− Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, Il futuro dei servizi sanitari e dell’assistenza agli anziani: garantire accessibilità, qualità e sostenibilità finanziaria, del 5 dicembre 2001, COM (2001) 723 def.
− Decisione n. 1786/02/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che adotta un programma d’azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008), cit.
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pieno rispetto delle responsabilità degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica, altri sviluppi, come quelli che riguardano il mercato interno, esercitino inevitabilmente una concreta influenza sui sistemi di protezione sociale nazionali.
Nel dicembre 2001 un Comitato di alto livello per la Sanità ha riferito alla Commissione circa l’impatto esercitato sugli ordinamenti normativi nazionali dalle sentenze Kohll, Decker e Smits-Peerbooms.
Le conclusioni conseguite da tale Comitato in tema di mobilità transfrontaliera10 sono state in seguito oggetto di discussione nell’ambito del seminario ministeriale sulla salute svoltosi a Malaga l’8 febbraio 200211 e della riunione del Consiglio Sanità tenutasi a Lussemburgo il 26 giugno 200212, all’esito della quale il Consiglio ha sollecitato la Commissione a condurre un “processo di riflessione ad alto livello” in stretta cooperazione con il Consiglio stesso e con tutti gli Stati membri.
Dopo aver pubblicato, nel luglio 2003, e sulla scorta delle risposte fornite dagli Stati membri, una relazione di sintesi sull’applicazione a livello nazionale della giurisprudenza della Corte in materia di rimborsi dei costi dei servizi medici sostenuti in un altro Stato membro13, la Commissione ha dunque nuovamente riunito al massimo livello i Ministri della Salute ed i rappresentanti di interessi di categoria nel settore della sanità14, i quali, condividendo la necessità di rafforzare la cooperazione europea al fine di promuovere le possibilità di accesso ad un’assistenza sanitaria di elevata qualità preservando nel contempo i principi fondamentali di universalità, equità, solidarietà e sostenibilità finanziaria qualificanti i sistemi sanitari di tutti i Paesi dell’Unione, hanno elaborato 19 raccomandazioni15, alle quali la Commissione
10 Raccolte in una relazione del 17 dicembre 2001 sul mercato interno e i servizi sanitari.
11 Una ulteriore riunione informale dei Ministri europei della Salute sul tema “La salute in Europa: circolazione dei malati” si è tenuta a Minorca dal 31 maggio al 1° giugno 2002.
12 http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/lsa/71399.pdf, p. 11.
13 Commissione europea, Report on the application of internal market rules to health services implementation by the member states of the court’s jurisprudence, del 28 luglio 2003, SEC(2003) 900. 14
In particolare i rappresentanti dell’Associazione Internazionale Mutue (AIM), del Comitato Permanente degli Ospedali dell’UE (CPME), dell’Associazione Europea di Gestione della Salute (EHMA), del Forum Europeo dei Pazienti (EPF), dei Partner Europei di Assicurazione Sociale (ESIP), del Comitato Permanente dei Medici Europei (CPME) e del Parlamento europeo.
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Commissione europea, Processo di riflessione di alto livello sulla mobilità dei pazienti e sugli sviluppi dell’assistenza sanitaria nell’Unione europea, del 9 dicembre 2003, cit.
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ha quindi risposto con altrettante proposte e impegni programmatici contenuti in una propria successiva comunicazione16.
Il sopra citato “processo di riflessione ad alto livello” ha prodotto, nel dicembre 2003, un report, dal quale si evince come all’epoca i diritti e doveri dei pazienti, la protezione dei dati personali, l’accessibilità all’assistenza sanitaria e la qualità dei servizi offerti fossero temi emergenti all’interno di un’ormai delineata agenda
europea riguardante le politiche dell’Unione nel settore della salute;
contemporaneamente nel 2002, nell’ambito dell’Active Citizenship Network, comprendente circa 80 organizzazioni di cittadini di 30 Paesi europei con lo scopo di contribuire allo sviluppo della cittadinanza attiva in Europa, è stata elaborata la “Carta europea dei diritti del malato”, che proclama solennemente 14 diritti inalienabili del paziente che ogni paese dell’Unione dovrebbe tutelare e garantire17.
La Commissione europea ha così ricostruito l’impatto esercitato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia sugli ordinamenti degli Stati membri rilevando come l’applicazione dei diritti economici nel campo della libera circolazione dei trattamenti medico-sanitari fosse ancora scarsa: ad esempio molti Paesi, basandosi unicamente sull’art. 20 del regolamento 883/2004, continuavano a condizionare qualsiasi spostamento dei propri affiliati verso un altro Stato membro per motivi di salute all’ottenimento di una previa autorizzazione alle cure, giungendosi in taluni casi ad escludere qualsiasi rimborso in presenza di cure ospedaliere o di servizi sanitari nazionali basati sull’offerta di prestazioni in kind da parte di operatori pubblici o convenzionati.
L’organo comunitario era dunque consapevole che la limitata competenza europea a legiferare nelle materie correlate alla salute avrebbe dovuto quanto prima confrontarsi con le emergenti questioni relative all’assistenza sanitaria transfrontaliera e alla mobilità dei pazienti.
16 Comunicazione della Commissione, Seguito del processo di riflessione di alto livello sulla mobilità dei pazienti e sugli sviluppi dell’assistenza sanitaria nell’Unione europea, del 20 aprile 2004, COM (2004) 301.
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In tale documento vengono sanciti il diritto a misure preventive, il diritto all’accesso, il diritto all’informazione, il diritto al consenso, il diritto alla libera scelta, il diritto alla privacy e alla confidenzialità, il diritto al rispetto del tempo dei pazienti, il diritto al rispetto di standard di qualità, il diritto alla sicurezza, il diritto all’'innovazione, il diritto a evitare sofferenze e dolore non necessari, il diritto ad un trattamento personalizzato, il diritto al reclamo e il diritto al risarcimento. Cfr. http://www.cittadinanzattiva.it/files/corporate/europa/carta/carta_europea_diritti_malato.pdf
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Un elemento di debolezza dell’analisi della Commissione rispetto alla lettura dei servizi sanitari in chiave economica è rappresentato tuttavia dalla mancata sufficiente considerazione del fatto che l’assistenza sanitaria presenta natura e caratteristiche differenti rispetto a qualsiasi altro servizio sociale di interesse generale: essa si presenta infatti come una attività delicata e complessa, strettamente connessa ai valori della dignità e della riservatezza della persona, fondata sul rapporto di fiducia tra medico e paziente nonché sulla competenza, professionalità e sul rigore morale del soggetto erogatore delle prestazioni. Ne consegue che nella stragrande maggioranza dei casi i trattamenti medici garantiscono i migliori risultati quando vengono ricevuti dal paziente in un ambiente conosciuto e familiare, attraverso l’interazione con professionisti che comunicano nella stessa lingua e potendo godere del sostegno e della vicinanza delle persone care18.
A conferma di tali conclusioni le consultazioni disposte dalla Commissione hanno evidenziato come la portata economica della mobilità transfrontaliera nell’ambito degli Stati membri possa stimarsi in un importo non superiore all’1% delle spese complessive nel campo della sanità, ivi comprese le spese per cure ricevute per malattie insorte inaspettatamente durante soggiorni di piacere all’estero; solo nelle regioni di confine, ad esempio nei rapporti tra Paesi Bassi e Germania o nel caso del Granducato di Lussemburgo, si è riscontrato un flusso finanziario superiore all’1%; anche successivamente, nel 2008, in sede di valutazione circa l’impatto provocato dalla direttiva in esame, i dati dell’Eurobarometro evidenziavano come solo il 4% degli intervistati avessero ricevuto trattamenti sanitari all’estero.
Al sopra menzionato report del Gruppo di riflessione ad alto livello, del dicembre 2003, è seguita una comunicazione dell’aprile dell’anno successivo con la quale la Commissione ha definito l’agenda delle future azioni dell’Unione in relazione alle suddette problematiche, fondata sul miglioramento degli obblighi informativi
18 Da un’analisi condotta nel Regno Unito, ove dal 2006 il sistema prevede che l’affiliato al servizio sanitario nazionale possa scegliere tra tre o quattro strutture ospedaliere ai fini dell’accesso alle cure, con una procedura di ricorso laddove tale facoltà non venga garantita, è emersa una chiara e prevalente tendenza ad operare la scelta del sanitario cui rivolgersi basandosi sulla reputazione della struttura o sulla propria precedente esperienza (56%), sulle informazioni ricevute da parenti e conoscenti (52%) ovvero sull’opinione e sui consigli dispensati dal medico di medicina generale (13%), trascurando totalmente di richiamarsi a dati obiettivi di qualità raccolti e rielaborati a fini statistici e relativi al tasso di mortalità, alla pulizia, alla sicurezza etc.
Cfr. R. ROBERTSON-A. DIXON, Choice at the Point of Referral. Early Results of a Patient Survey, TheKingsFund, London, 2009, nonché Patients Don’t Use Quality Measures when Choosing a
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riguardanti i diritti dei pazienti in tema di assistenza sanitaria transfrontaliera, sull’implementazione degli strumenti di coordinamento aperto in vista della riforma della materia, sulla delineazione di un piano d’azione per quanto concerne la sanità elettronica e sulla creazione di un gruppo permanente di studio e consultazione ad alto livello destinato a stimolare e a coordinare le politiche europee incidenti sulla sanità pubblica19.
Una prima occasione utile di intervento normativo nel settore si è presentata alla Commissione in sede di elaborazione della proposta di direttiva volta a regolamentare i servizi del mercato interno (c.d. direttiva “servizi”), attraverso l’introduzione di un articolo specificamente dedicato ai servizi sanitari e con il dichiarato intento di chiarire i casi nei quali uno Stato membro può sottoporre ad autorizzazione il rimborso delle cure sanitarie prestate all’interno di un altro Stato membro20.
Sebbene la previsione normativa fosse senz’altro limitata, occorre tuttavia riconoscere come essa rappresentasse un’iniziativa coraggiosa e significativa della Commissione, volta a stimolare un processo di creazione di più ampi spazi di mercato anche per i servizi di assistenza sanitaria, evidenziandone apertamente il carattere economico21.
Nell’intento di trasfondere e consolidare la giurisprudenza della Corte nell’ambito di un testo legislativo, elevando il principio di libera circolazione dei servizi a diritto di cittadinanza, la Commissione ha sottovalutato le resistenze e ostilità che
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Comunicazione della Commissione, Seguito del processo di riflessione di alto livello sulla mobilità dei pazienti e sugli sviluppi dell’assistenza sanitaria nell’Unione europea, del 20 aprile 2004, cit. 20 Commissione europea, Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno, del 25 febbraio 2004, COM (2004) 2 def.
Art. 23 Assunzione degli oneri finanziari delle cure sanitarie
1. Gli Stati membri non possono subordinare al rilascio di un’autorizzazione l’assunzione degli oneri finanziari delle cure non ospedaliere fornite in un altro Stato membro se gli oneri relativi a tali cure, qualora quest’ultime fossero state dispensate sul loro territorio, sarebbero stati assunti dal loro sistema di sicurezza sociale.
Le condizioni e le formalità a cui gli Stati membri sottopongono sul loro territorio la concessione di cure non ospedaliere, quali in particolare l’obbligo di consultare un medico generico prima di uno specialista o le modalità di copertura di determinate cure dentistiche, possono essere opposte al paziente, al quale le cure non ospedaliere sono state fornite in un altro Stato membro.
2. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorizzazione per l’assunzione da parte del loro sistema di sicurezza sociale degli oneri finanziari delle cure ospedaliere fornite in un altro Stato membro non sia negata qualora tali cure figurino fra le prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro di affiliazione e non possano essere dispensate al paziente entro un termine accettabile, dal punto di vista medico, tenuto conto del suo attuale stato di salute e del probabile decorso della malattia.
3. Gli Stati membri provvedono affinché l’assunzione da parte del loro sistema di sicurezza sociale degli oneri finanziari delle cure sanitarie fornite in un altro Stato membro non sia inferiore a quella prevista dal loro sistema di sicurezza sociale per cure analoghe fornite sul territorio nazionale.
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l’inclusione di una vasta gamma di servizi strettamente correlati alla persona all’interno dei servizi di natura economica, avrebbe potuto segnare presso vari settori sociali a livello nazionale: significativa al riguardo è stata la creazione, in Francia, del collectif ssig-fr, raggruppamento di cittadini che, unitamente ad altre organizzazioni civiche e sociali, attraverso apposite campagne informative ed incontri di studio, ha contribuito ad accrescere la consapevolezza circa l’impatto che la norma controversa avrebbe potuto esercitare sui servizi sociali e si è battuto con successo al fine di escludere tutta una serie di servizi strettamente correlati al welfare ed ai bisogni primari della persona dall’ambito di applicazione della direttiva “servizi”22.
Alla luce delle diffuse proteste e perplessità il Consiglio e il Parlamento europeo hanno pertanto provveduto ad eliminare dal testo finale il controverso art. 23 contenuto nella proposta iniziale23, in particolare il Parlamento propendeva per l’approvazione di un elenco più ampio di diritti del paziente, sviluppando peraltro