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Nei capitoli precedenti del presente elaborato, sono state fatte alcune considerazioni, tenendo conto dei risvolti che la novella disciplina contabile e fiscale ha avuto anche dal punto di vista del contenzioso tributario. In ragione di ciò sembra opportuno fare un breve cenno a quella che è la normativa che disciplina il processo tributario e quindi capire quali sono le parti costituite in giudizio, come si svolge e a chi compete la giurisdizione, facendo particolare attenzione soprattutto alle tipologie di prove che rappresentano il fulcro del contenzioso tributario. Infatti, essendo gli strumenti finanziari derivati degli elementi positivi o negativi che vanno a formare il reddito di una società, è importante osservare le regole contabili e fiscali al fine di ottemperare i propri doveri verso l’Amministrazione finanziaria ed evitare inconvenienti come il recapito di un avviso di accertamento. Nel momento in cui però, un soggetto passivo sia chiamato a rispondere di una possibile violazione tributaria che ha come oggetto il mancato o parziale pagamento derivante da un contratto derivato egli, dovrà dimostrare attraverso determinate prove documentali quali ad esempio le scritture contabili, la regolarità dell’adempimento degli obblighi sostanziali e/o formali e conseguentemente l’inesattezza della pretesa

Il processo tributario è un procedimento giurisdizionale, che ha per oggetto le controversie di natura tributaria ed è regolato dal decreto legislativo n. 546/1992, il quale, all'articolo 1, comma 2, stabilisce che: “i giudici tributari

applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”.

Le parti coinvolte nel processo tributario sono generalmente due: l’amministrazione finanziaria (parte resistente) e il contribuente (ricorrente) ma, ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. n. 546, possono costituire parti nel processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al contribuente-ricorrente anche l’ufficio dell’Agenzia delle entrate o dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, di altri enti impositori come ad esempio la regione, la provincia, la camera di commercio, ecc.) e dell’agente della riscossione che ha emesso l’atto impugnato o non ha emesso l’atto richiesto.

Nel contesto tributario la parte resistente coincide con quello che è normalmente l’attore di un qualsiasi processo ed è colui che avvia il procedimento giudiziario con la notifica di un atto introduttivo che contiene la domanda indirizzata al giudice. Quindi è quel soggetto che avanza un diritto e in ragione di ciò deve fornire adeguate prove che generalmente sono costituite da documenti. Il ricorrente invece è quel soggetto contro il quale viene intrapreso il processo e impugna l’atto impositivo che l’ha gravato e prende il nome di convenuto. Non sempre corrisponde al contribuente inciso dal tributo (si pensi al coobbligato dipendente o al sostituto d’imposta).

Il processo tributario avviene sotto la competenza delle Commissioni tributarie che ai sensi del D.Lgs. n. 545/1992 sono classificate in:

 Commissioni tributarie provinciali, per il primo grado di giudizio (con sede nei capoluoghi di provincia);

 Commissioni tributarie regionali, per il secondo grado (con sede nei rispettivi capoluoghi di regione).

Secondo il D.Lgs. n. 545/1992 la giurisdizione delle commissioni tributarie annovera “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e

specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio”.

Nel processo tributario possono essere compiute:

 Azioni di impugnazione, volte all’annullamento totale o parziale di uno degli atti indicati nell’art. 19, D.Lgs. n. 546;

 Azioni di condanna, per ottenere un rimborso a seguito del non accoglimento di un’istanza di rimborso.

La giurisprudenza considera applicabile anche nel processo tributario l’art. 2697 c.c., “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne

costituiscono il fondamento”. Generalmente è il fisco che avanza una pretesa

verso il contribuente (o chi per esso) quindi, ad esso incombe l’onere di fornire la prova. Mentre l’onere della prova di dimostrare la regolarità del pagamento dei tributi e/o l’applicabilità di un’esenzione o di una norma agevolativa e nei processi di rimborso si ritiene gravi sul contribuente (convenuto). Inoltre, l’onere della prova grava sull’Amministrazione finanziaria anche quando questa afferma l’inesistenza di costi dedotti e documentati dal contribuente e quando è contestata la legittimità formale di un provvedimento emanato dall’Amministrazione stessa.152 Quindi si può notare come in linea generale il

contribuente (o il sostituto d’imposta) sia quasi sempre il convenuto mentre il fisco vesta la parte dell’attore.

In primo luogo spetta alle parti fornire le prove necessarie a decidere sui fatti controversi.

Nel processo tributario le prove prodotte e/o acquisite possono essere:  prove documentali, e specificatamente: atti pubblici, scritture private

 presunzioni: conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato (art. 2727 c.c.);

 confessioni (prestate direttamente dalla parte)  dichiarazioni di terzi (con valore limitato).

L’art. 7, co. 4, del D.Lgs. n. 546 stabilisce l’inammissibilità sia del giuramento, sia della testimonianza nel processo tributario. 153

Tuttavia, è possibile che in alcuni casi il materiale probatorio fornito dalle parti non sia sufficiente perché la commissione possa giungere ad una decisione. In tali casi il giudice può emanare un’ordinanza con cui esercita i (limitati) poteri istruttori individuati dall’art. 7 del D.Lgs. n. 546:

“Le commissioni tributarie, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle

parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all'ente locale da ciascuna legge d'imposta” inoltre “quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell'amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica”.

I fatti rilevanti per decidere l’esito di un processo sono delimitati dai motivi dell’atto e dal ricorso, infatti solo all’interno di questi sono eventualmente consentite ulteriori specificazioni, attraverso le successive difese delle parti. La Commissione tributaria non può ricercare fatti ulteriori, rispetto a quelli dedotti dalle parti, per prevenire ad una decisione più conforme alla verità “materiale”. Un’indagine “esplorativa” per scoprire ulteriori fatti non dedotti dalle parti non rientra nei compiti del giudice.154 Pertanto, le commissioni tributarie possono disporre accessi e ispezioni, richiedere dati, informazioni e chiarimenti, richiedere relazioni tecniche e conoscitive ad organi dello Stato e nominare un consulente tecnico d’ufficio.

153 T.Baglione, S.Menchini, M.Miccinesi op. cit. p. 84-92.

Come detto in precedenza questo intervento si rende necessario al fine di comprendere quali siano, nell’ambito di un contenzioso tributario, le prove che possono essere prodotte dalle parti nella fase istruttoria avvalendosi anche di commissari tecnici che effettuino specifiche valutazioni e analisi. Nel secondo capitolo della tesi, sono state evidenziate quali sono le regole contabili e qual è la documentazione avente ad oggetto gli strumenti finanziari derivati che potrebbero interessare il processo tributario. Mentre nel terzo capitolo si è fatto ugualmente sotto il profilo fiscale.