• Non ci sono risultati.

A questo punto è necessario effettuare un chiarimento sulla compe- tenza del diritto UE in merito alla sicurezza, sia pure solo per rapidi accenni.

Se la direttiva pregressa registrava, tra i considerando, l’incom- petenza dell’ordinamento UE nel campo della pubblica sicurezza, affidando, per tali casi, esclusivamente agli Stati membri il potere di dettare ‘eventuali deroghe’ alle norme sul trattamento, nel Rego- lamento attuale si prende atto delle modifiche dell’atto istitutivo, intervenute in particolare col trattato di Lisbona. Oggi, all’art. 4, lo “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” è attribuito – quale fine fon- damentale dell’UE – alla competenza concorrente UE sia anche non intendendosi sottrarre, ai sensi dell’art 72 del Trattato medesimo, il mantenimento della sicurezza interna “all’esercizio delle respon- sabilità incombenti agli Stati membri”. Lo stesso Trattato prevede, su questa linea, la possibilità per taluni Stati membri di rafforzare la reciproca collaborazione in materia di difesa istituendo una coo- perazione strutturata permanente (Permanent Structured Coopera- tion-PESCO).

In quest’ottica, oltre al “piano di attuazione in materia di sicurez- za e difesa del dicembre 2016”, che delinea la via da seguire per lo svi- luppo della politica della sicurezza UE, il Consiglio europeo ha adot-

Regolare la tecnologia: il Reg. UE 2016/679

186

tato, nel dicembre 2017, una decisione che istituisce la struttura c.d. PESCO a cui partecipano tutti gli Stati membri dell’UE ad eccezione di tre, ovvero Danimarca, Malta e Regno Unito. Con le conclusioni del 22 giugno 2017, lo stesso Consiglio poi, oltre ad accogliere con favore la comunicazione della Commissione relativa a un Fondo europeo per la difesa, rivolge un’esortazione in particolare al legislatore UE. L’auspicio è che siano adottate in futuro norme che consentano ai sistemi di “rimuovere automaticamente contenuti volte ad incitare atti terroristici” e di controllare da parte delle autorità pubbliche le comunicazioni criptate «salvaguardando al contempo i benefici che tali sistemi comportano per la protezione della privacy, dei dati e delle comunicazioni».

Per la verità però è già con il Regolamento qui in esame che si provvede a dettare alcune disposizioni in merito alla sicurezza a par- tire dall’estensione e ampliamento dell’elenco dei diritti e dei princi- pi che possono essere soggetti a restrizioni.

A differenza del passato, il catalogo dei diritti non include più solo o comunque soprattutto il diritto di accesso e di informazione. Il testo attuale ritiene che possa essere inciso, in nome della sicurezza, qualunque diritto a partire da quello di informazione, di accesso e cancellazione dati, per arrivare al diritto alla portabilità dei dati, al diritto di opporsi, alle decisioni basate sulla profilazione.

Si specifica inoltre che qualunque misura legislativa possa essere adottata per la salvaguardia della sicurezza pubblica, laddove questa comporti limitazioni ai diritti alla protezione dei dati, sia pure nel rispetto della loro “essenza”, dovrà comunque dettare, quale misura “necessaria e proporzionata in una società democratica”, disposizio- ni specifiche riguardanti, tra gli altri aspetti, i “periodi di conserva- zione e le garanzie applicabili” (art. 23, comma 2, lett. f).

5. Il caso francese. Brevi conclusioni

Quest’ultimo profilo, quello della conservazione, può in verità in- contrare le maggiori criticità ben potendosi porre in netto con- trasto, tra gli altri, con il principio generale di cui all’art. 5, che stabilisce che i dati non debbono essere conservati, in una forma che consenta l’identificazione degli interessati, più a lungo del ne- cessario, cioè oltre il conseguimento delle finalità per le quali sono

Il nuovo Regolamento europeo sulla privacy

trattate. Del resto è la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue nonché di diverse corti nazionali a dimostrare la ‘vulnerabilità’ dell’attività di conservazione.

In questo senso, a riprova della difficoltà di conciliare la tutela dell’interesse alla sicurezza pubblica con quello della protezione del- la privacy, quanto al processo di conservazione, si può richiamare l’ordinamento francese, conoscendo quest’ultimo da lungo tempo lo stato d’urgenza: la preminenza del potere esecutivo-amministrati- vo, a discapito delle garanzie dei diritti derivanti anche dal controllo preventivo dell’autorità giudiziaria qui messo fuori gioco in partico- lare nelle attività di perquisizioni domiciliari, ha evidenziato forti problematiche quanto alla capacità di tutelare la sicurezza naziona- le nel rispetto del diritto alla protezione della vita privata.

A partire dalla pronuncia n. 2016-536, il Conseil constitutionnel ha incominciato a denunciare, dichiarando incostituzionali le norme dettate in particolare nel caso di perquisizione domiciliare ai fini della sicurezza, la mancata osservanza del dovere di prevedere ido- nee ‘garanzie’ a tutela dei diritti fondamentali.

Con un’altra decisione 2016-600 ritornando sul tema e specifica- mente sulla conservazione, la stessa corte francese ha ritenuto poi che la normativa interna dovesse prevedere un termine massimo definito di conservazione dei dati e non generico, corrispondente ai 3 mesi (salvo non venisse constata una violazione).

Il caso francese è piuttosto emblematico dimostrando le difficol- tà che si incontrano nel tentativo di dettare disposizioni in grado di conciliare le esigenze di sicurezza e la tutela della privacy.

Qui, ma lo stesso vale per il diritto di qualunque altro paese e più in generale per il diritto UE, l’obiettivo perseguito deve essere inve- ro sempre quello di garantire “una connessione equilibrata” – per usare le parole della Corte francese – tra l’obiettivo costituzionale di preservare l’ordine pubblico e il diritto al rispetto della vita privata. Perché nel gioco del bilanciamento volto ad assicurare un equilibrio effettivo tra queste due esigenze, in bilico si possono trovare non solo i diritti ma – per riprendere le considerazioni dei giudici di Lus- semburgo – lo stesso Stato di diritto.

L’attuazione del Regolamento