Si definisce ‘cambiamento climatico’ il “mutamento di clima causato
direttamente o indirettamente da un’attività umana, che altera la composizione dell’atmosfera planetaria e che si somma alla naturale variabilità climatica osservata per periodi di tempo analoghi” (cfr. Convenzione-Quadro delle Nazioni
Unite sui Cambiamenti Climatici).
Il clima della Terra sta cambiando. La scienza dice che è sempre stato mutevole, ma, in tempi recenti, variazioni notevoli si sono concentrate in periodi brevissimi. La temperatura media mondiale è aumentata di quasi 1°C rispetto ai livelli della fine del XIX secolo343. Ciascuno degli ultimi tre decenni è stato più caldo dei precedenti344. Il riscaldamento globale è dovuto all’aumento delle emissioni di gas a effetto serra, soprattutto di anidride carbonica, che intrappolano sempre più energia solare nell’atmosfera345. La maggior parte di questo calore intrappolato viene immagazzinato negli oceani, incidendo sulla temperatura dell’acqua e sulla sua circolazione (poiché la superficie della Terra è ricoperta più da acqua che da suolo, non sorprende che il riscaldamento degli oceani abbia rappresentato il 93%
342 Per casi-studio molto recenti che dimostrano il legame tra cambiamenti climatici e
disastri, v. S.MAL,R.B.SINGH,C.HUGGEL, Climate change, extreme events and disaster
risk reduction. Towards sustainable development goals, 2018.
343 Un’interessante animazione realizzata da Berkeley Earth mostra
inequivocabilmente l’aumento delle temperature globali dal 1850 al 2010. È disponibile qui: berkeleyearth.lbl.gov/downloads/2018_Warming_Map.mp4.
Un approfondito report sulla situazione ambientale del nostro pianeta è il Global
Environmental Outlook, realizzato e costantemente aggiornato dall’UNEP (United
Nations Environment Programme). L’ultima versione della pubblicazione è del 2019: wedocs.unep.org/bitstream/handle/20.500.11822/27652/GEO6SPM_EN.pdf.
344 Dati della Commissione europea. Cfr. ec.europa.eu/clima/change/causes_it.
345 Si vedano gli interessanti articoli scientifici suggeriti dalla NASA, che afferma che
il 97% degli scienziati è concorde sul fatto che l’uomo è la causa del cambiamento climatico e del riscaldamento globale: https://climate.nasa.gov/faq/17/do-scientists-agree- on-climate-change/
circa del riscaldamento del Pianeta fin dagli anni ’50 del secolo scorso)346. L’aumento di temperatura sta, inoltre, sciogliendo le calotte polari.
Poiché l’area totale della banchisa e del manto nevoso sulla Terra si restringe, viene riflessa meno energia solare nello spazio, con un conseguente ulteriore riscaldamento del pianeta. Ciò, a sua volta, fa aumentare la quantità di acqua dolce che affluisce negli oceani, modificando ulteriormente le correnti. Le temperature dell’acqua costituiscono uno dei più forti regolatori della vita marina e gli aumenti di temperatura stanno già provocando grandi cambiamenti sott’acqua, tra cui significative modifiche nella distribuzione delle specie marine347. Anche l’acidificazione degli oceani, dovuta alla maggior quantità di anidride carbonica assorbita da questi ultimi348, con conseguente maggior produzione di acido carbonico e diminuzione del pH dell’acqua, costituisce una minaccia crescente. Recenti notiziari segnalano, infatti, un drammatico e diffuso sbiancamento della barriera corallina349.
Ad un riscaldamento dell’atmosfera corrisponde un aumento nell’evaporazione dell’acqua dalla superficie degli oceani, che innalza il livello di umidità nell’aria. Ne consegue un intensificarsi del ciclo idrologico, poiché un’atmosfera più calda è in grado di trattenere più umidità. Pioverà meno frequentemente, ma più intensamente, con un aumento dei periodi di siccità e delle ondate di calore350. Le
aspettative degli esperti sono, pertanto, che il progressivo riscaldamento climatico sarà accompagnato da un aumento degli eventi catastrofici351.
346www.repubblica.it/ambiente/2019/01/12/news/gli_oceani_si_riscaldano_sempre_pi
u_velocemente-216413783.
347 Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente “Cambiamenti climatici, impatti e
vulnerabilità in Europa”, 2016, reperibile online al seguente link: www.eea.europa.eu/publications/climate-change-impacts-and-vulnerability-2016.
348 Gli oceani sono il più grande pozzo di assorbimento del carbonio del nostro
Pianeta. Si stima che essi abbiano assorbito più del 40% di tutta l’anidride carbonica emessa dagli esseri umani a partire dalla rivoluzione industriale. Cfr. Rapporto dell’Agenzia Europea dell’ambiente, “Cambiamenti climatici e acqua”, 2014, reperibile al seguente link:
349www.repubblica.it/ambiente/2018/04/19/news/la_grande_barriera_corallina_e_cam
biata_per_sempre_colpa_dei_cambiamenti_climatici-194342396/
350 F.GIORGI, Acqua e cambiamenti climatici, Centro internazionale di Fisica Teorica,
Trieste, 2014, reperibile online: www.fondazioneinternazionale.org/wp-content/uploads/ 2014/11/F.Giorgi.pdf.
Il legame tra cambiamenti climatici e disastri naturali non è stato da subito evidente. In effetti, nel 1999, in occasione dell’IDNDR Programme Forum, l’allora Segretario generale dell’ONU Kofi Annan si esprimeva solo in termini possibilistici, osservando: “gli eventi climatici estremi potrebbero essere causati
in parte dal riscaldamento globale, che, a sua volta, è in parte provocato dalle aumentate emissioni di carbonio derivanti da combustibili fossili.”352 Continuava, tuttavia, avanzando un dubbio: “Può veramente essere una coincidenza che il
1998 sia stato l’anno più caldo mai registrato da quando sono cominciate le misurazioni globali circa 150 anni fa?”353
Oggi il legame tra cambiamenti climatici ed eventi estremi – disastri, appunto – non è più messo in dubbio dalla comunità scientifica, né dalle organizzazioni internazionali che operano in questo campo: così per l’International Council for
Science 354 , per la World Meteorological Organisation 355 e per l’Intergovernmental Panel on Climate Change, di cui si dirà tra un attimo356. Lo stesso Quadro di riferimento di Sendai cita espressamente, tra i “fattori
determinanti del rischio di disatri”, i “cambiamenti climatici” (p. 4, punto 6). Il
Manuale UNESCO sulla gestione dei rischi di disastri nel patrimonio culturale, analizzato nelle pagine che precedono, riconosce che “il cambiamento climatico
aumenta il rischio di catastrofi sui beni appartenenti al patrimonio mondiale”.
352 Enfasi aggiunta.
353 IDNDR Programme Forum, Proceedings, cit., p. 10, ottavo capoverso.
354 Organizzazione internazionale non governativa creata nel 1931 dedicata alla
cooperazione internazionale per l’avanzamento della scienza (https://council.science). Per le ricerche svolte dall’organizzazione in materia di cambiamenti climatici, cfr. council.science/cms/2017/04/ICSU_and_Climatechange.pdf.
355 Organizzazione intergovernativa che si occupa di meteorologia fondata nel 1950
(https://public.wmo.int). Di essa fanno parte 193 Stati. L’ultimo rapporto dell’organizzazione sullo stato del cambiamento climatico (2018) è reperibile online al seguente link: library.wmo.int/doc_num.php?explnum_id=5789. Il rapporto lancia un allarme: “We are not on track to meet climate change targets and rein in temperature
increases”.
356 “A changing climate leads to changes in the frequency, intensity, spatial extent,
duration, and timing of extreme weather and climate events, and can result in unprecedented extreme weather and climate events.” Cfr. IPCC Special Report,
“Managing the Risks of Extreme Events and Disasters to Advance Climate Change
Allo scopo di monitorare i cambiamenti climatici mondiali, l’ONU ha istituito nel 1988 l’Intergovernmental Panel on Climate Change (in seguito, “IPCC”)357, che elabora periodici rapporti sullo stato del fenomeno e sugli impatti socio- economici da questo generati.
Di recente, in un rapporto diffuso a Incheon (Corea del Sud) che ha riassunto l’analisi effettuata su 6 mila studi, 42 mila recensioni e che ha visto impegnati per oltre due anni 91 ricercatori di 44 Paesi358, l’IPCC ha dichiarato che limitare il riscaldamento globale entro la fine del secolo a +1,5 °C dai livelli pre-industriali potrebbe essere determinante e che, per raggiungere tale obiettivo, è necessario assumere “misure senza precedenti”. Il rapporto rivela che l’aumento delle temperature è giunto oggi a +1 °C rispetto a metà Ottocento. A ritmo inalterato, il limite di +1,5 °C di aumento delle temperature sarà raggiunto tra il 2030 e il 2052. L’Accordo di Parigi definisce “invalicabile” il limite di +2 °C al fine di evitare il moltiplicarsi dei disastri ambientali. Lo stesso rapporto IPCC chiarisce che, anche se si riuscisse a limitare l’aumento delle temperature a +1,5 °C, tra il 70 e il 90% dei coralli scomparirà. Se l’aumento sarà di +2 gradi, le barriere coralline saranno distrutte per il 99%. La differenza tra +1,5 °C e +2 °C significa un aumento di 50 centimetri al posto di 60 cm del livello dei mari, con una minore minaccia anche se sempre grave alle coste e alla sparizione delle piccole isole oceaniche. Inoltre l’Artico potrebbe essere completamente libero dai ghiacci in estate una volta al secolo, invece di una volta ogni dieci anni. Con un aumento di 2 gradi le ondate di calore estive nell’emisfero nord, come nel 2018 e nel 2017, diventerebbero la norma e ancora più intense con tutti i rischi associati, primi fra tutti gli incendi boschivi.
Il progressivo aumento del livello dei mari costituisce una minaccia per importanti città costiere come New York, Miami, Tokyo. La stessa minaccia pesa anche su diversi siti Patrimonio dell’Umanità. Un recente studio ha, infatti, evidenziato come, dei 49 siti che si trovano in zone costiere basse del Mediterraneo (“Mediterranean Low Elevation Coastal Zone”, “LECZ”), 37 rischiano di essere coperti dalle acque entro 100 anni e 32 sono già a rischio a causa dell’erosione
357 https://public.wmo.int.
358 Il testo integrale del rapporto è consultabile online sul sito di IPCC al seguente
delle coste359. Un terzo di questi siti si trova in Italia (15)360.
Oltre alla produzione di gas serra, anche altre attività antropiche rappresentano una concausa dei disastri, di cui amplificano gli effetti: ad esempio, è stato dimostrato che la sistematica rimozione delle mangrovie sulle coste del Sud-Est Asiatico a scopi di acquacoltura ha reso più distruttivi gli effetti dello tsunami verificatosi nell’Oceano Indiano il 26 dicembre 2006, atteso che la potenza dell’acqua non è stata rallentata nelle aree in cui le mangrovie erano state rimosse361.
Sulla base dei trend esistenti, ci si aspetta che il numero e l’intensità dei disastri che colpiranno i beni culturali aumenteranno significativamente nel prossimo futuro362. I cambiamenti climatici faranno emergere nuovi e più intensi rischi per il patrimonio culturale, tra cui quelli legati a precipitazioni di forte intensità e all’innalzamento del livello dei mari, con gravi conseguenze per i beni situati in zone costiere.
Anche l’UNESCO si interessa da tempo al fenomeno del cambiamento climatico. Nel 2005, in occasione della sua 29° sessione, il Comitato per il patrimonio dell’umanità ha riconosciuto l’impatto del cambiamento climatico sui siti patrimonio dell’umanità, prendendo atto che il fenomeno influenzerà molti siti negli anni a venire363.
359 L.REIMANN,A.T.VAFEIDIS,S.BROWN,J.HINKEL,R.S.J.TOL, Mediterranean
UNESCO World Heritage at risk from coastal flooding and erosion due to sea-level rise,
in Nature Communications, 2018(9)
360 Seguita da Croazia (7), Grecia (4) e Tunisia (4). Cfr. L.REIMANN,A.T.VAFEIDIS,
S.BROWN,J.HINKEL,R.S.J.TOL, Mediterranean UNESCO World Heritage at risk from
coastal flooding and erosion due to sea-level rise, cit., p. 2.
361 Cfr. United Nations Environmental Programme, “After the Tsunami. Rapid
environmental assessment”, reperibile online al seguente link: wedocs.unep.org/handle/20.500.11822/8372.
362 H. MEIER,T. WILL E M.PETZET, Cultural Heritage and Natural Disasters. Risk
Preparedness and the Limits of Prevention, Heritage at Risk special edition, 2007,
ICOMOS. Cfr. www.icomos.org/risk/2007/natural_disasters/HR_Special_2007_ Disasters_ebook_20091116.pdf.
363 “The impacts of climate change are affecting many and are likely to affect many
more World Heritage Properties, both natural and cultural, in the years to come.” Cfr.
Decisione 29 COM 7B.a.Rev., adottata in occasione della 29° sessione del Comitato Patrimonio dell’Umanità, tenutosi a Durban, Sud Africa, 2005, whc.unesco.org/archive/2005/whc05-29com-22e.pdf.
Nel 2006 lo stesso Comitato ha indetto un incontro internazionale di esperti per esaminare la natura e il grado di rischi cui sono esposti i siti patrimonio dell’umanità con riferimento al cambiamento climatico364. All’incontro hanno partecipato una cinquantina di specialisti, tra cui rappresentanti dell’IPCC, dell’UNFCCC, dell’UNEP, del World Resourse Institute e degli advisory bodies di cui alla Convenzione UNESCO 1972 (IUCN, ICOMOS, ICCROM), nonché accademici, scienziati e organizzazioni non-governative. L’incontro ha dato vita ad un report dal titolo “Predicting and Managing the Effects of Climate Change
on World Heritage” e ad una “Strategy to Assist State Parties to Implement Appropriate Management Responses”, ambedue presentati al Comitato
Patrimonio dell’Umanità in occasione della sua 30° sessione, tenutasi a Vilnius, Lituania, nel luglio 2006365. Il Comitato, dopo aver fatto propri i due documenti, ha invitato gli Stati parte della Convenzione del 1972 a porre in atto la Strategia, così da proteggere il valore universale eccezionale dei siti contro gli effetti negativi del cambiamento climatico. Infine, il Comitato ha chiesto al Centro del Patrimonio mondiale di sviluppare una bozza di documento relativo all’impatto del cambiamento climatico sui siti patrimonio dell’umanità. Dando seguito alla richiesta, il Centro ha convocato un meeting di esperti presso gli uffici UNESCO di Parigi il 5 e 6 febbraio 2007. Ne scaturiva un documento strategico sugli impatti del cambiamento climatico sui siti patrimonio dell’umanità (“Policy
Document on the impacts of Climate Change on World Heritage Properties”). Il
documento veniva discusso alla 31° sessione del Comitato Patrimonio dell’umanità, che si teneva a Christchurch, Nuova Zelanda, dal 23 giugno al 2 luglio 2007366. Emendato alla luce delle opinioni espresse in quella sede, esso veniva presentato alla 16° sessione dell’Assemblea generale, che lo adottava e ne raccomandava l’uso a chiunque di interesse.
Sempre nel 2007, l’UNESCO dedicava una pubblicazione ad hoc al fenomeno dei cambiamenti climatici, dal titolo “Predicting and Managing the Effects of Climate
364 L’incontro si è tenuto nel marzo 2006 presso la sede UNESCO a Parigi.
365 Documento WHC06-30COM7.1, adottato dal Comitato Patrimonio dell’Umanità
alla sua 30° sessione, tenutasi a Vilnius, Lituania, 2006, reperibile ai seguenti link: whc.unesco.org/archive/2006/whc-06-30com-07.1e.pdf e whc.unesco.org/archive/2006/ whc06-30com-19e.pdf.
Change on World Heritage”, seguita da una raccolta di casi-studio sul tema
(“Case studies on Climate Change and World Heritage”367). Nella premessa di quest’ultimo documento, l’allora Direttore generale UNESCO, Koïchiro Matsuura, dopo aver dato atto che “il cambiamento climatico costituirà una delle
principali sfide del ventunesimo secolo”368, osserva che l’impatto di questo fenomeno sul patrimonio culturale e naturale mondiale “desta crescenti
preoccupazioni”369. “Nel 1972” – continuava – “anno di adozione della
Convenzione per la protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, la comunità internazionale non era pienamente consapevole della minaccia che il cambiamento climatico rappresentava – e rappresenta con sempre maggior forza - per il patrimonio mondiale. Ciò nonostante, nel corso degli ultimi due decenni, questa consapevolezza è aumentata, portando all’adozione, da parte dell’Assemblea generale alla sua 16° sessione, di un documento strategico sugli impatti del cambiamento climatico sui siti patrimonio dell’umanità”.
Nel maggio 2014, l’UNESCO ha pubblicato una guida pratica dedicata all’adattamento ai cambiamenti climatici per siti naturali patrimonio dell’umanità370.
Nella sua 39° sessione, tenutasi a Bonn nel 2015, il Comitato del Patrimonio mondiale tornava ad affermare che i siti patrimonio dell’umanità sono sempre più colpiti dal cambiamento climatico e incoraggiava gli Stati parte a partecipare alla 21° conferenza delle parti (COP21) alla Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC)371.
367 Ripubblicata nel 2009. La versione digitale della pubblicazione è reperibile online
al sito: https://whc.unesco.org/en/activities/473/
368 UNESCO, Case Studies in Climate Change and World Heritage, cit., p. 4, primo
paragrafo, traduzione libera dall’inglese.
369 Ivi, p. 4, terzo paragrafo, traduzione libera dall’inglese.
370 Practical Guide on Climate Change Adaptation for Natural World Heritage Sites,
UNESCO, 2014, reperibile qui: https://whc.unesco.org/en/series/37/