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La disciplina comune dei derivati

2. Il concetto di derivato finanziario

2.3. La disciplina comune dei derivati

Alla presa d’atto della utilizzabilità in concreto dei contratti in questione per perseguire il secondo di questi scopi, cioè la speculazione, da un lato, e della necessità di tutelare le attività degli operatori che offrono professionalmente servizi di investimento, dall’altro, si conforma la regola predisposta dall’art. 23, c. 5, T.U.F., disponendo che «nell'ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell'articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l'articolo 1933 del codice civile».

La normativa in parola opera un rimando alla disciplina del Codice Civile, escludendo l’applicabilità della disposizione relativa alla c.d. eccezione di gioco, l’art. 1933 appunto, che impone, per i crediti derivanti dal gioco e dalla scommessa, la non azionabilità in giudizio, accompagnata dalla soluti retentio, a dire la non ripetibilità, da parte del debitore, del quantum che questi avesse spontaneamente pagato in assenza di comportamenti fraudolenti del creditore.

L’introduzione della summenzionata normativa discende dalla necessità di dissipare i dubbi che la dottrina49 e la giurisprudenza50

49

Cfr., ex plurimis, F. M. GIULIANI, I “titoli sintetici” tra operazioni differenziali

e realità del riporto, in Giur. comm., 1992, p. 87; A. PERRONE, Contratti di swap con finalità speculative ed eccezione di gioco, in Banca borsa tit. cred., 1995, p. 82

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avevano avanzato riguardo alla possibilità, avendo qualificato i contratti in oggetto come scommesse, laddove fossero stati stipulati con finalità speculativa, di applicarvi la disciplina codicistica del gioco.

Infatti, anche se non mancano, a onor del vero, voci che si sono espresse sollevando dei dubbi in merito all’accostamento fra speculazione e scommessa51

E ciò in virtù della considerazione che, allorché si fosse deciso di lasciare una lacuna legislativa in merito alla possibilità di applicare la suddetta disciplina, si sarebbe sostanzialmente rimessa la decisione sul punto alla discrezionalità ermeneutica del giudice, finendo di fatto per minare la possibilità degli operatori di fare affidamento sulla

, il legislatore ha ritenuto comunque opportuno indicare con precisione che l’eccezione di gioco non debba applicarsi ai contratti conclusi nell’ambito della prestazione di servizi di investimento, a tutela dell’attività svolta dalle banche, SGR e SICAV e, in definitiva, della stabilità dei mercati finanziari.

ss.; M. ANGERETTI, Swap transactions ed eccezione di gioco, nota a Trib. Milano, 27 maggio 1994, in Giur. it., 1995, p. 50 ss.

50

Cfr., Trib. Milano, ord. 24 novembre 1993, e ord. 26 maggio 1994, in Banca

borsa tit. cred., 1995, p. 80 ss. con nota di A. PERRONE; Trib. Lanciano, sent. 6

dicembre, 2005, in Giurisprudenza commerciale, 2007, con nota di S. GILOTTA, p. 134 ss.

51

Cfr., ad esempio, E. VALSECCHI, Il gioco e la scommessa, in Trattato di diritto

civile e commerciale, diretto da A. CICU e F. MESSINEO, Milano, 1986, XXXVII,

p. 38; ma anche E. BARCELLONA, Note sui derivati creditizi: market failure o regulation failure?, in Banca borsa tit. cred., 2009, p. 652 ss.; nonché F. BOCHICCHIO, Gli strumenti derivati: i controlli sulle patologie del capitalismo

finanziario, in Contr. e impr., 2009, p. 305 ss.: l’argomento ricorrente per sostenere

questa “summa divisio” è imperniato intorno alla considerazione che, mentre l’agire dello scommettitore sarebbe irrazionale, e animato dal solo intento di lucrare un rischio assoluto, una “pura alea”, associata alla causa ludendi, quello dello speculatore, razionale, sarebbe invece ispirato, sì, a una causa lucrandi legata a un rischio, ma anche, nel contempo, all’affidamento a una propria capacità valutativa di carattere prognostico sul rischio stesso, quindi mancherebbe la pura alea che questa dottrina pretende essere caratterizzante per la scommessa; Contra G. GABRIELLI,

Operazioni su derivati: contratti o scommesse?, in Contr. e impr., 2009, p. 1133 ss.

Non si intende, nel presente lavoro, condividere questo punto di vista, ma la questione verrà meglio enucleata nel prosieguo della trattazione.

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vincolatività delle pattuizioni sottoscritte, che di volta in volta avrebbe rischiato di essere valutata diversamente in sede giudiziale, con l’ovvia ripercussione di rendere impossibile iscrivere correttamente a bilancio i crediti derivanti da questi contratti e rendere inaffidabile il mercato finanziario nel suo complesso.

L’intento di tutela del mercato finanziario appare evidente, non appena si pensi che il legislatore, volutamente, non ha inteso escludere tout court la qualificazione come scommessa delle operazioni realizzate tramite derivati (la quale pertanto resta possibile, con le relative conseguenze sul piano applicativo, in relazione ad altri ambiti di disciplina, come ad esempio per quanto riguarda i criteri di valutazione della pericolosità delle operazioni in funzione della determinazione della responsabilità degli amministratori delle società che le abbiano concluse52

Può anche negarsi, senza tema di smentita, fondamento a quella posizione dottrinale

), ma ha bensì inteso solamente precludere di applicare la suddetta disposizione, a dire, cioè, che è intervenuto solo per ciò che strettamente serviva per garantire la stabilità delle transazioni realizzate sui mercati finanziari.

53

52

In tal senso, F. CAPRIGLIONE, Varietà di prodotti “derivati”: strumenti per la

copertura dei rischi o per nuove forme di speculazione finanziaria?, in Banca borsa tit. cred., 1995, p. 359 ss.

che vorrebbe l’art. 23, c. 5, T.U.F. applicabile nelle sole ipotesi di contratti stipulati in prima persona dall’intermediario, sia sulla scorta del ragionamento testé esposto (la ratio di tutela della stabilità dei mercati finanziari in generale), sia sulla scorta di un’attenta osservazione del tenore letterale della

53

Sostiene, ad esempio, G. GABRIELLI, op. ult. cit., p. 1134, che «compete azione, a tutela delle pretese fondate su questi accordi, soltanto se almeno una delle parti è un intermediario finanziario debitamente autorizzato». In senso conforme si esprime anche C. M. DE IULIIS, Lo swap d’interessi o di divise nell’ordinamento italiano, in Banca borsa e titoli di credito, 2004, p. 391 ss.; In giurisprudenza si segnala, a titolo di esempio, Trib. Lanciano, sent. 6 dicembre, 2005, in Giurisprudenza

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definizione legislativa del concetto di “servizi d’investimento” principali (art. 1, c. 5, T.U.F.) e accessori (art. 1, c. 6, T.U.F.), qui di seguito riportata:

«Per “servizi e attività di investimento” si intendono i seguenti, quando hanno per oggetto strumenti finanziari:

a) negoziazione per conto proprio;

b) esecuzione di ordini per conto dei clienti;

c) sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente;

c-bis) collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente;

d) gestione di portafogli;

e) ricezione e trasmissione di ordini; f) consulenza in materia di investimenti;

g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione»; «Per “servizi accessori” si intendono:

a) la custodia e amministrazione di strumenti finanziari e relativi servizi connessi;

b) la locazione di cassette di sicurezza;

c) la concessione di finanziamenti agli investitori per consentire loro di effettuare un'operazione relativa a strumenti finanziari, nella quale interviene il soggetto che concede il finanziamento;

d) la consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni connesse, nonché la consulenza e i servizi concernenti le concentrazioni e l'acquisto di imprese;

e) i servizi connessi all'emissione o al collocamento di strumenti finanziari, ivi compresa l'organizzazione e la costituzione di consorzi di garanzia e collocamento;

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f) la ricerca in materia di investimenti, l’analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti operazioni relative a strumenti finanziari;

g) l'intermediazione in cambi, quando collegata alla prestazione di servizi d'investimento;

g-bis) le attività e i servizi individuati con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob, e connessi alla prestazione di servizi di investimento o accessori aventi ad oggetto strumenti derivati».

Appare affatto evidente, da questa definizione, che richiedere, ai fini dell’applicazione dell’art. 23, c. 5, che il derivato sia stipulato direttamente dalla banca o società prestatrice dei servizi di investimento significa ignorare il dato letterale della disciplina di legge, che a ben vedere annovera fra i servizi d’investimento anche la gestione di mercati non regolamentati, in forma di “gestione di sistemi multilaterali di negoziazione” (attività definita dal c. 5-octies come «gestione di sistemi multilaterali che consentono l’incontro, al loro interno ed in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti»), nella quale l’intermediario opera sostanzialmente solo come garante delle negoziazioni realizzate nel sistema, nonché la “ricezione e trasmissione di ordini”, all’interno della quale rientra anche la fattispecie nota come “brokeraggio puro”, nella quale l’intermediario si limita a operare come collegamento fra operatori diversi dietro commissione, senza entrare mai come parte nel rapporto contrattuale fra di essi54

54

Cfr. sul punto, ex plurimis, R. COSTI, Il mercato mobiliare, Torino, 2013, p. 123, ove si descrive la ricezione e trasmissione di ordini in questi termini: «l’attività di chi si limita a ricevere e trasmettere (al negoziatore) gli ordini di acquisto o di vendita o di sottoscrizione provenienti dalla clientela, nell’ambito della quale rientra anche la mera “mediazione” (o brokeraggio puro), ossia l’attività consistente nel mettere in contatto, come nel rapporto di mediazione codici stico (art. 1754), gli

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Ne risulta un panorama normativo nel quale di fatto non alberga l’eccezione di gioco, giacché non accade praticamente mai che i contraenti stipulino il derivato direttamente fra di loro, senza avvalersi di un intermediario come controparte, come broker, o quantomeno gestore della piattaforma di mercato nella quale si svolge la negoziazione.