Diversi scenari sono stati proposti per spiegare la formazione degli sferoidi delle galassie a disco e rendere conto della notevole varietà delle proprietà fotometriche, cinematiche e dinamiche che si osservano (Sezione 1.2).
Alcuni di questi scenari si fondano su processi che agiscono su tempi scala re-lativamente brevi, siano essi il collasso dissipativo di grandi nubi di gas avvenuto in epoche remote o la più recente fusione di dischi protogalattici. In questi casi, si forma uno sferoide classico, compatibile con l’essere oblato o lievemente triassiale,
6. Correlazione tra forma intrinseca e anisotropia 79
che ha proprietà simili a quelle delle galassie ellittiche di bassa luminosità; il disco galattico si forma dopo lo sferoide o per accrescimento attorno allo sferoide stesso o a seguito di un processo di formazione stellare di durata maggiore rispetto al col-lasso. Al contrario, qualora siano coinvolti processi di evoluzione secolare indotti dalla presenza di una barra o stimolati da effetti di interazione atti a convogliare gas e stelle provenienti dal disco verso le regioni centrali della galassia, si osser-vano nello sferoide, che si forma successivamente al disco, caratteristiche simili a quelle del disco stesso. In questo scenario si formano gli sferoidi a “scatola”, for-temente triassiali, e gli pseudosferoidi, con forma oblata molto schiacciata. Dato che i diversi processi di formazione producono sferoidi di diversa forma intrinseca, quest’ultima diventa un elemento utile per discriminare tra le varie possibilità; in particolare, la selezione del campione effettuata esclude la possibilità di indivi-duare gli sferoidi a “scatola”, avendo evitato di trattare le galassie barrate, ma ci consente di studiare gli sferoidi classici e gli pseudosferoidi.
L’analisi dinamica effettuata nel progetto ATLAS3D (Emsellem et al. 2011;
Krajnović et al. 2011) ha permesso di effettuare una distinzione dinamica delle galassie ellittiche e lenticolari in due famiglie: quella dei rotatori veloci, isotropi, caratterizzati da alte velocità di rotazione in rapporto alla dispersione di velocità, da campi di velocità regolari e da una dinamica sostenuta dai moti ordinati, e quella dei rotatori lenti, anisotropi, caratterizzati da basse velocità di rotazione, da campi di velocità complessi, tanto che spesso includono nuclei stellari cine-maticamente distinti, e da una dinamica sostenuta dai moti disordinati. Questa classificazione riprende la distinzione tra galassie sostenute dalla rotazione e galas-sie sostenute dalla pressione dinamica basata sull’analisi della forma delle isofote condotta da Bender (1990) e sullo studio della cinematica eseguito da Bender et al. (1992).
Weijmans et al. (2014) hanno recentemente proposto uno studio della forma
intrinseca del campione di galassie ATLAS3D combinando informazioni
fotometri-che e cinematifotometri-che. Sotto l’assunzione di assisimmetria del sistema, hanno derivato la forma intrinseca delle galassie del campione senza fare alcuna distinzione tra le varie componenti (sferoide, disco ed eventuale barra) o tra galassie ellittiche e galassie lenticolari. L’assunzione viene utilizzata anche per i rotatori lenti, nono-stante presentino proprietà tipiche dei sistemi triassiali come il disallineamento tra gli assi cinematici e fotometrici. La loro analisi fotometrica, inoltre, è stata sviluppata considerando una distribuzione gaussiana della forma intrinseca. Il risultato di questa analisi mette in evidenza che i rotatori veloci sono prevalente-mente assisimmetrici o presentano eventualprevalente-mente un lieve grado di triassialità. I rotatori lenti, al contrario, presentano un certo grado di triassialità.
L’analisi effettuata in questo lavoro di tesi permette di estendere questo ri-sultato agli sferoidi delle galassie lenticolari. La forma intrinseca degli sferoidi studiati nella Sezione 5.4 è mostrata in Figura 6.2 e viene correlata con la posi-zione che la galassia assume nel diagramma diagnostico (v/σ - ) in Figura 6.3.
80 6. Correlazione tra forma intrinseca e anisotropia NGC5631 NGC4476 PGC29321 PGC28887 NGC4690
0.4 0.6 0.8 1.0 1.2 1.4
B/A
0.4
0.6
0.8
1.0
1.2
1.4
C/A
Figura 6.2: Forma intrinseca degli sferoidi delle galassie lenticolari non barrate. Le galassie che vengono classificate da Emsellem et al. (2011) come rotatori veloci sono rappresentate da triangoli rossi mentre le galassie classificate come rotatori lenti sono rappresentate da cerchi verdi. Le linee tratteggiate blu rappresentano la posizione degli sferoidi oblati mentre le linee punteggiate viola rappresentano la posizione degli sferoidi prolati; il punto di intersezione delle linee corrisponde agli sferoidi sferici. Nel resto del diagramma di dispongono gli sferoidi triassiali.
In particolare, la linea di separazione tra i rotatori veloci ed i rotatori lenti della Figura 6.3 si ricava sfruttando l’Equazione (2.1) ed effettuando uno sviluppo in
serie di Taylor, arrestandosi al primo ordine; in questo modo λR = 0.31√
, che
marca la distinzione tra le due classi, equivale a v/σ ' 0.28√
mentre l’equazio-ne che descrive la lil’equazio-nea dei rotatori isotropi oblati può essere approssimata dalla relazione (Kormendy 1982) v σ = r 1 − . (6.46)
Delle 17 galassie studiate si ha che 13 sono rotatori veloci e 4 sono rotatori lenti. In particolare, 12 dei 13 sferoidi in rotatori veloci sono pressoché oblati, avendo A ' B > C oppure A ' C > B (Figura 6.2) e si dispongono lungo la linea dei rotatori isotropi oblati (Figura 6.3); solamente la galassia PGC 029321 ( = 0.140, v/σ = 0.339) risulta prolata, con B ' C < A (Figura 6.2). La forma intrinseca degli sferoidi dei rotatori lenti del campione risulta, invece, più eterogenea. Solo
6. Correlazione tra forma intrinseca e anisotropia 81
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6
e0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
v/
eFigura 6.3: Valori misurati da Emsellem et al. (2011) del rapporto v /σe ed
el-litticità e entro 1 Re per il campione di galassie lenticolari non barrate. La linea
nera tratteggiata corrisponde a sistemi isotropi oblati visti di taglio; la linea
ver-de continua indica un valore di 0.28 ×√
. Le galassie che vengono classificate da Emsellem et al. (2011) come rotatori veloci sono rappresentate da triangoli rossi mentre le galassie classificate come rotatori lenti sono rappresentate da cerchi verdi. Le galassie compatibili con l’essere oblate sono rappresentate con + neri, le galassie compatibili con l’essere prolate sono identificate con × blu e la galassia triassiale è raffigurata con ∗ arancione.
lo sferoide della galassia NGC 4690 ( = 0.266, v/σ = 0.149) risulta oblato; gli sferoidi delle galassie NGC 4476 ( = 0.353, v/σ = 0.236) e PGC 028887 ( = 0.323, v/σ = 0.282) sono prolati, mentre lo sferoide della galassia NGC 5631 ( = 0.127, v/σ = 0.171) è fortemente triassiale, con B/A = 0.85 e C/A = 1.3 (Figura 6.2).
La distribuzione della forma intrinseca degli sferoidi analizzati può essere studiata considerando il parametro di triassialità (Franx et al. 1991)
T = 1 − ˆB ˆ A !2 1 − ˆC ˆ A !2 , (6.47)
82 6. Correlazione tra forma intrinseca e anisotropia 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 T 1 2 3 4 5 6 Numero di galassie < -24.0 -23.5 -23.0 -22.5 -22.0 MK (mag) 1 2 3 4 5 Numero di galassie 0 1 2 3 4 > 5 n 1 2 3 4 5 6 Numero di galassie 0 0.5 1.0 1.5 2 > 2.5 Re (kpc) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Numero di galassie
Figura 6.4: Distribuzione del valore del parametro di triassialità T (in alto a
sinistra), della magnitudine assoluta MK (in alto a destra), dell’indice di Sérsic n
(in basso a sinistra) e del raggio efficace Re (in basso a destra) per gli sferoidi del
campione di galassie lenticolari non barrate. I rotatori veloci sono indicati in rosso mentre i rotatori lenti sono indicati in verde.
con ˆA, ˆB e ˆC le lunghezze del semiasse più lungo, intermedio e più corto
del-l’ellissoide triassiale ( ˆA ≥ ˆB ≥ ˆC). Gli ellissoidi oblati triassiali o assisimmetrici
possono essere schiacciati lungo l’asse y nel piano equatoriale della galassia o lun-go l’asse polare z. Gli ellissoidi prolati triassiali o assisimmetrici possono essere allungati lungo l’asse x nel piano equatoriale della galassia o lungo l’asse polare z. Quindi, gli sferoidi prolati possono stare o sul piano del disco o perpendicolarmente ad esso.
La Figura 6.4 mostra la distribuzione di T per gli sferoidi del campione. Méndez-Abreu et al. (2010) trovano che la distribuzione del parametro di trias-sialità T per un campione di 115 galassie S0 - Sb è bimodale, con un minimo pari a T = 0.55 e due massimi rispettivamente a T = 0.05 e T = 0.85. In accordo con questa distribuzione, essi riscontrano che il 65% degli sferoidi del loro campione sono ellissoidi triassiali oblati (T < 0.55) mentre il rimanente 35% sono ellissoidi triassiali prolati (T > 0.55). Inoltre, la loro analisi prevede una suddivisione del campione in base al parametro di Sérsic in sferoidi con n < 2 e sferoidi con n > 2. Questi 2 sottocampioni risultano distinti: la frazione degli sferoidi oblati (T < 0.1) è molto maggiore per valori di n ≤ 2 rispetto a quella che presenta valori di n > 2 mentre la frazione degli sferoidi triassiali (0.1 < T < 0.9) è molto minore per gli sferoidi con n ≤ 2 rispetto a quelli con n > 2.
6. Correlazione tra forma intrinseca e anisotropia 83
La nostra analisi permette di confermare l’andamento bimodale nella distri-buzione anche per il nostro campione di galassie ed evidenzia che i due picchi della distribuzioni sono caratteristici di due diverse categorie: il 92% dei rotatori veloci presentano T < 0.4 e, quindi, sono compatibili con l’essere ellissoidi oblati o leggermente triassiali mentre il 75% dei rotatori lenti possiedono T > 0.7 e sono compatibili con ellissoidi prolati o leggermente triassiali (Figura 6.4).
La nostra analisi fotometrica ci permette anche di concludere che non esiste nessuna dipendenza significativa per gli sferoidi dei rotatori lenti o veloci del nostro campione dalla magnitudine assoluta o dal raggio di scala (Figura 6.4). Inoltre, la distribuzione dell’indice di Sérsic sembra confermare il fatto che i rotatori veloci hanno per la maggior parte un profilo n < 3 più simile a quello dei dischi mentre i rotatori lenti presentano n > 3 più simile a quello delle galassie ellittiche poco brillanti (Figura 6.4).