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Il campione di pazienti studiato presso la nostra clinica, seppur esiguo nel numero, ha messo in evidenza una distribuzione di frequenza maggiore per la forma di DPPP definita secondaria o otogenica, attivata nella maggior parte dei casi da disturbi oto- vestibolari, che nonostante la completa risoluzione o l’avvenuto compenso, perpetuava nei pazienti la presenza di “dizziness”, su un substrato di tratto di personalità ansioso o temperamento introverso. In effetti questa caratteristica, in maniera più o meno forte è stata ritrovata abbastanza comune nei nostri pazienti, pur non facendo, per definizione parte integrante della sindrome, come sappiamo. È lecito però pensare che un tratto ansioso o la combinazione di personalità introverse e nevrotiche, siano un fattore predisponente allo sviluppo della sindrome.

Inoltre in accordo con la letteratura, abbiamo riscontrato nel nostro campione che la DPPP, disfunzione generata dalle interazioni fra psiche e soma, era predominante nel sesso femminile (47). In generale si può dire che la presente e personale esperienza con pazienti affetti da DPPP, ha mostrato la presenza di caratteristiche molto vicine e sovrapponibili a quelle di altri studi riportati nella letteratura internazionale (32, 47,

60).

Nell’affascinante mondo delle vertigini e dei disturbi psichiatrici, per molti anni la vertigine soggettiva e il senso d’instabilità sono stati inclusi tra le manifestazioni di una nevrosi d’ansia e lo stesso Sigmund Freud ne parlava nei suoi lavori giovanili. Fino agli inizi degli anni ’90 diversi lavori scientifici descrivevano l’esistenza di una condizione morbosa la “vertigine psicogena”, nella quale i sintomi vertiginosi erano considerati pura manifestazione della patologia psichiatrica. Caratteristica di questa condizione era l’assenza di crisi vertiginose di tipo rotatorio, la presenza di un tratto ansioso o fobico di personalità, la presenza di disturbi psichiatrici precedenti l’insorgenza della vertigine, la quale poteva essere più comunemente scatenata da particolari contesti quali posti aperti o affollati.

Sulla base dei diversi lavori scientifici, il rapporto tra disturbi vestibolari e psichiatrici appare sicuramente più articolato rispetto a 20 anni fa. Non si può negare che disturbi dell’equilibrio possano essere spesso riferiti da pazienti con disturbi d’ansia in assenza di anomalie vestibolari, costituendo una manifestazione somatoforme. D’altro canto è anche vero che i pazienti con un disordine vestibolare più facilmente sviluppano condizioni di ansia e di panico che si incrementa nelle condizioni in cui necessiti un maggior apporto del sistema vestibolare nel movimento dello spazio circostante, più tipicamente piazze o centri commerciali; inoltre nei soggetti che sviluppano maggiore ansia, il meccanismo di compenso risulta meno efficace e più facilmente riferiscono instabilità cronica. Da questo ne consegue che il ruolo dell’otoneurologo nella valutazione dei pazienti con instabilità cronica e disturbi d’ansia risulta tutt’altro che marginale ed una mancata diagnosi vestibolare in questi pazienti può condurre al persistere dei sintomi pur trattati per i disturbi psichiatrici.

L’instabilità cronica è una condizione in qualche modo di confine fra i disturbi vestibolari e psichiatrici e in molti casi la diagnosi eziologica risulta problematica. Un primo tentativo di superare la dicotomia tra vertigine solo su base psichiatrica od organica è stato fatto trenta anni fa in Germania con la descrizione di una condizione definita “Vertigine Posturale Fobica” (8). Dieci anni or sono ne è stata aggiornata la definizione ed è stata chiamata “Dizziness Soggettiva Cronica” (32, 47). Nel 2013 il Comitato per la classificazione delle malattie vestibolari della Barany Society ha convalidato la definizione ed i criteri diagnostici della sindrome, coniando una nuova denominazione in linea con la nomenclatura della Classificazione Internazionale delle malattie vestibolari: “Persistent Postural- Perceptual Dizziness” (Dizziness Posturale- Percettiva Persistente). La sindrome è considerata la seconda più probabile diagnosi effettuata in centri neuro-otologici specializzati che adottino le procedure diagnostiche per riconoscerla. E’ preceduta, per frequenza di presentazione, solo dalla VPPB e seguita dalla Emicrania Vestibolare. E’ definita da un complesso di sintomi vestibolari insorti da almeno tre mesi, correlati con la postura e da risposte a stimoli motori provocativi che hanno un ben definito comportamento ed andamento temporale, anche

se alcuni aspetti sintomatologici coincidono con altre malattie oto-neurologiche. I fattori comportamentali e neuro-otologici sono elementi chiave del suo meccanismo fisiopatologico e sono essenziali per l’esistenza della sindrome. Infatti, da un punto di vista neurofisiologico, la DPPP è una condizione che si colloca come interfaccia tra la neuro-otologia e la psichiatria (60), cioè tra i sistemi dell’equilibrio e della minaccia nel cervello. I siti di interazione tra i due sistemi sono stati identificati tra tronco e corteccia.

E’ quasi sempre provocata da un evento patologico acuto, in particolare da vertigini acute, ma anche da malattie di medicina generale o psichiatriche. Il decorso clinico è tipicamente cronico, con fluttuazione della intensità dei sintomi per mesi o anni. I pazienti affetti da DPPP si caratterizzano per uno schema unico di controllo posturale e di risposte agli stimoli visivi complessi. Le ricerche effettuate sulla terapia dimostrano che può trovare beneficio dalla utilizzazione di farmaci antidepressivi SSRI e SNRI e dalla riabilitazione vestibolare. Sarà da verificare l’utilità della terapia cognitiva comportamentale.

Da canto nostro abbiamo cercato attraverso questo lavoro di dare un contributo italiano, seppur minimo, al panorama letterario internazionale che si è occupato di individuare un’entità nosologica ben definita , quale può essere adesso considerata la “Dizziness

Posturale-Percettiva Persistente”, che ponendosi all’interfaccia fra otoneurologia e

psichiatria, dà finalmente modo agli specialisti otorinolaringoiatri di identificare e trattare in maniera corretta i pazienti che fino ad ora non ricevevano un’esatta diagnosi e venivano magari collocati nel quadro di una non specifica e troppo generalizzata vertigine psicogena o vestibolopatia cronica.

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