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Classificazione dei disturbi specifici dell’apprendimento

Capitolo 5 La ricerca

5.6 Discussione e Conclusioni

Il modello di intervento preventivo presentato ha consentito in una prima fase di individuare precocemente un ristretto campione di bambini in difficoltà, ipoteticamente ritenuto a rischio di DSA, che costituisce il 20,4% rispetto alla popolazione più generale sottoposta a screening, in un periodo in cui le abilità di scrittura nelle componenti alfabetiche sono padroneggiate da circa un 50/60% dei bambini; questo dato rafforza l’idea che l’apprendimento della scrittura si consolidi rapidamente in un sistema alfabetico di scrittura come quello dell’italiano. La diminuzione di percentuale di bambini potenzialmente a rischio si abbassa a maggio al 13,9% mostrando un miglioramento generale sia dei bambini sottoposti a potenziamento fonologico individuale, sia dei bambini che hanno seguito il normale iter scolastico mostrando quindi un miglioramento fisiologico dovuto al percorso di alfabetizzazione.

Sembrerebbe opportuno, quindi, focalizzare questo strumento in un’ottica di verifica del livello di apprendimento dei bambini, come prove di competenza, più che screening DSA in quanto, ciò che emerge sono soprattutto difficoltà e parlare di disturbo a quest’età risulta invece prematuro. Se si osserva lo sviluppo delle abilità di base in prima elementare, si rileva che i tempi e i modi di apprendimento sono molto diversi e influenzati da molteplici fattori: tempi individuali di apprendimento, difficoltà di ordine fonologico, spaziale, temporale, sequenziale e prassico. In questa fase i bambini possono presentare difficoltà diverse che si manifestano sia attraverso tempi più lunghi di acquisizione, sia attraverso processi devianti che possono scomparire totalmente o in buona parte entro la fine del primo ciclo elementare, oppure cronicizzarsi persistendo anche nel

secondo ciclo. Di qui la necessità di individuare precocemente le difficoltà, al fine di prevenire la comparsa e il consolidamento di strategie o meccanismi errati e di limitare i danni derivanti dalla frustrazione dell’insuccesso, quali il disadattamento o la perdita di motivazione all’apprendimento.

D’altra parte, i risultati relativi alle differenze tra bambini italiani e stranieri e la maggiore composizione di italiani del gruppo che abbiamo chiamato di controllo (coloro che pur essendo a rischio non sono stati sottoposti a nessun intervento sistematico e ciononostante sono ugualmente migliorati), indicano che lo screening ha permesso di identificare non tanto un rischio DSA quanto piuttosto una difficoltà che, probabilmente, era già stata riconosciuta dagli insegnanti.

Dall’analisi di questo progetto si evidenzia la necessità di continuare lo studio in quanto, la percentuale di bambini individuati a rischio nel primo screening si dimezza, ma, allo screening successivo, si aggiungono 4 bambini che a gennaio non erano stati individuati come in difficoltà mentre a fine anno sembrano esserlo. Di conseguenza emerge la necessità di realizzare piani di screening longitudinali con durata pluriennale che, seguendo i bambini durante il periodo canonico di acquisizione della letto-scrittura fino almeno alla terza primaria, permettano di stimare i reali indici predittivi di sensibilità e specificità delle prove utilizzate e di valutare gli effettivi fattori di rischio connessi alle prestazioni manifeste nelle prove. In questo modo potrebbe essere raggiunto l’obiettivo di realizzare una iniziativa di screening che individui il rischio reale di sviluppare un DSA. Questo aspetto di longitudinalità, atto a misurare le reali capacità delle prove in relazione a un criterio, consentirebbe di innalzare il livello dello standard qualitativo degli screening. Inoltre, sarebbe utile inserire nello screening della classe prima anche prove che indaghino altri indici predittivi, quali ad esempio le abilità visuo-spaziali o la lettura di parole e inoltre, essendo tarati sui bambini, questi strumenti, mostrano i limiti della contingenza per cui sarebbe utile avvalersi di strumenti indiretti come questionari rivolti ad insegnanti e genitori, e l’osservazione diretta, consentirebbe di far emergere quelle differenze individuali e punti di forza che gli screening invece non sottolineano in quanto si limitano ad evidenziare le debolezze, valutando i bambini attraverso gli errori.

La somministrazione di una seconda prova di scrittura a maggio ha consentito di valutare la traiettoria di sviluppo per i soggetti che a gennaio presentavano una condizione di difficoltà nell’apprendimento dei processi di scrittura e per i soggetti che hanno seguito le attività di laboratorio di recupero metafonologico, può considerarsi come condizione di post-training. Un intervento, per poter essere considerato come clinicamente significativo sulla componente accuratezza dell’abilità di scrittura, dovrebbe contribuire nel singolo soggetto a una riduzione degli errori di almeno il 50%. Questo indice, quindi, ha il pregio di consentire una valutazione

dell’intervento in relazione al miglioramento intraindividuale ottenuto da ciascun bambino in difficoltà rispetto alla sua condizione di partenza (Tressoldi, Vio, 2008) e nel nostro campione di 22 soggetti a rischio migliorano significativamente 3 (13,6%) dei 7 bambini sottoposti a potenziamento e 12 (54,5%) dei 15 non sottoposti a potenziamento.

Il trattamento riabilitativo (o più esattamente abilitativo) con finalità preventive, specificamente indirizzato allo sviluppo delle abilità metafonologiche, ha avuto efficacia nel favorire il successivo apprendimento della lingua scritta, tuttavia questa dipende dalla gravità del problema, dalla motivazione del cambiamento, dalla frequenza e durata degli interventi e deve esser mirato alla causa del problema. Avendo concluso che i bambini a rischio siano in grado anche di migliorare fisiologicamente, è più opportuno intendere le attività di potenziamento come acceleratori di apprendimento e attività a favore di una costruzione positiva della stima di sé che viene, viceversa, fortemente minata da tutte quelle situazioni di insuccesso scolastico a cui questi bambini sono continuamente esposti. La scarsa numerosità del campione non ha consentito di isolare i bambini italiani dagli stranieri per valutare separatamente l’evoluzione delle loro prestazioni tuttavia, il progetto di potenziamento e rinforzo ha permesso di concorrere al miglioramento di tutti i bambini, compresi coloro che ancora mostrano difficoltà, evitando che queste si facessero ancora più severe.

Tutti questi bambini hanno potuto godere di un intervento specifico sulle loro difficoltà di apprendimento permettendogli di vivere insieme ai compagni, ugualmente coinvolti, esperienze ludiche e serene di avvicinamento alla letto-scrittura, evitandogli, per quanto possibile, esperienze di insuccesso. Nell’analisi dei dati bisogna tenere conto della categoria stranieri in quanto troppo variegata e nel confronto con gli screening statistici bisogna sottolineare la differenza tra campione

“puro” e realtà dei fatti.

Questo commento non deve però essere interpretato come un’indicazione dell’inutilità di condurre screening precoci e attività di potenziamento al contrario, esso deve indurre a pianificare ricerche longitudinali che prevedano sia un monitoraggio dell’evoluzione spontanea dei soggetti individuati come a rischio, sia della reale efficacia degli interventi di prevenzione primaria eventualmente adottati. La realizzazione del progetto in forma longitudinale permetterà di misurare e di raffinare la sensibilità e specificità degli strumenti utilizzati in modo da ridurre al minimo la percentuale di falsi positivi (bambini che appaiono a rischio, ma non hanno un DSA) e di falsi negativi (bambini che non appaiono a rischio, ma svilupperanno un DSA).

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