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3 ECOSISTEMI COSTIERI DEL NORD ADRIATICO

3.1 MASSE D’ACQUA DEL GOLFO DI TRIESTE

3.1.5 Discussione

In base ai valori delle variabili nei cluster ed alla loro evoluzione spazio-temporale, i cluster possono essere caratterizzati come masse d’acqua omogenee, e associati a fenomeni biogeochimici noti che avvengono nel golfo di Trieste.

Il cluster nero, con picchi di NO3 e SiO2 e caratterizzato da acque a bassa salinità, rappresenta le masse d’acqua fortemente influenzate dagli apporti di acque dolci dal Soča-Isonzo. È presente, infatti, soprattutto lungo la costa nord-occidentale in superficie, e in mesi primaverili o autunnali, cioè nei periodi di piena del fiume che ha carattere torrentizio.

Il cluster rosso invece, con picchi di CHLA e sostanza organica particolata, rappresenta masse d’acqua con estese fioriture fitoplanctoniche. Dati i valori non particolarmente elevati di OXYSP e la presenza del cluster soprattutto in mesi tardo invernali e primaverili (febbraio-maggio), ed in mesi tardo estivi ed autunnali (agosto-ottobre), queste fioriture sono dovute probabilmente a diatomee. In generale il cluster è associato o segue precedenti comparse del cluster nero: infatti, le fioriture di diatomee avvengono generalmente con abbondanza di nutrienti freschi in primavera ed in autunno.

Il cluster giallo, con picchi di ossigeno disciolto e valori elevati di saturazione d’ossigeno, è stato interpretato come masse d’acqua tardo primaverili, in cui la fioritura è opera di organismi autotrofi ad alta efficienza e di dimensioni piccole (nano- e picoplancton). Gli elevati valori di OXYP possono essere dovuti anche al rimescolamento delle acque prima dell’instaurazione della stratificazione stagionale.

Il cluster azzurro, con picchi di OXYSP, minimi di nutrienti inorganici e pigmenti, e massimo di DOC, rappresenta masse d’acqua estive in cui sono attivi organismi autotrofi molto efficienti e di dimensioni minime, assieme ad organismi eterotrofi, che proliferano sulla sostanza organica disciolta. Questo cluster è presente in mesi estivi, quindi ai valori di OXYSP possono contribuire anche le alghe macrobentoniche.

Figura 8: Distribuzione mensile dei cluster per i campioni superficiali (sopra). Distribuzione mensile dei cluster per i campioni di fondo (sotto).

Figura 9: Distribuzione spaziale dei cluster in aprile-settembre (sopra) e in ottobre-marzo (sotto). Le linee indicano la separazione delle stazioni ottenute clusterizzando le frequenze dei cluster dei rispettivi campioni.

Il cluster blu, presente in generale negli stesi periodi del cluster azzurro, ma più profondo, rappresenta acque estive in cui i processi eterotrofi prevalgono su quelli autotrofi: infatti, OXYSP e OXYP sono molto bassi, le concentrazioni dei nutrienti organici diminuiscono, mentre le concentrazioni di PHAEO e dei nutrienti inorganici aumentano.

Il cluster marrone è quello che rappresenta masse d’acqua in cui avviene un’attiva rimineralizzazione dei nutrienti. Infatti, è presente solo alle massime profondità e nelle stazioni con fondali più profondi nei mesi tardo estivi ed autunnali. L’attivo consumo di ossigeno, senza attività fotosintetica, produce un ambiente riducente con minimi delle due forme di ossigeno, massimi di NH3 e PO4 e valori elevati di SiO2 e NO2. Tutti questi possono essere visti come prodotti della rimineralizzazione di composti organici ad opera di batteri.

Il cluster verde invece rappresenta le acque invernali, caratterizzate da assenza di sostanza organica, bassi valori di CHLA, ma valori relativamente elevati di PHAEO. Il rapporto tra PHAEO e CHLA indica una prevalenza di attività eterotrofa, a scapito dell’attività autotrofa, limitata dal fotoperiodo. Questa massa d’acqua è caratterizzata anche da concentrazioni elevate di NO2, che si accumula nei mesi invernali.

Figura 10: Dendrogramma ottenuto clusterizzando le frequenze dei cluster dei campioni di ogni stazione. Le due linee indicano la suddivisione in due (continua) o tre gruppi (tratteggiata).

In base a questa interpretazione, è stato possibile descrivere l’evoluzione spazio-temporale dell’ecosistema marino pelagico del golfo di Trieste secondo il seguente schema.

In inverno, in limitazione da fotoperiodo, attività eterotrofe prevalgono con consumo della sostanza organica dell’autunno precedente e produzione di nutrienti inorganici che rimangono inutilizzati. In primavera, grandi apporti di nutrienti inorganici arrivano dai fiumi assieme ad acque a salinità bassa. Secondo la portata e le condizioni metereologiche, soprattutto del vento, queste acque superficiali possono raggiungere anche le stazioni più al largo, oppure fluire velocemente fuori dal golfo lungo la costa nord-occidentale. L’effetto combinato dell’apporto di nutrienti freschi e dell’allungamento del fotoperiodo nei mesi di tardo inverno – inizio primavera provoca la prima grande fioritura fitoplanctonica a diatomee. Dopo che la maggior parte dei nutrienti freschi sono stati consumati dalle diatomee, si sviluppano nuove fioriture a causa di organismi autotrofi di dimensioni minori, ma più efficienti. La sostanza organica aumenta notevolmente, a causa della produzione di essudati da parte degli organismi fitoplanctonici, e a causa del consumo di questi stessi organismi da parte degli organismi eterotrofi. Abbondante sostanza organica agisce da input per la catena trofica batterica (microbial loop) e per l’attività dei batteri rimineralizzanti. In tarda estate ed inizio autunno la maggior parte dell’energia dei sistemi pelagici del golfo di Trieste fluisce attraverso questi due processi. La rimineralizzazione è molto importante soprattutto alle profondità più elevate (e quindi nelle stazioni più al largo), alle quali si instaurano condizioni riducenti. Nuovi apporti autunnali di nutrienti freschi in superficie danno il via a nuove fioriture a diatomee che sono poi interrotte dalla diminuzione del fotoperiodo. La sostanza organica prodotta da questi ultimi bloom innesca l’attività eterotrofa che prevale poi in inverno.

Questo schema concettuale è in accordo con i modelli trofodinamici mistivori presenti nella letteratura scientifica (Legendre e Rassoulzadegan, 1995). Infatti, è oramai assodato che le reti trofiche microbiche svolgono un ruolo fondamentale nel funzionamento degli ecosistemi marini, riciclando nutrienti e supportando così la produzione primaria. Nella prima fase di un ciclo di funzionamento di un ecosistema marino pelagico la maggior parte dell’energia fluisce attraverso la comune rete trofica a pascolo, costituita cioè da produttori primari autotrofi planctonici, dai loro consumatori planctonici, e dai consumatori di livello superiore (ad es. pesci) che si nutrono degli

organismi picoplanctonici autotrofi, che sono avvantaggiati da situazioni a bassa concentrazione di nutrienti. La terza fase è dominata dal ciclo microbico (micorbial loop), in cui organismi eterotrofi sfruttano l’abbondante sostanza organica prodotta nelle fasi precedenti. Il risultato finale è una rimineralizzazione dei nutrienti, che rappresenta l’input per nuovi cicli. Anche l’accumulo di DOC nelle acque superficiali, dovuto ad un malfunzionamento del ciclo microbico in presenza di competizione tra organismi fitoplanctonici e batterici per basse concentrazioni di nutrienti inorganici, è un fenomeno già osservato (Thingstad et al., 1997).

I risultati del presente studio sono anche in accordo con altri studi già effettuati nel golfo di Trieste. P.es. in Mozetič et al. (1998) si ipotizza che gli apporti fluviali rappresentino l’input principale per l’innesco di fioriture fitoplanctoniche all’interno del golfo. Cataletto et al. (1993) attraverso studi sperimentali, propongono una successione tipica di popolamenti fitoplanctonici, da cui emerge che le fioriture primaverili ed autunnali nel golfo sono dominate da diatomee. Altri studi (Orel et al., 1986; Justić et al., 1987) evidenziano la possibilità dell’instaurarsi di condizioni di ipossia nella acque del fondo.

Come già riportato, ci sono delle differenze interannuali nell’evoluzione spazio-temporale delle masse d’acqua individuate nel presente studio. In particolare sembra essere assente la fioritura diatomica primaverile del 2000, forse a causa della concomitante assenza di apporti di acque dolci e ricche di nutrienti (cluster nero, Fig. 7). L’ampio bloom in ottobre dello stesso anno può essere messo in relazione al fenomeno delle mucillagini, osservate nell’estate 2000. Nel 2001 invece si osserva un’accresciuta importanza nei mesi estivi del cluster blu, a scapito del cluster azzurro. Questo potrebbe essere messo in relazione alla siccità dell’estate 2001, con conseguenti condizioni più oligotrofiche ed una maggiore pressione dei predatori sulla componente picoplanctonica (Fonda Umani et al., 2005).

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