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DISCUSSIONE DEI RISULTAT

Dai risultati ottenuti nel corso di questa indagine è possibile mettere in

evidenza diversi aspetti riguardanti sia le metodiche di ricerca, sia la

diffusione di Y. enterocolitica lungo la filiera suinicola di due realtà

aziendali del territorio toscano, anche in relazione alle diverse

tipologie di allevamento e infine alla patogenicità degli isolati

riscontrati.

Un primo aspetto da prendere in considerazione riguarda le metodiche

impiegate per le analisi di laboratorio. In questo lavoro sono state

adottate 4 metodiche differenti, con le quali sono stati impiegati terreni di arricchimento diversi. Dai dati ottenuti emerge che l’utilizzo

della metodica di arricchimento a freddo ha permesso di ottenere i migliori risultati per quanto riguarda l’isolamento di Y. enterocolitica

a partire dalle diverse matrici esaminate. Di fatto tutti gli isolati

collezionati nel corso di questo studio sono stati ottenuti mediante

questa metodica, che è quindi risultata la più utile ai fine di

individuare i campioni positivi.

C’è da specificare che non sono stati ottenuti risultati identici per

entrambi i due allevamenti, questo è probabilmente dovuto alle

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Questi fattori sono da prendere in considerazione, in quanto

permettono di effettuare valutazioni non del tutto identiche sulle due

filiere suinicole.

I due allevamenti hanno in comune la caratteristica di allevare suini in

un allevamento a ciclo chiuso, nei quali quindi vengono effettuate le

operazioni di ingrasso e riproduzione dei capi allevati.

L’allevamento A, è un allevamento intensivo, a ciclo chiuso che

alleva suini di razza Large white dove le carni sono vendute e

trasformate da terzi.

L’allevamento B è un allevamento brado, a ciclo chiuso, che alleva

suini di razza Cinta senese. L’azienda trasforma direttamente le carni

dei propri animali.

I suini allevati nell’allevamento A, trovandosi in condizioni di

allevamento intensivo, sono maggiormente sottoposti a condizioni di

stress causando un potenziale abbassamento delle difese immunitarie e favorendo un’eventuale minaccia di infezione da parte di Y.

enterocolitica o di altri germi. I capi di cinta senese allevati nell’allevamento B che invece presentano un’ottima rusticità genetica

essendo allevati allo stato brado potrebbero essere maggiormente

sottoposti a contaminazioni da parte di agenti infettivi dal momento

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Dai risultati ottenuti si evince come gli isolati di Y. enterocolitica si rivelino presenti all’interno del ciclo produttivo dell’allevamento A,

causando un potenziale rischio di contaminazione sia dei capi presenti

in allevamento, sia dei capi sottoposti a macellazione. Infatti, risulta

che gli isolati Y1, Y4, Y6, Y8, Y9, Y10, Y11, Y12, Y14 si trovino nelle feci, quindi nell’intestino retto dei suini magroni destinati alla

produzione di suino pesante, adatto successivamente alla

trasformazione del muscolo in carne. Y18 altresì, è stato identificato come l’unico isolato del microrganismo a trovarsi nelle tonsille

durante le fasi di macellazione dei capi allevati nell’allevamento A.

Per quanto riguarda gli isolati Y20, Y21, Y23, Y25, Y24, questi sono

stati ritrovati invece nelle feci delle scrofe.

Considerando che non è stata riscontrata contaminazione da parte di

questo batterio nei campioni di impasto di salsiccia è evidente come

durante le fasi di macellazione e trasporto delle mezzene negli

stabilimenti di trasformazione vengono adottate le misure di igiene e

sicurezza necessarie affinché vengano ridotti al minimo i rischi di una

contaminazione da parte di Y. enterocolitica.

Prendendo invece in considerazione l’allevamento B, si evince che

non vi è una notevole circolazione di Y. enterocolitica nonostante l’allevamento sia predisposto per la produzione di suini in

101

allevamento brado. E’ stato ritrovato infatti soltanto l’isolato Y19 nelle

feci di un suino magrone.

Analizzando i risultati dei due allevamenti si evince quindi come sia

maggiore il rischio di una possibile contaminazione batterica da Y.

enterocolitica nel ciclo produttivo dell’allevamento A.

C’è da dire che questi risultati devono essere presi in considerazione

tenendo conto che nei due allevamenti, sono stati analizzati quantità diverse di campioni. Nell’allevamento A sono stati analizzati

campioni di feci di suini lattonzoli, grassi, magroni, feci di scrofa, tonsille e impasto di salsiccia in percentuali diverse dall’allevamento

B dove sono stati analizzati invece campioni fecali di suini lattonzoli e

magroni, feci di scrofe ed impasto di salsiccia.

Dai risultati si evince come gli isolati ritrovati nei campioni non siano

distribuiti in maniera equivalente nei due allevamenti. Dagli esami

condotti sulle caratteristiche fenotipiche si è potuto procedere ad una

prima determinazione di eventuali biotipi patogeni e non patogeni

presenti nelle due filiere.

Si è constatato come nel ciclo produttivo dell’allevamento A prevalga

il bio-sierotipo BT4/O:3, considerato tra i più patogeni per l’uomo.

10 dei 15 isolati riscontrati in questo allevamento appartengono infatti

a tale biotipo. Questi isolati sono stati rilevati sia a partire da campioni

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Nello stesso allevamento inoltre sono stati identificati altri bio-

sierotipi, in particolare 4 isolati su 15, provenienti da campioni di feci

delle scrofe, appartengono al BT1 e un isolato riscontrato in feci di

scrofa è riconducibile a BT3. Questi dati evidenziano che a livello di

allevamento circolino contemporaneamente bio-sierotipi diversi che

sembrano essere legati a categorie di animali diversi. Y1, Y4, Y6, Y8,

Y9, Y10, Y11, Y12, Y14, Y18 appartengono a feci di suini magroni, Y20, Y21, Y23, Y25 provengono da feci di scrofe, mentre Y24 riscontrato appartenere al BT3 proviene anch’esso da un campione di

feci di scrofa.

Nell’allevamento B è stato ritrovato soltanto l’isolato Y19

appartenente al biotipo BT1 nelle feci di un suino magrone.

I risultati ottenuti alla PFGE hanno messo in evidenza che tutti gli

isolati appartenenti al BT4/O:3 appartengono allo stesso ceppo. A

livello di allevamento circola quindi solo un ceppo batterico

appartenente a questo bio-sierotipo che potremmo considerare “tipico”

di questo allevamento; inoltre possiamo sostenere che molto probabilmente l’isolato Y18 riscontrato a livello di tonsille proviene

dall’ambiente di allevamento e non da una contaminazione durante le

fasi di macellazione.

Le analisi fenotipiche confermate da quelle genotipiche, sulla

103

riscontrati appartenenti al BT4/O:3 sono potenzialmente patogeni

essendo tutti positivi al test del CR-MOX, nonché possedendo alcuni

importanti geni di virulenza, ail, inv, VirF, responsabili della

colonizzazione intestinale.

La presenza del batterio proprio nel tratto intestinale dei suini

magroni, rappresenta di fatto un rilevante rischio di contaminazione

delle carcasse, anche dopo le fasi di macellazione. Se non verrebbero

adottate le giuste misure igienico sanitarie, il batterio potrebbe migrare

durante le fasi di macellazione nei tessuti circostanti e ritrovarsi

potenzialmente negli impasti di salsiccia destinati alla produzione

104

12. CONCLUSIONI

Le infezioni di origine alimentare rappresentano un importante

problema di sanità pubblica, buona parte dei patogeni responsabili di

tale tipo di infezioni ha infatti origine zootecnica. Negli ultimi decenni com’è noto sono intervenute profonde modificazioni sia nelle filiere

produttive e nella distribuzione dei prodotti di origine animale, sia quindi nell’epidemiologia delle malattie infettive di origine

alimentare.

A causa anche della crescente diffusione dell’allevamento suinicolo di

tipo intensivo ed ai sistemi di produzione ad esso correlato, in Europa

si è registrato un aumento della yersiniosi umana.

Questo lavoro ha permesso di valutare la presenza dei bio-sierotipi

patogeni e non di Y. enterocolitica in due filiere suinicole toscane,

facendo opportune differenze relative al tipo di allevamento.

Il ciclo produttivo dell’allevamento B non mostra un alto rischio di

contaminazione da parte di Y. enterocolitica nonostante si tratti un

allevamento di tipo brado.

La presenza del bio-sierotipo BT4/O:3 nei suini magroni e dei biotipi BT3 e BT1 nelle scrofe allevate dall’allevamento A, sta ad indicare

che nel ciclo produttivo di tale allevamento si ha una discreta

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Seppur nelle successive fasi di produzione delle carni non siano stati

identificati isolati di Y. enterocolitica, a testimonianza delle corrette

pratiche igieniche adottate a questo livello della filiera, sarebbe necessaria l’adozione di un buon sistema di bio-sicurezza anche nelle

fasi di allevamento delle varie categorie suinicole.

Benché la formazione degli OSA si sia rivelata adeguata durante le

fasi della filiera produttiva, per garantire un alto livello di qualità

igienico sanitaria del prodotto è doveroso ribadire che sarebbe utile

mantenere tale tipo di formazione per garantire nel tempo elevati tali

standard di qualità.

Lo studio da noi condotto conferma il ruolo del suino quale serbatoio

di ceppi patogeni di Yersinia enterocolitica ed il possibile rischio di

tossinfezione alimentare legato al consumo di carni suinicole

contaminate.

I risultati ottenuti non vogliono essere conclusivi, ma rappresentano

un punto di partenza per un continuo controllo dei vari stadi della

filiera produttiva, al fine di individuare e prevenire i potenziali rischi.

Infine è importante sottolineare che mentre il ruolo del suino nell’epidemiologia della yersiniosi umana è ben documentato, molto

dovrebbe essere fatto per accertare il ruolo di altre specie animali, e

107

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