• Non ci sono risultati.

In questo capitolo verranno discussi e messi a confronto i risultati ottenuti negli articoli di questa ricerca. È importante una volta ottenuti dei risultati saperli interpretare ed affiancarli per arrivare ad una sintesi riassuntiva degli articoli scelti. Oltre a ciò bisogna anche riflettere sulla pertinenza e sulla validità clinica degli studi utilizzati (Lobiondo- Wood e Haber 2004).

La prima discussione si concentrerà sugli studi relativi al confronto tra PPIA e l’assenza della PPIA. I quattro articoli scelti hanno raggiunto risultati e conclusioni relativamente simili.

Il primo articolo (Rasti, F., e N. 2014) ha raggiunto la conclusione che la PPIA non si è rilevata utile nella riduzione della ansia peri-operatoria del figlio. I risultati numerici hanno evidenziato una differenza non considerevole. Certi studi citati in questo articolo riportano conclusioni simili dove i parenti non hanno migliorato lo stress dei figli in diversi momenti peri-operatori. L’unico momento dove si è evidenziato un beneficio è quello della separazione dove un articolo ha evidenziato un netto aumento dell’ansia quando i bambini sono stati separati dai genitori (Akinci et al. 2008). Un’ulteriore studio (Z. N. Kain et al. 2000) ha mostrato che la PPIA affiancata ad una premedicazione non ha portato ulteriori benefici ma si è riscontrata una maggiore soddisfazione parentale del periodo operatorio.

Altri articoli citati invece hanno raggiunto conclusioni differenti, uno in particolare ha collegato la PPIA ad una maggiore collaborazione dei figli ed una minore ansia, un altro articolo ha affermato che i bambini con i genitori presenti hanno affrontato in maniera migliore l’induzione dell’anestesia (Gupta et al. 2010).

Per questo l’articolo riferisce che, dato che non si è raggiunta una conclusione pratica sulla efficacia della PPIA, bisognerebbe studiare ulteriori strategie di gestione dell’ansia o approfondire le caratteristiche che potrebbero modificare gli effetti della PPIA.

Dato il punteggio massimo ottenuto da quest’articolo nella valutazione di Duffy, possiamo ritenere anche le sue conclusioni pertinenti e valide.

Il secondo articolo (Sánchez et al. 2014) è quello che ha ottenuto i risultati più positivi a favore della efficacia della PPIA. Si afferma che i valori delle scale ottenuti esprimono una minore ansia, una migliore collaborazione ed una ansia minore genitoriale nel gruppo PPIA. Quindi l’articolo non solo afferma che i bambini erano più sereni ma anche che i genitori hanno provato meno agitazione ed hanno percepito per i loro figli una qualità di induzione d’anestesia migliore. Questo fattore si dimostra non secondario poiché può essere incisivo sulla serenità stessa del figlio. È interessante infatti notare come queste due variabili siano direttamente proporzionali in quest’articolo, tale collegamento conferma l’importanza della gestione dello stress genitoriale.

Nonostante i risultati siano stati estratti seguendo una metodologia bene espressa e che siano stati analizzati con lo Student’s test (verifica la validità della media dei risultati ottenuti) , il Mann Withney U Test (verifica che i gruppi derivino da un campione uguale o simile) ed il Chi square test (verifica i risultati se sono dati dal caso o no) che hanno confermato l’appropriatezza dei risultati, l’articolo manca di un background sufficiente, di una discussione dei risultati e delle evidenze precedenti riguardo la PPIA e per questo il punteggio Duffy era solo di 5. Comunque la metodologia era valida ed i criteri utilizzati simili a quelli degli altri articoli.

L’articolo di Wright et al. (2010) ha portato come unico fattore statisticamente significativo il fatto che al momento della separazione, il gruppo controllo ha avuto una maggiore ansia rispetto il gruppo sperimentale. Negli altri momenti l’analisi dei dati ha decretato le differenze come irrilevanti. L’unico risultato concreto ottenuto viene commentato asserendo che studi precedenti hanno ottenuto risultati simili ed è importante notare che si sono individuate diverse variabili che hanno inciso sul risultato. Il luogo della separazione per esempio, infatti quando i bambini hanno lasciato il genitore nella sala d’attesa l’ansia era maggiore rispetto a quelli che l’hanno fatto in reparto. Nella letteratura utilizzata è anche emersa ancora la relazione dell’ansia dei genitori e quella dei bambini. Il comportamento che adotta il genitore diventa fondamentale per l’efficacia della sua presenza stessa (Z. N. Kain, Mayes, O’Connor, et al. 1996) (Bevan et al. 1990).

Studi riportati riguardo l’età del figlio come variabile incisiva hanno portato a conclusioni discordanti. In uno (Bevan et al. 1990) i bambini hanno mostrato maggiore ansia se più giovani mentre in un altro (Vetter 1993) si sono riscontrati risultati opposti. In conclusione, il fatto che al momento della separazione l’ansia aumenta rende la PPIA una strategia utile ma solo in parte, sarebbe opportuno studiare come rendere meno stressanti tutti gli altri momenti, primo tra tutti il momento della induzione (Wright, Stewart, e Allen Finley 2010).

Si sono riscontrati alcuni limiti allo studio. I genitori del gruppo sperimentale hanno avuto indicazione di restare seduti nella SO potendo solo tenere la mano del figlio. Tale limitazione può avere reso il loro supporto meno spontaneo e più innaturale rendendo la loro presenza non di supporto per il figlio. Un altro limite è il fatto che si è persa una parte di partecipanti che avrebbero potuto produrre risultati più tangibili.

Come consigli si afferma che bisognerebbe utilizzare più interventi informativi precedenti al giorno dell’operazione, si è dimostrato infatti che insegnamenti precedenti alla giornata hanno aumentato la aderenza e reso i partecipanti più sereni. I risultati ottenuti dall’articolo possono essere utilizzati per sviluppare nel futuro programmi incentrati sulla famiglia per affrontare l’esperienza della chirurgia.

L’articolo di Soliveres et al. (2011) afferma che i loro risultati riguardo l’efficacia della PPIA nel migliorare la qualità dell’induzione sono in linea con uno studio precedente (Z. N. Kain et al. 1998) ma sono contradditori con altri studi. Infatti quelli antecedenti citati nel testo non hanno ritrovato una correlazione tra presenza parentale e ottimale induzione dell’anestesia a parte quello di Kain et al. (1998). Secondo certi anestesiologi queste conclusioni non portano ad evidenze pratiche, l’efficacia della PPIA sarebbe dovuta da diverse variabili come l’atteggiamento dei genitori. Infatti bambini ansiosi accompagnati da genitori tranquilli si rilassano maggiormente mentre bambini tranquilli accompagnati da genitori ansiosi diventano più agitati (Soliveres et al. 2011). L’articolo riferisce che un limite è la difficolta a valutare l’ansia e il dolore nei bambini. È difficile interpretare le richieste verbali in bambini molto piccoli ed anche la descrizione del comportamento viene ostacolata da caratteristiche comportamentali di ogni bambino che non si conoscono. Secondo questo studio servirebbe aumentare il tempo di follow-up dei bambini per valutarli in modo costruttivo.

Per quanto riguarda la preparazione ADVANCE (Bailey et al. 2015), si è rilevato che essa non ha portato ad ulteriori benefici rispetto al gruppo controllo, né per la cooperazione alla induzione, delirium post-operatorio, dolore o per i tempi di rilascio dalla sala risveglio. L’intervento video utilizzato però era differente dall’originale ADVANCE e questo può avere portato risultati discordanti con quelli originali svolti su questa strategia di preparazione. La preparazione originale cominciava 5 o 6 giorni prima dell’intervento

lasciando tempo ai genitori ed al bambino di metabolizzare le informazioni mentre in questo studio la preparazione consisteva solo in un breve video prima della operazione. Questo video poi era proposto solo ai genitori mentre nella preparazione ADVANCE si coinvolgevo anche il figlio. Si è ipotizzato che ci siano stati molti fattori che non hanno portato i genitori ad agire come spiegato nel video e ciò può avere compromesso lo studio. Per esempio la sensazione che un proprio intervento diretto non fosse necessario, oppure ci si sentiva intimoriti dalla situazione o semplicemente non ci si ricordava più benissimo le istruzioni ricevute (Bailey et al. 2015). La soddisfazione parentale comunque era molto maggiore nel gruppo ADVANCE, i genitori di questo gruppo hanno riferito che il video li ha preparati a quello che avrebbero visto nella SO mentre i genitori del gruppo controllo hanno riferito che avrebbero voluto sapere cosa aspettarsi in questa esperienza. Comunque la maggiore sensazione di utilità del gruppo sperimentale non si è associata ad un effettivo beneficio per i figli, bisognerebbe studiare in seguito il modo in cui genitori si auto-valutano per vedere in base a quali criteri ci si senta utili o meno. Magari la sensazione di efficacia non era dovuta dallo stato d’ansia del figlio ma più dalla ansia percepita dal genitore stesso.

Lo studio consiglia che bisognerebbe studiare maggiormente interventi di preparazione che integrino anche il bambino per valutare cosa si riveli più efficace per la gestione dell’ansia.

L’articolo di Zand et al. (2011) ha commentato in questo modo i risultati ottenuti riguardo l’efficacia della PPIA in confronto alla premedicazione. Quest’ultima si è dimostrata più efficace nel diminuire l’agitazione post-operatoria quando l’agente anestetizzante era l’alotano. Con il sevoflurano invece non si sono notate differenza significative, entrambi i gruppi hanno mostrato alti livelli di agitazione. È possibile che non si siano notate differenze in questa ultima situazione poiché il disorientamento, come effetto collaterale della premedicazione, potrebbe essere un fattore prognostico negativo maggiore rispetto la separazione dai genitori per quanto riguarda l’agitazione post-operatoria. Se si fosse potuto inserire un gruppo senza PPIA e premedicazione sarebbe stato possibile valutare meglio la situazione ma ciò è naturalmente moralmente proibitivo. Si è anche ipotizzato che il Midazolam causi incubi e problemi del dormire e ciò avrebbe compromesso la sua efficacia (McGraw e Kendrick 1998). Riguardo la PPIA si afferma solo che emerge l’ipotesi che essa possa diventare l’opzione migliore in caso di anestesia con sevoflurano. Sono comunque necessari ulteriori studi per confermare questa ipotesi (Zand, Allahyary, e Hamidi 2011).

L’ultimo articolo selezionato per questo lavoro (Kim et al. 2015) (che ha confrontato la PPIA con la distrazione video) riporta tali conclusioni. La presenza parentale e la distrazione video hanno avuto effetti simili sulla ansia pre-operatoria, il gruppo con solo distrazione video ha però registrato una minore ansia nel momento esatto della induzione rispetto gli altri due gruppi. Le due strategie studiate sembrano avere meccanismi ansiolitici diversi. I video distraggono i bambini da situazioni non famigliari mostrando qualcosa di conosciuto e comune mentre i genitori se non vengono separati evitano l’ansia dovuta dalla separazione. Una ipotesi è che l’ansia della separazione non sia in realtà una delle maggiori cause dello stress pre-operatorio del bambino, infatti solo nel momento della separazione si è notato che i bambini hanno manifestato un livello maggiore di m-YPAS mentre in tutti gli altri momenti nei tre gruppi non si sono notate differenze, anzi il gruppo con solo la distrazione video ha manifestato minore ansia durante il trasporto ed anche all’induzione. I dati fanno emergere che la PPIA appare meno efficiente rispetto la distrazione video nel ridurre l’ansia pre-operatoria. Per quanto

riguarda lo stato dei genitori, anche in quest’articolo si è riscontrata l’influenza reciproca che hanno i genitori sul figlio e viceversa riguardo lo stato ansioso e questo è in linea con studi precedenti (Zeev N. Kain et al. 2006) (Zeev N. Kain et al. 2007). Nonostante certi genitori che hanno presenziato alla induzione siano usciti molto scossi dalla SO, hanno riferito comunque che si sono sentiti utili e ripeterebbero l’esperienza se richiesto in futuro, anche nel gruppo distrazione video, dei parenti hanno riferito che avrebbero preferito presenziare anche loro. Altri interventi riportati in questo articolo (come distrazione con videogames) hanno diminuito l’ansia pre-operatoria ma non hanno migliorato il periodo post-operatorio in confronto alla PPIA (Patel et al. 2006). Concludendo le due strategie analizzate in questo studio hanno portato a dati relativamente simili e nessuna è emersa come migliore, ulteriori studi dovrebbero essere condotti per valutare come implementare la preparazione pre-operatoria a scopo ansiolitico.

Documenti correlati