La composizione floristica dei vigneti biologici risulta molto affine alle comunità descritte per i vigneti estensivi di tipo tradizionale (Wilmanns, 1993).
Gli elementi che li caratterizzano quali Lolium perenne, Plantago lanceolata e Poa trivialis subsp. sylvicola sono indicatori di stabilità cenotica essendo elementi trasgressivi della classe fitosociologica dei Molino-Arrheneterethea, alla quale si riconducono i prati stabili europei fertili.
La ricchezza e diversità floristica dei siti indagati non è influenzata dai due sistemi di gestione dei vigneti confrontati. Il risultato conferma quanto già evidenziato per studi europei riguardanti i vigneti (Bruggisser et al., 2010), in cui non è stato evidenziato alcun incremento di diversità dovuto all‟agricoltura biologica. Concorda parzialmente con quanto indicato dalle revisioni analizzate (Bengtsson et al., 2005; Hole et al., 2005; Thomas 2000) in cui si evidenziano sia effetti positivi, sia negativi o neutri dell‟agricoltura biologica. Si sottolinea tuttavia, che la maggior parte dei contributi analizzati non riguardano vigneti, ma altri sistemi colturali di tipo annuale e perenne.
2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 1.0 0.5 0.0 -0.5 -1.0 PC1 CONV 3 ORG 3 CONV 2 ORG 2 CONV1 ORG 1 PC2
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Le differenze stagionali di ricchezza e diversità vegetale evidenziate ci indicano l‟importanza della scelta di epoca del rilievo come emerge da altri contributi (Lososovaet al., 2002). La stagione primaverile, in particolare, rappresenta il periodo di maggior differenza a livello di diversità. Questi valori sono determinati dall‟elevata presenza di specie annuali (terofite) a sviluppo precoce. Questa tendenza si rileva soprattutto in coincidenza delle comunità della fila dei vigneti convenzionali, in cui il tipo gestione agronomica (diserbo e trattamenti fitosanitari), favorisce comunità ad elevata dinamicità ecologica (Baumgartner et al., 2007).
L'emerobia nella gestione biologica del vigneto mostra un basso livello di disturbo, imputabile all'assenza di trattamenti erbicidi (Tab. 2d).
L‟indice di emerobia indica un maggiore disturbo floristico per i vigneti di tipo convenzionale. Questo è particolarmente evidente nelle comunità delle file ed è dovuto ad una maggior frequenza delle specie avventizie ed annuali che, come indicato in letteratura (Hobbs e Huenneke, 1992) risultano spesso avvantaggiate da un elevato livello di disturbo antropico.
Negli interfilari per i periodi primaverile ed estivo non sono state rilevate differenze significative. Ciò è giustificabile con la compattezza del cotico erboso che riduce la presenza di specie annuali (terofite). In queste comunità degli interfilari, se gestite in maniera convenzionale, il maggior contributo all'emerobia è determinato dall'abbondanza di specie neofite, che presentando sviluppo e fioritura tardiva sono rilevabili soprattutto nel periodo autunnale.
Questo lavoro evidenzia una maggiore diversità e una maggiore ricchezza in specie di carabidi negli appezzamenti coltivati con metodo convenzionale diversamente da quanto riportato da alcuni autori che mostrano situazioni favorevoli alla biodiversità nel biologico in generale (Hutton e Giller, 2003) e nello specifico dei vigneti (Hadjicharalampous et al., 2002). I risultati sono diversi anche da quelli ottenuti da altri autori che hanno evidenziato l'assenza di differenze tra i due metodi di gestione (Melnichuk et al., 2003).
Discordanze in termini di risultati dei suddetti indici in diversi contesti sperimentali sono messe in evidenza da Vazzana (2004), Bengtsson et al. (2005) e Rahman (2011).
Hadjicharalampous et al. (2002) hanno studiato vigneti a conduzione biologica dove hanno riscontrato presenza abbondante di Harpalus distinguendus e Pseudoophonus rufipes. Nei vigneti presi in esame in questo lavoro le stesse specie sono invece state rilevate con maggiore frequenza negli appezzamenti coltivati con metodo convenzionale
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(Conv.). Infatti l'analisi del X2 (Tab. 2 in appendice) evidenzia la significatività di valori
relativi a specie opportuniste appartenenti per la maggior parte alla subfamiglia degli Harpalini che sono presenti con un numero maggiore di individui negli appezzamenti convenzionali. Anche Amara aenea e Harpalus dimidiatus compaiono con maggiore frequenza nel convenzionale seppure in modo non statisticamente significativo. Tali specie sono per la maggior parte a riproduzione primaverile, contribuiscono alle differenze stagionali di diversità e ricchezza e la loro presenza potrebbe essere giustificata da un elevato disturbo dovuto ai trattamenti, lavorazioni e sfalci che vengono effettuati a partire dalla tarda primavera (fine aprile inizio maggio). Tra queste specie sono compresi individui del genere Harpalus che secondo alcuni autori sono poco sensibili agli insetticidi (Asteraki e Hanks, 1992).
Nella maggior parte dei lavori citati in letteratura sono stati utilizzati gli indici di ricchezza in specie e di diversità come unici strumenti per la valutazione della qualità ambientale, prescindendo dalla considerazione del contributo delle singole specie alla carabidocenosi.
Un'analisi più approfondita dei dati raccolti ha consentito, invece di verificare che le specie catturate negli appezzamenti convenzionali, rappresentate da un elevato numero di individui, sono riferibili a specie opportuniste.
Inoltre lo studio dettagliato dell'ecologia delle specie ha consentito di verificare il legame delle stesse con ambienti disturbati e antropizzati. Pseudophonus rufipes e gli individui del genere Harpalus sono polifagi e molto frequenti in ambienti antropizzati, in particolare il primo si trova frequentemente nei seminativi e i secondi nei coltivi in generale (Brandmayr, 2005). Anche Calathus fuscipes risulta essere tipico di ambienti coltivati e antropizzati (Brandmayr, 2005) seppure zoofago e brachittero. Un'altra specie con le stesse preferenze alimentari e sviluppo alare del precedente, presente con maggiore frequenza nel convenzionale (seppure in modo non statisticamente significativo, è Pterostichus (Steropus) melas. Si tratta di una specie steppica con una certa preferenza per formazioni aperte anche antropizzate (coltivi), dove spesso è uno dei dominanti della comunità dei Carabidi (Brandmayr, 1975).
Dall‟analisi statistica i dati relativi alla dieta e allo sviluppo alare risultano non sufficienti per discriminare diversi metodi di gestione. I risultati ottenuti dall'analisi della corologia delle singole specie ha invece consentito di differenziare il biologico dal convenzionale. I gruppi corologici LAD e il GEU, significativamente maggiori nel convenzionale,
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indicano la presenza di un ambiente disturbato in cui si adattano le specie generaliste ed euriecie (Brandmayr, 2005).
L'utilizzo della corologia per differenziare diversi metodi di coltivazione può essere più efficace dato che i gruppi corologici comprendono specie appartenenti a regimi dietetici e sviluppo alare diversi. Infatti sono comprese nel gruppo a Larga Diffusione anche le specie che presentano dieta zoofaga e sviluppo alare brachittero (ad es. Steropus melas, Calathus fuscipes) caratteristiche considerate tipiche di specie di ambienti di ambenti più stabili (Brandmayr, 2005).
Questi risultati supportano una valutazione positiva dell'utilizzo dell'analisi della corologia per la discriminazione di ambienti in relazione al grado di disturbo prodotto dalle attività di produzione agricola.
L'analisi delle componenti principali ha evidenziato l'importanza che riveste il fattore geografico e la gestione dei sistemi colturali (PC1) nell'attribuzione del significato ecologico delle specie che caratterizzano i diversi siti.
In particolare la distanza tra le stazioni collinari e quelle planiziali è strettamente legata a fattori biogeografici ed alla gestione dei vigneti. Infatti nella zona collinare (Org 1 e Conv 1), relativa al Collio del Friuli Venezia Giulia, è presente la pratica periodica di rottura del cotico, a differenza delle aree di pianura (Org 2, Org 3 e Conv 2, Conv 3) dove la gestione dell'inerbimento prevede il solo sfalcio.
L'effetto del disturbo antropico è distribuito principalmente sulla seconda componente (PC2) e permette di distinguere alcuni gruppi di specie indicatrici, molto sensibili per il monitoraggio del disturbo in ambienti coltivati come quelli in esame.
L'effetto positivo sulla qualità-stabilità ambientale della gestione biologica è evidente nei siti di pianura (alta e bassa) in cui risultano determinanti specie vegetali e animali caratteristiche di ambienti più stabili. Al contrario nei siti collinari tale effetto non risulta evidente. Entrambi i siti (Org 1 e Conv 1) sono caratterizzati da un elevato disturbo antropico (Tab 1 e 2 in appendice). Questo è probabilmente imputabile al periodico rimaneggiamento del suolo generalmente applicato nella sistema di gestione dei vigneti
collinari, come evidenziato anche in altri casi di studio (Gago et al., 2007).