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5. Risultati della revisione

5.3. Discussione

La presente revisione della letteratura riguarda i progetti intergenerazionali che uniscono anziani residenti in CpA con adolescenti o bambini. Si sono comparati 5 studi che evidenziano risultati diversificati per quanto riguarda le misurazioni svolte sui partecipanti anziani. Alcuni studi hanno ottenuto risultati simili mentre altri hanno raccolto dati in contradizione tra di loro.

Diversi studi sono concordi che questo tipo di programma porta ad un aumento di emozioni positive ai partecipanti anziani. Il primo studio (Baker et al., 2017) ed il quarto (Kim & Jia Lee, 2017) evidenziano come i partecipanti registrano un aumento di piacere dopo aver svolto le attività intergenerazionali rispetto al gruppo di controllo o alla partecipazione di altri tipi di attività. Dello stesso parere anche gli autori del quinto articolo (Low et al., 2015) che registrano un aumentato senso di piacere durante le attività. Il secondo articolo (Doll & Bolender, 2010), tramite le osservazioni libere fatte dallo staff della CpA e dai pareri riportati dai partecipanti stessi, rafforzano la teoria che i programmi influenzano lo stato d’animo dei residenti. Questo studio afferma infatti che i partecipanti risultavano maggiormente sorridenti, si soffermavano di meno ed esprimevano in minor modo i loro problemi di salute diminuendo la negatività. Gli anziani di questo studio affermavano di essere orgogliosi di aiutare. Questo dato è riconducibile all’aumento dell’integrità dell’ego riportato dal quarto studio (Kim & Jia Lee, 2017). Si è infatti riscontrato un aumento di soddisfazione della vita, dell’accettazione della morte, della vita passata e dell’età.

I risultati positivi dell’incremento dello stato d’animo dei residenti non sono riconducibili alle attività svolte nei programmi, in quanto essi hanno messo in pratica attività diversificate tra loro così come le generazioni collegate ai residenti della struttura e la regione geografica nella quale si sono svolti i progetti erano differenti. Gli studi hanno registrato il cambiamento positivo non solo nell’immediato, dati raccolti per lo studio cinque (Low et al., 2015) e uno (Baker et al., 2017), ma anche un incremento nel tempo, dati raccolti nello studio quattro (Kim & Jia Lee, 2017). Questi ultimi però sono ancora un argomento di dibattito, in quanto lo studio uno (Baker et al., 2017) sottolinea come i loro risultati sono unicamente un beneficio immediato e non vengono mantenuti nel tempo differentemente da quanto riscontrato dallo studio quattro (Kim & Jia Lee, 2017).

Secondo quanto riportato e secondo le differenze riscontrate negli studi, i benefici sono riconducibili all’incontro delle due generazioni e non a delle caratteristiche degli studi in quanto differenti.

Il secondo studio (Doll & Bolender, 2010) ed il terzo studio (Cote et al., 2002) affermano entrambi che i membri dello staff hanno notato una cura maggiore nella scelta dei vestiti e una maggior attenzione su come l’anziano si presentasse prima di incontrare i bambini per il secondo studio, mentre per il terzo prima di scattare la foto che poi avrebbero spedito ai loro giovani amici di penna. Questo dato non è riferito unicamente ai partecipanti di sesso femminile, la maggioranza in questo tipo di studio, ma anche ai partecipanti di sesso maschile. Questi risultati sono stati raccolti a seguito di osservazioni spontanee dei membri dello staff e per questo non statisticamente significativi. Sono tuttavia osservazioni che si riferiscono ad un cambiamento positivo nell’atteggiamento dei partecipanti anziani riscontrati in più di uno studio.

Alcune ricerche hanno però raccolto risultati differenti sugli stessi argomenti. Come ad esempio lo studio uno (Baker et al., 2017), che ha raccolto dati statisticamente significativi, i quali mostrano come i partecipanti alle attività intergenerazionali si

presentavano più calmi durante l’attività rispetto al programma offerto normalmente dalla CpA. Questo dato non è stato riscontrato nello studio cinque (Low et al., 2015), il quale non ha segnalato alcun cambiamento negli stati di agitazione prima dell’introduzione del programma e alla fine del programma. Quest’ultimo studio ha anche informato che probabilmente la durata di 45 minuti per attività non era sufficientemente ampia. I due studi hanno raccolto le informazioni in tempistiche differenti. Il primo studio è giunto a conclusioni paragonando i risultati prima dell’attività e subito dopo la fine di essa, per questa ragione ha raccolto il cambiamento immediato. Mentre il quinto studio ha raccolto i dati su lungo tempo, comparando i risultati raccolti prima dell’inizio dello studio (settimana 0) e dopo la fine del suddetto (settimana 13). Questa informazione incrementa nuovamente la riflessione sui benefici o meno di questi programmi su lungo termine affrontata precedentemente.

Altro tema di discussione sono i dati riguardanti la partecipazione sociale dei partecipanti anziani. Lo studio cinque (Low et al., 2015) ha riscontrato una minor iniziativa e un maggior coinvolgimento passivo durante le attività intergenerazionali rispetto al gruppo di controllo che svolge le normali attività. Questo articolo non ha riscontrato nessun cambiamento nel senso di comunità, ciò vuol dire sentirsi parte di un gruppo condividendo stati d’animo, tra i partecipanti che incontravano i bambini e i partecipanti che svolgevano attività normali. Lo studio uno (Baker et al., 2017), differentemente, ha evidenziato un aumento statisticamente significativo di coinvolgimento durante le attività intergenerazionali. Lo staff dello studio due (Doll & Bolender, 2010) ha evidenziato una maggior loquacità, una maggior partecipazione ai programmi di ginnastica svolti assieme ai bambini e una minor sedentarietà. Infine il terzo studio (Cote et al., 2002) evidenzia come gli anziani si sono organizzati autonomamente per incontrarsi e decidere gli argomenti da scrivere ai bambini e hanno espresso il desiderio di scrivere più spesso. I ricercatori del quinto studio (Low et al., 2015) che riportano una minor iniziativa e un maggior coinvolgimento passivo, affermano che, magari, una generazione più grande, come ad esempio gli adolescenti, può portare risultati differenti. Questo pensiero sembrerebbe essere corretto se consideriamo l’aumento di coinvolgimento dello studio uno (Baker et al., 2017), che univa adolescenti con anziani con demenza. Questi dati esprimono l’importanza della scelta della generazione più corretta da unire ai residenti della CpA coinvolta.

I risultati esposti nello studio uno (Baker et al., 2017) riferiscono un’ipotesi non ancora confermata da altre ricerche. Gli anziani con problematiche di demenza ricavano maggior beneficio dall’incontro con adolescenti. Questa scoperta aggiunge come sia importante non solo la scelta della generazione, precedentemente sottolineata, ma anche le caratteristiche degli anziani partecipanti.

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