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Da quanto emerso dalle interviste e da una prima riflessione fatta, insieme ad una lettura sul nuovo contributo dato da Philip Kotler al settore della moda, si sono appresi e acquisiti i parametri necessari a comprendere in senso generale la trasformazione in atto dall’industria del fashion, i fenomeni che l’hanno condizionata e quali strategie devono oggi adottare le imprese per rendersi protagoniste nel settore del High-end fashion (Kotler, 2021). In relazione a questo aspetto si possono consultare le 10 regole introdotte dall’autore in calce27 a cui ogni società può fare oggi riferimento per non perdere il proprio orientamento e rendersi autorevole nel gestire le forze che influenzano il mercato della moda.

Nelle seguenti regole è possibile intravedere, a tratti, anche alcuni aspetti adottati nella strategia di Swarovski, la regola dell’anti fragilità, ad esempio, racchiude in sé un po’ tutto il percorso analizzato. Questa fa emergere come la questione centrale dietro ad un brand di lusso non sia vendere il più possibile, ma restare lusso il più possibile e questo aspetto è reso arduo dal continuo evolversi del settore, la moda è infatti uno dei mercati maggiormente caratterizzati da un andamento ciclico. La moda è il tempo, e se non ci si reiventa seguendola, si rischia di portare un intero brand nell’ombra. L’approccio più efficace per preservare oggi il DNA del marchio senza compromettere la sua stabilità nel lungo periodo è dunque creare una simbiosi tra creatività e capacità manageriale. L’amministratore delegato deve essere il promotore dell’innovazione aziendale, ma il suo ruolo è spesso posto al pari della figura mistica del direttore creativo, dal momento che le società dovrebbero perseguire sempre il giusto equilibrio tra anima artistica e spirito manageriale (Kotler, 2021): “Così il modello di partnership, in cui il designer e il manager condividono idee ed esercitano la stessa influenza sul processo decisionale dell’azienda è l’approccio in assoluto migliore”. E questa sembra essere la stessa logica adottata da Swarovski presentando sempre il proprio rebranding nell’accostare il nuovo CEO Robert Buchbauer alla direttrice creativa Engelbert.

Grazie a questo contributo si può comprendere che se un’azienda è in grado di farsi propria un’anti fragilità28, non ricercherà più l’utopica tranquillità nel mercato, non rimarrà indifferente davanti alle incertezze e cercherà sempre di vivere la volatilità del momento vedendola come portatrice di potenziali opportunità di miglioramento (Kotler, 2021).

Dopo tutte le analisi effettuate, possiamo affermare che in futuro Swarovski si vedrà sempre più come azienda unica venditrice dei propri prodotti, per un principio di tutela verso il brand.

La cessazione di alcuni rapporti di collaborazione con partner B2B appartenenti al mercato della componentistica fai da te giustificano come l’azienda non voglia più continuare a farsi trovare da chiunque: nelle vetrine delle gioiellerie, presso grandi magazzini, o ancora

27 Le 10 linee guida di Philip Kotler, Allegato 6.

28 Con questo termine con cui Kotler conclude la spiegazione delle sue regole si intende la capacità delle imprese di far fronte a situazioni di caos, facendone dei propri errori, potenziali opportunità per il proprio vantaggio competitivo.

shop di un qualche collaboratore; in altre parole, è sempre meno la disponibilità del brand a cedere a terzi il diritto di poter far uso del marchio.

Si può quindi supporre che questa sia la principale conseguenza all’attuale strategia di rebranding, la quale al fine di proteggere il brand, sostiene che non tutti possono essere all’altezza di poter continuare a vendere Swarovski poiché si rischierebbe, in taluni casi, di rovinare la percezione del brand, si creerebbe una diluizione nel mercato e non si trasmetterebbe il corretto messaggio associato al lusso che l’azienda Swarovski vuole oggi dare ai suoi consumatori. È possibile notare come però questo aspetto passi come inespresso nella strategia di rebranding, non lo si specifica ma in realtà è un processo che affianca la nuova scelta aziendale, semplicemente viene posta in secondo piano.

Nonostante questo aspetto, la scelta di Swarovski di posizionarsi verso un mercato più alto rappresenta una scelta definita dagli stessi collaborati coerente con quanto l’azienda ha sempre fatto, il principio di innovazione è sempre stato un elemento chiave di Swarovski, per cui ce lo si poteva aspettare. La scelta da parte dell’azienda di non continuare i propri rapporti di collaborazione giustifica la loro volontà a mantenere alto il nome che ha sempre portato, quello di un’azienda innovativa e di prestigio e “non per tutti”. Perciò non è da ricondurre a critiche, il giudizio deve essere comunque costruttivo, e razionalmente, questa scelta rappresenta il modo di fare business con cui l’azienda si è sempre fatta strada negli anni, e come altri, sentendo la necessità da parte di un mercato sempre più all’avanguardia, vuole svilupparsi ed andare avanti per far fronte alle sfide. Quella di Swarovski è un volersi far sentire ancora più prezioso, far percepire il suo brand agli occhi del consumatore come unico, d’origine tradizionalista, ma orientato al futuro, lo vuole fare al fine di assumere una posizione più vicina ai propri clienti nella catena distribuita, passando da un numero sempre inferiore di intermediari. Questo aspetto, se lo pensiamo dal punto di vista di chi collabora giornalmente con il brand, ci fa capire però quanto sia importante studiare anche la reazione dei collaboratori e partner aziendali con cui l’azienda fino all’altro giorno collaborava; anche loro fanno parte del sistema economico e sono responsabili dell’immagine che l’azienda si è costruita fino ad oggi. Sono reduci anche loro dal contributo fatto per portare l’azienda a contrario si è trovato d’un tratto senza un capo saldo. Per entrambe le aziende la notizia di cessazione del contratto ha rappresentato una scossa. Nel primo caso però l’azienda rivenditrice rifornendosi già da altri fornitori oltre Swarovski, presso i quali vantava già di una buona posizione, ha potuto trarre un’opportunità dal terminare di contratto con Swarovski. -Grazie al buon rapporto che aveva già con le altre aziende del settore, sentendosi un passo avanti rispetto a chi reduce dalla cessazione del contratto non aveva altre aziende con cui collaborare. La proprietaria dell’azienda in questione si è infatti definita soddisfatta dell’aver sempre mantenuto contatti con più aziende fornitrici, questo oltre a rappresentare un rischio

minore in situazioni avverse come questa, le ha permesso di trovare maggiore fedeltà presso altri marchi. Questi ex competitors di Swarovski, ritenuti dei sostituti ottimali al brand (tra questi troviamo l’azienda Preciosa), si sono visti arrivare nell’ultimo periodo tantissime richieste, non riuscendo a soddisfare tutti, hanno scelto di agire con delle priorità, rivolgersi preferenzialmente a chi già con loro aveva costruito nel tempo un rapporto. Diversamente, chi purtroppo aveva fatto di Swarovski l’unica azienda fornitrice (per cui la sua posizione era critica), si è ritrovato a dover fare i conti con altre aziende volenterose di trovare al più presto un sostituto al brand, una competizione spiacevole al fine di riuscire a trovare un rapporto di collaborazione di qualità uguale rispetto alla situazione precedente.

Al contrario, i pochi collaboratori con cui Swarovski ha deciso di continuare il percorso di collaborazione, si sono sentiti ancora più speciali. Si può interpretare questo atteggiamento come strategico, un far attaccare a sé i propri collaboratori, rendendoli talmente seguaci dell’azienda, al punto da renderli partecipi insieme a loro del percorso di rebranding. Questo li ha portati a cambiare alcune delle loro modalità di approccio al mercato solo per paura di poter perdere la relazione con Swarovski. Questo attaccamento fa percepire come l’azienda Swarovski voglia apparire ancor più preziosa agli occhi anche dei suoi pochi collaboratori.

In sintesi, possiamo concludere che Swarovski vuole rendersi veramente unica, l’alto prezzo non è giustificato solo dal materiale utilizzato per la creazione dei gioielli finiti (cristalli e non diamanti), ma anche in parte dai pochi contatti che l’azienda vuole avere con l’esterno. Vuole rendere il brand veramente qualcosa di unico e per pochi creando solamente un numero limitato di legami con l’esterno al fine di rendersi autosufficiente. Questa strategia porta con se molti benefici riconducibili al mercato dei brand del lusso, con il solo rischio rilevante di non trovare risposta presso il mercato in tempo debito, proprio per questo l’azienda deve sempre assicurarsi di essere “time to market” anche nei confronti dei suoi collaboratori.