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La discussione sul ruolo del Consorzio

IL POLO DI ECCELLENZA RURALE IN CAMPANIA

C. Aree con specializzazione agricola ed agroalimentare e processi di riqualificazione dell’offerta

D.2 Aree caratterizzate da ritardo di sviluppo

5.3 Il focus group con i testimoni privilegiat

5.3.2 La discussione sul ruolo del Consorzio

Il marchio Dop tende a riconoscere ufficialmente il sapere produttivo non codificato, affidato prevalentemente alla trasmissione orale, e in quanto tale non riproducibile in altre aree territoriali. Con la realizzazione del disciplinare produttivo si realizza di fatto un passaggio dalla tradizione orale a quella scritta, ma come dimostra l a scelta che devono fare i produttori di m o z z a r e l l a d i b u f a l a c a m p a n a ( mbc), pur in presenza di un disciplinare produttivo depositato in sede europea per i l riconoscimento Dop, la distinzione tra usi e tradizioni locali (ad esempio, utilizzo di latte crudo non pastorizzato) ed esigenze di lunga conservazione del prodotto per accedere a circuiti distributivi di più ampio raggio, permane e non trova né facili, né immediate soluzioni. Il forte legame tra area geografica e tradizioni produttive costituisce i l principale elemento di ricchezza e dotazione perché rappresenta il vero elemento non riproducibile e non trasferibile in altre aree, almeno con le stesse caratteristiche. Tuttavia questo è anche il punto fondamentale rispetto al quale ruotano le possibilità e le potenzialità dello sviluppo. All’interno di un generale riconoscimento di queste caratteristiche dell'area di origine si individuano gli

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atteggiamenti e i comportamenti delle singole aziende, la consapevolezza del patrimonio di ricchezza che è nelle loro mani. Un comportamento di free-riding , utilizzando cioè l'immagine dell'area, delle sue tradizioni, dei suoi requisiti di qualità, per poi incrementare gli utili ricorrendo alla sofisticazione o alla frode commerciale (immettere quote di latte vaccino, non rispettare le varie fasi del disciplinare di produzione, non rispondere alla normativa igienico-sanitaria, etc.) è una possibilità che fino alla costituzione del Consorzio era data e utilizzata in modo massiccio. Sicuramente, la sola nascita del Consorzio non è di per sé elemento sufficiente per escludere il persistere di frodi e sofisticazioni ma il successo della sua opera di prevenzione e repressione di tali fenomeni è indiscutibile. Tuttavia va evidenziata non tanto l’esistenza di sanzioni pecuniarie, o il divieto all'utilizzo del marchio quanto l'opera di sensibilizzazione operata nei confronti degli stessi produttori per la creazione di un'identità in termini di comunità produttiva e l'aver assunto in termini consortili alcune funzioni di marketing (campagne promozionali, partecipazione a fiere nazionali ed internazionali, etc.). Sicuramente un importante contributo del Consorzio a difesa dello stretto rapporto tra area geografica e tradizioni produttive è stato dato il 27 giugno 2012 quando i soci del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop hanno approvato all’unanimità il Codice Etico, nel corso dell’assemblea annuale svoltasi per la prima volta in un bene confiscato alla camorra a Castelvolturno, diventato sede del Centro di formazione nazionale del Corpo Forestale dello Stato. Con l’introduzione del Codice Etico, ora per poter aderire al Consorzio di Tutela è condizione pregiudiziale la presentazione, entro la fine di ogni anno solare, del certificato camerale antimafia. Inoltre vengono imposte restrizioni severe a quanti vorranno far parte del Consorzio, che dovranno impegnarsi a mantenere comportamenti corretti e leali. Il presidente del Consorzio, Domenico Raimondo, commenta così la svolta storica: “Sulla legalità abbiamo compiuto un’altra nettissima scelta di campo, senza mezze misure e senza tentennamenti: Il Codice Etico, che già era stato varato all’unanimità dal cda, sarà d’ora in poi la nostra carta d’identità, il nostro biglietto da visita, convinti come siamo che, prima ancora di buon prodotto, valgono le persone che lo realizzano. E queste persone devono essere al di sopra di ogni sospetto. Il Comitato Paritetico (composto da allevatori e trasformatori) è riuscito a proporre e condividere all’unanimità una serie di importanti modifiche al disciplinare di produzione, che oggi attendono l’approvazione del Ministero e

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poi anche quella della Commissione Europea. Il presidente del Consorzio ha spiegato l’importanza di centrare l’obiettivo: “Si tratta di una revisione che non era più rinviabile. La mancanza di un disciplinare moderno, più stringente del precedente per quanto relativo agli aspetti della qualità e della tracciabilità di filiera, ma anche più attuale rispetto alle nuove esigenze della distribuzione, finora non ci ha consentito di aggredire i mercati come la competizione del nostro tempo ormai richiede, né di intercettare ampie fasce di consumatori, tuttora poco consapevoli dell’esistenza di una mozzarella certificata come Dop e delle differenze fra questa e le tante altre esistenti in commercio”. Una serie di criticità che ora il Consorzio intende risolvere, “senza snaturare affatto la qualità e l’artigianalità del nostro prodotto, come qualcuno strumentalmente continua a dire, ma, al contrario, - rimarca Raimondo - imponendo una demarcazione netta, definitiva, fra il prodotto a denominazione d’origine protetta, realizzato esclusivamente da latte fresco delle nostre bufale, super garantito e super-controllato e i tanti altri prodotti privi di certificazione, che hanno consentito finora, nel nostro ed in altri territori, in Italia ed all’estero, di confondere il consumatore con immagini e nomi più o meno fantasiosi”.

Il ruolo del Consorzio rappresenta anche una difesa dei primi due stadi della filiera produttiva (produzione del latte e sua trasformazione) nei confronti dello stadio della commercializzazione che è esterno all'area e al sistema locale.

Le due presenze dentro la filiera produttiva, grandi gruppi e sistema di piccole e medie imprese, che nel caso della filiera della Mbc ancora convivono, vengono nella letteratura individuate come due modelli separati. Da una parte i grandi gruppi, integrati verticalmente (anche con imprese multinazionali), in cui si possono individuare la specializzazione e la divisione del lavoro, la professionalità e il rapporto istituzioni e sistema locale (es. il comparto avicolo veneto integrato con imprese multinazionali). Dall’altra parte, l e piccole e medie imprese, anche con lavorazioni su commessa, con tutta una serie di interconnessioni infrasettoriali e intersettoriali (la filiera del parmigiano- reggiano).

Nel caso della filiera Mbc, i due modelli convivono nella stessa area e si confrontano e si raccordano, o si scontrano, dentro un unico contesto associativo costituito dal Consorzio di tutela.

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