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La proteina p63 è un fattore di trascrizione appartenente alla famiglia della proteina oncosoppressiva p53. In medicina umana la funzione della proteina p63 è stata ampiamente indagata, sia per quanto riguarda la sua azione durante la morfogenesi dei tessuti sia per quanto riguarda il suo ruolo in corso di patologia neoplastica. Tuttavia, per quanto concerne questo ultimo tipo di patologia, i pareri sono piuttosto discordanti. Secondo alcuni autori (Su et al., 2010) la proteina p63 contribuirebbe allo sviluppo e alla maggiore aggressività delle neoplasie, aumentandone il potere invasivo e metastatico, mentre secondo altri dati (Gressner et al., 2005, Flores et al., 2002) avrebbe un ruolo onco-soppressivo, ovvero limiterebbe la crescita e la diffusione del tumore avendo un meccanismo d’azione pro-apoptotico simile alla p53. Le stesse opinioni discordanti si ritrovano anche per quanto concerne i tumori mammari (Graziano et al., 2011, Batistatou et al., 2003, Moriya et al., 2009). In medicina veterinaria, invece, sono stati effettuati un numero inferiore di studi su questa proteina e generalmente impiegandola come marker delle cellule mioepiteliali nei tumori mammari, (Gama et al., 2003) (Ramalho et al., 2006) perciò l’effettivo ruolo di p63 nelle neoplasie mammarie del cane e del gatto risulta ancora pressoché sconosciuto. Dai nostri risultati ottenuti effettuando l’indagine immunoistochimica nella popolazione canina si può notare una costante positività riscontrata nei tessuti sani, in quelli iperplastici e in tutti gli

adenomi presi in esame. A livello di questi tessuti, come era facile prevedere, la positività è localizzata a livello delle cellule mioepiteliali e delle cellule basali dell’epitelio liminale. Per quanto riguarda i carcinomi, i dati in nostro possesso sono molto interessanti. Si riscontra positività nel 74% dei campioni e, mettendo a confronto i carcinomi complessi con quelli semplici, la proteina p63 è espressa nella totalità dei primi, composti anche da cellule mioepiteliali e dunque ovviamente positivi alla proteina, mentre tra i semplici la positività si osserva solo nel 42% dei campioni. Dall’indagine statistica dei dati è emersa, inoltre, la presenza di una correlazione (p<0,01) tra l’espressione della p63 e il grado istologico; la proteina viene infatti espressa esclusivamente nei tumori di grado 1 rispetto a quelli di grado 2 e 3. Si nota dunque una forte positività delle forme tumorali meno aggressive, con assenza di invasione linfatica e vascolare, piuttosto che in quelle neoplasie mammarie dove si osserva tale invasione e dove sono presenti metastasi linfonodali e metastasi a distanza. Prendendo poi in considerazione i dati relativi alla sopravvivenza dei soggetti a 730 giorni post-intervento, si può notare che la proteina p63 viene espressa quasi totalmente nei cani vivi e che quindi la positività si riscontra in tutti quei casi dove i fattori prognostici sono migliori, come affermato anche da altri studi. (Hanker et al., 2009) Questi dati fanno dedurre che nella specie canina la proteina sia associata a forme neoplastiche meno aggressive e che abbia gli stessi effetti della sua parente p53, un ruolo pro- apoptotico, quindi oncosoppressivo come già affermato da diversi autori quali

Gressner (2005) e Flores (2002). Come la proteina p53, soppressore tumorale, sembra quindi poter controllare la crescita cellulare attraverso apoptosi, limitando così lo sviluppo e l’infiltrazione delle cellule tumorali. Probabilmente la positività riscontrata a livello dei tessuti sani, iperplastici e delle forme tumorali meno aggressive, potrebbe essere messa in relazione al fatto che tale proteina risulti fondamentale per lo sviluppo degli epiteli stratificati (Koster, 2010) e che, quindi, la mancata espressione a livello dei tumori mammari più aggressivi potrebbe essere dovuta al fatto che in tali forme si osserva la perdita del normale sviluppo del tessuto mammario. Dati meno significativi sono stati ottenuti invece valutando i tumori mammari della specie felina. In questa specie i tumori mammari sono quasi esclusivamente maligni, per la maggior parte molto aggressivi, ad elevato potenziale metastatico e spesso a decorso fatale. Come per il cane, nei tessuti iperplastici si riscontra positività a livello delle cellule mioepiteliali e basali, mentre tra tutti i carcinomi presi in esame, solamente una piccola percentuale (16,7%) mostra l’espressione della proteina. Ad ogni modo, l’unico dato significativo derivante dall’analisi statistica è in linea con quanto osservato nel cane ed è rappresentato dal riscontro di una correlazione significativa ( p<0,01) tra la percentuale media di espressione nel gruppo dei soggetti sopravvissuti rispetto a quella dei non sopravvissuti a 730 giorni post-intervento.

In conclusione, alla luce dei nostri dati, è possibile affermare che nei tumori mammari, in particolar modo in quelli della specie canina, sembra che la proteina p63 svolga un ruolo anti-tumorale, come la proteina correlata p53, come sostenuto già da altri studi (Gressner et al., 2005, Flores et al., 2002). In letteratura sono comunque presenti lavori che sostengono la teoria opposta , ovvero che la proteina p63 abbia un effetto oncogeno e che possa essere un potenziale marker per le cellule staminali (Graziano e De Laurenzi, 2011) (Su et al., 2010). Sarebbe interessante, quindi, al fine di chiarire il ruolo della p63, approfondire questo studio utilizzando una popolazione ancora più ampia, aggiungendo all’indagine immunoistochimica altri marker tumorali, a cominciare dalla proteina p53.

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