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Il quadro normativo sulla liquidità bancaria: regolamentazione, disposizioni di vigilanza e disclosure

3.3 L E DISPOSIZIONI DI VIGILANZA , LA COMUNICAZIONE INTERNA E LA

DISCLOSURE IN MATERIA DI RISCHIO DI LIQUIDITÀ

3.3.1 Il supervisory model del rischio di liquidità in Italia

Dall’inizio del 2014 il quadro delle regole di vigilanza prudenziale è cambiato profondamente per adeguare il nostro ordinamento agli standards regolamentari di Basilea 3.

Isolando l’attenzione al sistema bancario italiano, giova ricordare che il 19 dicembre 2013 la Banca d’Italia ha pubblicato le nuove disposizioni di vigilanza per le banche e le imprese di investimento, circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, “Disposizioni di vigilanza per le banche”, entrata in vigore il 1 gennaio 2014223.

La circolare n. 285 recepisce il pacchetto normativo, noto come “CRD 4

Package”, contenente regole tese a rafforzare i requisiti patrimoniali e la vigilanza

dei correttivi, si scopre che 4 sono italiane. Tra queste abbiamo MPS e Carige, seguite da Popolare di Vicenza e BPM che nel frattempo hanno già attuato degli interventi correttivi (le altre banche italiane che hanno passato i test solo grazie agli interventi effettuati nel 2014 sono Veneto Banca, Banco Popolare, Credito Valtellinese, Popolare di Sondrio, BPER). Rimangono quindi due banche che dovranno mettere in atto misure urgenti di rafforzamento (MPS e Carige). Rispetto al complesso delle richieste di rafforzamento di capitale avanzate da BCE ed EBA, si osserva che circa un terzo riguardano l’Italia (3 miliardi di euro). Caso emblematico è quello di MPS, che è risultata essere la banca con la peggiore ‘‘performance’’ in Europa: nonostante l’aumento di capitale effettuato nel 2014, che ha portato ad una crescita netta del CET1 di oltre 2 miliardi di euro, alla banca è stato chiesto un ulteriore sforzo di 2,1 miliardi di euro. Per maggiori informazioni sui risultati emersi dal Comprehensive Assessmentsi vedano: European Central Bank (2014b); Banca d’Italia (2014b); Onado (2014); Merli (2014); Barucci, Milani (2014).

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prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento dell’UE. Tale pacchetto di norme, approvato il 20 giugno 2013 dal Consiglio dell’UE a maggioranza qualificata con il solo voto contrario della Gran Bretagna, è costituito dalla direttiva 2013/36/UE del 26 giugno 2013 (nuova Capital

Requirements Directive, CRD) e dal regolamento UE n.575/2013 del 26 giugno

2013 (Capital Requirements Regulation, CRR). La direttiva e il regolamento recepiscono gli standards definiti dal Comitato di Basilea (Basilea 3) e abrogano le precedenti direttive in materia, 2006/48/CE e 2006/49/CE, le quali riproducevano le articolate disposizioni di Basilea 2.

Prima dell’emanazione della circolare n. 285 del 2013 la disciplina prudenziale per le banche e i gruppi bancari era contenuta integralmente nella circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 “Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche”. Questa circolare recepiva le norme comunitarie sull’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio e sull’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, in attuazione degli indirizzi stabiliti con gli accordi di Basilea 2.

La nuova circolare n. 285 rivede ed aggiorna le disposizioni in tema di vigilanza prudenziale. In particolare, dalla data di entrata in vigore della nuova circolare, alle banche e ai gruppi bancari si applicano solo i seguenti capitoli della circolare 263 del 2006:

 Governo e gestione del rischio di liquidità (Titolo V, Capitolo 2);

 Obbligazioni bancarie garantite (Titolo V, Capitolo 3);

 Attività di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati (Titolo V, Capitolo 5);

 Banca depositaria di OICR e fondi pensione (Titolo V, Capitolo 6);

 Sistema dei controlli interni (Titolo V, Capitolo 7);

 Sistema informativo (Titolo V, Capitolo 8);

 Continuità operativa (Titolo V, Capitolo 9).

Ad esclusione delle parti sopra menzionate, quindi, la circolare n. 285 del 2013 abroga, per le banche e i gruppi bancari, la circolare 263, che continua ad essere applicata nella sua interezza solo alle SGR, gli IMEL, agli istituti di pagamento e agli intermediari finanziari ex art. 107 del Testo Unico Bancario

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(TUB), in merito ai rinvii a essa, contenuti nelle rispettive disposizioni di vigilanza224.

Soffermando l’attenzione sul governo e sulla gestione del rischio di liquidità, si precisa che tale tematica attualmente è disciplinata dalla circolare 285 del 2013, che effettua un chiaro rinvio alle circolare 263 del 2006.

In riferimento a quest’ultima, va detto che la Banca d’Italia in data 13 dicembre 2010 ha pubblicato le disposizioni di vigilanza in materia di governo e gestione del rischio di liquidità, inserendo un apposito capitolo nella circolare n. 263 del 2006, in materia di governo e gestione del rischio di liquidità (Titolo V, Capitolo 2). Infatti, come giustamente osservato da Querci (2011), sino al 2006 in Italia, le istruzioni di vigilanza prevedevano soltanto alcune regole idonee a prevenire e gestire i rischi derivanti da una elevata trasformazione delle scadenze. In particolare, era fatto obbligo alle banche di contenere gli investimenti in immobili e partecipazioni entro il limite del patrimonio (cd. “prima regola” di trasformazione delle scadenze). Esistevano, inoltre, limiti all’utilizzo delle componenti meno stabili della raccolta, per il finanziamento di attività a medio- lungo termine (cd “seconda” e “terza” regola di trasformazione delle scadenze).

Le ultime due regole, come detto nei capitoli precedenti, sono state abrogate dal CICR in un’ottica di semplificazione e specializzazione temporale dell’attività bancaria. Tuttavia, tale abrogazione è avvenuta anche in considerazione della migliorata capacità delle banche e dei gruppi bancari di gestire i flussi finanziari225. Il comunicato della Banca d’Italia226, infatti, al riguardo evidenziava che “l’innovazione e lo sviluppo dei mercati finanziari, la diversificazione e la

stabilizzazione delle fonti di raccolta, le più sofisticate tecniche di gestione integrata dell’attivo e del passivo, l’esperineza maturata nel comparto del credito oltre il breve alle imprese consentono alle banche di gestire e controllare

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La circolare n. 285/2013 recepisce anche la direttiva in materia di accesso all’attività degli enti creditizi, introducendo nuove diposizioni in materia di autorizzazione all’attività bancaria, attività esercitata in Europa attraverso succursali e libera prestazione di servizi da parte di banche e società finanziarie operanti in Italia e negli Stati comunitari. In definitiva, la disciplina dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, inizialmente contenuta nella circolare 229/1999 e recentemente inserita nella circolare 263/2006, è oggi contenuta nella circolare 285/2013.

225

Cfr. Delibera del CICR, n. 242 del 22 febbraio 2006.

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autonomamente i rischi connessi allo squilibrio di scadenze dei flussi finanziari e al finanziamento degli investimenti produttivi”. Peraltro, la Banca d’Italia

sottolinea che “l’abrogazione delle disposizioni in questione non eseime, perlatro,

i responsabili organi aziendali delle banche e delle società capogruppo dal porre in essere le misure idonee a controllare e gestire, nell’ambito dei rischi connessi all’attività avolta, anche i rischi derivanti dal mismatch di scadenze dell’attivo e del passivo di bilancio e i rischi impliciti nell’attività di finanziamento a medio- lungo delle imprese”.

Dal 1° gennaio 2008 sono entrate in vigore le nuove disposizioni di vigilanza prudenziale emanate a livello internazionale dal Comitato di Basilea (cd. Accordo di Basilea 2) e dalle direttive comunitarie sull’adeguatezza patrimoniale.

In base a questa nuova disciplina, il rischio di liquidità, considerata la sua natura, non è soggetto a regolamentazione prudenziale nell’ambito del primo pilastro di Basilea 2, ma rientra tra i rischi che gli intermediari devono considerare nel secondo pilastro. In particolare, va gestito nell’ambito del processo di autovalutazione dei presidi patrimoniali e organizzativi, da disporre a fronte di tutti i rischi tipici dell’attività bancaria (Internal Capital Adequacy Assessment

Process, ICAAP). Alle autorità di vigilanza nazionali è affidato, in aggiunta, il

compito di attuare una verifica periodica (Supervisory Review Evaluation Process, SREP), circa l’adozione da parte delle banche di presidi di natura patrimoniale e organizzativa adeguati ai rischi assunti.

L’emanazione della circolare n. 285 è funzionale all'avvio dell'applicazione, dal 1° gennaio 2014, degli atti normativi comunitari con cui sono stati trasposti nell’ordinamento dell’UE le riforme del Comitato di Basilea alla base dell’Accordo di Basilea 3. Il Comitato mantiene l’approccio basato su tre pilastri che era alla base di Basilea 2, integrandolo e rafforzandolo per accrescere quantità e qualità della dotazione di capitale degli intermediari, introdurre strumenti di vigilanza anticiclici, norme sulla gestione del rischio di liquidità e sul contenimento della leva finanziaria.

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Le disposizioni di vigilanza in materia di liquidità recepiscono la regolamentazione comunitaria227 e i principi contenuti nel framework internazionale. In particolare, le istruzioni delle Banca d’Italia fanno esplicito riferimento ad una serie di documenti, di seguito elencati:

documento del Comitato di Basilea “Principles for Sound Liquidity Risk

Management and Supervision” del settembre 2008;

documento del CEBS “Second Part of CEBS’s Technical Advice to the

European Commission on Liquidity Management” del 18 settembre 2008;

documento del CEBS “Guidelines on Liquidity Buffers & Survival Periods” del 9 dicembre 2009;

documento del CEBS “Guidelines on Liquidity Cost Benefit Allocation” del 27 ottobre 2010;

documento del Comitato di Basilea “Basel III: International Framework for

Liquidity Risk Measurement, Standards and Monitoring” del dicembre 2010;

documento del Comitato di Basilea “A global regulatory framework for more

resilient banks and banking systems” del dicembre 2010, revisionato a giugno

2011;

documento del Comitato di Basilea “Basel III: The Liquidity Coverage Ratio

and liquidity risk monitoring tools” del gennaio 2013.

All’interno della circolare 263, a cui la nuova circolare 285 fa chiaro rinvio, la Banca d’Italia ha stabilito che: “la predisposizione di un adeguato sistema di

governo e gestione del rischio di liquidità assume un ruolo fondamentale per il mantenimento della stabilità non solo della singola banca, ma anche del mercato, considerato che gli squilibri di una singola istituzione finanziaria possono avere ripercussioni sistemiche”.

Tale sistema deve essere, inoltre, integrato all’interno del complessivo sistema di Risk Management della banca ed includere controlli incisivi e coerenti con l’evoluzione del contesto di riferimento. Per gli intermediari di notevoli dimensioni, in particolare se articolati su base internazionale, assumono rilievo

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Direttiva 2006/48/CE del 14 giugno 2006 e successive modificazioni, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio.

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eventuali limitazioni, di carattere operativo o legale, al trasferimento di fondi o di strumenti utilizzabili come garanzie reali.

Tuttavia, va detto che gli intermediari bancari applicano le disposizioni secondo criteri di proporzionalità, tenendo conto della dimensione operativa e complessità organizzativa, della natura dell’attività svolta, della tipologia dei servizi prestati. In altri termini, al crescere della dimensione e della complessità degli intermediari, i sistemi di controllo e attenuazione devono essere adeguati rispetto alla diversa articolazione del rischio di liquidità (come ad esempio nel caso di intermediari a rilevanza sistemica e/o con una rilevante operatività cross-

border).

Le disposizioni di vigilanza, pertanto, in linea con gli orientamenti maturati in sede internazionale, prevedono regole in materia di organizzazione e controlli interni con specifico riferimento al governo e alla gestione del rischio di liquidità. Tali disposizioni si occupano essenzialmente di una serie di aree attinenti la gestione del rischio di liquidità, che si possono sintetizzare nei seguenti punti:

 il ruolo degli organi e delle funzioni aziendali;

 l’articolazione del processo di gestione del rischio di liquidità;

 il sistema dei prezzi di trasferimento interno dei fondi;

 il sistema dei controlli interni;

 gli obblighi di informativa al pubblico.

Prima di descrivere più compiutamente questi punti, giova sottolinerare che la supervisione del rischio di liquidità nel sistema bancario italiano si basa su un approccio di tipo qualitativo che fa affidamento sui sistemi interni di gestione, di controllo, di reporting e sul monitoraggio delle posizioni di liquidità, piuttosto che sulla determinazione di specifiche regole quantitative. Ciò è testimoniato, come detto, dall’abrogazione dei limiti di trasformazione delle scadenze, ritenuti eccessivamente vincolanti e non idonei a cogliere i molteplici aspetti del rischio di liquidità. Tuttavia, con l’entrata in vigore di Basilea 3, i due indicatori quantitativi

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renderanno l’approccio della gestione del rischio di liquidità a maggiore carattere quantitativo, senza però tralasciare gli aspetti di natura qualitativa228.

3.3.1.1 Il ruolo degli organi aziendali

Nell’ambito della gestione dei rischi aziendali, le banche formalizzano le politiche di governo del rischio di liquidità e si dotano di un efficace processo di gestione dello stesso, in coerenza con le caratteristiche, le dimensioni e la complessità delle attività svolte, nonché della rilevanza della banca nel mercato in cui opera.

La responsabilità primaria è rimessa, secondo le rispettive competenze, agli organi aziendali, i quali devono essere pienamente consapevoli del livello di esposizione della banca al rischio di liquidità. Nel caso di gruppi, le decisioni strategiche in materia di gestione del rischio di liquidità sono rimesse agli organi aziendali della holding che, nell’esercizio delle proprie funzioni, tengono conto della complessiva struttura del gruppo e dei rischi a cui lo stesso è esposto.

Le disposizioni contenute nella circolare n. 263 forniscono indicazioni specifiche in merito ai compiti degli organi aziendali in materia di governo e gestione del rischio di liquidità, integrando la generale disciplina in materia di gestione dei rischi e di organizzazione e controlli interni.

Le disposizioni di vigilanza stabiliscono i compiti attribuiti ai vari organi aziendali, suddividendo questi ultimi in:

 organo con funzione di supervisione strategica229;

 organo con funzione di gestione230;

 organo di controllo231.

228

Cfr. Panetta, Porretta (2009). In questo lavoro, le autrici effettuano un interessante confronto tra i supervirosy models dei sistemi bancari dei 5 principali paesi europei (UK, Francia, Germania, Italia e Spagna).

229

È l’organo aziendale a cui - ai sensi del codice civile o per disposizione statutaria – sono attribuite funzioni di indirizzo della gestione dell’impresa, mediante, tra l’altro, esame e delibera in ordine ai piani industriali o finanziari ovvero alle operazioni strategiche.

230

È l’organo aziendale o i componenti di esso a cui - ai sensi del codice civile o per disposizione statutaria - spettano o sono delegati compiti di gestione corrente, intesa come attuazione degli indirizzi deliberati nell’esercizio della funzione di supervisione strategica. Il direttore generale rappresenta il vertice della struttura interna e come tale partecipa alla funzione di gestione.

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In particolare, l’organo con funzione di supervisione strategica è responsabile, da un lato, del mantenimento di un livello di liquidità coerente con la soglia di tolleranza all’esposizione al rischio della banca e, dall’altro, della definizione delle politiche di governo e dei processi di gestione afferenti lo specifico profilo di rischio. Più precisamente, sono compiti che spettano all’organo con funzione di supervisione strategica:

 la definizione della soglia di tolleranza al rischio di liquidità, intesa quale massima esposizione al rischio ritenuta accettabile in un contesto di “normale corso degli affari” (going concern) integrato da “situazioni di stress” (stress

scenario)232;

 l’approvazione delle metodologie utilizzate dalla banca per determinare l’esposizione al rischio di liquidità e delle principali ipotesi sottostanti agli scenari di stress;

l’approvazione degli indicatori di alert utilizzati per l’attivazione dei piani di emergenza;

 l’approvazione del piano di emergenza da attivare in caso di crisi dei mercati ovvero di situazioni specifiche della banca (Contingency Funding Plan, CFP);

 l’approvazione dei principi relativi alla definizione del sistema di prezzi per il trasferimento interno dei fondi.

L’organo con funzione di gestione, in attuazione degli indirizzi strategici e delle politiche di governo approvate dall’organo con funzione di supervisione strategica, svolge i seguenti compiti:

231

A seconda del sistema di amministrazione e controllo utilizzato dalla banca, si tratta del collegio sindacale (modello tradizionale), il consiglio di sorveglianza (modello dualistico) o il comitato per il controllo sulla gestione (modello monistico).

232

Le banche definiscono la soglia di tolleranza tenendo conto delle regole prudenziali in essere, nonché delle linee strategiche, del modello di business, della complessità operativa e delle capacità di approvvigionamento dei fondi. La soglia di tolleranza al rischio di liquidità deve essere coerente con le misure adottate per la determinazione del rischio di liquidità sia a breve termine, di norma fino a 1 anno (es. giorni di sopravvivenza, ammontare cumulato degli “sbilanci di fascia”, gap riferiti a particolari scadenze della “maturity ladder”) sia per scadenze maggiori (disavanzi massimi accettabili con riferimento a determinate scadenze benchmark, ad esempio fino a 5 o 10 anni). La soglia di tolleranza al rischio di liquidità è portata a conoscenza delle strutture operative.

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 la definizione delle linee guida del processo di gestione del rischio di liquidità, nel rispetto della soglia di tolleranza al rischio approvata dall’organo con funzione di supervisione strategica;

 l’allocazione delle funzioni relative alla gestione del rischio di liquidità all’interno della struttura organizzativa, tenendo conto del principio di proporzionalità e dell’esposizione della banca a tale rischio;

 la definizione dei flussi informativi interni volti ad assicurare agli organi aziendali e alle funzioni aziendali di controllo la piena conoscenza e governabilità dei fattori che incidono sul rischio di liquidità;

 l’approvazione del complessivo sistema di prezzi di trasferimento interno dei fondi e la sua revisione con cadenza almeno annuale.

Infine, l’organo con funzione di controllo, nell’ambito della generale attività di verifica del processo di gestione dei rischi aziendali, vigila sull’adeguatezza e sulla rispondenza del processo di gestione del rischio di liquidità ai requisiti stabiliti dalla normativa.

3.3.1.2 Il processo di gestione del rischio di liquidità

Le disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia prevedono che: “il processo

di gestione del rischio di liquidità comprenda le procedure per l’identificazione dei fattori di rischio, la misurazione dell’esposizione al rischio, l’effettuazione di prove di stress, l’individuazione di appropriate iniziative di attenuazione del rischio, la predisposizione di piani d’emergenza, il controllo attraverso la verifica del rispetto dei limiti e il reporting agli organi aziendali”.

Tale processo è volto ad assicurare nel tempo il mantenimento di un ammontare sufficiente di strumenti liquidi in presenza di scenari di stress connessi con eventi che interessano sia la banca che il mercato.

L’articolazione dei compiti e delle responsabilità nell’ambito del processo deve essere chiaramente definita e il medesimo deve essere soggetto a revisione periodica per assicurarne l’efficacia nel tempo.

Gli intermediari bancari provvedono all’identificazione e alla misurazione del rischio in un’ottica attuale e prospettica. La valutazione prospettica tiene conto del

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probabile andamento dei flussi finanziari connessi con l’attività di intermediazione.

Il punto di partenza del processo è la ricognizione dei flussi di cassa in entrata e in uscita attesi – e dei conseguenti sbilanci o eccedenze – nelle diverse fasce di scadenza residua che compongono la maturity ladder. La granularità delle scadenze prese in considerazione rappresenta un elemento essenziale per la stima dei possibili impatti sulla esposizione al rischio di liquidità. Con riferimento alla liquidità a breve, la banca adotta tutte le misure che consentono di stimare i fabbisogni di liquidità in un orizzonte di riferimento minimo di un mese. Relativamente alle scadenze più lontane, la banca identifica e misura il rischio con riferimento ad un numero di scadenze almeno pari a quelle utilizzate per la misurazione del rischio di tasso di interesse.

Nella individuazione del probabile andamento dei flussi finanziari resta ferma la possibilità di utilizzare le ipotesi alla base delle regole prudenziali233.

Nel caso di utilizzo di metodologie interne per la stima dei flussi di cassa attesi, le banche devono adottare ipotesi che siano ragionevoli e prudenti. Tali metodologie devono essere fondate e ben documentate e sottoposte ad un processo di valutazione interna da parte di una funzione appositamente incaricata, che può avvalersi, per il compimento delle varie attività, del contributo di altre unità operative.

Il processo di valutazione, da condurre nella fase di primo impianto e, successivamente, in presenza di significativi cambiamenti nelle ipotesi di costruzione, comprende almeno:

 la revisione dei principi, del processo di sviluppo delle metodologie utilizzate e degli algoritmi per la misurazione del rischio di liquidità, da condursi e condividere con le unità operative interessate;

 l'analisi dei risultati anche attraverso l'utilizzo di tecniche di validazione retrospettiva (cd. backtesting) ed il ricorso ad analisi di sensitività e stress test

233

A tal proposito, gli istituti di credito possono fare riferimento a quanto previsto dal documento del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria Basel III: International framework for liquidity

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che dimostrino la tenuta delle ipotesi sottostanti in un periodo lungo che incorpori almeno una situazione di crisi;

 la verifica della coerenza delle metodologie utilizzate per la stima dell’esposizione al rischio di liquidità con il modello di business della banca.

Il processo di valutazione è sottoposto a verifica periodica da parte della funzione di revisione interna.

Accanto alla ricognizione dei flussi e deflussi di cassa attesi, è necessario che le banche calcolino indicatori in grado di evidenziare tempestivamente l’insorgenza di vulnerabilità nella propria posizione di liquidità (cd. indicatori di

early warning). Una lista di indicatori cui fare riferimento è stata definita dal

Comitato di Basilea234.

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