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Per quanto concerne il divieto dei patti successori, quale limite posto alla libertà di disporre del de cuius, è possibile affermare come esso rappresenti una delle maggiori cause di rigidità dell'intero sistema successorio; tale limite trova la sua giustificazione esplicitamente nella previsione di cui all'art. 458 c.c. ed implicitamente nell'art. 457 c.c., nel quale l'indicazione che l'eredità si devolve per legge o per testamento esclude la devoluzione contrattuale e conseguentemente il ricorso ai patti successori; tali patti assumono rilevanza in ambito successorio poiché rappresentano un'eccezione ai generali principi dell'ordinamento in merito ai negozi aventi ad oggetto beni futuri ovvero beni altrui. Come anticipato la dottrina ha da sempre manifestato due opposte tendenze; per una parte di essa il divieto dei patti successori rappresenta il più grande limite posto dall'ordinamento all'autonomia privata, per altra parte, al contrario, rappresenta un solido baluardo a tutela della libertà di testare poiché diretto ad impedire condizionamenti idonei a compromettere l'autentica volontà del disponente.

Partendo dal presupposto che il nostro ordinamento consente ai privati di disporre dei propri beni, per il periodo successivo alla propria

morte, unicamente attraverso lo strumento testamentario133 in dottrina134 è

stato sostenuto che “non essendo ammesso il contratto a causa di morte, non

v’è negozio mortis causa che non sia anche di ultima volontà” come confermato

nella Relazione al Re del libro secondo del codice civile secondo la quale:

“affermato nell’art. 2 il principio fondamentale del nostro diritto successorio, per cui le forme di successione sono due, la legale e la testamentaria, ho considerato di escludere espressamente l’ammissibilità della terza possibile causa di delazione ossia del contratto come titolo di successione, stabilendo il divieto della cosiddetta successione pattizia o patto successorio”135.

Contrariamente a quanto previsto in altri ordinamenti136, il nostro

ha sancito il divieto dei patti successori non soltanto in termini generali: all'interno del codice sono infatti rinvenibili numerose disposizioni137 nelle

quali si fa riferimento a tale divieto; è il caso dell'art. 557, secondo comma, c.c. sul divieto di rinuncia all’azione di riduzione finché il donante è in vita

133 GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano Milano 1964, vol.1,

pag. 39 e ss.;AZZARITI –MARTINEZ, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova 1973, pag. 10; G. GROSSO, A. BURDESE, Le successioni, parte generale, in Trattato Vassalli, pag. 92 e ss., Torino 1977; G. CAPOZZI, Successioni e Donazioni, tomo 1, pag. 27, Milano 2002; B. TROISI, Diritto Civile Lezioni, Napoli, 2004, pag. 258; F. GAZZONI, “Manuale di Diritto Privato”, Napoli 2006, pag. 443.

134 G. GIAMPICCOLO, Il contenuto atipico del testamento. Contributo ad una teoria

dell’atto di ultima volontà, cit., pag. 37 e ss.; ID., voce: “Atto mortis causa”, in Enc. Dir., IV, Milano 1959, pag. 232 e ss.

135 F. PENE VIDARI, Patti successori e contratti post mortem, in www.jus.unitn.it, pag. 2; 136 L'ordinamento francese, ad esempio, ammette come unica eccezione al divieto dei

patti successori la divisione effettuata con i patti nuziali; l'ordinamento tedesco, viceversa, ammette i patti successori vietandoli solo in determinate circostanze; nell'ordinamento svizzero fin dall'entrata in vigore del proprio codice civile è stato ritenuto ammissibile il contratto successorio affianco al testamento.

137 A. FUSARO, Uno sguardo comparatistico sui patti successori e sulla distribuzione

negoziata della ricchezza d’impresa in

il quale rappresenta un'esplicazione del patto rinunziativo; ma anche l’art. 589 c.c. costituisce un’ulteriore applicazione del divieto del patto istitutivo, con riferimento al testamento congiuntivo ovverosia all'ipotesi nella quale più testamenti siano contenuti in un medesimo atto. Un altro esempio, espressivo del divieto dei patti successori, all'interno del nostro ordinamento, è rinvenibile nell’art. 590 c.c., dove viene prevista la possibilità di convalidare le disposizioni testamentarie nulle; tale possibilità risulta, al contrario, preclusa in relazione ad eventuali patti successori posti in essere dal de cuius che non possono in alcun modo essere sanati.

Il divieto dei patti successori rendendo il testamento l'unico atto

mortis causa utilizzabile dal testatore per regolare la propria successione ha

comportato, nel tempo, una crisi della successione testamentaria138. La

ragione della crisi è da rinvenire come anticipato nelle mutate condizioni del contesto sociale nel quale ha fatto ingresso un nuovo concetto di famiglia legato altresì alla diffusione delle unioni di fatto nonché ad una riduzione sensibile del patrimonio fondiario riferibile a patrimoni privati. Anche la vicenda dei patti successori pertanto ha risentito di questi mutamenti139.

138 A. PALAZZO, Declino dei patti successori, alternative testamentarie e centralità del

testamento, in Jus, 1997, pag. 289 e ss.; S. RODOTÀ, Ipotesi sul diritto privato, in Il diritto privato nella società moderna, Bologna 1997, pag. 9 e ss.; N. LIPARI, Autonomia testamentaria e testamento, Milano 1970, pag. 12; A. LISERRE, Evoluzione storica e rilievo costituzionale del diritto ereditario, in Tratt. Dir. Priv. diretto da Rescigno, Torino 1982, pag. 27 e ss.

139 V. PUTORTÌ, Morte del disponente e autonomia negoziale, Milano, 2001; pag.

RESCIGNO, Attualità e destino dei patti successori, in AA.VV., La trasmissione familiare della ricchezza. Limiti e prospettive di riforma del diritto successorio,

Il modello di divieto pervenutoci attraverso il nostro codice civile, così come sancito dall'art. 458 c.c., se da una parte ha rappresentato un'eccezione alla libertà riconosciuta ai privati di determinare liberamente il contenuto dei negozi giuridici, da un altro lato, almeno fino all'introduzione dell'istituto del patto di famiglia, ha consentito di ribadire l'importanza della spontaneità delle disposizioni di ultima volontà escludendo pertanto ogni forma di negoziabilità dei diritti relativi ad una successione non ancora aperta.

Tuttavia tutte queste considerazioni non paiono essere di ostacolo alla regolamentazione degli incarichi a contenuto non patrimoniale; è invero ammessa la possibilità di poter regolamentare interessi aventi natura non patrimoniale, per il tempo in cui si sarà cessato di vivere, conferendo a specifici soggetti nei confronti dei quali si ripone una certa fiducia la possibilità di occuparsi di tali interessi provvedendo ad una loro composizione. È difatti riconosciuta al de cuius la possibilità di incaricare determinati soggetti di gestire gli aspetti non patrimoniali della propria successione “sia inserendo nel testamento una o più clausole a tal fine dirette,

sia tramite la stipulazione di un contratto di mandato con cui il mandatario si obbliga ad eseguire, dopo la morte del dominus, l’attività programmata”. Il

riferimento è alla figura del mandato post mortem: tale istituto, come vedremo meglio in seguito, sebbene sia diretto a realizzare finalità tipicamente successorie, per quanto concerne gli incarichi a contenuto non

Padova 1995, 1 e ss.; MARELLA, Il divieto dei patti successori e le alternative convenzionali al testamento, in G. ALPA e M. BESSONE ( a cura di), I contratti in generale, 1, I contratti atipici, in Giur.civ. e comm.fondata da Bigiavi, Torino, 1991.

patrimoniale, non trova alcuno ostacolo, in ordine alla sua ammissibilità giacché l'esclusione della vocazione contrattuale prevista dall'art. 457 c.c. ha a che vedere unicamente con la circolazione dei beni e pertanto la ratio ispiratrice dei patti successori non viene in alcun modo disattesa. “In

particolare, è dato ritenere che sia la struttura unilaterale che necessariamente deve rivestire l’atto a causa di morte, sia le ragioni che escludono la vocazione ereditaria di tipo contrattuale, assumono un loro peculiare ed esclusivo rilievo nell’ambito delle forme e dei modi della trasmissione della ricchezza, senza interferire con le disposizioni di natura non patrimoniale che sono dettate da motivazioni autonome e affatto diverse da quelle che presiedono la sfera applicativa delle norme che regolano la circolazione dei beni”140.

140 V. PUTORTÌ, Gli incarichi post mortem a contenuto non patrimoniale tra testamento e

mandato, in Persona e mercato- saggi, reperibile su http://www.personaemercato.it/wp- content/uploads/2012/10/putorti.pdf

Capitolo II