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Gli anni 1958,1959 e 1960 furono il triennio d’oro per la produzione RAI di documentari d’arte. La precedente fase di sperimentazione, durata dal 1953 al 1957, aveva aperto nuove possibilità alla divulgazione storico-artistica attraverso il mezzo televisivo, affrontando alcune questioni di determinante importanza: le priorità consistevano allora nell’individuare le funzioni e le caratteristiche del montaggio e del linguaggio così come la necessità di equilibrare rigore filologico e volontà di coinvolgimento dello spettatore medio. Come cambiò dunque, a partire dall’anno successivo, la modalità di divulgazione storico-artistica in termini di generi, strumenti, temi, linguaggio e presenza in palinsesto?!

Con il 1958 si iniziò a verificare un notevole incremento nella produzione di programmi, sia che si trattasse di serie a più puntate che di singoli documentari, e un progressivo assestamento della produzione su alcuni filoni, tanto da poter individuare una vera e propria suddivisione in generi. Si possono distinguere le seguenti categorie: la monografia su un’artista o su opere d’arte, la visita al museo, la visita a luoghi e monumenti, documentari di soggetto religioso.!

Al primo gruppo appartengono le serie Dieci minuti con, Ritratti contemporanei, Ricordo di, Galleria e singoli documentari come Visita a Primo Conti, Andrea Fantoni, Vite celebri, Alla ricerca di Caravaggio. Si può avanzare un’ulteriore distinzione: Dieci minuti con e Ritratti contemporanei sono due programmi che prevedono l’intervista all’artista che, in prima persona, presenta alcuni momenti rilevanti della propria biografia e carriera artistica durante la prima metà del secolo; Ricordo di e Visita a Primo Conti affrontano la ricostruzione storica di artisti ormai deceduti ma vissuti e operanti agli inizi del Novecento; Galleria, Andrea Fantoni, Vite celebri e Alla ricerca di Caravaggio illustrano le vicende biografiche ed espressive di artisti di epoca moderna. Questa distinzione si dimostra assai utile nel valutare l’attenzione dedicata all’arte contemporanea e l’impostazione monografica prevalente nella storia dell’arte in televisione di allora. Galleria è infatti il programma che adotta una maggiore prospettiva storico- critica cercando di ricostruire il contesto artistico e culturale, l’immaginario proprio dell’artista, la tradizione in cui si inserisce nonché l’innovazione che egli introduce con la sua ricerca; queste componenti si trovano variamente dosate nelle singole puntate ma sicuramente caratterizzano il profilo generale del programma. Proprio con Galleria, andato in onda a partire dal dicembre 1958, il documentario d’arte televisivo mostra di aver raggiunto piena maturità sia per tecnica e impostazione storiografica che per efficacia comunicativa; le puntate, della durata di 15 minuti circa, si adeguano perfettamente alla fruizione televisiva per sintesi e alto coinvolgimento, hanno un linguaggio comprensibile, un montaggio accattivante grazie alle brillanti soluzioni adottante nella cornice narrativa, non rinunciando al rigore filologico delle fonti e all’analisi

critica della produzione. Se ne segnalano due, assai efficaci e curiose: Il doganiere Rousseau, andato il onda il 2 dicembre, e Sem, ovvero la belle époque, trasmesso il 12 marzo 1959.! Il documentario dal titolo Il doganiere Rousseau o lo strano viaggio del calessino (come da dicitura integrale visibile tra i titoli di testa del documento video) «corrisponde a un viaggio in calessino, soggetto questo di un quadro di Rousseau, con il quale, attraverso un montaggio curioso e riuscito nella successione di inquadrature, si visitano i paesi e i paesaggi dipinti nei suoi quadri mentre lo spekear illustra i momenti biografici che influenzarono la vita, i temi e il linguaggio dell’artista. Il commento è sintetico e comprensibile. La narrazione del viaggio corrisponde al racconto della sua vita e della sua pittura. La musica è efficace e, associata ai primi piani delle opere, favorisce il coinvolgimento dello spettatore facendolo entrare con rapidità nell’opera e nel mondo personale e nell’universo immaginario di Rousseau» .!1

Il secondo esempio, Sem, ovvero la belle époque, «presenta una struttura assai singolare: due speaker, uomo e donna, commentano la successione di primi piani di caricature che raffigurano scene di vita quotidiana della borghesia parigina tardo ottocentesca: il protagonista racconta delle abitudini sue e dei suoi conoscenti, degli avvenimenti che scandivano le giornate nonché le pratiche sociali e i comportamenti collettivi propri dell’epoca, i saluti, i pettegolezzi e i momenti conviviali. Il dialogo fra i due dà l’impressione che essi stessi facciano parte della scena raffigurata e che anche lo spettatore si trovi all’interno di quelle scene ad ascoltare le loro parole. Il grado di coinvolgimento che questa modalità crea è assai alto. Successivamente si verifica un trasformazione a livello di narrazione: l’artista indica se stesso in caricatura, come se lui e la commentatrice osservassero delle fotografie o dei ritratti. La musica, assai curata, si adatta perfettamente al montaggio, dinamico ma sufficiente a garantire un’accurata osservazione dell’opera inquadrata. Interessante la riflessione storiografica finale: “e un’epoca comincia a esistere quando inizia a essere finita e quando sono gli altri che iniziano a parlarne, e non noi”». !2

Il secondo genere più frequentato è la visita al museo: la serie più consistente continua a essere Musei d’Italia, in onda già dal 1955, che però termina le sue trasmissioni nell’anno successivo, il 1959, per essere sostituito con Musei d’Europa, in onda fino al 1961. Significativa è la presenza in palinsesto, il 9 agosto alle 22.30, del documentario Visita al Vittoriale degli Italiani che consiste nella visita alla casa di Gabriele D’Annunzio sul lago di Garda. Il presentatore chiarisce fin da subito che il «problema della vicinanza storica e delle ferite di guerra che ancora caratterizzano tutti coloro che l’hanno vissuta, comporta qualche difficoltà nell’approccio al luogo, appartenuto a una figura la cui cui azione ebbe importanti ripercussioni sul panorama nazionale. La volontà del conduttore è dunque quella di mostrare «la casa di un poeta e di un soldato italiano» cercando di non affrontare direttamente la questione politica ma

Cfr. tabella del documentario corrispondente.

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Cfr. tabella del documentario corrispondente.

illustrare l’opera letteraria di D’Annunzio» . La RAI affronta in quegli anni, come già visto nel 3 secondo capitolo, la divulgazione delle vicende caratterizzanti la storia contemporanea italiana e internazionale; attenzione questa che, seppur in scarsa misura, arriva a coinvolgere anche l’ambito storico-artistico. Di diversa natura è il programma indicato nell’Annuario con il titolo Mostre ed esposizioni d’arte che presenta una rassegna di eventi espositivi illustrati nelle singole puntate. Se fino al 1957 le mostre offrivano l’occasione per la realizzazione di singoli documentari, viene introdotto l’anno successivo un “contenitore” ad hoc che ospita questo tipo di trasmissioni che denota la maggiore consapevolezza che la televisione inizia a maturare circa i propri strumenti e obiettivi, capace di individuare un a tendenza e di attribuirle un profilo unitario.!

Il terzo genere che caratterizza la produzione televisiva nel 1958 è la visita a luoghi e monumenti. Bellezze d’Italia, Dal Foro romano a Villa Medici e Museo immaginario conducono i telespettatori lungo itinerari alla scoperta di monumenti e architetture significative per la storia e l’arte nei secoli. Bisogna precisare che sebbene il titolo Museo immaginario sembrerebbe riferirsi a contesti espositivi museali, il programma è invece dedicato all’illustrazione di contesti architettonici esemplari della corrente artistica o del periodo storico analizzati nella singola puntata; esiste tuttavia un escamotage: «Ogni trasmissione vuole […] essere un poco il museo che tutti desidereremmo vedere. Quello in cui non sono esposti in rigida parata quadri e oggetti fra loro estranei, ma libere collezioni di immagini che ci sono evocate, l’una dopo l’altra, da una nostra esperienza, da una nostra curiosità, forse da una nostalgia». Questa stessa 4 impostazione sembra riassumere naturalmente la tendenza che maggiormente caratterizza i documentari d’arte televisivi di quegli anni. !

Si ricorda infine la serie Arte e paesaggio, curata da Giorgio Ponti e Sandra Orienti, trasmessa a partire dal 10 marzo 1959: nonostante la breve durata, questa serie, per la prima volta, adotta un nuovo approccio alla pittura indagando il ruolo ispiratore del paesaggio sulla pittura.!

L’ultimo gruppo comprende i documentari di produzione religiosa: Arte sacra di ieri e di oggi, Un diadema di pietra per la Vergine, Il presepio nel mondo, La Natività secondo Giotto. La presenza del mondo cattolico in televisione si assesta su produzioni di qualità e con una più regolare scansione nell’anno: alla domenica e nelle ricorrenze di Natale e Pasqua vengono trasmessi i momenti liturgici accompagnati da sempre più numerose rubriche religiose e culturali e da documentari sull’arte sacra e sull’iconografia antica corrispondente all’evento.!

Il 1958 è l’anno in cui la produzione documentaristica raggiunge piena maturazione e alti livelli qualitativi, orientata alla divulgazione nei diversi ambiti artistici e caratterizzata da una propria fisionomia tecnica ed espressiva basata sulla ricostruzione delle vicende biografiche, elaborata su un montaggio che alterna inquadrature di opere o architetture generalmente accompagnate

Citazione tratta dal commento del presentatore nel documentario Visita al Vittoriale degli Italiani (1959).

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Cfr. tabella del programma corrispondente.

da un commento speaker connotativo ma comprensibile, e arricchita dall’impiego di meccanismi narrativi curiosi e coinvolgenti per il pubblico medio. Questo raggiunto assetto di stabilità mostra tuttavia già nel 1959 i primi segnali di trasformazione. Certo permane ancora la produzione per generi ma inizia a trapelare una tendenza alla commistione e una maggiore incidenza della componente spettacolare. I generi più frequentati rimangono gli stessi. Proseguono i programmi Ritratti contemporanei e Galleria, iniziano le trasmissioni della celebre serie Incontri con Indro Montanelli e vengono trasmessi documentari singoli quali Medardo Rosso e Omaggio a Frank Lloyd Wright. In questo stesso anno, precisamente il 31 marzo, prende avvio la serie Avventure di capolavori, curata da Emilio Garroni e Alfredo Di Laura 5 (quest’ultimo negli anni successivi sarà sostituito da Fernanda Turvani prima e Anna Maria Cerrato poi). Si tratta di una delle serie più consistenti dell’intero decennio, capace di illustrare 6 vicende artistiche assai varie sempre mantenendo rigore storico ed esercitando grande interesse sul pubblico. Nel primo giorno di trasmissioni nel palinsesto giornaliero del Radiocorriere TV appare scritto: «questa nuova rubrica intende presentare al pubblico, in ogni suo numero, la storia di un famoso capolavoro della pittura, della scultura o dell’architettura, dalla sua nascita sino ai nostri giorni. Non discorsi astratti, più o meno critici, ma un rapido racconto attraverso la visione di immagini opportunamente scotte della origine, della sua creazione, della sua destinazione, delle vicende cui è andato incontro nel tempo, della sua attuale situazione, degli episodi più importanti e più curiosi di cui è il protagonista o testimone. La prima puntata della sere è dedicata ad uno dei capolavori più celebri dell’arte di tutti i tempi: La Gioconda di Leonardo» . Un aspetto da rilevare è la presenza di una consistente 7 componente storico-critica nel programma e l’attenzione per le fonti. Nella puntata su Carpaccio e le storie di Sant’Orsola, ad esempio, «per mezzo di un piccolo plastico collocato nello studio televisivo e che riproduce le pareti della stanza dell’Accademia dove è conservato il ciclo, si ricostruisce la disposizione narrativa delle opere come indicato da Ludwig e Molmenti. Il documentario sperimenta l’uso di strumenti illustrativi e didattici nuovi ma adatti alla spiegazione tecnica e filologicamente validi per l’epoca» . La serie, davvero ben realizzata, 8 continuò fino al 10 luglio 1962 configurandosi come una delle produzioni più consistenti di questi anni. Riguardo il genere della visita al museo, prosegue il già citato Musei d’Italia a cui si associano documentari su altre mostre svoltesi nell’anno: Omaggio a Commerce, Il Settecento a Roma, Vedute romane di Ippolito Caffi, Ludovico Cardi detto il Cigoli, Edouard Vuillard. Merita di porre attenzione a due trasmissioni: il documentario Tesori dell’arte giapponese e

Sulla figura di Alfredo Di Laura si rimanda all’intervista pubblicata in BOLLA, CARDINI, Le avventure dell’arte in tv…

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cit., pp. 139-151.

Sulla figura di Anna Maria Cerrato si rimanda all’intervista pubblicata in ivi, pp. 206-216.

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Cfr. didascalia della puntata sulla tabella corrispondente del Radiocorriere TV.

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Cfr. tabella del programma corrispondente.

Testimonianze sulle civiltà precolombiane in America. La scelta di soggetti poco frequentati dalla critica d’arte, soprattutto televisiva, mostrano l’apertura culturale che caratterizza la RAI in quel momento, capace di affrontare anche temi meno tradizionali. La trasmissione sull’arte giapponese, in quel momento esposta al Palazzo delle Esposizioni di Roma, viene curata da Emilio Garroni, una delle personalità più dinamiche e competenti riguardo la divulgazione culturale televisiva che la RAI allora disponesse. Certo si trattava di soli due esempi ma, 9 osservati in una dinamica più generale, sono sintomatici di un’apertura culturale prima inesistente; sono infatti anche gli anni delle celebri inchieste televisive e dei reportages dall’Italia e dall’estero curate dal settore giornalistico , di una certa tendenza che contamina 10 tutti i settori della produzione televisiva. L’attualità invade anche l’ambito della storia dell’arte: il 10 ottobre va in onda I maestri fonditori, un documentario che presenta le modalità di lavorazione e le possibilità di impiego artistico del bronzo, con interviste a operatori e artisti che lo utilizzano per le proprie opere; un elemento centrale preso in esame è proprio la crisi nel settore e la diminuzione del numero delle fonderie: « l’illustrazione delle fasi di lavorazione del bronzo e delle manovalanze addette. Si indaga le ragioni della crisi del settore che ha visto la diminuzione delle fonderie italiane da cinquanta a dieci. Segue l’intervista a un maestro fonditore di Roma mentre fa i preparativi per la fusione di una scultura: egli attribuisce il fenomeno all’alto costo delle prestazioni non meccanizzate, non considerano il cambiamento di un gusto un fattore rilevante. Si mostrano inquadrature di opere d’arte indiane, cinesi ed etrusche realizzate con lo stesso procedimento, ma anche pezzi di epoca romana, rinascimentale, moderna e contemporanea. Presso le Fonderie Bruni viene intervistato il professor Verginelli, insegnante di scultura all’Accademia, che utilizza il bronzo per le sue opere. Egli attribuisce la crisi delle fonderie in Italia, a una questione economica generale, al cambiamento gusti del pubblico, alle difficoltà logistiche della scultura, all’orientamento degli artisti verso altre materie per ottenere nuovi risultati. In via Margutta, sempre a Roma, lo scultore Biagio Poidimani sostiene che il bronzo mantiene bellezza del modellato e la patina impreziosisce materia e permette movimenti e maggiore libertà di espressione. I giovani artisti, a sua opinione, scelgono altri materiali perché sono indirizzati alla ricerca di nuove espressioni. La sequenza di chiusura riprende gli interni suggestivi delle Fonderie Laganà di Napoli». 11 Questa contaminazione è indicativa della trasformazione che il settore dei programmi televisivi, compresi quelli di divulgazione culturale, sta sperimentando.!

Riguardo, infine, i restanti due filoni di produzione, il genere della visita a luoghi e monumenti vede l’avvio del già citato programma Arte e paesaggio mentre la produzione religiosa si

Sulla figura di Emilio Garroni si rimanda all’intervista pubblicata in BOLLA, CARDINI, Le avventure dell’arte… cit., pp.

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271-278.

Cfr. SERVIZIO DOCUMENTAZIONE, Dieci anni… cit., pp. 191-200.

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Cfr. tabella del programma corrispondente.

assesta su rubriche, in questo studio non prese in esame, pur non mancando il documentario natalizio su La Natività di Cristo.!

Come si può notare da questa breve panoramica, il 1959 presenta una notevole produzione di singoli documentari, un minor numero di serie televisive che però diventano più consistenti per numero di puntate. Va considerato un ulteriore elemento che si inserisce progressivamente nella produzione: lo spettacolo. In occasione dei cinquant’anni dalla pubblicazione su “Le Figaro” del manifesto futurista e della nascita del momento d’avanguardia italiano, viene realizzato Uccidiamo il chiaro di luna, un documentario bipartito: da una parte mostra, attraverso sequenze animate da ballerini e attori, la diffusione dello stile futurista a tutte le arti; dall’altra illustra storicamente le vicende biografiche dei protagonisti e la loro produzione artistica. Anche in questo caso non si vuole, attraverso un unico campione, dimostrare che la componente spettacolare diventi componente caratterizzante la produzione; l’intenzione è quella di mettere in evidenza come l’innesto di alcuni elementi nella produzione documentaristica a soggetto storico-artistico avvenuti nel ’59, conducano nel tempo allo sviluppo di nuovi filoni. L’interesse per l’attualità diverrà sempre più considerevole nella progressiva maturazione delle rubriche tanto che è proprio nel 1963, dopo soli quattro anni, che nasce L’Approdo, una rubrica destinata a fare la storia della televisione, e Almanacco di arte, scienza e varia umanità. La componente spettacolare invece maturerà nel 1964 con la biografia sceneggiata Vita di Michelangelo, un film che ripercorre il vissuto dell’artista. Le 12 radici di queste produzioni vanno ricercate proprio nel triennio d’oro, dal 1958 al 1960, quando su un panorama ben assestato di generi documentaristici si iniziano a mescolare gli elementi alla ricerca di una sempre maggiore specificità del mezzo televisivo. La scelta infatti di non considerare il 1958 come termine della fase sperimentale, affrontata nel precedente capitolo, ma come data di inizio del triennio di più consistente produzione televisiva, è dovuta proprio ad aver individuato in quel preciso anno, certo, il momento di assestamento produttivo sulla divisione in generi, ma il contesto di partenza nel quale si innestano le tendenze di rinnovamento, contaminazioni e apertura del genere documentaristico sulle arti figurative. !13

La nuova fase di mutamento e sperimentazione prosegue per tutto il 1960 anno. La produzione per generi continua a essere la via battuta ma l’ampiezza e la varietà dei soggetti affrontati dimostra la sperimentazione che la televisione continua a condurre. Sulla monografia d’artista continuano le serie Avventure di capolavori, Galleria e Ritratti contemporanei

Cfr. DI MARCO, ORTOLEVA, Luci del teleschermo… cit., pp. 287-290.

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La suddivisione per generi dell’intera produzione televisiva era la logica fondante dell’intera produzione televisiva degli

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anni Cinquanta, e di questa si trova ampio risconto e documentazione nel volume Dieci anni… cit. Si è voluto dunque impiegare la stessa schematizzazione anche nel presentare la produzione degli documentari d’arte perché essa si applica spontaneamente a tale contesto produttivo dal 1958. Prima di questa data, come si è già detto, la componente sperimentale era troppo accentuata per individuare linee guida e tematiche comuni.

affiancate da singole produzioni quali Una pittrice e il suo tempo. Rosalba Carriera, Nebbia e sogni. Bruno Rovesti pittore e contadino, Luigi Filocamo, pittore sacro appartenente alle trasmissioni religiose ma associabile al filone monografico. Continua la trasmissione Musei d’Europa e vengono prodotti in quell’anno molti documentari sulle mostre allora visibili, la maggior parte delle quali in sedi espositive romane: Da Fouquet a Toulouse-Lautrec, Aspetti dell’IVI Quadriennale nazionale di Roma, Tesori segreti nelle collezioni private di Firenze, Visita alla XII Triennale di Milano, Etruschi e Greci nella valle del Po’, Cinquemila anni di arte indiana, Un tesoro ritrovato. La Mostra degli affreschi e delle sinopie del Camposanto Monumentale di Pisa, La mostra nazionale dell’antiquariato. Sul genere della visita a luoghi vanno ricordati La stele a Marconi e La cappella Palatina, per l’ambito religioso si cita Sa pregare l’arte moderna?. Accanto a questa produzione vengono introdotti in palinsesto alcuni nuovi programmi che si presentano come rassegne tematiche attorno a specifici argomenti che quindi non rientrano nelle tradizionali categorie e testimoniano le sperimentazioni attive all’epoca: L’Europa di Nadar che, presentando le fotografie del maestro, ricostruisce la vita e le personalità di spicco dell’Europa ottocentesca; Le Olimpiadi nell’arte, una successione di artisti e opere famose nella storia; infine la serie in due puntate più curiosa dell’annata: Caccia al quadro di Ugo Gregoretti. In questo programma, spettacolo e attualità si intrecciano all’interno della cornice 14 documentaristica, dando vita a un unicum coinvolgente e formativo vicino alla moda antiquaria del momento, evidente anche nel servizio già citato sulla mostra d’antiquariato a Firenze e Milano. Bisogna anche notare come in questi tre anni aumenti l’interesse per il mondo 15 dell’antiquariato; vengono prodotti alcuni documentari sulle mostre fiorentine e milanesi del settore che illustrano le opere d’arte esposte di alto pregio e illustrano brevemente le dinamiche organizzative e la partecipazione internazionale agli eventi. Un elemento tecnico che vale la pena osservare è la presenza sul “Radiocorriere TV”, in corrispondenza della trasmissione sul