Mortali, ma da voi fatte divine 1 Tre belle donne a cui le trecce e il seno Infiora di perenni itale rose
Giovinezza, e per cui splende più bello Sul lor sembiante il sole, all’ara vostra 5 Sacerdotesse, o care Grazie, io guido. Sul felsineo pendio donde Apennino Vede Arturo che lento erra cercando Le fonti di Nereo, l’una coltiva
Ameno un bosco e un tempio a Diana 10 E a’ suoi Lari ospitali. La seconda Di novella armonia empie l’ostello Che a lei d’Arno futura abitatrice I pennelli posando, edificava,
Presago, il bello artefice d’Urbino. 15 L’altra guidava un dì lungo l’Olona De’ pioppi all’ombra, i balli e le fanciulle Di nera treccia insigni e di grandi occhi. Or sovra i poggi di Brianza obblia L’allegre vesti e le ghirlande e il coro. 20 E se alla luna e all’etere stellato
Scintillando più azzurro Eupili ondeggia Il guarda avvolta in lungo velo, e plora Col rosignol finché l’aurora il chiami A men soave tacito lamento. 25 Ma l’udrà l’amica delle Grazie e mia Anche il mio canto; e moverà danzante Con l’altre due, mentre io lungo l’Italia Di casti mirti i lor vestigi infiori.
Meco la prima, o molli Dee, vi reca 30 Le primizie de’ favi onde in Imetto
Con perenne ronzio fenno tesoro * l’api eterne di Giove. Indarno Atene le sospira dal dì che a fior dell’onda Egea, beate volatrici, il coro 35 Eliconio seguieno, obbedienti All’elegia del fuggitivo Apollo. Però che quando su gli achei giardini Disfrenando le tartare cavalle
Marte afflisse ogni fiore, e il venerando 40 Avel d’Omero profanò un superbo
Nipote d’Ottomano, allor l’Italia
Diè rifugio alle Muse; e qui il drappello Fabbro dell’aureo mel pose a sua prole Un felice alvear. Né le Febee 45
Api sebben crudeli abbian l’altre api [Api, sebben l’altr’api abbia nemiche, Fuggono i lai dell’invisibil ninfa Che ognor delusa d’amorosa speme Pur geme per le quete aure diffusa 50 E il suo altero nemico ama e richiama. Tanta dolcezza spirano le Grazie Per pietà della ninfa a quelle voci Che l’api sacre immemori de’ carmi Aliando su l’alba odono l’Eco 55 Che al par de’ carmi fa dolci le rime. O graziose Dee, gioja degl’inni, Per voi la bella donna or ha in sua cura Quell’alate angelette e ne’ giardini De’ suoi lari ospitali, or d’indiane 60 Frondi appresta i diporti alle vaganti Schiere, e le accoglie ne’ fecondi orezzi D’armonioso speco inviolate
Dal gelo e dall’estiva ira e da’ nembi. La bella donna di sua mano i lattei 65 Calici del limone, e la pudica
Fra le viole, e il timo amor dell’api Educa, e il fior della rugiada implora Dalle stelle tranquille. E l’api a lei […]
* L’api di Giove. E chi i lor favi assaggia 70 Come gli Dei favella. Indarno Atene
1 Mortali… divine: le tre sacerdotesse, cfr. Frammenti sparsi secondo l’apografo Calbo [B], vv. 1-6 e mie note in proposito. Il manoscritto, che contiene questo frammento, è mutilo per i primi cinque versi che sono stati ricostruiti per congettura (cfr. EN I, pp. 272-273 e 658-659). L’intero frammento è risultato della seguente stratigrafia: copia di mano Calbo dell’episodio; copia dei vv. 21-29 inizialmente staccati dall’episodio; correzioni autografe foscoliane. Nell’Edizione Nazionale è riportato in apparato l’iter elaborativo. Infiora: nel suo significato metaforico “abbellire”. Io guido: differentemente dalle stesure del fr. Tre sacerdotesse I e II, ma come nel frammento [B] dell’Apografo Calbo e nelle successive versioni nell’episodio, Foscolo si pone in primo piano nel condurre il rito alle Grazie.
7 Sul felsineo pendio: versi iniziali della rappresentazione della sacerdotessa delle api, Cornelia Martinetti. Una prima redazione di questi versi si trova in Frammenti sparsi secondo l’apografo Calbo [D], cfr. nota al v. 1.
8 Arturo… le fonti di Nereo: differentemente dalla stesura del frammento contenuto nell’Apografo Calbo, dove è indicata l’Orsa maggiore, qui si parla di Arturo, la stella più luminosa della costellazione del Boote (il bovaro, o anche arctophylax, il “guardiano dall’orsa”, in quanto costituisce la stella estrema dell’arco che congiunge alla costellazione dell’Orsa). È probabile che qui Foscolo abbia tenuto presente il V libro dell’Odissea, v. 272 «Boote che tardi tramonta», dove Boote può indicare per
sineddoche la stella Arturo o invece essere identificata con l’intera costellazione. Differentemente dall’asterismo del Gran carro, che è indicato da Foscolo con «l’Orsa», e che è sempre presente nel cielo, la stella Arturo impiega otto ore a scendere sotto l’orizzonte. Nonostante il cambiamento della lezione, è probabile che anche qui Foscolo abbia voluto indicare l’Appennino che si affaccia a settentrione, dalla parte di Bologna, la città ospita la sacerdotessa delle api.
9 L’una… lari ospitali: la prima sacerdotessa, Cornelia Martinetti, donna delle api, quindi sacerdotessa della poesia. Coltiva: “frequenta (antico, letterario) un piacevole bosco e un tempietto dedicato a Diana e ai suoi antenati ospitali”; sul giardino della dimora della Martinetti, cfr. Prima red. Inno, Donna dell’api prima sacerdotessa, nota al v. 1. Si potrebbe azzardare che il tempio sia dedicato a Diana, dea delle selve e della caccia, eterna vergine e sprezzante dell’amore, in quanto Cornelia si mostrò sempre ritrosa all’amore del poeta; resta tuttavia l’obiezione che nel Primo Inno del Quadernone il mito della dea Venere è rappresentato unitamente a quello della dea Diana, cfr. Quad. Inno I, nota al v. 31. Una motivazione forse più valida sta nel fatto che l’ape è descritta come “sempre casta”, cfr. Le tre sacerdotesse: II. Sonatrice prima sacerdotessa, v. 34.
11 La seconda: la seconda sacerdotessa, la donna dell’arpa, ossia Eleonora Nencini. Cfr. Prima red. Inno, Tre vaghissime, note ai vv. 9 e 10, e Sonatrice seconda sacerdotessa, nota al v. 6.
12 Di novella armonia: “di nuova melodia”.
16 L’altra: Maddalena Marliani Bignami, la terza sacerdotessa, e donna della danza, cfr. Frammenti sparsi dell’apografo Calbo [F] di cui costituisce la prima redazione dell’episodio.
19 I poggi di Brianza: la Brianza è un’area geografica che si estende tra Lecco, Como e Milano. Qui in particolare indica Villa Amalia, dimora di Maddalena Bignami, cfr. Apografo Calbo [F], nota al v.5 .
20 L’allegre vesti e le ghirlande e il coro: l’intero verso indica le feste e i balli. Al «coro» occorre sottintendere la specificazione “delle fanciulle”. Ghirlande: “le ghirlande erano indossate in segno di gioia” (BATTAGLIA).
22 Scintillando: il “risplendente” dell’Apografo Calbo [F], v. 5.
26 L’amica delle Grazie e mia: la sacerdotessa della danza. L’espressione “amica del poeta e delle Grazie” ha una doppia valenza: da una parte, come giustamente notato da Di Benedetto (DI BENEDETTO, p. 364), il sintagma risuona delle parole di Beatrice
riguardo Dante nel II dell’Inferno, «l’amico mio, e non de la ventura» (v. 61), parole che designano Dante come amico e uomo veramente amato e non un amante occasionale (PASQUINI 1987); dall’altra la sacerdotessa è amica delle Grazie per le
sue virtù. Le Grazie qui inoltre acquistano una valenza consolatoria.
28 Lungo l’Italia: riferendosi ai luoghi dove risiedono le tre donne, cfr. Versi del rito, Avvertimenti, EN I, p 1136: «Tre donne, una Toscana; l’altra di Lombardia di qua del Po; la terza della capitale del Regno d’Italia».
29 Di casti mirti…infiori: l’annotazione «casti» riguardo al mirto, più volte detto pianta sacra a Venere, non fa che confermare la cornice di purezza e di idealizzazione intro la quale è posto l’amore verso le tre sacerdotesse. Ancora una volta per la derivazione della scena si rimanda alla nota al v. 36 di Al cor mi fece dono, II. Questo verso è comunque una rielaborazione dei vv. 2-3 del rifacimento di Tre vaghissime donne II. Per «infiorare» cfr. nota al v. 3 del presente passo.
30 Meco la prima: “con me la donna delle api”, anche in questo frammento Cornelia Martinetti rappresenta la prima sacerdotessa al rito alle Grazie. O molli Dee: “dolci Grazie”; l’aggettivo «molle» è un latinismo.
31 Le primizie dei favi: “il miele”. Per i vv. 31-45 del presente frammento, cfr. le note ai vv. 7-24 di Frammenti sparsi secondo l’apografo Calbo [B]. L’episodio della fuga delle api dalla Grecia è presente anche in Quad. Inno II, vv. 193-221. I versi di questa redazione si avvicinano maggiormente a quelli che rappresentano lo stesso episodio nel Quadernone rispetto ai versi presenti dell’Apografo Calbo.
32 Perenne ronzio: “continuo ronzio”.
33 Atene: “la Grecia”, con riferimento alla fioritura della Gracia nel V sec. a.c., sotto Pericle; variante rispetto a «Illisso» del frammento dell’Apografo Calbo.
34 Le sospira: “le desidera”.
35 Coro eliconio: “le Muse”, in quanto abitavano sul monte Elicona: «Elicon è monte di Beozia dedicato alle Muse, e pe’ versi de’ poeti celebre, dal qual tra gli altri egregi fiumi esce il Paramelo», DE MONTIBUS.
37 Elegia: “canto triste”, cfr. Apografo Calbo [B], nota al v. 14.
39 Disfrenando: “sfrenando”, in altre parole “scatenando”. Tartare cavalle: “la cavalleria infernale delle popolazioni dell’Europa Nord Orientale”; qui è probabile che Foscolo giochi sul doppio significato di Tartaro indicante da una parte il regno infernale dei morti (dal latino Tartarus), dall’alltra le popolazioni dell’Europa Orientale. Nota Vallone che il femminile «cavalle» ha maggiore efficacia figurativa del maschile “cavalli”, al pari del «cagna» al v. 79 dei Sepolcri (VALLONE, 139).
40 Fior: cfr. Apografo Calbo [B], nota al v. 15.
41 Avel d’Omero: “la sepoltura di Omero”, nell’isola del Mar Egeo Ios, «Homeri sepulcro veneranda – antea Phoenice appellata», PLINIO XII, 23, 69; nell’Apografo
Calbo [B], «la divina querce d’Omero». Il particolare riguardante Omero scomparirà dalla stesura del Quadernone.
44 Diè rifugio alle Muse: cfr. Quad. Inno II, nota al v. 202.
44 Fabro: “inventore, facitore”, lat. faber ossia operaio. Si tratta delle api operaie. Aureo mel: “il miele dorato”, ma anche con allusione alla sacra provenienza del miele, cfr. Monti, Api panacridi in Alvisopoli, v. 1 «Quell’aureo miele etereo». A sua
prole: “per la sua prole”, fuor di metafora, la cultura greca classica diede l’opportunità alla fioritura della civiltà rinascimentale italiana.
45 Felice: nel significato latino di felix, “fecondo”.
46 Né le Febee: cfr. Apografo Calbo [C], vv. 1-11 e Quad. inno II, vv. 222-231. 53 Le Grazie: diversamente dall’Apografo Calbo [C], v. 7 («Muse»), e con un maggiore intento di determinazione, in quanto le Grazie sono simbolo della virtù, della verecondia e della compassione.
55 L’api sacre: perché seguaci di Apollo e delle Muse. De’ carmi: nel passaggio dal metaforico «fiori» (Apografo Calbo [C], v. 9), al «de’ carmi» della presente stesura, fino a giungere al «dell’opra» (Quad. Inno II, v. 229), si osserva una maggiore vicinanza tra la presente lezione e quella del Quadernone.
56 Aliando su l’alba: “volando all’alba”, con specificazione temporale.
57 Che: se nella precedente stesura la congiunzione «e» indicava una giustapposizione delle azioni, in questo frammento come nella redazione del Quadernone, il pronome relativo lega i due concetti e rimarca la derivazione mitologica delle rime da Eco.
57 O Graziose Dee…: cfr. Prima red. Inno, Donna dell’Api prima sacerdotessa, vv. 1-11, Apografo Calbo [E], vv. 1-15, e Quad. Inno II, vv. 232-250.
60 E ne’ giardini…: rimaneggiamento rispetto alle due stesure precedenti. Per «d’indiane frondi» è valido quanto riportato nella nota al v. 3 della Donna dell’api prima sacerdotessa.
62 Diporti: cfr. Donna dell’api prima sacerdotessa, nota al v. 4. Rispetto alle due stesure precedenti è eliminata la lezione «seggi», lezione che tuttavia verrà riabilitata nel Quadernone dove invece è eliminato «diporti», forse per rimarcare la maggiore congruenza con il racconto delle Georgiche.
66 Calici del limone: “i fiori bianchi del limone”; innovazione rispetto alle stesure predenti, la quale rimarrà anche nel Quadernone. Riporta Plinio le virtù medicinali e antivenefiche del limone e ne descrive il soave odore, cfr. PLINIUS, XII, 7, 15-16.
Nella dimora londinese del Digamma Cottage, Foscolo era solito appendere arance e limoni ai rami degli alberi del giardino: «Lo Scalvini, raccontava al Tommaseo […] come per far parere le su giardino grecamente fruttifere nel clima britannico, appendesse al ramo i limoni e le arancie legate col fil di ferro, nascoste fra il verde», citazione in TERZOLI 2010, p. 175.
70 L’api di Giove…: leggere dal v. 30. E chi i lor favi assaggia / come gli dei favella: particolare assente nelle altre stesure, e tuttavia esplicito nella simbologia del miele emblema di eloquenza e poesia le quali, è stato più volte detto, sono chiamate “lingua di Giove”, cfr. Donna dell’api prima sacerdotessa, note ai vv. 4 e 11.
Le tre sacerdotesse:
II. Sonatrice prima sacerdotessa