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La donna nella società cinese: alcuni cenni di emancipazione e tutela

3. I personaggi femminili nei romanzi e la concezione del corpo della donna durante la politica del figlio unico

3.1 La donna nella società cinese: alcuni cenni di emancipazione e tutela

Era intrinseco nella cultura cinese antica che all’interno del matrimonio marito e moglie non avessero pari diritti. Già Confucio, con la sua teoria che esistessero cinque relazioni fondamentali a governare la vita sociale degli esseri umani, sosteneva che l’unica di esse a essere paritaria fosse quella tra amici. Tutte le altre, compresa quella tra marito e moglie, implicavano che uno dei due elementi fosse gerarchicamente inferiore all’altro.

Dall’epoca Qing (1644-1912) fino alla promulgazione del primo codice civile nel 1930, il matrimonio è stato considerato una relazione contrattuale tra famiglie, e una volta data in moglie, la sposa diventava di proprietà della famiglia dello sposo. Le leggi sul matrimonio prima del 1930 erano essenzialmente leggi promulgate dalla dinastia Qing; le donne erano pressoché escluse dall’assegnazione dell’eredità, in quanto sarebbero comunque entrate a far parte della famiglia del marito e avrebbero quindi in un certo senso acquisito i suoi beni. L’unica forma di eredità che era data dalla famiglia alle figlie era appunto la dote, che era anche ciò attraverso cui una donna veniva scelta dal futuro marito.1

Con l’introduzione del collettivismo rurale nel 1949, il matrimonio divenne patrilocale; dopo le nozze la moglie doveva lasciare la sua casa d’origine per trasferirsi nella casa dei genitori del marito. Era quindi naturale per i genitori desiderare di avere almeno un figlio maschio che rimanesse a vivere nel villaggio natale e che si potesse occupare di loro durante gli anni della vecchiaia. Inoltre con il matrimonio l’uomo acquisiva automaticamente l’accesso sessuale alla sposa e il possesso della prole. Il matrimonio in quegli anni divenne un vero e proprio affare economico: l’aspirazione di una donna era quella di sposare un uomo che vivesse in una zona

1 Jonathan K. OCKO,“Women, Property,and Law in the People’s Republic of China”, in Rubie S. Watson e Patricia Buckley

economicamente più attraente rispetto alla propria, e di conseguenza, per un uomo, vivere in una zona economicamente avanzata costituiva un fattore di prestigio nel mercato nuziale.2

Nella società cinese sussistono anche esempi di matrimonio uxorilocale, soprattutto nei casi in cui la famiglia della moglie goda di un certo status economico e politico, oppure nei casi in cui alla famiglia sia rimasta soltanto una figlia femmina, e che quindi i genitori abbiano bisogno che lei resti per occuparsi di loro durante la vecchiaia. Tuttavia il marito che se ne va dal proprio luogo natale e rinuncia al proprio cognome per acquisire quello della moglie non è mai ben visto nella comunità, in quanto è considerato una persona che diserta i doveri filiali.3

Nel 1950 fu promulgata la prima legge sul matrimonio, che sanciva l’obbligo della monogamia, la necessità del mutuo consenso dei due coniugi prima di procedere all’unione e l’uguaglianza domestica tra moglie e marito. Tale legge costituì il primo importante passo avanti nella lotta per l’uguaglianza di genere; nel 1980 entrò in vigore una seconda legge sul matrimonio, che fu un ulteriore miglioramento della precedente sul fronte del riconoscimento di pari diritti tra i due coniugi, e nello stesso anno la Cina fu uno dei primi Paesi ad avere approvato la convenzione internazionale delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW).4

C’è però da dire che nonostante questo impegno da parte della Cina per migliorare lo status delle donne e ricercare l’uguaglianza di genere, con l’attuazione della politica del figlio unico si sono create delle contraddizioni che hanno invece minato l’emancipazione e soprattutto il benessere delle donne. Nonostante fossero promulgate leggi con lo scopo di proteggere la salute delle donne, dei feti e dei neonati, e nonostante nella stessa legge sulla pianificazione familiare siano presenti articoli volti alla tutela del corpo delle donne e delle bambine, il modo in cui è stata messa in pratica la politica del figlio unico da parte dei funzionari, e il modo in cui i genitori tentavano di aggirare la legge pur di far nascere almeno un figlio maschio, perché questa era la vera aspirazione per la maggior parte delle famiglie, (soprattutto quelle residenti in aree rurali, come quelle protagoniste dei romanzi oggetto di analisi nel presente lavoro di tesi) fanno capire come la politica del figlio unico abbia reso molto più arduo il raggiungimento dell’obiettivo dell’uguaglianza di genere. Se da un lato l’avere meno figli può rappresentare un fattore positivo per l’emancipazione femminile, in quanto dà alla donna più possibilità di realizzarsi nella vita privata e lavorativa, dall’altro il fatto che il governo imponga a ogni donna un numero preciso di figli, fa sì che la donna di fatto perda il controllo del proprio corpo, in

2 William LAVELY, “Marriage and Mobility under Rural Collectivism”, in Rubie S. Watson e Patricia Buckley Ebrey (eds.),

Marriage and Inequality in Chinese Society, Berkeley, University of California Press, 1991, pp. 286-312.

3 Arthur P. WOLF, HUANG Chieh-shan, Marriage and Adoption in China, 1845-1945, Stanford, Stanford University Press, 1980, pp.

94-107.

4 Tania ANGELOFF, Marylène LIEBER, “Equality, Did You Say? Chinese Feminism after 30 Years of Reforms”, China Perspectives,

quanto è il governo a decidere quando una coppia possa procreare e quali metodi contraccettivi debba usare, e impedisce alla donna di realizzare i propri progetti personali di fertilità.5

Oltre al controllo attuato dallo Stato, il corpo delle donne è spesso soggetto anche al controllo da parte dei mariti, i quali mossi da doveri filiali verso i genitori e dal desiderio di portare avanti la propria stirpe, considerano le proprie mogli come dei mezzi attraverso i quali soddisfare tali aspirazioni, imponendo loro di sottoporsi a rischi considerevoli.

Con l’abolizione della politica del figlio unico nel 2015, la situazione non sembra essere cambiata significativamente. Durante la Quinta sessione plenaria del Diciottesimo congresso del partito comunista tenutasi nell’ottobre del 2015, il governo cinese ha deciso di estendere a tutte le coppie la possibilità di avere un secondo figlio. Tuttavia, gran parte delle coppie cinesi erano già autorizzate ad avere due figli; in genere, soltanto le coppie residenti nelle aree urbane erano obbligate a limitarsi ad avere un solo figlio.6 Il governo cinese, preoccupato per il rapido

invecchiamento della popolazione e la diminuzione della percentuale di persone in età lavorativa, ha quindi deciso di modificare la politica del figlio unico, facendola diventare di fatto una politica di due figli per coppia. Nonostante per il governo cinese e per una parte dei cittadini questo rilassamento della politica abbia significato un grande passo verso una Cina più moderna, molti esperti hanno affermato che tale passo sia avvenuto troppo tardi, e che ci vorranno decenni prima che possa sortire effetti significativi sulla popolazione.7 Il demografo cinese Liang

Zhongtang ha sottolineato che pur essendo cambiata la politica, non si può dire che il governo cinese abbia messo fine al controllo delle nascite. La limitazione della libertà di riproduzione è infatti sempre presente, e con essa rimangono in vigore anche le multe e le punizioni.8 L’unica

vera possibilità di riscatto per il governo sarebbe quella di restituire ai cittadini i diritti riproduttivi dei quali per anni sono stati privati, ma ciò è ovviamente impossibile da attuare.9

Altri esperti di demografia hanno affermato che con il rilassamento della politica del figlio unico, anche gli abusi sul corpo dei cittadini da parte degli ufficiali del governo saranno ridotti, ma ciò non significa che spariranno. Liang Zhongtang ha infatti affermato che finché sarà presente una politica di controllo delle nascite, gli abusi saranno sempre presenti e difficilmente verranno aboliti.10

5 Isabelle ATTANÉ, “Being a Woman in China Today: A Demography of Gender”, China Perspectives, 4, 2012, pp. 5-15.

6 Xin En LEE, “What does the End of One-Child Policy Mean for China?”, Ckgsb Knowledge, 2016,

http://knowledge.ckgsb.edu.cn/2016/04/06/demographics/what-does-the-end-of-the-one-child-policy-mean-for-china/

(consultato il 09/01/2017).

7 Ibidem.

8 Nectar GAN, “First One Child, Now Two – but China’s Birth Control Policy is Here to Stay”, South China Morning Post, 2015,

http://www.scmp.com/news/china/policies-politics/article/1874309/first-one-child-now-two-chinas-birth-policy-here-stay

(consultato il 09/01/2017).

9 Chris BUCKLEY, “China Ends One-Child Policy, Allowing Families Two Children”, Asia Pacific, 2015,

http://www.nytimes.com/2015/10/30/world/asia/china-end-one-child-policy.html?_r=0 (consultato il 09/01/2017).

Nella prima parte del capitolo si provvederà a fornire un’analisi dei principali personaggi femminili presenti nei romanzi di Mo Yan, Ma Jian e Li Er, delineandone i tratti distintivi e la loro relazione con la politica del figlio unico. Nella seconda parte del capitolo si prenderanno in esame le parti di ciascun romanzo in cui il corpo dei personaggi femminili è oggetto di prepotenze e abusi.