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7.Dopo Atoms for peace (1955­1956)

La Conferenza di Ginevra, le trattative internazionali che le fecero da contorno e  le stesse rivalità nazionali con i gli industriali elettrici, furono gestite dal CNRN di  Giordani, tra la primavera del 1954 e quella del 1956, in una situazione di estrema  difficoltà economica e precarietà istituzionale che sfociò proprio con le dimissioni,  formalizzate   nel   luglio   del   1956,   del   chimico   napoletano   dalla   presidenza   del  Comitato.   Ciononostante   Giordani   riuscì   a   riconfigurare   la   politica   di   ricerca   e  sviluppo   del   nucleare   rispetto   al   mutato   quadro   dei   rapporti   internazionali   ed   a  condurre in porto la trattativa che portò in Italia, ad Ispra (VA), un primo rettore di  ricerca. Se prima la via al nucleare italiano pareva dovesse passare necessariamente  attraverso la costruzione “autarchica” di un reattore italiano, dopo Atoms for peace la  politica nucleare italiana acquistò una dimensione europea ed atlantica.

Come  ha   ricordato   Barbara   Curli,   citando   Spencer   R.   Weart   durante   un   suo  recente   intervento216,   la   Conferenza   di   Ginevra   non   ebbe   solo   l'effetto   di   rendere  disponibili   tecnologie   fino   ad   allora   secretate,   ma   soprattutto   portò   all'attenzione  dell'opinione pubblica “l'utopia nucleare” che fino ad allora era rimasta confinata negli  ambienti ristretti di pochi scienziati, tecnocrati, industriali. Goldschmidt aveva usato  per tale utopia i termini di “euforia” e “follia”, 

Per   quanto   concerne   l'Italia,   Ippolito   fu   uno   dei   principali   fautori   di   tale  socializzazione del dibattito nucleare. Tuttavia bisogna osservare che tale dibattito era,  in   quella   fase,   ancora   caratterizzato   da   stime   di   costi   di   gestione   e   produzione  energetica fondate non su dati reali, ancora inesistenti, ma piuttosto su ipotesi basate  sul funzionamento di semplici prototipi. Le decisioni dei Governi europei di lanciarsi  con entusiasmo in quella che a tutti gli effetti si caratterizzava come un'”avventura  atomica” si basò quindi non tanto su valutazioni tecniche quanto su considerazioni di  politica   internazionale,   sia   quando   scelsero   di   sviluppare   una   propria   filiera  tecnologica (difendendo in tal modo a caro prezzo la propria piena sovranità, come 

216B.Curli, La parabola della ricerca nucleare dal dopoguerra al caso Ippolito, Convegno “Il nucleare in Italia nel secondo dopoguerra – Ricerca, Cultura, Politica” - 15 novembre 2012. Registrazione personale. Curli cita S.R.Weart, The rise of nuclear fear, Cambridge, MA, Harvard University Press, 2012

fecero Regno Unito e Francia) sia quando accettarono gli aiuti – ed il controllo – degli  americani. Questi ultimi non solo introdussero in tal modo criteri di vigilanza sul  nucleare,   garantendosi   dal   fatto   che   la   tecnologia   esportata   ed   i   materiali   fissili  potessero   essere   destinati   ad   un   uso   militare,   ma   con   questo   “piano   Marshall  nucleare”217 posero le basi per recuperare gli ingenti investimenti sostenuti nel settore.  Come scrive Curli:

Da parte degli Stati Uniti, quella che fu la vera e propria costruzione  politica   di   una   domanda   di   tecnologie   nucleari   e,   in   particolare,   di   un  mercato internazionale dei reattori ad acqua, avrebbe a lungo consentito il  mantenimento della  leadership  tecnologica delle grandi imprese elettriche  americane (principalmente General Electric e Westinghouse)218

In   Italia,   se   fino   all'iniziativa  Atoms   for   peace  la   priorità   era   stata   data   alla  costruzione di un reattore italiano da parte del CISE, in seguito il CNRN decise di  sfruttare le tecnologie rese improvvisamente accessibili sul mercato internazionale. In  tal modo, anziché aspettare i tempi incerti della realizzazione del reattore del CISE,  che   in   effetti   non   fu   mai   realizzato,   si   puntò   a   ridurre   prima   possibile   il   gap  tecnologico per iniziare, con un reattore di ricerca acquistato all'estero, a maturare le  esperienze propedeutiche alla realizzazione di una centrale nucleare. Quando Ippolito  condannava la “corsa” dei privati ai reattori, nel corso della sua polemica con De Biasi  sulle pagine de «Il Mondo», aveva ben presente che il Presidente del CNRN Giordani  aveva sollecitato, fin dalla primavera del 1955, una missione tecnica negli Stati Uniti  “in   vista   della   stipulazione   di   un   accordo   di   collaborazione   nello   spirito   della  dichiarazione del Presidente Eisenhower”219. L“appunto”220 redatto in seno al CNRN in  tale occasione, presumibilmente per motivare l'utilità della missione al di fuori del  Comitato,   iniziava   rivendicando   la   propria   collaborazione   con   l'INFN   ed   il   CISE,  impegnato nella costruzione di impianti pilota per la produzione di acqua pesante,  l'estrazione di uranio e la realizzazione di un reattore il cui scopo era “essenzialmente 

217Ad osservare le similitudini tra l'ERP e l'iniziativa Atoms for Peace è stato anche Giannola (al convegno citato). In particolare rilevò come le trattative per i fondi furono condotte in entrambe i casi da Francesco Giordani.

218B. Curli, Il progetto nucleare italiano, cit., p.26.

219F.Giordani, Estratti dei verbali del CNRN, in Archivio ENEA, pos.21A, pp.35-36, citato in Battimelli G. - De Maria M. - Paoloni G., L'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, cit., p. 117.

di   venire   preparando   una   schiera   di   tecnici   specializzati,   ai   quali   sarebbe   anche  affidato il compito di iniziare lo studio dei diversi problemi tecnologici connessi con la  utilizzazione industriale dell'energia”. Il chiarimento sul fatto che il lavoro sul reattore  era stato “essenzialmente” formativo, e non finalizzato alla costruzione di un reattore  nazionale   in   sé,   era   una   necessaria   premessa   per   introdurre   in   modo   coerente  l'apertura al “programma di assistenza che gli Stati Uniti d'America si propongono di  svolgere nel campo della utilizzazione pacifica dell'energia nucleare.” Alla missione  venne dato mandato di discutere la fornitura di acqua pesante e l'acquisto di un primo  reattore di ricerca e soprattutto di “iniziare lo studio per l'impianto di una prima  prima centrale esaminando eventualmente le condizioni di fornitura” anche alla luce  dei prospettati finanziamenti da parte degli organismi bancari interessati. Il contrasto tra Ippolito e De Biasi, che riverberava quello tra CNRN e CISE e  quello   tra   nazionalizzatori   e   industriali   elettrici,   non   era   quindi   sull'urgenza   di  importare   tecnologia   nucleare,   ma   nasceva   proprio   dalla   lotta   per   l'egemonia   nel  settore. Il fatto che la realizzazione del reattore nazionale fosse in qualche modo  declassato   da   priorità   concreta   a   semplice   progetto   propedeutico   scontentava  vivamente il CISE ed in particolare Silvestri, ingegnere responsabile proprio di tale  progetto,   che   riferisce   l'”aspetto   beato”   della   missione   (composta   da   Giordani,  Ippolito, Ferretti e, per il CISE, da Salvetti) di ritorno dagli Stati Uniti con la notizia di  aver  preso   accordi  per  l'acquisto  del  reattore   CP­5.  Lo   stesso   che  avrebbe  dovuto  realizzare lui. Scrive Silvestri:

La politica del Comitato e del professor Giordani cominciava a delinearsi  nei  suoi  contorni  non   più  confusi.   Il senso  di  disagio  tra  «noi»  e  «loro»  aumentava. «Noi», più o meno tutti modesti funzionari di società industriali,  volevamo che i denari per la ricerca nucleare fossero, almeno nella maggior  parte, spesi nel nostro paese, per apprendere il mestiere, mentre il difensore  della socialità dello stato finanziava gli Stati Uniti, perché imparassero a fare  meglio ciò che già sapevano fare bene.221 Su quest'ultimo punto, anche alla luce della sopracitata affermazione di Curli,  Silvestri non aveva tutti i torti ma va osservato che la suggerita netta separazione tra i  «noi» e i «loro» proprio in questi mesi si andava incrinando. Mentre a Silvestri veniva 

221M. Silvestri, Il costo della menzogna, cit., p. 86. Cfr anche, ibid, pp. 96-97, sul violento rifiuto della linea proposta da Giordani.

lasciata   la   direzione   del   progetto   per   il   reattore   nazionale,   il   CNRN   nel   corso  dell'estate affidò al CISE, sotto la responsabilità di Salvetti, il compito di preparare  l'installazione del reattore americano.  Il costo della menzogna  dovette riconoscere222  che ben presto gli scienziati del CISE si trovarono così “spaccati in due partiti”, con gli  “oltranzisti” come lui opposti ai “compromissionari” di Salvetti, mentre agli industriali  ai   vertici   del   CISE   il   problema   pareva   di   poco   conto,   tanto   più   che   l'Edison   in  particolare si era mossa con decisione, dopo la Conferenza di Ginevra, per l'acquisto di  una propria centrale. 

La “diplomazia parallela”, condotta in proprio dai privati, non mancò di generare  confusione   negli   interlocutori   statunitensi,   come   registra   in   particolare   Barbara  Curli223, grazie al lavoro svolto su fonti diplomatiche224, ai quali non era chiaro, tale  era la debolezza istituzionale del CNRN, chi avesse i titoli per condurre la trattativa;  ciò era uno dei molti effetti indesiderati della mancanza di una linea politica decisa da  parte del Governo riguardo la creazione o meno di un monopolio nucleare di stato. 

Francesco Giordani, dopo aver ottenuta la creazione del CNRN, si era adoperato  in particolar modo per ottenere una legge nucleare che attribuisse al Comitato le  funzioni   che   Gran   Bretagna   e   Francia   avevano   attribuito   alle   rispettive   agenzie  nucleari225. Tuttavia in quei paesi l'attribuzione ad un organismo centralizzato di ampi  poteri   su   tutto   il   settore   nucleare,   dal   controllo   su   produzione   e   acquisto   dei  combustibili   alla   conduzione   delle   trattative   con   gli   organismi   internazionali,   era  avvenuta   nel   quadro   di   una   ormai   consolidata   nazionalizzazione   dell'intera  produzione e distribuzione dell'industria elettrica. In Italia tale opzione era ancora al  centro di un aspro scontro politico che vedeva in prima fila gli industriali elettrici.  Come si è visto esaminando lo scontro tra Ippolito e De Biasi sulle pagine de «Il  Mondo», ogni discussione sul nucleare andava a toccare il tasto sensibile dello scontro  tra nazionalizzatori e privati nel contesto della II legislatura che vide avvicendarsi al  Ministero dell'Industria,  durante  i  3  anni  di presidenza  Giordani  al  CNRN,  ben  5 

222M. Silvestri, Il costo della menzogna, cit., p. 87.

223 Cfr. B. Curli, Il progetto nucleare italiano, cit., pp.37-38.

224In particolare l'Archivio storico-diplomatico del Ministero degli Affari Esteri.

225Rispettivamente United Kingdom Atomic Energy Commission (UKAEA) e Commissariat à l' Énergie Atomique (CEA).

ministri.   Silvestri   descrive   in   modo   particolarmente   critico226  l'iter   della   legge  “Giordani­Villabruna”,   che   mirava   a   porre   il   monopolio   di   Stato   sui   materiali  radioattivi, e nota come esso si interrompesse solo per la caduta del Governo nel  luglio 1955, che portò ad un nuovo cambiamento di marcia della politica italiana.  Nel frattempo, nel giugno 1955, era scaduto il mandato triennale dei consiglieri  del CNRN ed a nulla erano valse le pressioni di Giordani per il rinnovo delle cariche.  Per uscire dall'empasse politica ed economica in cui il Comitato si trovava, tra l'altro in  mezzo alle delicate trattative internazionali per il reattore CP­5, nel febbraio 1956  Giordani anticipò alla Presidenza del Consiglio le proprie dimissioni227, formalizzate il  12 luglio 1956. In quell'occasione Felice Ippolito fu  formalmente delegato a gestire  l'ordinaria amministrazione dell'ente.

226M. Silvestri, Il costo della menzogna, cit., pp. 82-84. 227B. Curli, Il progetto nucleare italiano, cit., p.43.