X k=1 hx − y, ξki2= kx − yk2→ 0 2 A completamento di quanto fin qui esposto ricordiamo un importante risul-tato riguardante gli spazi di funzioni misurabili.
Teorema 2.5.11 Sia (a, b) ⊂ R un intervallo limitato che supponiamo dotato della misura di Lebesguee consideriamo lo spazio
L2((a, b)) = f : (a, b) → R : kf k2= Z b a f2(x)dx !12 < +∞
Allora si pu`o definire un prodotto scalare in L2((a, b)) nediante la hf, gi =
Z b
a
f (x)g(x)dx che induce in L2((a, b)) la norma k·k2.
Inoltre il sistema di vettori B = 1 sqrt2π , 1 sqrtπsin 2πnx b − a , 1 sqrtπcos 2πnx b − a
risulta ortonormale completo.
2.6 Dualit`a negli spazi di Banach
Diamo ora un brevissimo cenno a qualche risultato che si inquadra nella teoria della dualit`a negli spazi di Banach.
Definizione 2.6.1 Sia X uno spazio di Banach, chiamiamo spazio duale di X e lo indichiamo con X∗lo spazio dei funzionali lineari continui da X in R.
Per ogni f ∈ X∗ definiamo kf k = sup x∈X kxk≤1 |f (x)| = sup x∈X kxk=1 f (x)
(Osserviamo che se λ = supx∈X kxk≤1 |f (x)| e se µ = supx∈X kxk=1 |f (x)|, ovviamente si ha λ ≥ µ ed inoltre, poich`e |f (x)| = k(k x)fk(kx)x ≤ f x k(kx) per ogni x tale che k(k x) ≤ 1, possiamo anche dedurre che λ ≤ µ.
A proposito di funzionali lineari continui possiamo provare il seguente risul-tato
Teorema 2.6.1 Sia X uno spazio di Banach e sia f : X → R. Allora f `e continuo se e solo se f `e limitato cio`e se e solo se
Dimostrazione. Se f `e un funzionale lineare e continuo allora ∀ > 0 ∃δ> 0 tale che se kxk < δ allora |f (x)| < Pertanto se kxk ≤ 1 avremo kδxk ≤ δ e |f (δx)| ≤ da cui |f (x)| ≤ δ Se ne deduce kf k ≤ δ < +∞ Se viceversa f `e limitato allora
+∞ > kf k = sup x∈X kxk≤1 |f (x)| = sup x∈X kxk=1 f (x) per cui f (x) = kxk f x kxk ≤ kf k kxk L’ultima disuguaglianza assicura la continuit`a di f in 0.
La linearit`a permette allora di concludere che f `e continua ovunque. (Si ricordi che
f (x) − f (x0) = f (x − x0)
per cui la continutit`a in x0 si riconduce banalmente alla continuit`a in 0) 2 Possono essere dimostrati i seguenti risultati
Teorema 2.6.2 Se X `e uno spazio di Hilbert e se f ∈ X∗ allora esiste uno ed un solo x∗∈ X tale che
f (x) = hx, x∗i ∀x ∈ X
Pertanto, se X `e uno spazio di Hilbert, X∗ `e isomorfo ad X.
Teorema 2.6.3 Se X `e uno spazio su cui `e definita una misura µ e se p, q sono esponenti coniugati (1p+1q = 1), allora
(Lp(X))∗= Lq(X) In particolare
L2(X)∗
= L2(X) L1(X)∗
= L+∞(X) Non `e invece semplice caratterizzare lo spazio duale (L+∞(X))∗.
Ricordiamo infine alcuni risultati che sono di fondamentale importanza nello studio degli spazi di Banach. Innanzi tutto, poich`e ogni spazio di Banach `e uno spazio metrico completo, ricordiamo che negli spazi metrici completi vale il seguente teorema.
Teorema 2.6.4 - Baire - Sia X uno spazio metrico completo e sia {Gn : n ∈ N} una famiglia numerabile di insiemi aperti densi in X.
Dimostrazione. Per provare che Gδ `e denso in X occorre e basta provare che se A `e un aperto in X allora
A ∩ Gδ6= ∅
Sia infatti A un aperto, se A ∩ Gδ = ∅ allora Gδ ⊂ Ac 6= X e quindi cl Gδ 6= X; se viceversa esistesse un chiuso F 6= X tale che Gδ ⊂ F ⊂ X, avremmo gc
δ ⊃ Fc= A con A 6= ∅ aperto e quindi A ∩ Gδ= ∅. Sia ρ la metrica in X ed indichiamo con
S(x, r) = {y ∈ X : ρ(x, y) ≤ r} la sfera chiusa di centro x e raggio r in X.
Poich`e G1`e denso in X esiste x1∈ X ed 1 > r1> 0 tale che (
S(x1, r1) ⊂ G1∩ A r1< 1
Ora, se xn∈ X ed 1
n > rn> 0 sono dati in modo che (
S(xn, rn) ⊂ Gn∩ S(xn−1, rn−1) rn< 1n
Usando la densit`a di Gn+1possiamo trovare xn+1∈ X ed 1
n+1 > rn+1> 0 in modo che
(
S(xn+1, rn+1) ⊂ Gn+1∩ S(xn, rn)
rn+1<n+11 (2.23)
Pertanto, per il principio di induzione possiamo affermare che esistono una successione di elementi xn∈ X ed una successione di numeri reali tali che
S(xn, rn) ⊂ S(xn−1, rn−1) 0 < rn< 1 n ed avremo che, per
h, k > n =⇒ xh, xk∈ S(xn, rn) =⇒ ρ(xh, xk) < 2rn< 2 n per cui xn risulta essere una successione di Cauchy, quindi convergente ad un elemento x ∈ X.
D’altro canto avremo anche che
xn∈ S(xm, rm) ∀n > m per cui x ∈ S(xm, rm) ∀m e per la2.23 x ∈ Gm ∀m quindi x ∈ ∩nGn
e, poich`e x ∈ S(x1, r1) ⊂ G1∩ A, si ha x ∈ A ed anche x ∈ A ∩ Gδ
2 Spesso `e comodo enunciare il teorema di Baire, passando ai complementari; a tal fine ricordiamo alcuni risultati.
Definizione 2.6.2 Sia X uno spazio topologico, diciamo che un insieme A ⊂ X `e mai denso se int cl A = ∅ Se ricordiamo che (int A)c= cl Ac e che di conseguenza (cl A)c= int Ac avremo che
Teorema 2.6.5 Sia X uno spazio topologico e sia A ⊂ X, allora A `e mai denso in X se e solo se
(cl A)c `e denso in X.
Dimostrazione. Se A `e mai denso in X allora int cl A = ∅ per cui
X = X \ int cl A = (int cl A)c= cl (cl A)c
e quindi (cl A)c`e denso in X. 2
Ne consegue che il teorema di Baire pu`o essere riformulato come segue. Teorema 2.6.6 - Baire 3 - Sia X uno spazio metrico completo e sia X = ∪nAn; allora esiste m ∈ N tale che Am non `e mai denso in X, cio`e
int cl Am6= ∅
In altre parole esiste m ∈ N ed esiste G ⊂ X aperto, G 6= ∅ tale che G ⊂ cl Am
Dimostrazione. Se fosse int cl An = ∅ per ogni n allora dovrebbe essere anche
(int cl An)c= X
e quindi, posto Gn = (cl An)c, si avrebbe che Gn `e aperto e denso in X; dal teorema 2.23 di Baire, si ottiene che ∩Gn `e denso in X, cio`e cl ∩Gn = X e (cl ∩Gn)c = ∅. Ne deduciamo che int(∩Gn)c = ∅ e int ∪Gc
n = ∅. Infine int ∪ cl An= ∅ e int ∪An= ∅, da cui int X = ∅ il che `e impossibile.
∅ = int cl ∪nAn = int cl X = X non appena si sia ricordato che X `e sia aperto che chiuso.
2 Una conseguenza notevole del teorema di Baire `e il teorema dell’uniforme limitatezza di Banach- Steinhaus.
Teorema 2.6.7 -dell’uniforme limitatezza di Banach - Steinhaus - Sia-no X uSia-no spazio di Banach ed Y uSia-no spazio Sia-normato; consideriamo una famiglia di funzioni lineari
Λα: X → Y α ∈ A Allora `e verificata una delle seguenti alternative. 1. esiste M > 0 tale che
kΛαk ≤ M ∀α ∈ A
2. esiste una famiglia di insiemi aperti {Gn : n ∈ N} tali che Gδ = ∩nGn
`
e denso in X e tale che sup α∈A kΛα(x)k = +∞ ∀x ∈ Gδ Dimostrazione. Sia φ(x) = sup α∈A kΛα(x)k e sia Gn= {x ∈ X : φ(x) > n} Gn `e un insieme aperto; se infatti x0∈ Gn allora
φ(x0) = sup
α∈A
kΛα(x0)k > n e quindi esiste α0∈ A tale che
kΛα0(x0)k > n + con > 0 Ora, poich`e
x 7→ kΛα0(x)k `
e continua, possiamo trovare δ > 0 tale che
kx − x0k < δ =⇒ kΛα0(x)k − kΛα0(x0)k< 2 e kΛα0(x)k > kΛα0(x0)k − 2 > n + − 2 > n Se ne deduce che, per kx − x0k < δ si ha
φ(x) = sup
α∈A
kΛα(x)k > n e x ∈ Gn
per cui Gn `e aperto.
Ora, se Gn `e denso in X per ogni n allora, per il teorema 2.6.4di Baire, si ha che Gδ= ∩nGn `e denso in X ed inoltre
x ∈ Gδ =⇒ φ(x) > n ∀n ∈ N =⇒ φ(x) = sup
α∈A
kΛα(x)k = +∞ Se al contrario esiste almeno un m ∈ N tale che Gmnon `e denso in X, allora si pu`o trovare un x0∈ X ed r > 0 tale che
Ma allora sup α∈A kΛα(x0+ h)k = φ(x0+ h) ≤ m ∀h tale che khk < r e kΛα(h)k ≤ kΛα(x0+ h)k + kΛα(x0)k ≤ 2m ∀h tale che khk < r Se ne deduce che, per kxk ≤ 1, si ha krxk = r kxk ≤ r, da cui
kΛα(rx)k ≤ 2m e
kΛα(x)k ≤ 2m r
2 Ricordiamo in ultimo anche l’enunciato del teorema della mappa aperta. Teorema 2.6.8 - della mappa aperta - Siano U e V le sfere unitarie aperte di due spazi di Banach X ed Y e sia
Λ : X → Y
una funzione lineare continua, surgettiva; allora esiste δ > 0 tale che Λ(U ) ⊃ δV Dimostrazione. Da X =S nnU , deduciamo che Y = Λ(X) =[ n Λ(nU )
Poich`e Y `e spazio metrico completo possiamo allora usare il teorema 2.6.6
di Baire per affermare che esistono m ∈ N ed un aperto non vuoto G ⊂ Y tali che
G ⊂ cl Λ(mU ) (2.24)
Siano ora, (ricordiamo che G `e aperto),
y0∈ G y ∈ Y kyk < η y0+ y ∈ G
Per la2.24, possiamo trovare due successioni x0k, x00k ∈ Λ(mU ) tali che Λ(x0k) → y0 Λ(x00k) → y0+ y
per cui, se poniamo xk = x00k− x0
k avremo
Λ(xk) → y kxkk ≤ 2m Sia ora y ∈ Y , avremo che
η kyky < η
per cui esiste xk tale che
kxkk ≤ 2m ed inoltre Λ(xk) → η kyky da cui, per la linearit`a di Λ
Λ(kyk η xk) → y ed inoltre kyk η xk ≤ kyk η 2m Posto δ = 2mη possiamo allora affermare che
∀y ∈ Y ∃zk tale che kzkk ≤ 1
δkyk Λ(zk) → y (2.25) Ora sia y ∈ δV , sia cio`e y ∈ Y con kyk < δ, e procediamo, per induzione in ordine a costruire una successione di punti ξn∈ X come segue.
Sia ξ1∈ X tale che
kξ1k ≤ 1 ky − Λ(ξ1)k < 1 2δ (ξ1 esiste in virt`u della2.25);
Supponiamo ora dati {ξi : i = 1, 2, . . . , n} tali che, posto sn =Pn i=1ξi si abbia
kξik ≤ 1
2i−1 ky − Λ(sn)k ≤ 1
2nδ (2.26)
Sempre per la2.25usatat con y − Λ(ξ1) in luogo di y possiamo allora trovare ξn+1tale che kξn+1k ≤ 1 δky − Λ(sn)k ≤ 1 δ 1 2nδ = 1 2n ky − Λ(sn) − Λ(ξn+1)k ≤ 1 2n+1δ (2.27) Poniamo poi sn+1= sn+ ξn+1.
Abbiamo cos`ı costruito una successione sn tale che
ksn+p− snk = kξn+p+ . . . ξn+1k ≤ n+p X i=n+1 1 2i−1 ≤
per cui sn risulta una successione di Cauchy ed esiste x ∈ X tale che sn→ x. Avremo poi ksnk ≤ kξ1k + +∞ X i=1 kξik ≤ kξ1k + +∞ X i=1 1 2i−1 = 1 + per cui kxk ≤ 1 +
Ma, per la continuit`a di Λ si ha Λ(sn) → Λ(x), mentre dalla 2.26si ottiene che Λ(sn) → y, per cui y = Λ(x).
Possiamo infine concludere che
e Λ((1 + )U ) ⊃ δV Λ(U ) ⊃ δ 1 + V da cui Λ(U ) ⊃[ δ 1 + V = δV 2 Osserviamo che il teorema della mappa aperta afferma che per ogni y ∈ Y tale che kyk < δ esiste x ∈ X tale che kxk < 1 e Λx = y.
Quindi se A ⊂ X `e un aperto, e se y0∈ Λ(A), avremo che y0= Λ(x0) x0∈ A x0+ ηU ⊂ A Pertanto per il teorema della mappa aperta si ha
Λ(A) ⊃ Λ(x0+ ηU ) = y0+ ηΛ(U ) ⊃ y0+ δηV
Ne deduciamo che Λ(A) contiene una sfera aperta di centro y0 e raggio δη per cui y0`e interno a Λ(A). Poich`e y0`e scelto arbitrariamente in Λ(A) possiamo allora concludere che Λ(A) `e aperta.
In altre parole il teorema della mappa aperta giustifica il suo nome in quanto trasforma aperti in aperti.
Corollario 2.6.1 Siano X e Y due spazi di Banach e sia Λ : X → Y
una funzione lineare continua bigettiva; allora esiste δ > 0 tale che kΛ(x)k ≥ δ kxk
Dimostrazione. Per il teorema della mappa aperta, ricordando che Λ `e bigettiva, otteniamo che
kΛ(x)k < δ =⇒ kxk < 1
Infatti se y = Λ(x) con k(k x) < δ, allora y ∈ Λ(U ) e quindi y = Λ(x0) con k(k x0) = 1; ma poich`e Λ `e iniettiva x0= x. per cui kxk ≥ 1 =⇒ kΛ(x)k ≥ δ Ne deduciamo che sup x∈X kxk=1 kΛ(x)k ≥ δ e la tesi 2
Osserviamo che il corollario assicura, vista la bigetiivit`a di Λ, che Λ−1(x) ≤1 δkxk e quindi che Λ−1 ≤1 δ
Capitolo 3
Funzioni di una variabile
complessa
3.1 L’insieme dei numeri complessi
Un numero complesso pu`o essere identificato mediante una coppia di numeri reali e pertanto risulta evidente una stretta relazione con l’insieme R2.
`
E per`o molto importante sottolineare la netta distinzione esistente tra R2 e l’insieme dei numeri complessi C, distinzione che `e essenzialmente dovuta al fatto che in C sono definite operazioni e valgono propriet`a che non rivestono alcun significato nel piano cartesiano.
Definizione 3.1.1 Definiamo l’insieme C dei numeri complessi come l’insieme delle coppie ordinate z = (x, y) munito delle seguenti operazioni di somma e di prodotto
(x1, y1) + (x2, y2) = (x1+ x2, y1+ y2) (x1, y1) × (x2, y2) = (x1x2− y1y2, x1y2+ y1x2)
Un’altra maniera per definire le stesse operazioni consiste nel definire un elemento, detto unit`a immaginaria, ı con la propriet`a che
ı2= −1
ed usare come base dello spazio vettoriale delle coppie ordinate (x, y) di numeri reali gli elementi
(1, 0) e (0, ı) (3.1)
In tal caso possiamo rappresentare ogni elemento z ∈ C mediante le z = (x, y) = x(1, 0) + y(0, ı) = x + ıy
e rappresentare C mediante un piano in cui `e fissato un sistema di coordinate cartesiane ortogonali monometriche, che viene usualmente indicato come piano di Argand-Gauss.
Chiamiamo x = <z ed y = =z parte reale e parte immaginaria del numero complesso z.
Si verifica facilmente che le operazioni di somma e di prodotto definite in pre-cedenza sono riconducibili alle usuali regole di calcolo algebrico semplicemente tenendo conto della3.1.
A titolo di esempio osserviamo che
z1+ z2= x1+ ıy1+ x2+ ıy2 = (x1+ x2) + ı(y1+ y2)
z1z2= (x1+ ıy1)(x2+ ıy2) = x1x2+ ı2y1y2+ ı(x1y2+ y1x2) = = (x1x2− y1y2) + ı(x1y2+ y1x2)
Definizione 3.1.2 Se z = x + ıy ∈ C definiamo il suo complesso coniugato ¯z mediante la
¯
z = x − ıy
Definiamo inoltre il modulo ρ di un numero complesso z mediante la ρ = |z| =px2+ y2
ed il suo argomento θ = arg z mediante la tan(θ) = y
x in accordo con i segni di x e di y.
Poich`e arg z `e definito a meno di multipli di 2π, definiamo inoltre Arg z, l’argomento principale di arg z, come quel valore di θ che `e compreso in [0, 2π). Osserviamo che il problema della definizione di arg z `e lo stesso incontra-to quando si considerano le coordinate polari nel piano. In particolare non `e sufficiente definire
θ = arctany x
in quanto, in tal modo, si otterrebbero soltanto valori compresi in (−π/2, π/2). `
E allora necessario tenere anche conto del segno di x e di y, aggiungendo π ad arctanyx nel caso in cui x < 0 e definendo θ = ±π/2 nel caso in cui x = 0 e, rispettivamente, y ≷ 0
`
E immediato verificare che
z ¯z = |z|2
ed inoltre `e semplice osservare che per calcolare il quoziente di due numeri complessi si pu`o ricorrere alla formula
z1
z2 = z1z¯2
|z2|
A proposito del modulo di un numero complesso si pu`o verificare facilmente che |z1z2| = |z1||z2| z1 z2 =|z1| |z2| |z1+ z2| ≤ |z1| + |z2| |z1| − |z2| ≤ |z1− z2|
Da quanto abbiamo fin qui esposto risulta immediatamente che un numero complesso z pu`o essere rappresentato anche nella forma
z = |z| (cos(arg z) + ı sin(arg z)) = ρ(cos θ + ı sin θ) Tale rappresentazione si dice forma polare di un numero complesso. Teorema 3.1.1 - De Moivre - Se z1, z2∈ C, z1= ρ1(cos θ1+ ı sin θ1) z2= ρ2(cos θ2+ ı sin θ2) allora z1z2 = ρ1ρ2(cos(θ1+ θ2) + ı sin(θ1+ θ2)) z1 z2 = ρ1 ρ2 (cos(θ1− θ2) + ı sin(θ1− θ2))
La dimostrazione del teorema di De Moivre si riduce ad un semplice calcolo che coinvolge le usuali identit`a trigonometriche.
Definizione 3.1.3 Se z ∈ C diciamo che w ∈ C `e una radice n−esima di z se wn = z
Scriviamo in tal caso
w = z1/n Dal teorema di De Moivre, si ha che
wn = ρn(cos(nθ) + ı sin(nθ)) e pertanto si pu`o affermare che se
z = ρ(cos θ + ı sin θ) allora z1/n = ρ1/n sin θ + 2kπ n + ı cos θ + 2kπ n k ∈ Z
Chiaramente nella formula precedente avremo valori distinti solo se k = 1, 2, . . . , n− 1.
Definiamo infine, e verificheremo che tale definizione pu`o essere facilmente giustificata
ez= ex+ıy= ex(cos y + ı sin y) = exeıy quanto abbiamo finora visto ci permette di definire in C
• una struttura di spazio vettoriale la cui base canonica `e data da (1, 0) (0, ı)
• una struttura di algebra
• una struttura di spazio normato
Ne consegue la possibilit`a di definire un topologia in C legata alla distanza indotta dalla norma in C, e si vede senza problemi che tale topologia coincide con quella euclidea nel piano.
Non ci sono pertanto difficolt`a ad estendere al piano complesso la definizione di limite e di successione convergente di numeri complessi.
Vogliamo solo ricordare che, da questo punto di vista, la struttura di C non `e molto diversa dalla struttura di R2 e che `e immediato verificare che una successione di numeri complessi zn `e convergente a z0 se e solo se <zn e =zn
risultano convergenti a <z0e =z0rispettivamente.