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Dualit` a negli spazi di Banach

Nel documento Istituzioni di Analisi Superiore (pagine 138-150)

X k=1 hx − y, ξki2= kx − yk2→ 0 2 A completamento di quanto fin qui esposto ricordiamo un importante risul-tato riguardante gli spazi di funzioni misurabili.

Teorema 2.5.11 Sia (a, b) ⊂ R un intervallo limitato che supponiamo dotato della misura di Lebesguee consideriamo lo spazio

L2((a, b)) =    f : (a, b) → R : kf k2= Z b a f2(x)dx !12 < +∞   

Allora si pu`o definire un prodotto scalare in L2((a, b)) nediante la hf, gi =

Z b

a

f (x)g(x)dx che induce in L2((a, b)) la norma k·k2.

Inoltre il sistema di vettori B =  1 sqrt2π , 1 sqrtπsin 2πnx b − a , 1 sqrtπcos 2πnx b − a 

risulta ortonormale completo.

2.6 Dualit`a negli spazi di Banach

Diamo ora un brevissimo cenno a qualche risultato che si inquadra nella teoria della dualit`a negli spazi di Banach.

Definizione 2.6.1 Sia X uno spazio di Banach, chiamiamo spazio duale di X e lo indichiamo con Xlo spazio dei funzionali lineari continui da X in R.

Per ogni f ∈ X definiamo kf k = sup x∈X kxk≤1 |f (x)| = sup x∈X kxk=1 f (x)

(Osserviamo che se λ = supx∈X kxk≤1 |f (x)| e se µ = supx∈X kxk=1 |f (x)|, ovviamente si ha λ ≥ µ ed inoltre, poich`e |f (x)| = k(k x)fk(kx)x ≤ f x k(kx)  per ogni x tale che k(k x) ≤ 1, possiamo anche dedurre che λ ≤ µ.

A proposito di funzionali lineari continui possiamo provare il seguente risul-tato

Teorema 2.6.1 Sia X uno spazio di Banach e sia f : X → R. Allora f `e continuo se e solo se f `e limitato cio`e se e solo se

Dimostrazione. Se f `e un funzionale lineare e continuo allora ∀ > 0 ∃δ> 0 tale che se kxk < δ allora |f (x)| <  Pertanto se kxk ≤ 1 avremo kδxk ≤ δ e |f (δx)| ≤  da cui |f (x)| ≤  δ Se ne deduce kf k ≤  δ < +∞ Se viceversa f `e limitato allora

+∞ > kf k = sup x∈X kxk≤1 |f (x)| = sup x∈X kxk=1 f (x) per cui f (x) = kxk f  x kxk  ≤ kf k kxk L’ultima disuguaglianza assicura la continuit`a di f in 0.

La linearit`a permette allora di concludere che f `e continua ovunque. (Si ricordi che

f (x) − f (x0) = f (x − x0)

per cui la continutit`a in x0 si riconduce banalmente alla continuit`a in 0) 2 Possono essere dimostrati i seguenti risultati

Teorema 2.6.2 Se X `e uno spazio di Hilbert e se f ∈ X allora esiste uno ed un solo x∈ X tale che

f (x) = hx, xi ∀x ∈ X

Pertanto, se X `e uno spazio di Hilbert, X `e isomorfo ad X.

Teorema 2.6.3 Se X `e uno spazio su cui `e definita una misura µ e se p, q sono esponenti coniugati (1p+1q = 1), allora

(Lp(X))= Lq(X) In particolare

L2(X)

= L2(X) L1(X)

= L+∞(X) Non `e invece semplice caratterizzare lo spazio duale (L+∞(X)).

Ricordiamo infine alcuni risultati che sono di fondamentale importanza nello studio degli spazi di Banach. Innanzi tutto, poich`e ogni spazio di Banach `e uno spazio metrico completo, ricordiamo che negli spazi metrici completi vale il seguente teorema.

Teorema 2.6.4 - Baire - Sia X uno spazio metrico completo e sia {Gn : n ∈ N} una famiglia numerabile di insiemi aperti densi in X.

Dimostrazione. Per provare che Gδ `e denso in X occorre e basta provare che se A `e un aperto in X allora

A ∩ Gδ6= ∅

Sia infatti A un aperto, se A ∩ Gδ = ∅ allora Gδ ⊂ Ac 6= X e quindi cl Gδ 6= X; se viceversa esistesse un chiuso F 6= X tale che Gδ ⊂ F ⊂ X, avremmo gc

δ ⊃ Fc= A con A 6= ∅ aperto e quindi A ∩ Gδ= ∅. Sia ρ la metrica in X ed indichiamo con

S(x, r) = {y ∈ X : ρ(x, y) ≤ r} la sfera chiusa di centro x e raggio r in X.

Poich`e G1`e denso in X esiste x1∈ X ed 1 > r1> 0 tale che (

S(x1, r1) ⊂ G1∩ A r1< 1

Ora, se xn∈ X ed 1

n > rn> 0 sono dati in modo che (

S(xn, rn) ⊂ Gn∩ S(xn−1, rn−1) rn< 1n

Usando la densit`a di Gn+1possiamo trovare xn+1∈ X ed 1

n+1 > rn+1> 0 in modo che

(

S(xn+1, rn+1) ⊂ Gn+1∩ S(xn, rn)

rn+1<n+11 (2.23)

Pertanto, per il principio di induzione possiamo affermare che esistono una successione di elementi xn∈ X ed una successione di numeri reali tali che

S(xn, rn) ⊂ S(xn−1, rn−1) 0 < rn< 1 n ed avremo che, per

h, k > n =⇒ xh, xk∈ S(xn, rn) =⇒ ρ(xh, xk) < 2rn< 2 n per cui xn risulta essere una successione di Cauchy, quindi convergente ad un elemento x ∈ X.

D’altro canto avremo anche che

xn∈ S(xm, rm) ∀n > m per cui x ∈ S(xm, rm) ∀m e per la2.23 x ∈ Gm ∀m quindi x ∈ ∩nGn

e, poich`e x ∈ S(x1, r1) ⊂ G1∩ A, si ha x ∈ A ed anche x ∈ A ∩ Gδ

2 Spesso `e comodo enunciare il teorema di Baire, passando ai complementari; a tal fine ricordiamo alcuni risultati.

Definizione 2.6.2 Sia X uno spazio topologico, diciamo che un insieme A ⊂ X `e mai denso se int cl A = ∅ Se ricordiamo che (int A)c= cl Ac e che di conseguenza (cl A)c= int Ac avremo che

Teorema 2.6.5 Sia X uno spazio topologico e sia A ⊂ X, allora A `e mai denso in X se e solo se

(cl A)c `e denso in X.

Dimostrazione. Se A `e mai denso in X allora int cl A = ∅ per cui

X = X \ int cl A = (int cl A)c= cl (cl A)c

e quindi (cl A)c`e denso in X. 2

Ne consegue che il teorema di Baire pu`o essere riformulato come segue. Teorema 2.6.6 - Baire 3 - Sia X uno spazio metrico completo e sia X = ∪nAn; allora esiste m ∈ N tale che Am non `e mai denso in X, cio`e

int cl Am6= ∅

In altre parole esiste m ∈ N ed esiste G ⊂ X aperto, G 6= ∅ tale che G ⊂ cl Am

Dimostrazione. Se fosse int cl An = ∅ per ogni n allora dovrebbe essere anche

(int cl An)c= X

e quindi, posto Gn = (cl An)c, si avrebbe che Gn `e aperto e denso in X; dal teorema 2.23 di Baire, si ottiene che ∩Gn `e denso in X, cio`e cl ∩Gn = X e (cl ∩Gn)c = ∅. Ne deduciamo che int(∩Gn)c = ∅ e int ∪Gc

n = ∅. Infine int ∪ cl An= ∅ e int ∪An= ∅, da cui int X = ∅ il che `e impossibile.

∅ = int cl ∪nAn = int cl X = X non appena si sia ricordato che X `e sia aperto che chiuso.

2 Una conseguenza notevole del teorema di Baire `e il teorema dell’uniforme limitatezza di Banach- Steinhaus.

Teorema 2.6.7 -dell’uniforme limitatezza di Banach - Steinhaus - Sia-no X uSia-no spazio di Banach ed Y uSia-no spazio Sia-normato; consideriamo una famiglia di funzioni lineari

Λα: X → Y α ∈ A Allora `e verificata una delle seguenti alternative. 1. esiste M > 0 tale che

αk ≤ M ∀α ∈ A

2. esiste una famiglia di insiemi aperti {Gn : n ∈ N} tali che Gδ = ∩nGn

`

e denso in X e tale che sup α∈Aα(x)k = +∞ ∀x ∈ Gδ Dimostrazione. Sia φ(x) = sup α∈Aα(x)k e sia Gn= {x ∈ X : φ(x) > n} Gn `e un insieme aperto; se infatti x0∈ Gn allora

φ(x0) = sup

α∈A

α(x0)k > n e quindi esiste α0∈ A tale che

α0(x0)k > n +  con  > 0 Ora, poich`e

x 7→ kΛα0(x)k `

e continua, possiamo trovare δ > 0 tale che

kx − x0k < δ =⇒ α0(x)k − kΛα0(x0)k <  2 e kΛα0(x)k > kΛα0(x0)k −  2 > n +  −  2 > n Se ne deduce che, per kx − x0k < δ si ha

φ(x) = sup

α∈A

α(x)k > n e x ∈ Gn

per cui Gn `e aperto.

Ora, se Gn `e denso in X per ogni n allora, per il teorema 2.6.4di Baire, si ha che Gδ= ∩nGn `e denso in X ed inoltre

x ∈ Gδ =⇒ φ(x) > n ∀n ∈ N =⇒ φ(x) = sup

α∈A

α(x)k = +∞ Se al contrario esiste almeno un m ∈ N tale che Gmnon `e denso in X, allora si pu`o trovare un x0∈ X ed r > 0 tale che

Ma allora sup α∈Aα(x0+ h)k = φ(x0+ h) ≤ m ∀h tale che khk < r e kΛα(h)k ≤ kΛα(x0+ h)k + kΛα(x0)k ≤ 2m ∀h tale che khk < r Se ne deduce che, per kxk ≤ 1, si ha krxk = r kxk ≤ r, da cui

α(rx)k ≤ 2m e

α(x)k ≤ 2m r

2 Ricordiamo in ultimo anche l’enunciato del teorema della mappa aperta. Teorema 2.6.8 - della mappa aperta - Siano U e V le sfere unitarie aperte di due spazi di Banach X ed Y e sia

Λ : X → Y

una funzione lineare continua, surgettiva; allora esiste δ > 0 tale che Λ(U ) ⊃ δV Dimostrazione. Da X =S nnU , deduciamo che Y = Λ(X) =[ n Λ(nU )

Poich`e Y `e spazio metrico completo possiamo allora usare il teorema 2.6.6

di Baire per affermare che esistono m ∈ N ed un aperto non vuoto G ⊂ Y tali che

G ⊂ cl Λ(mU ) (2.24)

Siano ora, (ricordiamo che G `e aperto),

y0∈ G y ∈ Y kyk < η y0+ y ∈ G

Per la2.24, possiamo trovare due successioni x0k, x00k ∈ Λ(mU ) tali che Λ(x0k) → y0 Λ(x00k) → y0+ y

per cui, se poniamo xk = x00k− x0

k avremo

Λ(xk) → y kxkk ≤ 2m Sia ora y ∈ Y , avremo che

η kyky < η

per cui esiste xk tale che

kxkk ≤ 2m ed inoltre Λ(xk) → η kyky da cui, per la linearit`a di Λ

Λ(kyk η xk) → y ed inoltre kyk η xkkyk η 2m Posto δ = 2mη possiamo allora affermare che

∀y ∈ Y ∃zk tale che kzkk ≤ 1

δkyk Λ(zk) → y (2.25) Ora sia y ∈ δV , sia cio`e y ∈ Y con kyk < δ, e procediamo, per induzione in ordine a costruire una successione di punti ξn∈ X come segue.

Sia ξ1∈ X tale che

1k ≤ 1 ky − Λ(ξ1)k < 1 2δ1 esiste in virt`u della2.25);

Supponiamo ora dati {ξi : i = 1, 2, . . . , n} tali che, posto sn =Pn i=1ξi si abbia

ik ≤ 1

2i−1 ky − Λ(sn)k ≤ 1

2nδ (2.26)

Sempre per la2.25usatat con y − Λ(ξ1) in luogo di y possiamo allora trovare ξn+1tale che kξn+1k ≤ 1 δky − Λ(sn)k ≤ 1 δ 1 2nδ = 1 2n ky − Λ(sn) − Λ(ξn+1)k ≤ 1 2n+1δ (2.27) Poniamo poi sn+1= sn+ ξn+1.

Abbiamo cos`ı costruito una successione sn tale che

ksn+p− snk = kξn+p+ . . . ξn+1k ≤ n+p X i=n+1 1 2i−1 ≤ 

per cui sn risulta una successione di Cauchy ed esiste x ∈ X tale che sn→ x. Avremo poi ksnk ≤ kξ1k + +∞ X i=1ik ≤ kξ1k + +∞ X i=1 1 2i−1 = 1 +  per cui kxk ≤ 1 + 

Ma, per la continuit`a di Λ si ha Λ(sn) → Λ(x), mentre dalla 2.26si ottiene che Λ(sn) → y, per cui y = Λ(x).

Possiamo infine concludere che

e Λ((1 + )U ) ⊃ δV Λ(U ) ⊃ δ 1 + V da cui Λ(U ) ⊃[  δ 1 + V = δV 2 Osserviamo che il teorema della mappa aperta afferma che per ogni y ∈ Y tale che kyk < δ esiste x ∈ X tale che kxk < 1 e Λx = y.

Quindi se A ⊂ X `e un aperto, e se y0∈ Λ(A), avremo che y0= Λ(x0) x0∈ A x0+ ηU ⊂ A Pertanto per il teorema della mappa aperta si ha

Λ(A) ⊃ Λ(x0+ ηU ) = y0+ ηΛ(U ) ⊃ y0+ δηV

Ne deduciamo che Λ(A) contiene una sfera aperta di centro y0 e raggio δη per cui y0`e interno a Λ(A). Poich`e y0`e scelto arbitrariamente in Λ(A) possiamo allora concludere che Λ(A) `e aperta.

In altre parole il teorema della mappa aperta giustifica il suo nome in quanto trasforma aperti in aperti.

Corollario 2.6.1 Siano X e Y due spazi di Banach e sia Λ : X → Y

una funzione lineare continua bigettiva; allora esiste δ > 0 tale che kΛ(x)k ≥ δ kxk

Dimostrazione. Per il teorema della mappa aperta, ricordando che Λ `e bigettiva, otteniamo che

kΛ(x)k < δ =⇒ kxk < 1

Infatti se y = Λ(x) con k(k x) < δ, allora y ∈ Λ(U ) e quindi y = Λ(x0) con k(k x0) = 1; ma poich`e Λ `e iniettiva x0= x. per cui kxk ≥ 1 =⇒ kΛ(x)k ≥ δ Ne deduciamo che sup x∈X kxk=1 kΛ(x)k ≥ δ e la tesi 2

Osserviamo che il corollario assicura, vista la bigetiivit`a di Λ, che Λ−1(x) 1 δkxk e quindi che Λ−1 1 δ

Capitolo 3

Funzioni di una variabile

complessa

3.1 L’insieme dei numeri complessi

Un numero complesso pu`o essere identificato mediante una coppia di numeri reali e pertanto risulta evidente una stretta relazione con l’insieme R2.

`

E per`o molto importante sottolineare la netta distinzione esistente tra R2 e l’insieme dei numeri complessi C, distinzione che `e essenzialmente dovuta al fatto che in C sono definite operazioni e valgono propriet`a che non rivestono alcun significato nel piano cartesiano.

Definizione 3.1.1 Definiamo l’insieme C dei numeri complessi come l’insieme delle coppie ordinate z = (x, y) munito delle seguenti operazioni di somma e di prodotto

(x1, y1) + (x2, y2) = (x1+ x2, y1+ y2) (x1, y1) × (x2, y2) = (x1x2− y1y2, x1y2+ y1x2)

Un’altra maniera per definire le stesse operazioni consiste nel definire un elemento, detto unit`a immaginaria, ı con la propriet`a che

ı2= −1

ed usare come base dello spazio vettoriale delle coppie ordinate (x, y) di numeri reali gli elementi

(1, 0) e (0, ı) (3.1)

In tal caso possiamo rappresentare ogni elemento z ∈ C mediante le z = (x, y) = x(1, 0) + y(0, ı) = x + ıy

e rappresentare C mediante un piano in cui `e fissato un sistema di coordinate cartesiane ortogonali monometriche, che viene usualmente indicato come piano di Argand-Gauss.

Chiamiamo x = <z ed y = =z parte reale e parte immaginaria del numero complesso z.

Si verifica facilmente che le operazioni di somma e di prodotto definite in pre-cedenza sono riconducibili alle usuali regole di calcolo algebrico semplicemente tenendo conto della3.1.

A titolo di esempio osserviamo che

z1+ z2= x1+ ıy1+ x2+ ıy2 = (x1+ x2) + ı(y1+ y2)

z1z2= (x1+ ıy1)(x2+ ıy2) = x1x2+ ı2y1y2+ ı(x1y2+ y1x2) = = (x1x2− y1y2) + ı(x1y2+ y1x2)

Definizione 3.1.2 Se z = x + ıy ∈ C definiamo il suo complesso coniugato ¯z mediante la

¯

z = x − ıy

Definiamo inoltre il modulo ρ di un numero complesso z mediante la ρ = |z| =px2+ y2

ed il suo argomento θ = arg z mediante la tan(θ) = y

x in accordo con i segni di x e di y.

Poich`e arg z `e definito a meno di multipli di 2π, definiamo inoltre Arg z, l’argomento principale di arg z, come quel valore di θ che `e compreso in [0, 2π). Osserviamo che il problema della definizione di arg z `e lo stesso incontra-to quando si considerano le coordinate polari nel piano. In particolare non `e sufficiente definire

θ = arctany x

in quanto, in tal modo, si otterrebbero soltanto valori compresi in (−π/2, π/2). `

E allora necessario tenere anche conto del segno di x e di y, aggiungendo π ad arctanyx nel caso in cui x < 0 e definendo θ = ±π/2 nel caso in cui x = 0 e, rispettivamente, y ≷ 0

`

E immediato verificare che

z ¯z = |z|2

ed inoltre `e semplice osservare che per calcolare il quoziente di due numeri complessi si pu`o ricorrere alla formula

z1

z2 = z12

|z2|

A proposito del modulo di un numero complesso si pu`o verificare facilmente che |z1z2| = |z1||z2| z1 z2 =|z1| |z2| |z1+ z2| ≤ |z1| + |z2| |z1| − |z2| ≤ |z1− z2|

Da quanto abbiamo fin qui esposto risulta immediatamente che un numero complesso z pu`o essere rappresentato anche nella forma

z = |z| (cos(arg z) + ı sin(arg z)) = ρ(cos θ + ı sin θ) Tale rappresentazione si dice forma polare di un numero complesso. Teorema 3.1.1 - De Moivre - Se z1, z2∈ C, z1= ρ1(cos θ1+ ı sin θ1) z2= ρ2(cos θ2+ ı sin θ2) allora z1z2 = ρ1ρ2(cos(θ1+ θ2) + ı sin(θ1+ θ2)) z1 z2 = ρ1 ρ2 (cos(θ1− θ2) + ı sin(θ1− θ2))

La dimostrazione del teorema di De Moivre si riduce ad un semplice calcolo che coinvolge le usuali identit`a trigonometriche.

Definizione 3.1.3 Se z ∈ C diciamo che w ∈ C `e una radice n−esima di z se wn = z

Scriviamo in tal caso

w = z1/n Dal teorema di De Moivre, si ha che

wn = ρn(cos(nθ) + ı sin(nθ)) e pertanto si pu`o affermare che se

z = ρ(cos θ + ı sin θ) allora z1/n = ρ1/n  sin θ + 2kπ n  + ı cos θ + 2kπ n  k ∈ Z

Chiaramente nella formula precedente avremo valori distinti solo se k = 1, 2, . . . , n− 1.

Definiamo infine, e verificheremo che tale definizione pu`o essere facilmente giustificata

ez= ex+ıy= ex(cos y + ı sin y) = exeıy quanto abbiamo finora visto ci permette di definire in C

• una struttura di spazio vettoriale la cui base canonica `e data da (1, 0) (0, ı)

• una struttura di algebra

• una struttura di spazio normato

Ne consegue la possibilit`a di definire un topologia in C legata alla distanza indotta dalla norma in C, e si vede senza problemi che tale topologia coincide con quella euclidea nel piano.

Non ci sono pertanto difficolt`a ad estendere al piano complesso la definizione di limite e di successione convergente di numeri complessi.

Vogliamo solo ricordare che, da questo punto di vista, la struttura di C non `e molto diversa dalla struttura di R2 e che `e immediato verificare che una successione di numeri complessi zn `e convergente a z0 se e solo se <zn e =zn

risultano convergenti a <z0e =z0rispettivamente.

Nel documento Istituzioni di Analisi Superiore (pagine 138-150)

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