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È

proprio in questi anni, nella prima decade del 2000, che i progetti migratori dei citta- dini romeni possono essere analizzati attraverso l’utilizzo di un’altra teoria, quella dei network. Il contributo che può dare la Teoria dei Network107, va ricollocato all’interno dello

sviluppo e del mantenimento dei flussi, anche a seguito di una crisi economica locale come quella di Chianciano.

Una delle principali caratteristiche dei network è la riproduzione di capitale sociale all’inter- no delle relazioni che si instaurano nella rete.

Cercheremo di confinare da subito il concetto per rendere la lettura più scorrevole. L’appar- tenenza ad un network consente al migrante di accedere a due tipi di risorse fondamentali: le risorse cognitive e quelle normative. Mentre per le prime ci riferiamo a quel genere di informa- zioni che determinano delle opportunità disponibili sul territorio, per le seconde ci riferiamo principalmente ai processi di emulazione che il migrante deve cercare di eseguire per inserirsi all’interno della nuova situazione. C’è in qualche modo una funzione adattiva alla base delle reti sociali che permette l’inserimento in un ambiente nuovo secondo le informazioni e le regole che lo determinano. I network svolgono anche una funzione selettiva108, in quanto de-

terminano i soggetti maggiormente predisposti all’emigrazione, la destinazione preferenziale e la metodologia di spostamento.

Possiamo quindi affermare che la funzione dei network è quella di mettere a disposizione dei propri membri una serie di opportunità, consolidando un senso di appartenenza che rafforza le debolezze dovute al processo di emigrazione.

Per esemplificare il concetto trascriveremo un passaggio di Laura Zanfrini dove si mette a nudo ciò che abbiamo appena spiegato in termini teorici:

“Un’immigrata peruviana che lavora a Milano come assistente domiciliare per gli anziani potrà infor-

mare le proprie amiche e sorelle che è possibile lavorare in questo settore anche senza regolari documenti di soggiorno, oppure che il governo sta per approvare una sanatoria che permetterà agli immigrati di mettersi in regola, per cui questo è il momento giusto per venire”109.

107 Taylor J.E., Differential migration, networks and information and risk, in O. Stark (ed.), Research inhu- man capital and development, vol. 4, Greenwich, JAI Press, 1986

Massey D., Espana F.G., The social process of international migration, Science, 237, 1987

Gurak D.T., Caces F., Migration network and the shaping of migration system, in M. Kritz, Lin Leam Lim, Z. Zlotnik, International migration systems: a global approach, Oxford, Clarendon Press, 1992

108 Ritchey N.P., Explanations of migrations, in “Annual review of Sociology”, II, 1976, pp. 363- 404 109 Zanfrini L., Sociologia delle migrazioni, Laterza, Roma-Bari, 2007, pp. 101

Sostanzialmente il lavoro di un network può determinare il successo di un processo migra- torio e questo evento va attribuito a due principali funzioni. In un primo momento la strut- turazione di una rete di conoscenze e informazioni riduce notevolmente i costi del percorso migratorio, in quanto l’attore si trova in una condizione di assistito (sia da un punto di vista materiale che emotivo). Dall’altra parte non possiamo che attestare una riduzione dei rischi dovuta alla riproducibilità del percorso migratorio, che rende di volta in volta più sicuro il passaggio e l’inserimento del migrante.

Questa tesi è confermata dalle parole di Palloni e Massey: “i contatti creati dalle reti aumentano le

probabilità che partano ulteriori migranti, giacché abbassano i costi e i rischi della mobilità, e incrementano, i guadagni netti attesi dall’emigrazione stessa”110.

Con l’intensificarsi di questa logica il network si espande, diventando sempre meno selettivo. La domanda di lavoro nelle nazioni di destinazione perderà molta della propria forza, in quanto subentreranno le logiche di riproduzione e perpetuazione dei flussi.

E’ evidente che stiamo parlando di un approccio che situa la propria analisi in un livello meso rispetto alle altre teorie della tradizione sociologica; come sostiene Tilly: “le effettive unità di

analisi delle migrazioni non sono né gli individui né i nuclei familiari ma complessi di persone unite da cono- scenza, parentela ed esperienze di lavoro”111.

Nel nostro caso, quello della teoria dei network, risulta essere particolarmente utile in quanto può aiutarci ad individuare le cause del mantenimento e dello sviluppo dei flussi anche dopo la crisi occupazionale del settore turistico.

Sappiamo che la comunità romena lavora nelle strutture turistico-alberghiere e che nel giro di alcuni anni queste stesse strutture si sono trovate nella condizione di non poter più assu- mere nessuno ( o comunque di farlo lavorare).

Contemporaneamente però a livello nazionale si erano già costituiti veri e propri network migratori, ovvero “complessi di legami interpersonali che collegano migranti, migranti precedenti e non

migranti nelle aree di origine e di destinazione, attraverso i vincoli di parentela, amicizia e comunanza di origine”112. Questi nella teoria delle reti hanno la funzione di far “proseguire i processi migratori

anche in condizioni di mercato sfavorevole, e si indirizzano verso determinati paesi o località non in dipendenza di maggiori opportunità economiche, ma di punti di riferimento creati dall’insediamento di parenti, vicini e amici”113.

I flussi migratori diventano quindi processi autoalimentati, anche in zone dove sembra non ci siano ragioni di tipo economico, in quanto riflettono l’instaurazione di legami e di reti di informazione che si riproducono e si mantengono nel tempo, contrapponendosi alla logica di

110 Palloni A. e Massey D.S., Social capital and international migration: a test using information on family networks, in “American Journal of Sociology”, vol. 106, n°5, 2001, pp. 1261-1298

111 Tilly C., Transplanted networks, in V. Yans-McLaughlin (a cura di), Immigration Reconsidered:History, Sociology and Politics, New York, Oxford University Press, 1990, pp. 84

112 Massey D.S., Economic development and international migration in comparative perspective, in Popula- tion and Development Review, n° 14, 1988, pp. 396

chi sosteneva che a provocare migrazioni internazionali su vasta scala fossero soltanto delle dinamiche interne ai differenziali salariali. La teoria dei network ci fa capire come la decisio- ne di emigrare non viene presa in un contesto inerziale e non si abbandona completamente alla logica dell’economia classica dei costi/benefici, ma prende in considerazione tutti quegli elementi di origine sociale che caratterizzano la qualità della vita di ogni essere umano. Per queste ragioni crediamo, che negli anni del declino economico, i flussi migratori prove- nienti dalla Romania non si siano arrestati, ma al contrario abbiano continuato ad espan- dersi, ricollocando la propria offerta di lavoro i quei settori occupazionali dove era forte la domanda di lavoratori immigrati.

Pur non cambiando l’intensità è cambiata la struttura e la composizione dei flussi, in quanto i soggetti che potevano rispondere alle nuove richieste della domanda di lavoro erano quasi esclusivamente donne. La femminilizzazione dei flussi su Chianciano è testimoniata anche dalle statistiche DemoIstat114( anche se prendono in considerazione solo una parte dei migran-

ti, ovvero i regolari), che a partire dal primo gennaio 2003 fa segnare il sorpasso delle donne romene sugli uomini ( 79 donne contro 67 uomini). Una proiezione che viene confermata negli anni seguenti e che fa registrare un altro elemento: l’incremento generale è maggiore del 50% in cinque anni, ovvero nell’intervallo che va dal 2003 al 2007( 210 donne contro 161 uomini115). I romeni diventano la prima nazionalità straniera a Chianciano, confermando il

trend nazionale e si strutturano all’interno del nuovo mercato del lavoro. Soltanto con l’in- troduzione della Romania all’interno dell’Unione Europea nel 2007 (confermando le analisi di Massey116 circa la relazione tra politiche migratorie e flussi), secondo molti studiosi117, sono

cambiate le strategie migratorie e i progetti ad esse collegate. Come spiegavamo nell’ultima parte del paragrafo “migrazioni internazionali”, al cambiamento della condizione giuridica dei migranti e al consolidarsi della rete sociale nel paese di destinazione, è probabile che cambi anche il progetto migratorio.

Sono in molti a pensare che assisteremo ad una stabilizzazione sul territorio degli immigrati arrivati a partire dalla metà degli anni 2000. Questa concezione è avvalorata dalla teoria della causazione cumulativa118 che, nelle parole di Massey, vede

“...il diffondersi del comportamento migratorio all’interno delle comunità di origine, modificando la

distribuzione del reddito e delle terre e modificando le culture locali; ciò attiva cambiamenti ancillari tali

114 http://demo.istat.it/str2003/index.html 115 http://demo.istat.it/str2003/index.html

116 Massey D.S., La ricerca sulle migrazioni nel XXI secolo, in Stranieri in Italia. Assimilati ed esclusi, a cura di Colombo A. e Sciortino G., Il mulino, Bologna, 2002, pp. 36

117 Pasquinelli S., Rusmini G., Badanti: la nuova generazione. Caratteristiche e tendenze del lavoro privato di cura.

Novembre 2008, IRS e Torre A. R., Boccagni P., Banfi L., Piperno F., Migrazione come questione sociale. Mutamento sociale, politiche e rappresentazioni in Equador, Romania e Ucraina. CeSPI, Roma, Marzo 2009: http://www.cespi.it/home.html

118 Massey D.S., Goldring L. e Durand J. Continuities in trasnational migration: An analysis of nineteen Mexican communities, in “The American Journal og Sociology”, Vol. 99, n°6, 1994

da promuovere ulteriori movimenti internazionali. Parte dalle reti si consolida e crea un’infrastruttura sociale in grado di promuovere altri spostamenti”119.

In questa prospettiva il processo migratorio trasforma le località di partenza e di destinazio- ne, comportando un nuovo assetto sociale che in qualche modo destabilizza quelle che erano le ragioni dell’emigrare. Come sottolinea Sayad: “immigrazione qui ed emigrazione là sono le due

facce indissociabili di una stessa realtà, non possono essere spiegate l’una senza l’altra”120.

Si sovrastano quindi le strutture esistenti con la presenza stessa degli immigrati sul territorio, dando vita a “una base di conoscenze, di esperienze, di contatti sociali, di altre forme di ca- pitale sociale e culturale, che tendono ad alimentarsi a vicenda”121.

La teoria della causazione cumulativa ci può così aiutare a spiegare sia le motivazioni della “specializzazione etnica” delle donne romene all’interno del lavoro di cura, sia il cambia- mento del progetto migratorio. La concentrazione degli immigrati in alcune nicchie circo- scritte del mercato del lavoro influenza la valutazione sociale delle relative professioni: “per certi aspetti ed entro certi limiti, lo stigma negativo non è dovuto alle caratteristiche intrinse- che di un certo mestiere, ma proprio al fatto che sono soprattutto gli immigrati a svolgerlo, circostanza che mette in moto il processo di stereotipizzazione”122.

Come ci ricorda Piore123, l’esperienza vissuta dagli stessi migranti, cambia le loro aspetta-

tive di mobilità sociale, in quanto acquisiscono maggiore familiarità con il contesto sociale, migliorano la propria professionalità e adottano nuovi tipi di consumo. Ciò li porta a tra- sformare il loro progetto migratorio da “a tempo determinato” a “permanenza definitiva”. Nel nostro caso, certe circostanze sono particolarmente importanti, in quanto le donne si confrontano con una nuova concezione dei rapporti di genere e del ruolo della donna nella società e su questi modelli misurano le loro aspettative. Verificare lo stato di l’integrazione socio-economica della comunità femminile romena, ovvero il percorso evolutivo dello status giuridico-legale (da irregolare a regolare), della carriera lavorativa (da coresidente irregolare a regolare ad ore) e della condizione abitativa (dalla coabitazione alla proprietà), può rappre- sentare la prova del cambiamento dei progetti migratori su Chianciano e, contemporanea- mente, può verificare il grado di “causazione cumulativa” raggiunta dalla comunità romena. Possiamo in qualche misura andare a valutare il livello di avanzamento di quella che vine chiamata dagli antropologi la “cultura della migrazione” e che rappresenta, appunto, questa modificazione di valori e percezioni culturali che determina il cambiamento di prospettiva del progetto migratorio.

119 Massey D.S., La ricerca sulle migrazioni nel XXI secolo, in Stranieri in Italia. Assimilati ed esclusi, a cura di Colombo A. e Sciortino G., Il mulino, Bologna, 2002.

120 Sayad A., La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Cortina, Mila- no, 2002, pp. 9

121 Massey D.S., Goldring L. e Durand J. Continuities in trasnational migration: An analysis of nineteen Mexican communities, in “The American Journal og Sociology”, Vol. 99, n°6, 1994, pp. 1492

122 Zanfrini L., Sociologia delle migrazioni, Laterza, Roma-Bari, 2004, pp. 96 123 Piore M.J., Birds of Passage, Cambridge University Press, New York, 1979

All’interno della distinzione sui tipi di migrazione fatta da Nancie Solien Gonzalez124, in rela-

zione alla durata dell’assenza dal paese di origine e alle differenti risposte socio-culturali che corrispondevano, ritroviamo sia quella stagionale, che non intacca minimamente il sistema di valori della società di partenza, sia quella permanente, che rompe i modelli tradizionali di riferimento e si ristruttura sui nuovi valori del paese di destinazione.

Questa differenza radicata all’interno delle varie tipologie della migrazione è facilmente os- servabile all’interno della famiglia, in quanto essa rappresenta il luogo primario della ripro- duzione culturale:

“quando i genitori hanno lavorato all’estero infatti, è molto probabile che tra i figli si decida di partire;

per loro la migrazione diventa un processo normale di avanzamento sociale, oltre che un passaggio alla maturità”125.

A questo punto crediamo di aver costruito una buona base teorica su cui iniziare a lavorare, non ci rimane che iniziare a delimitare un area intorno al nostro oggetto di studio. Eviden- zieremo i principali aspetti che caratterizzano il lavoro di cura e descriveremo la metodologia usata nella nostra ricerca.

124 Gonzalez N. L. Solien, Black Carib Household structure : a study of migration and modernization, Seattle, London, 1969

125 Cingolani P., Romeni d’Italia. Migrazioni, vita quotidiana e legami transnazionali. Il Mulino, Bologna, 2009, pp. 23