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portavano i bicchieri, e le vivande in tavola Tafanavo); "-iraara, come si vanta quel cuoco presso A teneo, e questi in gran numero:
Centum alice totidemque par ^8 celate ministri, Qui dapibus mensas onerenb, et pocula ponant. Altri che assistevano alla tavola attènti e cheti per osservare tutti i cenni de’convitati, ed esser presti a servirgli. Filone, della vita contemplativa, dopo aver descritto il loro abito, soggiugne: adorni in questa guisa si stanno osservando i cenni, che cosa ciasche duno addimandi: e Seneca, nella pistola 47: A t infeli- cibus servis movere la b ia , ne in hoc quidem, ut lo- quantur, licet. Virga murmur omne compesciturf et ne fortuita quidem verberibus excepla sunt tussìs, sternu- tamentum, singultus; e poco dopo: Nocte tota ieiuni, mutique perstanU Or sentite che cosa facevano: Cum ad ccenandum discubuimus alius sputa delergit: alius reliquias temulentorum subditus colligit: alius pretio-
808 aves scindit ; con quel che segue.
Nè vi credeste già, che questi ministri fossero brutti, e lordi e vestiti di schiavine, con orride facce, ed ir sute barbe. Guarda che ve ne fosse alcun vecchio, o contraffatto, o mal acconcio. Sceglievano tutti giovani, belli, avvenenti, leggiadri, senza pelo, adorni e addob bati ne’ vestimenti, con ricche e attillate robe indosso. Udite come gli descrive leggiadramente Filone : Mini strando schiavi formosi e di piacevole aspetto, ricer cati anzi per rallegrare la vista de1 convitati, che per lo presente ministerio. I più giovinetti fanno da cop piere ; i più grandicelli portano V acqua ; tutti ben lavati e nitidi e lisciati con la chioma innanellata e crespaf la quale nudriscono o non tosandosi o pur tar gliando in giro dalla fronte i capelli, con camicie fi nissime e bianchissime, cinti sì che d’ avanti arrivino.
DELLA DISPOSIZIONE DELLA CENA ECC. 8 5 al ginocchio, e di dietro alle polpe, legate d* ambe le p a rti con vaghi nastri , sicché ricaschino da1 fianchi. A questa descrizione aggiugne S. Ambrogio le collane e medaglie, e cinture d’ oro per cui s’adornavano : e le guaine similmente d’oro, ove tenevano racchiusi i coltelli per trinciare. E Lampridio, lodando la parsi monia e frugalità d’Alessandro Severo: auratam ve- sterri ministrorum, vel in publico convivio nullus ha- buit; e Seneca: Curri videam quarn diligenter exoletorum suorum tunicas succingant ; ed in altro luogo: Dili- ge.ntius quam in translata vestita et auro teda man- cipiaf et agmen servorum nitentium. Apuleio : Pueri ca- lamistrati, pulchre indugiati. Nè tanto di cura ponevano perchè fossero adorni e riccamente adobbati, quanto perchè fossero leggiadri e belli. Tum ad mensam exi~ mia form a pueros delectos iussit consistere : scrive Ci cerone di Dionisio; ed altrove: adsint etiam formosi pueri, qui ministrent; e Gracco, presso Gellio: Nulla apud me fp it popina, neque pueri eximia facie stabant ; e Giovenale:
Flos Asice ante ip8umy pretto malore paratus, Quam fuit et Tulli pugnacis census et Anci. -E massimamente richiedevano belli e di tenera età i coppieri, come avrete osservato nelle parole di Filone or ora da me recitate. Laonde Giovenale:
Tu Gelulum Ganimedem Respiee, cum sities.
E Seneca : Alius vini minister in muliebrem modum or- natus cum cetate luctatur. Non potest e fingere pueritiam% sed retrahitur, iamque militari habitu glaber, destrictis pili*, aut penitus avuhis tota nocte pervigilat.
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e scompartirgli secondo V età, secondo le nazioni, se* Qondo le chiome o lisce o ricciute. Sant* Ambrogio lo ci addita : Cum epulis dividendis assistimi pueri coma nitentes ex gente barbarica ad hos usus electi per sin- gularum distincli cetatum vices. E Virgilio :
Totidemque pares celate ministri.
E più divisatam ele Seneca : Transeo agmina exolelorum per nationes, coloresque descvipta ; ut eadem omnibus la- vitas sit ; eadem prima mensura lanuginis ; eadem species capillorum, ne quis cui rectior est coma crispulis misceatur. Vedete che smoderata esquisitezza e scrupolosissima sottigliezza era mai questa. Tralascio di dire delle donne, che talvolta ancor esse ministravano.
Resta da dire alcuna cosa degli scalchi, l’arte dei quali era in gran pregio, e di gran maestria riputata. In una delle regioni di Roma, detta Iside e Moneta, vi era la strada degli scalchi, ove s’insegnava 1’ arte
del trinciare su gli animali di legno fatti a posta. Laonde Giovenale, nell’undecima satira:
Sed nec structor erit, cut cadere debeat omnis Pergula, discipulus Trypheri doctoris.
E dopo aver nominato gli animali che insegnava a trinciare questo gran dottore in cotal arte, soggiugne:
Hebeli lautissima ferro Cadi tur, et tota sonai ulmea caria Suburra.
E Seneca: Cum videam quanta arte scindantur aves in frusta non enormia ; ed altrove: Alius pretiosas aves scin- dil : pectns et clunes certis duclibus circumferens, eruditam manum in frusta excutit. Infelix qui bine uni rei viv it, ut altilia decenler secet ; nisi quod miserior est, qui
volup-DELLA DISPOSIZIONE volup-DELLA CENA ECC. 87 tatis causa docci, quam qui necessitate discit. Notate que ste parole tutte aóconce per dinotare la maestrevole in sieme e sollazzevole scienza degli scalchi. E di vero cosi era: perciocché eglino trinciavano gli animali per aria, cosi destri e sciolti di mano e di corpo, e con si vaghi e leggiadri movimenti dell* una e dell* altro, e tu tti regolati a tempo di suono, che gran piacere re cavano agli spettatori. E ciascheduno animale aveva destinati dall* arte particolari e propri movimenti e gesti co* quali trinciar si doveva. Abbiamo queste no tizie particolarmente da Petronio e da Giovenale. Quelli nel convito di Trimalcione: Processil slatini scissor, et ad symphoniam ita gesticulatus laceranti obsonium, ut pu- tares Darium hydraule cantante pugnare. Questi nella sa tira quinta:
Structorem interea, ne qua indignaiio desti, Saltantem spectas, et chironomonta volanti Cultello : donec peragat dictata magislri - Omnia: neo minimo sane discrimine refert
Quo gesta lepores, et quo gallina secetur.
Osservate le parole volanti cultello, che dimostrano T agilità e prestezza del destro', esperto scalco ; e la parola chironomonta, che rappresenta un uomo sciolto di mani moventisi a tempo regolatamente con garbo e con leggiadre maniere, conforme alle leggi musicali. La parola saltantem altresi ce lo dà a divedere maravii gliosai^ente disposto della persona, e co’gesti, e cogl- acconci reggimenti del corpo rappresentante ciò eh* e’fa- ceva. Perciocché gli antichi avevano una sorta di salto, col quale movendosi ordinatamente e giocolando, rappresentavano co* gesti tutto ciò, eh’ altri esprimerebbe con parole; e questo salto usavano anche gli scalchi trinciando gli animali.
L E Z I O N E V i l i .
DELLE LEGGI OSSERVATE NEL BERE.
Quel desinare, ove vino nón si beevà, chiamavanlo gli antichi Romani: prandium caninum. Di tal maniera appunto sono state le cene, con cui, virtuosissimi ac cademici, vi ho per tanto tempo trattenuto senza di scorrer mai di bere. Ora io voglio chqf tutto ad un tratto ci diamo al bere, e ci confortiamo con esquisite bevande, purché con modo e con misura si faccia , e lungi dall’ ebrietà, vizio, quantunque da tutti sconcio ed abbominevole giudicato, da tutte le nazioni in tutti i tempi usato, e vituperevolmente praticato.
I Romani ne* conviti che tra i festevoli amici lieta mente sollazzando facevano, crear solevano il Re del convito, il quale appellavano Modimperadore : perciocché il modo e la misura e la legge del bere a tutti'i con vitati prescriveva. Oltre gli altri V accenna Plauto nello Stico :