Lo studio dell’economia e delle scienze sociali in generale ha a che fare con feno-meni complessi, i cui risultati sono determinati dall’interazione di molti individui, dunque da una grande quantità di variabili, non tutte quantitative e misurabili (Hayek, 1973).
La teoria walrasiana neoclassica all’economia ha tuttavia come modello quello della scienza fisica classica, riducendo il sistema economico a unità elementari non scomponibili (consumatore e impresa), astraendo poi i loro comportamenti in leggi universali, valide anche nel sistema a livello aggregato. La teoria che ne consegue è formalmente elegante ma possiede evidenti limiti in termini di staticità e rigidità nelle sue assunzioni: gli attori economici sono tutti uguali in termini di preferenze, il loro comportamento non cambia nel tempo né si adatta a nuove condizioni, la loro conoscenza del problema è completa e le loro scelte sempre ottimali. Lo scarso potere predittivo di questo modello è stato ampliamente discusso.
Il mercato è un esempio di fenomeno complesso. Possiamo fissare delle regole generali che tutti gli attori possono seguire, ma non prevederne i risultati (ad esem-pio i prezzi e le quantità scambiate). Questi costituiscono le proprietà emergenti del mercato.
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3.2.1 La società come sistema emergente
Every step and every movement of the multitude, even in what are termed enlightened ages, are made with equal blindness to the future; and nations stumble upon
establishments, which are indeed the result of human action, but not the execution of any human design Adam Ferguson, 1782
Già nel 1700 gli illuministi scozzesi affermavano che l’ambiente in cui l’uomo vive e si muove, si è sviluppato come conseguenza non intenzionale delle interazio-ni umane. La società sarebbe dunque un “prodotto emergente” delle aziointerazio-ni degli uomini, le quali, attraverso un processo evoluzionistico non previsto né progettato da alcuno, danno forma a un “ordine spontaneo”. Citando Hayek, per ordine inten-diamo quello stato di cose in cui l’intensità della connessione tra una molteplicità di elementi di vario tipo è tale da permetterci di formare delle aspettative più o meno corrette sulla realtà, pur conoscendone una piccola parte (Hayek 1973, p.35-37). L’insieme delle intenzioni e delle aspettative che determina le nostre azioni è il modo in cui l’ordine si manifesta nella vita sociale. Il concetto smithiano di mano invisibile e la teoria del mercato sono modi di spiegare come l’ordine non sia necessariamente qualcosa di esogeno, dove vengono applicate direttive prove-nienti da forze esterne al sistema (per Hayek, un’organizzazione), ma un equilibrio endogeno, generatosi e organizzatosi da sé, definibile come ordine spontaneo.
La comprensione dell’esistenza di un ordine spontaneo è la grande conquista delle scienze sociali, sebbene sia da sempre oggetto di studio per altre discipline (la biologia studia gli organismi, che sono una peculiare tipologia di ordine spontaneo). La complessità di quest’ordine fa sì che non sia possibile per noi comprenderlo in modo intuitivo, ma solo ricostruirlo mentalmente risalendo alle relazioni esistenti tra gli elementi che ne fanno parte.
3.2.2 Illustrare la complessità in economia attraverso i
mo-delli
Il concetto di ordine spontaneo è un concetto chiave dell’economia austriaca, ma non è stato mai formulato in termini matematici convincenti. Gli strumenti che i teorici della complessità hanno messo in campo sono sicuramente utili a questo
scopo, come aveva osservato lo stesso Hayek parlando di cibernetica (Hayek, 1973, p. 37).
Tuttavia la teoria economica mainstream ha un ruolo importante per coloro che applicano la teoria della complessità all’economia, dunque sarebbe riduttivo applicarla ai soli concetti hayekiani. Brian Arthur, già capo del dipartimento di economia di Santa Fe (centro di ricerca leader nello studio dell’economia della com-plessità e dei metodi informatici per affrontarla), usa infatti concetti come quello di rendimenti crescenti e path dependence (sostenendo che, una volta adattatasi a un certo sistema, l’uomo difficilmente cambia percorso). L’ottenimento di risulta-ti che irrobusrisulta-tiscono l’una o l’altra teoria è probabilmente dovuto all’inclinazione personale dei ricercatori, e questa non sembra la sede per discutere dell’argomento. Ciò che ci preme qui sottolineare è come il concetto di sistemi complessi e non lineari, con il conseguente utilizzo di metodologie adatte, è ormai riconosciuto nel-l’ambito economico da studiosi di diverse provenienze, fermo restando il principio illustrato all’inizio del capitolo: la costruzione di un modello materiale presuppone il possesso di un modello formale.
Il modello formale non deve essere troppo “semplice”, come quello dell’econo-mia neoclassica, che, utilizzando un’“agente rappresentativo”, non tiene conto del lato cognitivo degli agenti, della loro “razionalità limitata”, del loro comportamen-to adattivo; sebbene la creazione di un modello replicante la realtà implichi di per sé una semplificazione, è necessario assumere un comportamento cognitivo “più realistico” da parte degli agenti. La verosimiglianza delle assunzioni può portare a un risultato contro intuitivo: Axtell ed Epstein hanno dimostrato come possa emergere un equilibrio macroscopico anche dove la maggioranza degli agenti è irra-zionale (Epstein, 1999), grazie al solo comportamento imitativo. I fenomeni sociali ed economici sono spesso considerabili come CAS (vedi supra), laddove presentino le quattro caratteristiche fondamentali di questo tipo di sistemi (Holland, 2006):
• parallelismo: i CAS sono solitamente caratterizzati da un gran numero di agenti che agiscono contemporaneamente, inviando segnali specifici agli altri agenti, provocando effetti ciclici o a cascata, a seconda del feedback ricevuto; • comportamento condizionale:le azioni degli agenti, essendo determinate dai segnali ricevuti, hanno un comportamento condizionale, definito if/then, che determina la loro interrelazione;
• modularità: i segnali inviati da un agente non necessariamente determinano una singola azione da parte dell’altro/i, ma possono scatenare l’avvio di una procedura più o meno complicata subroutine;
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• adattamento ed evoluzione: gli agenti e il loro comportamento cambia nel tempo. Questo comportamento ha natura evolutiva, piuttosto che stocastica, derivata dalle esigenze di migliorare la propria performance
Come fa notare Holland, tali caratteristiche mal si addicono allo strumento delle equazioni lineari utilizzato dall’economica neoclassica: il comportamento if/then, il cambiamento del comportamento degli agenti dovuto all’adattamento e soprattut-to il fatsoprattut-to che questi difficilmente ricerchino l’equilibrio, mal si adatta al grandioso edificio dell’economia walrasiana. Non necessariamente tutti i fenomeni d’interesse economico condividono tali caratteristiche, ma le critiche, anche interne, alla di-sciplina ortodossa rendono palese la necessità di nuovi strumenti per lo studioso (Terna e Taormina, 2007).