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Parte 2: Settore Agroalimentare: Ambiente e Green Economy (Gianluca Parodi 40 )

1) L’economia verde

L’economia verde, infatti, sia essa quella legata ai prodotti o ai processi, nasce certamente da una presa di coscienza dei crescenti problemi di sostenibilità ambientale del modello di sviluppo economico consolidatosi dopo la crisi delle metà degli anni settanta del secolo scorso. Tale presa di coscienza non sarebbe stata sufficiente senza le iniziative di governo che, su scala globale, hanno affrontato tale problema sia in chiave normativa, definendo obiettivi da raggiungere, modalità di regolazione e veri e propri nuovi modelli di business, sia in chiave di politiche di sostegno a nuovi settori economici. La crisi economica e finanziaria, originatasi nel 2007, ha dato nuovo impulso a questa tendenza nella speranza che i nuovi settori e prodotti possano generare occupazione e reddito.

Se quindi sin dall’inizio l’economia verde nasce nel contesto di un pensiero sistematico e di tentativi di analisi sistemiche, come quelle che sono state all’origine del protocollo di Kyoto o quelle sull’analisi dei microclimi urbani e i loro effetti sulla salute umana, la crisi ha reso necessario il passaggio alla delineazione di una vera e propria transizione dal paradigma economico industriale precedente ad uno nuovo che sia sostenibile sia sul piano ambientale che su quello sociale. L’idea di una vera e propria transizione ha trovato nuovo impulso nella crisi, essa, infatti, amplifica in modo estremo l’esigenza di una selezione oculata nell’uso delle risorse, in termini di priorità nelle realizzazioni operative e di valorizzazione delle sinergie di sistema dei necessari investimenti pubblici e privati. Il concetto di transizione può essere inteso in senso finalistico e organicistico come il passaggio da un sistema coerente e statico ad uno altrettanto coerente e statico, il che palesemente non rappresenta la realtà nella quale abbiamo vissuto né sembra realisticamente indicare quella futura. Una simile concezione inoltre porta ad esiti tecnocratici e potenzialmente autoritari; una situazione cioè nella quale chi sa decide per tutti. Si tratta in realtà, ed è la ragione per aggiungere la connotazione di sociale a quella di ambientale, di processi aperti nei quali i cittadini dovrebbero potere valutare, con una informazione ricca e disponibile a tutti, le alternative disponibili scegliendo le soluzioni sulla base di un consenso democratico. Non si tratta di una generica esigenza di metodo dato che sottolineare una transizione cioè una soluzione di continuità, che tocca la vita quotidiana di tutti sia rispetto agli standard di vita sia alle potenziali conseguenze economiche e sociali che ne derivano, rende imprescindibile dare legittimazione al processo attraverso una condivisione delle scelte. Scelte che spesso si presentano come veri e propri dilemmi la cui soluzione non può essere che pragmatica, attraverso l’individuazione cioè di soluzioni che non sono necessariamente organiche e totalmente coerenti.

Questa osservazione non riduce la necessità di definizione di scenari di riferimento comprensivi, capaci cioè di cogliere e connettere tutti gli aspetti rilevanti del problema. Solo così, infatti, i conflitti che inevitabilmente, come già ampiamente sperimentato in questi decenni, accompagnano processi così rilevanti di cambiamento possono evitare la degenerazione verso una frammentazione lobbistica, basata sulla “potenza di fuoco” di chi dispone di maggiori risorse sia economiche che di potere e di conoscenza. I conflitti, al contrario, potrebbero svolgersi attorno ad un nucleo di conoscenza razionale condivisa che metta a disposizione di tutti le opzioni su cui decidere. Perché ciò sia possibile, è essenziale la difesa e lo sviluppo di pratiche democratiche e partecipate di governo sia a livello degli stati nazionali che delle aree più vaste, come quella rappresentata dall’Unione Europea.

Un approccio comprensivo quindi non può limitarsi a elencare ciò che comprende ma anche le relazioni tra tali elementi: si deve delineare, in conclusione, una strategia.

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1.1) I problemi strategici dello sviluppo di una economia verde.

Il primo problema è quello di una integrazione tra la green production e il green business, cioè tra i processi di produzione verdi e la produzione di beni verdi. Non si tratta tanto di una integrazione tra i due settori economici nel senso che i beni verdi siano prodotti in modo verde e siano eliminati tutti i beni che non siano intrinsecamente verdi ma di una integrazione di sistema.

Una integrazione cioè basata su uno sviluppo appropriato di tutti gli elementi di connessione tra i due settori, per sviluppare tutte le possibili sinergie di sistema, come ad esempio la politica energetica e quella di un uso efficiente ed efficace dei materiali.

La green production, infatti, per realizzare i propri obiettivi ha bisogno di raggiungere livelli elevati di efficienza ed efficacia relativamente a: a) la produzione e la distribuzione dell'energia; b) dei flussi di materiali utilizzati nei processi produttivi, anche attraverso lo sviluppo delle tecniche di riciclaggio rese possibili da nuovi criteri di progettazione dei prodotti che consentano lo smontaggio delle parti e il recupero selettivo dei materiali e delle materie prime utilizzate.

D'altro canto il green business per produrre beni intrinsecamente sostenibili ha bisogno di prodotti che richiedano un utilizzo energetico compatibile con i nuovi standard del programma 2020 europeo, e che per essere socialmente sostenibili, in uno scenario dominato dalla crisi economica, sviluppino tecniche di risparmio dei costi che mettano al centro l'uso efficiente dei materiali e dei processi produttivi piuttosto che il costo del lavoro91. Ovviamente la soluzione ottimale è quella di combinare la produzione di beni verdi attraverso processi integralmente verdi.

Da questa breve rassegna emerge con forza il problema dell'uso efficiente ed efficace di tutti gli elementi chiave dei processi produttivi. Il concetto di efficienza che è venuto maturando nel corso di questi anni è significativamente diverso da quello tradizionale. Non si tratta solo di misure di tipo quantitativo ma di misure che introducono criteri legati al concetto di transizione. Un processo quindi è più o meno efficiente non solo se utilizza appropriatamente le risorse secondo il modello preesistente ma se realizza uno spostamento dalle variabili precedenti a quelle legate ai nuovi obiettivi qualitativi che si vogliono raggiungere.

Un concetto di efficienza siffatto è molto importante per le nuove attività economiche, siano esse green business o green production. Ad esempio il concetto di efficienza nella costruzione di un edificio, in questa nuova prospettiva cambia e riguarda i costi complessivi del ciclo di vita dell'edificio e non solo quelli di costruzione; in tal modo i costi derivanti da criteri nuovi di progettazione e di scelta dei materiali non rappresentano un lusso per mercati di nicchia, ma un uso efficiente delle risorse; si ha cioè un nuovo modello di business.

Non si tratta cioè di aggiungere per ragioni sociali dei costi che non sono compatibili con una attività economicamente sostenibile, ma di cambiare il concetto di che cosa significa svolgere delle attività economicamente sostenibili: il che implica una diversa scala temporale, dal breve al medio – lungo orizzonte temporale, e una considerazione dei costi complessivi di una attività, il ciclo di vita appunto, che non scompaiono per il fatto che essi siano in capo ad attori diversi nelle diverse fasi temporali.

Il caso dell'edilizia verde è da questo punto di vista illuminante, come più avanti verrà illustrato con dettaglio riferendo di una delle interviste fatte. Infatti l'idea che la scelta di progettazioni e materiali che riducano i consumi energetici sia un aggravio di costo ha senso solo se si considera il ritorno economico a breve di un imprenditore che realizza sul costruito, scaricando a valle i costi di esercizio e manutenzione.

Il concetto è inoltre importante in via generale dato che queste nuove attività hanno frequentemente bisogno, nelle fasi di decollo, di politiche di sostegno di vario genere; tali politiche sono efficienti rispetto agli obiettivi da conseguire. Il caso della mobilità sostenibile ben illustra, come vedremo, questo punto.

91 Secondo una statistica citata da Hennicke e Schleicher ( 2012 in uscita)del Wuppertal Institute, nelle industrie di processo tedesche il peso del costo medio del flusso di materiali è il doppio di quello del costo del lavoro.

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2) Come sono stati definiti gli obiettivi da conseguire ?