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Nel caso della tragedia greca il mito è il terreno di discussione dei problemi del cittadino ateniese di V secolo a. C. Il poeta tragico cala nei personaggi del mito la complessità del reale, proietta nella loro vicenda problemi attuali, propone a loro nome problemi che non hanno soluzione e che perlopiù si radicano nelle difficoltà del vivere e della condizione umana.

La giustizia e la vendetta, la colpa e la punizione, l’empietà e il rispetto per gli dei, il maschile e il femminile, sono alcuni dei nodi cruciali estratti dal materiale mitico e messi a tema della tragedia attica, con grande libertà e in virtù della grande tolleranza del mito, aperto ad ogni variante o modifica che non ne alteri l’architettura interna.

Edipo, come Narciso è una figura che affonda le sue origini nel mito e che è stata accolta da autori e pensatori, fino all’età contemporanea. In sintesi, il mito racconta la vicenda di un uomo che scopre di aver inconsapevolmente ucciso il padre e sposato la propria madre, crimini nefandi, di una gravità intollerabile. Prima della lettura sofoclea, il mito era già

58 G. Capriotti, L’enigma d’un emblema: il Narciso di Caravaggio pag. 600 – 604

59 Per uno panoramica sulle opere di Nicolas Poussin aventi come tema il mito di Narciso, D. Panofsky,

noto ad Omero, Esiodo e Pindaro, ma la portata tragica si esplica per la prima volta in Eschilo, con la tetralogia Laio, Edipo, Sette contro Tebe60 e dal dramma satiresco La

Sfinge.

A differenza del mito di Narciso, Edipo possiede un’eredità mitica ricca di testimonianze e versioni differenti. Del periodo arcaico vi sono testimonianze frammentarie di tre racconti legati ad Edipo e alla sua stirpe, l’Oedipadeia sulla vita di Edipo, la Thebaide, sulla scontro tra Eteocle e Polinice, i figli di Edipo, e l’Epigoni, sulla generazione successiva. La ricostruzione del mito di Edipo risulta un’operazione altamente tortuosa proprio per la varietà di testimonianze a disposizione61. Anche se frammentarie, ricostruiscono un panorama vario, probabilmente riconducibile alla tradizione orale della trasmissione dei miti e delle storie degli eroi dell’antichità.

Omero, nell’Odissea, sintetizza efficacemente la vicenda di Edipo così come era conosciuta in epoca arcaica.

µητέρα τ᾽ Οἰδιπόδαο ἴδον, καλὴν Ἐπικάστην, ἣ µέγα ἔργον ἔρεξεν ἀιδρείῃσι νόοιο γηµαµένη ᾧ υἷι: ὁ δ᾽ ὃν πατέρ᾽ ἐξεναρίξας γῆµεν: ἄφαρ δ᾽ ἀνάπυστα θεοὶ θέσαν ἀνθρώποισιν. ἀλλ᾽ ὁ µὲν ἐν Θήβῃ πολυηράτῳ ἄλγεα πάσχων Καδµείων ἤνασσε θεῶν ὀλοὰς διὰ βουλάς: ἡ δ᾽ ἔβη εἰς Ἀίδαο πυλάρταο κρατεροῖο, ἁψαµένη βρόχον αἰπὺν ἀφ᾽ ὑψηλοῖο µελάθρου, ᾧ ἄχεϊ σχοµένη: τῷ δ᾽ ἄλγεα κάλλιπ᾽ ὀπίσσω πολλὰ µάλ᾽, ὅσσα τε µητρὸς Ἐρινύες ἐκτελέουσιν.

Vidi la madre di Edipo, la bella Epicasta, che una grande colpa commise senza saperlo,

sposò suo figlio: e il figlio dopo avere ucciso suo padre la sposò. Ben presto gli dei agli uomini lo resero noto.

60 I Sette contro Tebe è l’unica tragedia pervenuta, da cui si riesce a rintracciare l’impianto generale della

tetralogia, che coinvolge l’intera famiglia dei Labdàcidi per tre generazioni, con Laio, suo figlio Edipo e i figli di questi, Etetocle e Polinice e fa cadere l’accento sulla catena delle colpe e sul binomio colpa – punizione (Eschilo, Sette contro Tebe, vv. 742-749).

Egli tuttavia, nonostante il dolore, nella bella città di Tebe, regnò sui Cadmei per funesto volere dei numi;

lei invece, discese nelle dimore di Ade, guardiano inflessibile, alle travi dell’alto soffitto appese un laccio mortale,

in preda al dolore. E a lui lasciò tutte le pene che infliggono le Erinni di una madre. 62

La vicenda raccontata da Odisseo risulta priva della catartica dimensione tragica che acquisirà con Sofocle nel V secolo. Epicasta, ossia Giocasta, ed Edipo si sposano nell’inconsapevolezza del legame genitoriale che li unisce, così come Edipo non può sapere di essere stato autore di parricidio. Edipo non conosce le sue origini, probabilmente a causa di una scelta effettuata dai suoi genitori quando era in fasce, ossia quella di esporlo e lasciarlo morire. Una scelta effettuata non per volere di un oracolo delfico di cui non vi è alcuna menzione come non è menzionato l’incontro di Edipo con la Sfinge. Non vi è traccia dei quattro figli nati dal matrimonio incestuoso tra madre e figlio ed inoltre, il parricidio e l’incesto, colpe gravi che portano Epicasta al suicidio, non conducono Edipo alla rovina ma si presume che egli rimanga in carica in qualità di Re di Tebe. Omero restituisce una versione del mito differente rispetto a quella raccontata da Sofocle, non solo nelle dinamiche di azione ma anche nella percezione della colpa e del crimine.

Il mito consacrato all’eternità dalla tragedia l’Edipo Re di Sofocle racconta di Oidipous, figlio di Laio, re di Tebe e di Giocasta. Avvertito dall’oracolo di Apollo che sarebbe stato ucciso da suo figlio, Laio affida Edipo neonato ad un servo perché lo esponesse sul monte Citerone, dopo avergli legato i piedi e trapassati con un chiodo. Il servo non ascoltando l’ordine del re lo affida ad un pastore corinzio che lo dà in custodia al suo re Polibo e alla moglie Mereope, lieti di crescerlo perché senza figli. Edipo cresce a Corinto, inconsapevole di essere stato adottato dai suoi genitori, finché durante un banchetto, un commensale lo accusa di essere un figlio bastardo della coppia reale. Instaurando il dubbio nella mente del giovane, Edipo si reca a Delfi per consultare l’oracolo che prevede il parricidio e l’incesto con la madre. Inorridito, Edipo lascia Corinto e si mette in viaggio verso Tebe. Durante il tragitto, ad un crocicchio uccide uno sconosciuto dopo un alterco. Ignorando che la vittima sia suo padre naturale, giunge a Tebe, afflitta dalla Sfinge che

proponeva un enigma63 ad ogni passante e lo uccideva per la mancata soluzione. Edipo risolve l’enigma, e in cambio ottiene il regno sulla città e la mano della regina vedova Giocasta, dalla quale ha due figli maschi, Eteocle e Polinice, e due femmine, Antigone ed Ismene. (Fig. 30)

A differenza di Eschilo, Sofocle nell’Edipo Re non si concentra sulle colpe di famiglia, ma è interessato all’individualità dell’essere umano, caratterizzato da un destino inevitabile. Non è presente un’analisi dell’interiorità ma, permeato dal socratico conosci te stesso, propende per un’analisi individuale del problema del male, frutto di una colpa incancellabile. L’eroe non ha altra soluzione che accettare il proprio destino, sublimandolo. La tragedia inizia con Tebe afflitta da una forte pestilenza. I saggi si recano dal Re Edipo, eroe che ha liberato la città dalla Sfinge per chiedere un provvedimento. Edipo manda così il cognato Creonte a Delfi, per consultare l’oracolo di Apollo sulle cause di tale flagello. Creonte ritorna in città e riferisce che la causa del male è la presenza sul territorio dell’assassino del defunto re Laio, e per purificare Tebe dalla peste è necessario individuarlo e cacciarlo. Edipo, non conoscendo l’autore del delitto decide di rivolgersi all’indovino Tiresia, ma con un risultato inaspettato. Infatti l’indovino gli pone davanti agli occhi la verità, ossia che è lui stesso l’assassinio di Laio. Edipo è sconcertato e fatica ad accettare le parole di Tiresia, tant’è che ipotizza un complotto da parte di Creonte a scopo di potere.

Interviene Giocasta, raccontando la decisione sua e del defunto marito, dopo aver conosciuto il responso di parricidio e incesto da parte dell’oracolo di Delfi, di far esporre il loro figlio neonato sul monte Citerone. Tuttavia in Edipo è germogliato il seme del

63 « Ἔστι δίπουν ἐπὶ γῆς καὶ τετράπον, οὗ µία φωνή, καὶ τρίπον, ἀλλάσσει δὲ φύσιν µόνον ὅσς´ ἐπὶ γαῖαν ἑρπετὰ γίνονται καὶ ἀν´ αἰθέρα καὶ κατὰ πόντον· ἀλλ´ ὁπόταν πλείστοισιν ἐρειδόµενον ποσὶ βαίνῃ, ἔνθα τάχος γυίοισιν ἀφαυρότατον πέλει αὑτοῦ.

Esiste qualcosa sulla terra che ha due piedi, quattro piedi e tre piedi ed ha una sola voce, è l'unico,

tra coloro che si muovono sulla terra, in cielo e nel mare

a cambiare la propria natura, ma quando per camminare usa più piedi la sua velocità in proporzione diminuisce

dubbio e inizia a riflettere sul passato più prossimo e sugli eventi precedenti al suo arrivo a Tebe.

Il punto di svolta è la notizia della morte di Polibo, re di Corinto e padre adottivo di Edipo. Tutto sembra risolversi ma, il messaggero che ha portato la notizia non è altro che colui a cui è stato affidato Edipo neonato affinché lo portasse alla coppia regale di Corinto, e racconta tutta la verità. Tutto è stato svelato. La conoscenza della verità ha portato alla luce i crimini più indicibili e l’orrore più oscuro.

Edipo, cercando la moglie nella reggia la trova impiccata. Così, si acceca con le spille del suo abito.

Rimane aperto il problema sul futuro di Edipo.

Il suo esilio e l’ approdo nella città di Colono, raccontato nella tragedia di Sofocle Edipo a

Colono, è una variante del mito, di cui non vi è traccia dell’Edipo Re. Probabilmente lo spunto è preso da un passo di Pausania, che pone a Colono l’arrivo di Edipo in Atene e insinuava la sua tomba nel recinto sacro delle Eumenidi, presso l’Areopago.

Nel recinto di questo tempio vi era la tomba di Edipo e dopo aver indagato su di lui, trovai che le sue ceneri furono trasportate da Tebe fin qui […]64

[…] Si mostrava ivi ancora il luogo chiamato Colono Ippio, o Colle Equestre, dove dicono, che Edipo giungesse per la prima volta nell’Attica; […]65

Come per Narciso, la tragedia si consuma nel momento in cui l’eroe si riconosce, uscendo dalla nebbia dell’inconsapevolezza per essere catapultato violentemente nella realtà dei fatti. Una realtà troppo difficile da sopportare, che lo spinge ad accecarsi, guardando direttamente la luce. ΟΙ. ἰοὺ ἰού· τὰ πάντ᾽ ἂν ἐξήκοι σαφῆ. ὦ φῶς, τελευταῖόν σε προσβλέψαιµι νῦν, ὅστις πέφασµαι φύς τ᾽ ἀφ᾽ ὧν οὐ χρῆν, ξὺν οἷς τ᾽ οὐ χρῆν ὁµιλῶν, οὕς τέ µ᾽ οὐκ ἔδει κτανών.66 . 64 Pausania, Periegesi, I 28, 7. 65 Pausania, Periegesi, I 30, 4

Edipo. Ahimè Ahmiè! Ogni cosa viene a essere chiara. O luce, possa vederti ora per l’ultima volta

io che risulta chiaro che sono nato da coloro da cui Non dovevo, e che mi sono unito con chi non dovevo, e che ho ucciso chi non dovevo.

A differenza del bel Narciso, Edipo giunge alla conoscenza di sé mosso dalla volontà di ricercare il vero per il bene della propria città, volendola liberare dalla peste, inconsapevole di essere lui stesso la causa di tante sventure, il farmakòs da eliminare. Edipo si rispecchia nella sua coscienza, e la conoscenza, fino all’ultimo velata da un’estrema illusione di un fatale errore, è la sua condanna.

Tutta la tragedia, costruita su più percorsi volti a rivelare la tragica ironia e la inconciliabilità tra necessità e libertà dell’azione umana, è attraversata da una costante ambiguità, il motivo conduttore del personaggio di Edipo.

Edipo è eroe e criminale, capro espiatorio ed eletto, vittima e carnefice, il figlio della τύκη, della fortuna, che ha creato per lui un’esistenza dolorosa che lo ha portato in un brevissimo tempo dai vertici della gloria alla miseria dell’abiezione. Egli è insieme cacciatore e preda di se stesso, salvatore e farmakòs. Anche le parole pronunciate da lui stesso assumono un doppio significato: “Combatterò per Laio come se si trattasse di mio padre ” o “mai uno potrà essere equivalente a molti”. Fin dal nome, Edipo è custode di una duplicità che si manifesterà nel corso della sua vicenda. Oidipous infatti, oltre a poter essere tradotto con “piedi gonfi” è leggibile come “colui che sa intorno ai piedi”, il risolutore dell’enigma della Sfinge. ἰὼ Κιθαιρών, τί µ᾽ ἐδέχου; τί µ᾽ οὐ λαβὼν ἔκτεινας εὐθύς, ὡς ἔδειξα µήποτε ἐµαυτὸν ἀνθρώποισιν ἔνθεν ἦ γεγώς; ὦ Πόλυβε καὶ Κόρινθε καὶ τὰ πάτρια λόγῳ παλαιὰ δώµαθ᾽, οἷον ἆρά µε κάλλος κακῶν ὕπουλον ἐξεθρέψατε· νῦν γὰρ κακός τ᾽ ὢν κἀκ κακῶν εὑρίσκοµαι.

Non smascheravo mai me stesso, al mondo, la fonte del mio sangue. Polibo, Corinto, pareti secolari di padri fatti di parole,

perché mi avete fatto uomo, gran facciata e dietro, subdola cancrena? Ora mi svelo: degradato, da gente degradata.67

Il bambino maledetto, esposto sul Citerone e recante i segni di tale esperienza, colui che sa intorno ai piedi poteva essere l’unico liberatore di Tebe dalla Sfinge, realizzando compiutamente la propria duplicità. L’enigma, oltre a ruotare semplicemente intorno alle fasi della vita dell’uomo, evidenzia l’endiadi dell’essere umano tra uno e molti. Solo Edipo può essere l’unico risolutore dell’enigma, colui che è bene e male, re e tiranno, liberatore e causa di mali, colui che non solo sintetizza in uno molteplici ed antitetiche caratteristiche, ma anche che ha scritto nel suo destino una condanna a non avere una moira, una sua parte; sarà figlio e marito, padre e fratello, assassino e liberatore, senza avere mai la possibilità di scelta.

ΧO. καὶ θαῦµά γ᾽ οὐδὲν ἐν τοσοῖσδε πήµασιν διπλᾶ σε πενθεῖν καὶ διπλᾶ φορεῖν κακά. Coro. Chiaro, ovvio nella tua passione: doppio patire, doppia zavorra di male.68

La conclusione della tragedia lascia aperta la questione sulla morte di Edipo. Infatti se in

Antigone il re ha avuto i funerali a Tebe e l’Edipo a Colono racconta l’esilio dopo la disgrazia, rimane incerta il luogo di morte di Edipo, sintomo dell’estrema varietà di miti e racconti di cui la tragedia si è nutrita.

La modernità e la complessità di Edipo, hanno permesso indagini e analisi anche epoca moderna, rompendo i confini della trattazione filologica, storica, antropologica, per approdare in ambito filosofico ed in psicanalisi69, che allontanano dalla comprensione della

67 Sofocle, Edipo Re, vv. 1391 - 1396 68 Ibidem, vv. 1319 - 1320

69 Sull’interpretazione psicanalitica dell’Edipo Re, S. Freud, Interpretazione dei sogni, Roma,

Newtoncompton, 1973, J.P. Vernant, Ambiguità e rovesciamento. Sulla struttura enigmatica dell'Edipo Re,

Edipo senza complesso (Œdipe sans complexe), 1996, G. Paduano, Sulla diversità in Sofocle, Tragedie e

vicenda sofoclea di V secolo, ma sono importanti per aver demolito interpretazioni moralistiche del mito e per aver aperto a nuovi metodi di analisi della vicenda al di là della filologia positivistica.

La figura più dolorosa della scena greca, lo sventurato Edipo, è stata concepita da Sofocle come l’uomo nobile destinato all’errore e alla miseria nonostante la sua saggezza, ma che alla fine, in virtù del suo immenso soffrire, esercita intorno a sé un’azione magica e benefica, che è ancora efficace dopo la sua dipartita.