seconda redazione interpolata, elaborata a partire da II a seguito di nuove interpolazioni e di un rimaneggiamento complessivo del testo
II
prima redazione interpolata, elaborata a partire da ω esclusivamente tramite l’aggiunta – in punti ben riconoscibili – di testi non cassiodorei
Ω
Codex archetypus successivo al rimaneggiamento d’autore e all’unione con il I libro (Institutiones divinarum litterarum) Riman eggiam ento d’au tore Ω1
Isidoro estratto dal Liber breviarius Pauli abbatis ω1
Φ
Δ
ω = IBrouillon di Cassiodoro, limitato alle Institutiones saeculares. Al suo interno si riconoscono tracce di stratificazione del materiale ereditato dalle fasi più antiche, non più attingibili tuttavia su base stemmatica
Per quanto riguarda le interpolazioni lunghe inserite, tanto in Φ quanto in Δ, tra un
capitolo e l’altro dell’opera oppure in appendici finali, esse rimandano in primo luogo (per
il materiale comune a ΦΔ) ai testi già interpolati nel modello II; in secondo luogo (per i testi
presenti nei soli manoscritti Φ) a ulteriori inserzioni della forma II volontariamente omesse
in III; in terzo luogo (per il materiale presente nei soli manoscritti Δ) alle interpolazioni
proprie del rimaneggiamento III. Di ciascuna di esse si analizzeranno natura e contenuto;
per le aggiunte non originali sarà quindi opportuno tentare una collocazione nelle tradizioni
manoscritte delle rispettive opere di provenienza, con conseguenze sulla datazione e
localizzazione delle forme II e III delle Institutiones che le hanno inserite a testo.
Cercheremo in questo modo di considerare ciascuno dei testi che compongono le
redazioni II e III nella sua individualità, tenendo fermi come estremi per la datazione i
termini post quem (l’anno 562, in cui – probabilmente a Vivarium – è stato elaborato il
Computus Paschalis confluito in II) e ante quem (datazione dei subarchetipi Φ e Δ,
rispettivamente entro la metà dell’VIII secolo ed entro l’819)
134delle due redazioni
interpolate. Solo alla fine, in sede di conclusioni, valuteremo se i dati così raccolti rimandino
a uno o più interventi alla base di II e di III, considerando quali siano le loro caratteristiche
e se sia o meno possibile delinearne con precisione il contesto di origine.
134 Come si è già accennato (vd. supra a p. 15), il termine ante quem per Φ è costituito dalla datazione del più antico manoscritto parziale, il cod. Wolfenbüttel Weissenburg 86, copiato appunto intorno alla metà dell’VIII secolo; quello per Δ dalle prime citazioni nel De institutione clericorum di Rabano Mauro, databile appunto all’819.
II. TESTIMONI E STEMMATA CODICUM Φ E Δ
1. TESTIMONI Φ
1.1 Testimoni completi Φ
1) Würzburg, Univ. Bibl., M. p. misc. f. 5
a– W
Il manoscritto W è un codice membranaceo proveniente da un centro scrittorio della
Germania occidentale o sud-occidentale e più tardi giunto alla Biblioteca Capitolare di
Würzburg, scritto da diverse mani in una minuscola precarolina con tracce di influenza
insulare
1. Sulla sua datazione sono stati espressi pareri discordanti: Laubmann lo collocava
nel IX secolo, mentre Lehmann e Mynors hanno proposto la fine dell’VIII; Bischoff si è infine
attestato su un VIII/IX secolo, datazione accettata dal Lowe e oggi comunemente seguita
dagli studiosi. W costituisce così il più antico manoscritto completo della redazione II delle
Institutiones, ed è stato molto studiato in quanto testimone precarolingio dell’opera di
Marziano Capella (di cui tramanda – come tutti i mss. Φ – alcuni estratti dal III libro alla fine
del capitolo De grammatica, f. 3r-6v): insieme a Karlsruhe, Badische Landesbibliothek,
Fragm. Aug. 136, costituisce infatti la più antica testimonianza conservata del De nuptiis
marzianeo
2.
Al f. 1r compare la nota di possesso Liber Sancti Kyliani (l’ex-libris della Biblioteca
Capitolare di Würzburg, di XIII sec.) e più in basso Incipit Isidori CXII (XV sec.); la medesima
segnatura CXII si ritrova nel margine superiore del f. 2r
3.
1 Per una descrizione completa di W cfr. THURN 1984, p. 121-122; ulteriori descrizioni si trovano in CASSIOD., inst. – ed. Mynors,p. XXIV-XXVIII; BISCHOFF-HOFMANN 1952, p. 11; 58-59; 68 n. 25 e 105-106; CLA IX, n° 1402 p.
46; LEONARDI 1960, n° 240 p. 495-496; THURN 1986, passim; SEVERIAN., rhet. – ed. Giomini, p. 15-16; SEVERIAN.,
rhet.– ed. Castelli Montanari, p. 15; HOFFMANN 2003, p. 114-120; TE.TRA IV, p. 118; BISCHOFF 1998-2014,III,n°
7453 p. 516 e da ultimo STOPPACCI 2017A, p. 411-412 e nota 13. Sul ms. W rinviamo inoltre al sito della Virtuelle
Bibliothek Würzburg, http://vb.uni-wuerzburg.de/ub/mpmiscf5a/ueber.html, con riferimenti bibliografici completi e aggiornati.
2 Vd. infra, p. 174 sgg. Gli studi su Marziano Capella che si sono maggiormente occupati di W sono PRÉAUX 1978, p. 90-92; ANTÈS 1983, n. 9 p. 295; SHANZER 1984, passim; TEEUWEN 2007, passim; GARRISON 2011, p. 161.
3 L’attribuzione (tarda) a Isidoro trova riscontro anche nel titolo Isidorus in primo libro scritto su una striscia di pergamena apposta al piatto superiore della legatura. Nel catalogo della Dombibliothek di Würzburg riportato nel ms. M.p.Th. f. 40 (di tardo X secolo) si legge invece nel margine superiore del f. 1r: Cassiodori lib. institut (incompleto a causa della mancanza di spazio secondo BISCHOFF-HOFFMANN 1952, p. 106). Come
giustamente notato da Hoffmann, non è comunque possibile escludere che il catalogo non facesse piuttosto riferimento al ms. M.p.th. f. 29 (comprendente il I libro delle Institutiones) o a un codice perduto. Al f. 1r di W, bianco, si rilevano alcune probationes pennae trascritte in epoca più tarda (XI secolo) in minuscola carolina da una mano irlandese: gli interventi più rilevanti sono costituiti da un componimento originale di otto versi («quin sumus una domus – Fransigenum terras lustrare solemus», edito in BISCHOFF-HOFMANN 1952, p. 59 e
HOFFMANN 2003, p. 115) e da quindici versi molto corrotti delle Heroides ovidiane («illa dies nocuit – nocuit
mihi barbara paelex»), una delle più antiche testimonianze della conoscenza e diffusione dell’opera (cfr. MUNK
OLSEN 1982-2014, II, p. 106 e soprattutto HOFFMANN 2003, p. 114-120, che analizza in modo approfondito
l’intero f. 1r del nostro codice W). Ulteriori probationes pennae si trovano nel margine superiore dei f. 8v e 23v. Alla fine del manoscritto, nel margine inferiore del f. 40r, è quindi trascritto un colofone crittografato in
Il manoscritto è composto da 5 quaternioni per un totale di 40 fogli, comprendenti il
testo completo delle Institutiones in forma Φ:
f. 1v-27r Cassiodoro, Institutiones II, testo Φ f. 27r-28r Topica cassiodorei rimaneggiati f. 28r-30v De syllogismis et paralogismis f. 30v-31v Computus paschalis
f. 31v-32r De propositionum modis
f. 32v-36v Severiano, Praecepta artis rhetoricae f. 37r-40r De dialecticis locis.
2) Karlsruhe, Badische Landesbibl., Aug. Perg. 171 – A
A è un manoscritto membranaceo in minuscola carolina, datato da Bischoff al secondo terzo
del IX secolo e probabilmente copiato in Germania occidentale
4. Al f. 1r si legge la nota di
possesso Liber Augie maioris, caratteristica dei manoscritti provenienti da Reichenau;
l’ultimo foglio (63v) e la controguardia (64r) presentano rispettivamente glosse e definizioni
in latino sulla divisione della filosofia e un glossario greco
5.
Il manoscritto è composto da 8 quaternioni, per un totale di 64 fogli (l’ultimo costituito
dalla controguardia posteriore); il verso dei f. 16, 32 e 48, in corrispondenza della fine del
quaternione, si presenta scritto solo nella metà superiore e bianco in quella inferiore.
Comprende l’intero corpus Φ:
f. 1r-45r Cassiodoro, Institutiones II, testo Φ
capitale anglosassone grecizzante («OMNIS LABOR. FINEM. HA:BET. PREMIUM EIUS. NON. HA.BET. finem. D(E)O GRATIAS:. AMEN:.» nella traduzione di BISCHOFF-HOFFMANN 1952, p. 105) e le parole Ego super
in maiuscola anglosassone. Il f. 40v è bianco, con un rozzo disegno di prova raffigurante forse un cane (o un uomo, secondo THURN 1986) e con affisse quattro righe in scrittura insulare dell’VIII-IX sec. tratte da AUG.,
Conf. I 15, 24 (CC SL 27, p. 13). Nel medesimo foglio si trova anche una striscia di pergamena proveniente da un manoscritto di VIII-IX secolo in minuscola anglosassone, comprendente la Collectio canonum dyonisiana; altri frammenti tratti dal medesimo codice (di origine incerta ma probabilmente scritto in un centro anglosassone del continente) furono usati nel XV secolo per rafforzare le legature dei mss. Würzburg, Univ. Bibl. M. p. misc. f. 3; M.p. th. f. 5 + 13+ 37 + 38 + 60 + Q.2, tutti provenienti della Biblioteca Capitolare di Würzburg: cfr. LOWE
1959, n. 1401; BISCHOFF-HOFFMANN 1953, p. 45 e 110; THURN 1984, p. 121; MCKITTERICK 1994, II 116; IV 311.
4 La descrizione completa del codice si trova in HOLDER 1906, p. 401-403. Su A cfr. anche CASSIOD.,inst. – ed. Mynors,p. XXIV;LEONARDI 1960, n° 74 a p. 57; BISCHOFF 1998-2014,I,n° 1677 p. 351; TE.TRA IV, p. 116, e
STOPPACCI 2017A, p. 411, nonché (a proposito degli estratti da Marziano Capella) PRÉAUX 1978, p. 91-92 e
SHANZER 1984, p. 297. Sul testo di Severiano, cfr. infine CASTELLI MONTANARI 1983, p. 104; SEVERIAN., rhet. –
ed. Giomini, p. 17 e SEVERIAN., rhet.– ed. Castelli Montanari, p. 15 e 23-24.
5 F. 63v: «Theorica id est contemplatiua ǀ Theologica in diuinis rebus ǀ Mathematica in aediscendis ǀ Phisica in humanis id est naturalibus ǀ Geometrica in spatiorum et formarum dimensione ǀ Arithmetica ad numeros cognoscendos ǀ Astronomica de cognitione stelarum ǀ Musica in modulatione sonorum ǀ Practica id est actiua ǀ Ethica id est moralis ǀ Echonomica id est dispensatiua ǀ Politica id est ciuilis | Spiritalis in has subdiuiditur ǀ Tropologia morum compositio dicitur ǀ Allegoria dicitur dictio figurata ǀ Anagogen id est superna dictio [cfr. CASSIAN., conl. 14, 8, 1 (p. 5-15)] | Logica id est rationalis in tres has diuiditur partes ǀ In dialectica id est
disputatoria ǀ In epigditica id est demonstratiua». F. 64r: (col. A) «ανηρ ǀ ανδρος ǀ ανδρι ǀ ανδρα ǀ ανηρ ǀ απο
ανδρος ǀ et πλυραλι. ǀ ανδρες ǀ ανδρον ǀ ανδρασιν ǀ ανδρας ǀ ανδρες ǀ απο ανδρον ǀ κυριος ǀ κυριου ǀ κυριο ǀ κυριον ǀ κυριε ǀ απο κυριου ǀ ητ πλυ ǀ κυριου ǀ κυριων ǀ κυριους ǀ κυριους ǀ κυριου ǀ αpω κυριον (col. B)
αλαβαστρων ampulla ǀ αυλε atrium· ǀ πεδισκε ancilla ǀ σιδερος ferrum· ǀ καλκος ǀ ποδεµα calciamentum ǀ αυτου eius». Tutte le glosse sono edite in HOLDER 1906, p. 402.
f. 45r-46v Topica cassiodorei rimaneggiati f. 46v-49v De syllogismis et paralogismis f. 49v-50v Computus paschalis
f. 51r-51v De propositionum modis
f. 51v-58r Severiano, Praecepta artis rhetoricae f. 58r-63r De dialecticis locis6.
Un elemento di particolare rilevanza nel codice A è costituito dallo sconvolgimento
nell’ordine dei fogli all’interno dei Praecepta di Severiano, il cui testo si presenta in questo
modo:
- f. 51v-55r (l. 4): SEVERIAN., rhet. – ed. Giomini, p. 49,1 (incipit dell’opera: Forsitan me usurpatorem) – 75,8
(vene-)
- f. 55r (l. 4) – 55v (l. 16): SEVERIAN., rhet., p. 96, 14 (-ne ad saxa) – 102, 7 (subscriptio finale)
- f. 55v (l. 17) – 58r (l. 5): SEVERIAN., rhet., p. 76, 1 (-ficio) – 91, 14 (coge-)
- Lacuna in corrispondenza di SEVERIAN., rhet., p. 91, 14 (-bantur) – 96, 14 (solitudi-).
Lehmann ha spiegato la situazione ipotizzando la caduta della seconda metà del foglio
doppio centrale nel quaderno del codice-modello, contenente il testo (coge)bantur –
solitudi(ne) (S
EVERIAN., rhet., p. 91, 14 – 96,14); ad A sarebbe così stata accessibile soltanto la
prima metà del foglio, con testo (vene)ficio – coge(bantur) (p. 86, 1 – 91, 14)
7. Queste
considerazioni rivestono interesse soprattutto per quanto riguarda la posizione stemmatica
di A e il suo rapporto rispetto al manoscritto di Würzburg, come si è detto il più antico
testimone completo Φ. Il testo di W, infatti, non solo in questo passo non ha subito alcun
danno, ma si trova scritto dall’ultima riga (ma non dall’ultima parola) del f. 34v alla metà
del f. 36v: non presenta quindi condizioni tali da favorire un salto meccanico. Su queste basi,
sembra possibile escludere senz’altro un rapporto di dipendenza diretta di A da W.
Segnaliamo da ultimo la pervasiva e sistematica campagna di correzioni minute che ha
interessato il codice A su tutta la sua lunghezza. Si tratta di interventi di natura quasi
esclusivamente ortografica, volti a correggere almeno in parte l’altissimo numero di errori
commessi dalla prima mano nell’atto di copia. Non essendo possibile nella maggioranza dei
casi attribuire con certezza gli interventi alla medesima mano (a causa della limitata
estensione delle correzioni stesse, quasi sempre interventi puntuali su varianti grafiche,
assimilazioni, aplografie ecc.), in sede di edizione si è preferito attribuire genericamente le
emendazioni – sempre prive di valore testuale o stemmatico – alla sigla generica A
x.
6 Castelli Montanari segnala che il De dialecticis locis, anonimo negli altri mss. Φ, si trova in A correttamente attribuito a Boezio e con l’indicazione Lib. II (cfr. SEVERIAN., rhet. – ed. Castelli Montanari, p. 19); nel
manoscritto, tuttavia, non è stato possibile trovare alcuna traccia di una simile attribuzione.
7 Cfr. LEHMANN 1959, p. 50. Diversamente, Castelli Montanari ha ipotizzato che il copista si sia interrotto alla quarta riga del f. 55r a metà della parola veneficio (p. 75, 8) riprendendo poi per un saut du même au même con la sillaba finale ne di solitudine (p. 96, 14), così da presentare la (plausibile) lezione vene ad saxa; alla fine dell’opera, dopo l’explicit e i fregi ornamentali, avrebbe poi copiato la sezione p. 76, 1 – 91, 14 che aveva omesso per errore (cfr. SEVERIAN., rhet.– ed. Castelli Montanari, p. 23-24). Una simile spiegazione risulta tuttavia
abbastanza improbabile, perché non può essersi verificato un saut du même au même tra due parole che nel testo si trovano a distanza così considerevole. Più verosimile piuttosto che il copista si sia trovato davanti un modello danneggiato (come spiega il Lehmann) in cui il foglio doppio centrale del fascicolo era già caduto; il verso del foglio precedente doveva terminare con vene- e il recto di quello successivo cominciare con -ne ad saxa. Il copista (oppure già il suo modello, come sembra più probabile considerando la presenza della subscriptio finale al f. 55v), avrebbe ritrovato solamente la prima metà del foglio mancante, aggiungendola in fondo.
3) Paris, BNF, lat. 2200 – P
P è un codice pergamenaceo di 125 fogli, assegnato alla regione della Loira
8; ai f. 1r e 85v si
rilevano note autografe e firma di Pierre Pithou. Il manoscritto si presenta distinto in due
unità codicologiche: la prima (f. 1-85) comprende il corpus Φ delle Institutiones, copiato in
minuscola carolina con iniziali a colori databile al sec. IX in.-med.; la seconda (f. 86r-125v) è
vergata in scrittura textualis dei sec. XII-XIII e riporta il testo di Eustazio, In Hexaemeron S.
Basilii latina metaphrasis (f. 86-123) e l’incipit di Beda, De tabernaculis et vasis eius, mutilo
all’altezza di I 1 (f. 124-125).
Questo il contenuto della prima unità codicologica, originariamente composta di 12
quaternioni, il cui testo si presenta fortemente lacunoso:
f. 1r-63r Cassiodoro, Institutiones II, testo Φ f. 63r-65v Topica cassiodorei rimaneggiati; f. 65v-70r De syllogismis et paralogismis ; f. 70v-72v Computus paschalis ;
f. 72v-74r De propositionum modis ;
f. 74v-85v Severiano, Praecepta artis rhetoricae.
Le lacune sono dovute in particolare alla caduta del bifoglio centrale del primo fascicolo (tra
gli attuali f. 3v-4r) e dell’intero secondo quaternione, con conseguente omissione di M
ART.
C
AP. 3, 300-305 (p. 88, 25 – 92, 5 ed. Willis) e 3, 315-324 (p. 98, 5 – 103, 14 ed. Willis), nonché
della prima parte del De rhetorica cassiodoreo (C
ASSIOD., Inst. 2, 1, 3 – 2, 2, 8, p. 7, 105 – 16,
209); del f. 5 nell’ottavo fascicolo (tra gli attuali f. 50v-51r), con omissione di C
ASSIOD., Inst.
2, 4, 5 (p. 47, 79 – 48, 109); dei fogli finali dopo l’85v, comprendenti la conclusione del testo
di Severiano e l’intero trattato De dialecticis locis
9.
Un ulteriore sconvolgimento, non segnalato in bibliografia, interessa infine il testo
contenuto ai f. 15v-20r di P, corrispondenti a C
ASSIOD., Inst. 2, 3, 11-14 (p. 30, 159 – 37, 347,
inc. «in periermenias uero», expl. «sub qua specie»). A causa della caduta e trasposizione di
alcuni fogli del modello, l’ordine del testo in P risulta fortemente turbato:
- la prima sezione (corrispondente a Inst. p. 30, 159 – 31, 179: «In Perihermenias uero – in tertia formula modi VI») è trasposta in fondo, dal f. 19r alla metà del f. 20r
- la parte centrale (Inst. p. 31, 186 – 34, 271: «Modi formulae primae sunt VIII – modis praeceptisque conficitur») è rimasta al proprio posto, copiata dall’ultima riga del 16v alla metà del f. 18v (bianco nella metà inferiore)10
- l’ultima sezione (Inst. p. 35, 291 – 37, 347: «Definitionum prima est usiodes – sub qua specie») è stata copiata in prima posizione, dalla metà del f. 15v al f. 16v.
Una simile situazione fa pensare alla caduta di un bifoglio non centrale all’interno del
fascicolo: il bifoglio centrale (comprendente la nostra ‘seconda sezione’) non sarebbe stato
8 Per una descrizione del codice cfr. LAUER 1940, p. 362 e BISCHOFF 1998-2014,III,n° 4148 p. 65; su P si vedano quindi CASSIOD.,inst. – ed. Mynors,p. XXIV; LEONARDI 1960, n° 149 p. 427-28; PRÉAUX 1978, p. 125; SEVERIAN.,rhet. – ed. Giomini, p. 17; SEVERIAN., rhet.– ed. Castelli Montanari, p. 15-16; TE.TRA IV, p. 117, e infine STOPPACCI
2017A, p. 411.
9 Al f. 85v il ms. si interrompe all’altezza di SEVERIAN., rhet. – ed. Giomini, p. 102, 3, omettendo le ultime righe dell’opera; il testo mancante è stato integrato dalla mano di Pierre Pithou, che subito sotto ha anche apposto la propria firma.
interessato dallo sconvolgimento, mentre i due fogli caduti, separati l’uno dall’altro,
sarebbero stati recuperati e scambiati tra loro. Posto che inizio e fine di queste sezioni non
coincidono con le prime e le ultime parole dei fogli in cui risultano copiate nei mss. P, W ed
A, possiamo da un lato attribuire lo sconvolgimento ad un antigrafo di P anziché al
manoscritto stesso (che evidentemente leggeva un testo già trasposto); dall’altro escludere
con sicurezza la dipendenza diretta di P da W o da A.
4) Milano, Bibl. Ambrosiana, D 17 inf. – m
Il codice m è un manoscritto membranaceo vergato in minuscola umanistica del sec. XV,
comprendente 63 fogli, descritto e studiato per la prima volta da Sabbadini
11. Al f. 63v
presenta la sottoscrizione «P.A.S. scripsit MCCCCLXII», che Billanovich ha proposto di
sciogliere come ‘Pier Antonio Sallando’, correggendo la data in MCCCCCXII: il bolognese
Sallando, la cui mano Billanovich riconosce dal confronto «probantissimo» con altri codici
da lui copiati (in particolare il De re aedificatoria di Leon Battista Alberti nel ms. Città del
Vaticano, BAV, Urb. lat. 264, con sottoscrizione «P. Ant. Sal. Patavii MCCCCLXXXIII»), è
infatti vissuto tra il 1460 e il 1540
12. Billanovich ha riportato l’attenzione su m in quanto
«codice tardo, ma copiato da un testo che per antichità e per dignità fu certo pari a questi
tre superstiti [scil. W, A e P], e che perciò ameremmo molto sapere come riapparve e come
scomparve»
13.
Il manoscritto m comprende l’intero corpus Φ delle Institutiones:
f. 1r-46v Cassiodoro, Institutiones II, testo Φ, con titolo «Clarissimi Iuli Seueriani de disciplinis liber incipit»
f. 46v-47v Topica cassiodorei rimaneggiati f. 47v-51r De syllogismis et paralogismis f. 51r-51v De propositionum modis
f. 52r-53r Computus paschalis, con titolo «Computus Fortunatiani incipit»
f. 53r-59v Severiano, Praecepta artis rhetoricae, con titolo «Iulius Celius de rhetorica incipit» ed explicit «Artis rhetoricae praecepta breuiter collecta explicit»
f. 59v-63v De dialecticis locis, anepigrafo; al f. 63v si trova la sottoscrizione Τελώς. P. A. S. scripsit MCCCCLXII.
Il testo dell’ultimo trattato De dialecticis locis presenta un’omissione notevole,
corrispondente alla caduta di un foglio nel passaggio tra due fascicoli: il testo si interrompe
infatti alla fine del f. 60v con la réclame «quidem» (Dial. loc., p. 84, 44 «et de his quidem») nel
11 Cfr. SABBADINI 1903, p. 276-294; CASSIOD.,inst. – ed. Mynors,p. XXV; LEONARDI 1960, n° 108 p. 82; SEVERIAN., rhet. – ed. Giomini, p. 18; SEVERIAN., rhet.– ed. Castelli Montanari, p. 17; TE.TRA IV, p. 116, e STOPPACCI 2017A,
p. 411. Sul manoscritto cfr. infine GARRISON 2011, che proprio in un codice Φ delle Institutiones affine a m ha
identificato la fonte di alcune glosse distintive del ms. Leiden, Universiteitsbibliotheek, VLF 48, testimone precoce del cosiddetto ‘Commento anonimo’ del IX secolo a Marziano Capella: su questo punto vd. infra a p. 260 sgg.
12 Cfr. BILLANOVICH 1962, p. 115. Già SABBADINI 1903, p. 276, aveva messo in relazione m e il cod. Urb. lat. 264, notando l’affinità tra le due sottoscrizioni; non era però riuscito ad identificare il nome del copista, che aveva sciolto soltanto come Pietro Antonio Sal. senza integrare il cognome.
margine inferiore, riprendendo poi all’inizio del f. 61r all’altezza di p. 86, 75 «(ba)silicae ad
commanendum».
Il codice m presenta due caratteristiche notevoli: la più evidente è l’errata attribuzione
delle Institutiones a Severiano, del Computus a Fortunaziano e dei Praecepta artis rhetoricae a
Celio; la seconda è invece costituita dall’inversione nell’ordine delle opere in appendice, che
presenta di seguito De syllogismis et paralogismis e De propositionum modis posticipando il
Computus paschalis.
Le false attribuzioni del codice si possono spiegare in modo piuttosto agevole: i mss. Φ
presentano infatti il testo delle Institutiones in forma anonima
14, mentre attribuiscono
correttamente i Praecepta artis rhetoricae a Severiano: m (o un suo antenato) potrebbe quindi
avere scambiato questo secondo titolo per la sottoscrizione della prima opera del corpus. Per
quanto riguarda invece l’attribuzione del trattato di Severiano a Iulius Celius, essa va forse
messa in relazione con l’intitolazione dell’edizione di Colonia dei Praecepta curata da Sisto
da Popma del 1569, che attribuisce il testo ad Aurelius Cornelius Celsus
15. Una situazione
simile si verifica anche per il Computus Paschalis assegnato a Fortunaziano, il quale infatti
presenta la medesima falsa attribuzione anche in un’edizione di XV secolo (Bibl. Ambros.
INC 198), con ogni probabilità proprio sulla base di un’intestazione analoga a quella
tramandata da m
16. Dal momento inoltre che le opere di Severiano e di Fortunaziano si
ritrovano entrambe in alcuni importanti testimoni dei Praecepta (mss. Cologny, Bodmer 146;
Paris, BNF, lat. 7231; Paris, BNF, lat. 7696; Chartres, Bibl. mun. 497 e Paris, BNF, lat. 7713),
l’errore di attribuzione potrebbe essere stato favorito dalla corrente associazione tra i due
testi
17.
Notevole è infine l’ordine delle opere nell’Appendice conclusiva di m, caratterizzata
dalla postposizione del Computus paschalis e dalla conseguente unione tra De syllogismis et
paralogismis e De propositionum modis: l’affinità concettuale tra questi due brevi trattati
retorici ha infatti portato il Lehmann ad ipotizzare che l’ordine testimoniato da m fosse
quello originario del subarchetipo Φ, in seguito sconvoltosi negli altri manoscritti
18. Una
ricostruzione di questo genere appare tuttavia poco convincente alla luce della
14 A differenza sia di Ω che dei manoscritti Δ; questi ultimi presentano infatti il titolo «Liber Cassiodori Senatoris humanarum litterarum, qui scribitur de Artibus et Disciplinis secularium studiorum, hoc est de Grammatica, de Rethorica, de Dialectica, de Philosophia, de Mathematica, de Arithmetica, de Geometrica, de Astronomia, de Musica» (vd. infra l’edizione della Praefatio, p. 1, 2-8).15 L’edizione di Colonia presenta la seguente intitolazione: «Aurelii Cornelii Celsi rhetoris uetustissimi et clarissimi, de arte dicendi libellus, nunc primum in lucem editus, et scholiis illustratus»; le altre due edizioni cinquecentesche dell’opera (ossia l’editio princeps di Basilea, pubblicata nel 1556 ad opera di Celio Secondo Curione, e l’edizione di Anversa di Luca Fruterio del 1584) attribuiscono invece correttamente il testo a Iulius Severianus. Per il dibattito sull’attribuzione dei Praecepta artis rhetoricae cfr. SEVERIAN., rhet. – ed. Castelli
Montanari 1995, p. 47-58, con bibliografia completa sull’argomento, in cui si ipotizza che l’intitolazione dell’edizione di Colonia derivi direttamente da quella del nostro manoscritto m: «È possibile, credo, che Sisto [sc. Sisto da Popma, l’editore] abbia avuto in mano questo codice [scil. m] ed abbia corretto il nome Celius in Celsus, aggiungendo poi di sua iniziativa oltre che Cornelius anche Aurelius» (ibid., p. 49).
16 Cfr. SABBADINI 1903, p. 276-294; LEHMANN 1959, p. 48-49; BILLANOVICH 1962, p. 115 e FORTUN.,rhet. – ed. Calboli Montefusco, p. 41.
17 Sull’associazione tra Fortunaziano e Severiano (per cui vd. infra, p. 265 sgg.) cfr. sempre BILLANOVICH 1962, passim;SEVERIAN., rhet.– ed. Giomini, p. 11-34; ed. Castelli Montanari, p. 15-33.