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Effetti della generazione distribuita sulle variazioni lente di tensione

3. Ipotesi utilizzate per l’ analisi di rete

3.1 Impatti della generazione distribuita sulla rete di riferimento

3.1.2 Effetti della generazione distribuita sulle variazioni lente di tensione

Tradizionalmente lungo le reti di distribuzione, il controllo della tensione e dei flussi di potenza reattiva, tra loro interdipendenti, è stato adibito a sistemi di regolazione (OLTC, SVC, banchi di condensatori ecc.) concepiti per operare secondo un assetto unidirezionale del flusso di potenza, dalla trasmissione alla rete diramata di distribuzione in media e bassa tensione; la tensione infatti segue un profilo tipicamente decrescente lungo la rete di distribuzione passiva, dalle sottostazioni ai carichi.

La presenza della generazione distribuita compromette tutto questo sistema.

La connessione di impianti di generazione ai nodi di media e bassa tensione, provoca un’inversione del flusso di potenza e un capovolgimento del profilo della caduta di tensione, come ben rappresentato dalla figura seguente.

fig. 3.3: evoluzione dei profili delle cadute di tensione in presenza di generazione distribuita

Come abbiamo visto le variazioni di tensione in una rete di distribuzione devono essere mantenute all’interno di un range di valori (sanciti dalle normative) affinché il sistema e i dispositivi ad esso connessi funzionino in modo appropriato. In un sistema di distribuzione passivo le variazioni di tensione “lente” (analizzate da questo lavoro) sono da attribuirsi alle correnti, che cambiano per effetto di un variazione di potenza attiva e reattiva richiesta dal carico, e di conseguenza cambiano le cadute di tensione lungo le impedenze resistive e reattive delle linee, quindi le tensioni ai nodi terminali.

Connettendo un impianto di generazione ai suddetti nodi, al cambiamento del flusso di potenza dovuto alla variazione del carico si somma il contributo dovuto alla generazione; ciò significa che i valori di tensione e l’entità dei flussi lungo la rete dipenderanno dalle diverse combinazioni generazione-carico.

La DGs può quindi fondamentalmente avere un duplice impatto sui profili di tensione:  Lavorando in modo coordinato con il carico locale, significa che quando il carico

locale cresce la produzione locale anche e viceversa, la DGs riduce le variazioni di tensione rispetto a quando non c’era;

 Considerando invece un sistema di generazione come un impianto rinnovabile che segua le condizioni climatiche locali piuttosto che un impianto CHP che operi seguendo la richiesta termica, non è detto che la produzione elettrica corrisponda alle

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condizioni della domanda in rete; questo porta ad amplificare le variazioni di tensione.

Ne risulta quindi che quest’ultimo caso,come vedremo anche in seguito, sarà il più critico innanzi tutto per le tensioni, ma anche per i flussi di potenza e i gradi di carico in rete. Abbiamo inoltre menzionato nel capitolo precedente la possibilità secondo alcuni scenari (vedi Roadmap) che vengano posizionati lungo la rete da oggi al 2030 dei sistemi adibiti alla ricarica di veicoli elettrici; assumendo come valida questa possibilità, ciò andrebbe a pesare sulla rete come un carico aggiuntivo ( in questo lavoro si ipotizza puramente attivo) di notevole entità3 che:

 Lavorando in modo coordinato con la generazione distribuita contribuirebbe a ridurre le escursioni di tensione;

 Lavorando invece in modo non coordinato con gli impianti DGs, contribuirebbe ad aumentare le variazioni di tensione ai nodi.

Si possono presentare i seguenti regimi di funzionamento della rete: - Nessuna generazione e carico massimo

- Massima generazione e massimo carico - Massima generazione e minimo carico

Tra cui i più rischiosi per il corretto esercizio della rete sono quelli di mancata corrispondenza tra generazione e carico; generalmente il terzo caso provocherà quindi la situazione più rilevante in termini di incrementi di tensione provocati dalla penetrazione della generazione distribuita in rete [11].

Esaminiamo questo semplice caso, consideriamo il circuito in figura che rappresenta le caratteristiche di un feeder di una rete di distribuzione

- Grid = Rete AT;

- ‘A’ = sottostazione AT/MT con trasformatori ridondanti OLTC; - Z = impedenza cavo MT;

- Pl, Ql = potenze attiva e reattiva richieste dal carico; - Pg,Qg = potenze attiva e reattiva dal generatore; - Qc = banco di condensatori;

Il modulo della tensione al punto di connessione della generazione distribuita, ‘C’, può essere valutato con un’espressione approssimativa:

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per ulteriori considerazioni relative ai profili,alla gestione e al collocamento dei posti di ricarica per i veicoli

elettrici si veda il paragrafo 3.2.3

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(3.5)

Questa semplice equazione può essere utilizzata per analizzare qualitativamente la relazione tra la tensione alla sbarra V2 e l’ammontare di generazione connessa.

Normalmente durante l’esercizio della generazione distribuita il Gestore di Rete deve assicurarsi che la tensione rispetti i vincoli in tutte le condizioni di funzionamento o altresì intervenire ( per chiarimenti in merito alla gestione attuale degli impianti di generazione distribuita si rimanda a capitolo 5).

Assumendo che, il generatore funzioni a =1 e si operi nella condizione di esercizio più sfavorevole in termini di esubero di generazione (massima generazione, carico nullo, banco di condensatori non operativo) avremo che la tensione in ‘c’ può essere semplificata come segue:

(3.6)

Questo concetto è alla base dell’analisi nel presente lavoro di tesi per la quale valgono le considerazioni di seguito riportate:

1) I generatori lavorano a =1, erogano solo potenza attiva;

2) Le condizioni più interessanti e critiche saranno quelle di minimo carico e massima generazione: il ridotto flusso di potenza attiva e reattiva verso i carichi si combina con il flusso di potenza attiva iniettata dalla generazione distribuita portando alla situazione evidenziata nella seguente figura:

Fig 3.4: feeder 6 della rete di riferimento ‘cluster’ in inversione di flusso per effetto della DGs.

l’esubero di potenza attiva prodotta dalla generazione distribuita provoca un’inversione di flusso di valore molto maggiore del flusso di reattiva verso i carichi rendendo accettabile, in prima approssimazione, la semplificazione vista sopra in (3.6).

3) Le condizioni di sovratensione raggiunte da un nodo di un feeder sono determinate da:

1. Quanta potenza è installata al nodo 2. Dove si colloca il nodo stesso nella rete.

Sarà quindi onere del gestore, qualora alcuni nodi violino le disposizioni stabilite da [1] adottare opportuni provvedimenti che saranno discussi in capitolo 5.

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3.1.3 Effetti della generazione distribuita su congestioni, perdite ed inversioni di