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Si sottolinea come l’implementazione di strumenti come quelli proposti, incidano fortemente sul modo di lavorare delle imprese, e necessitano di una propensione culturale al cambiamento. Su questa via si approfondiranno tre temi: l’organizzazione, l’equilibrio dei poteri e la

generazione di conoscenza.

Bordignon in “Evoluzione e sviluppo d’impresa”, definisce l’organizzazione come ”un sistema di attività, processi, risorse, persone e relazioni ordinato e coordinato in modo tale da

funzionare nella maniera più efficace ed efficiente possibile, al fine di raggiungere le finalità preposte”. Sottolinea inoltre che:

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 l’organizzazione deve sapersi adattare ai cambiamenti dell’ambiente esterno e deve rispondervi in tempi rapidi;

 “occorre superare la logica del controllo totale” e accedere invece a forme collaborative e a partnership;

 l’organizzazione deve seper cogliere le potenzialità della tecnologia e del capitale umano;

 l’organizzazione deve saper riconoscere un ruolo centrale alla creazione della conoscenza.

Una prima osservazione molto importante è fatta da Annalisa Tunisini in “L’organizzazione”, tratto dal libro “Un tesoro emergente: le medie imprese italiane nell’era globale”, che

sottolinea che la rete di relazioni che instaura l’impresa è frutto della sua storia e di precise scelte imprenditoriali. In ottica di distretto è facile applicare questa affermazione: le relazioni che le aziende coltivano sono frutto di anni di conoscenza reciproca e di collaborazione che hanno rafforzato rapporti di fiducia reciproca e la reputazione di ciascuna azienda. La specializzazione è un ulteriore fattore che incide sulle scelte di stringere rapporti con certe aziende piuttosto di altre e sono frutto di scelte imprenditoriali.

Si considerino i vantaggi e gli svantaggi che si possono ipotizzare derivare dall’addozione di soluzioni che rafforzino lo scambio di informazioni tra partner di una filiera. I vantaggi che se potrebbero ricavare sono:

 la possibilità di condividere informazioni utili al raggiungimento della mission comune;  la possibilità di condividere informazioni necessarie allo svolgimento della commessa;  la sincronizzazione delle attività dei fornitori ai vari livelli, con conseguente restrizione

dei tempi di consegna dell’output;

 la creazione di un ambiente, non più fermo nel suo status, ma che si mette in discussione, confrontando nuovi o diversi panorami e situazioni;

 la creazione e condivisione di nuovo know how durante la risoluzione di eventuali problemi;

 la generazione di innovazione continua nel tempo. D’altra parte gli ostacoli sono:

 la dimensione delle aziende;

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 l’inadeguatezza del know how e spesso della cultura aziendale;  la mancanza di disponibilità al mutamento all’interno delle aziende;

 una sorta di “chiusura” mentale ad aprirsi agli altri partner, dovuta alla forte

competitività tra le imprese dello stesso settore; questo esclude non solo la possibilità di una condivisione delle informazioni considerate più riservate, ma anche la possibilità che le imprese cooperino per ricreare un ambiente culturalmente vivace per non avvantaggiare i concorrenti.

La dualità cooperazione-competizione che risulta essere un ostacolo all’efficcia di sistemi di comunicazione integrata per le aziende, in realtà è secondo Gabi Dei Ottati il modello organizzativo del distretto. In “Cooperazione e concorrenza nel distretto industriale come modello organizzativo”, spiega infatti che l’equilibrio di queste due forze contrastanti permette il buon funzionamento del distretto visto come “entità socio territoriale” secondo la definizione di Becattini. Prese singolarmente ognuna delle due forze, la concorrenza e la cooperazione, mostrano tratti costruttivi e altri distruttivi per il distretto:

 la concorrenza tra imprese, nel caso in cui vengano rispettate le regole, è indice di sviluppo economico sociale, in quanto promuove l’innovazione, l’efficienza, la libertà di scelta e l’uguaglianza; d’altra parte le imprese possono tenere comportamenti concorrenziali distruttivi, volti e eliminare non tanto i concorrenti meno efficienti, quanto quelli con una quota minore di mercato e che producono output di miglior qualità.

 Anche la cooperazione può essere costruttiva, se gli attori che la sottoscrivono hanno per esempio lo scopo di fare ricerca e sviluppo, oppure distruttiva, quando ha la sua ragion d’essere nell’avvantaggiare pochi a scapito di tutti gli altri.

Ottati parla di “equilibrio dimanico” per sottolineare come la cooperazione, stimola la concorrenza costruttiva e quindi la crescita economica, e la competizione stimola invece la cooperazione in una sorta di circolo virtuoso, permettendo la sopravvivenza e lo sviluppo del distretto stesso.

Se a livello di sistema l’equilibrio tra cooperazione e competizione risulta essere il modello organizzativo del distretto, a livello aziendale la parola chiave delle piccole e medio imprese è flessibilità, caratteristica già nota per le imprese di un distretto ma che è bene sottolineare. Secondo Annalisa Tunisi, le organizzazioni dovrebbero attivare forme organizzative che valorizzano l’apprendimento (learning by interacting) e che enfatizzano autonomia e

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responsabilità decisionale degli attori maggiormente coinvolti; a tal fine propone la flessibilità organizzativa e questa in ordine a :

 una “de-verticalizzazione delle strutture organizzative”, d’accordo con Brew e Tucci, che nel già citato articolo “Exploring the structural effects of internetworking” parlano di imprese più specializzate e organizzazioni meno gerarchiche e più concentrate a intrattenere relazioni con soggetti esterni ai confini aziendali;

 la “diffusione di responsabilità e di autonomia decisionale” e questo avrà conseguenze anche da un punto di vista degli equilibri di potere all’interno della filiera come si vedrà più avanti;

 “modalità di coordinamento flessibili” in quanto le aziende partner attuano mutamenti nella direzione di un adattamento reciproco e in vista del raggiungimento di obiettivi comuni;

 la “diffusione di una cultura aziendale omogenea basata su valori condivisi”;  la “centralità delle risorse umane”. In particolare Annalisa Tunisi sostiene che

l’organizzazione dovrebbe non solo focalizzarsi sulle persone che in essa lavorano, bensì anche su iniziative volte al supporto delle famiglie e del territorio.

Rullani d’altra parte denuncia l’incapacità delle imprese distrettuali di collaborare e di creare un sistema di generazione di conoscenza che valga a livello globale. Bordignon in “Evoluzione e sviluppo d’impresa” pone in risalto alcuni aspetti indispensabili per la gestione di una

collaborazione:

 la definizione degli obiettivi alla base della collaborazione, il suo governo e il suo coordinamento;

 attenzione alle scelta dei soggetti con cui si collabora, volta a una certa “compatibilità” tra i partner, in termini di obiettivi ma anche “a livello culturale, organizzativo,

sociale”;

 le soluzioni organizzative che vanno a supportare la collaborazione (“meccanismi di controllo di gestione, le figure e i ruoli organizzativi che consentano e gestiscano l’interfacciamento tra le imprese che collaborano”);

 “la gestione dell’evoluzione della collaborazione”.