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Come si è già detto, l’esigenza di trovare uno sbocco alternativo alla discarica per i PFU, spinge sia la comunità scientifica mondiale che il mondo industriale a cercare nuove strade per lo smaltimento e il trattamento degli stessi. È però necessario non sottovalutare gli effetti che questi materiali, frutto dell’economia moderna, potrebbero avere sull’inquinamento atmosferico e sulla salute umana. A tale proposito, la normativa americana ASTM D 6270-98 (2004) e la bozza di normativa europea prEN 14243:2004 (E) hanno dato importanti risposte in merito a questi quesiti. Viene quindi qui di seguito riportata una sintesi dei punti salienti trattati all’interno delle suddette normative.

Figura 16: composti chimici presenti nei PFU e loro pericolosità .

come risultato di decomposizione termica o combustione di pneumatici di scarto interi, potrebbero essere liberati materiali potenzialmente cancerogeni (comprese nitrosammine), ossido di carbonio (monossido di carbonio e biossido di carbonio), idrocarburi infiammabili e fumi;

effetti dovuti a esposizione acuta (a breve termine): non si conoscono effetti sulla salute dovuti a esposizione acuta (a breve termine);

effetti dovuti a esposizione cronica (ripetuta): questi materiali contengono oli diluenti aromatici o naftenici. Questi oli potrebbero essere rilasciati dalla superficie mediante il contatto con la pelle. Il contatto prolungato di questi oli ha mostrato di causare cancro alla pelle in studi di laboratorio effettuati su animali. Gli oli diluenti armati e naftenici sono stati classificati come cancerogeni dalla IARC (International

Agency for Research on Cancer). Contatti prolungati o ripetuti potrebbero causare irritazioni e reazioni allergiche della pelle;

 i PFU non sono irritanti per gli occhi e non provocano problemi se ingeriti o inalati: durante le normali condizioni di uso di questi materiali, non è richiesta alcuna protezione per le vie respiratorie;

 coloro che hanno contatti prolungati con questi materiali devono avere una buona igiene personale lavandosi di frequente mani e braccia con acqua e sapone prima di mangiare, fumare e prima di andare in bagno. Inoltre, devono rimuovere i vestiti contaminati e lavarli accuratamente prima di riutilizzarli al termine di ogni giornata di lavoro. È necessario fare uso di guanti.

le sostanze che potenzialmente potrebbero percolare dai residui di pneumatici

consumati sono presenti nelle acque sotterranee a bassi livelli. I livelli di percolato

sono molto al di sotto dei limiti ammissibili e hanno un impatto trascurabile sulle qualità generali dell’acqua. i risultati dei test indicano che i pneumatici non lisciviano componenti organici volatili. Le ricerche sulla sicurezza a lungo termine indicano che la maggior parte dei composti rilevati nei campioni di acqua sono da 10 a 100 volte più bassi rispetto ai limiti ammissibili per l’acqua potabile e quindi non rappresentano una minaccia né per la salute umana né per l’inquinamento;

sono stati fatti anche dei test per vedere come il livello di pH influenza il rilascio dei

composti di PFU. I materiali organici rilasciano molto più liberamente sotto

condizioni neutre (pH 7) mentre i metalli tendono a rilasciare più liberamente sotto condizioni acide (pH 3,5);

per quanto riguarda il trasporto di PFU interi o triturati, essi non richiedono materiali da imballaggio. Per PFU triturati i veicoli da trasporto devono avere i lati chiusi e la parte inferiore coperta con un materiale che non abbia sporgenze metalliche e che possa contenere il materiale in modo che non fuoriesca.

Tutte queste considerazioni portano ad affermare che per i PFU interi non si siano riscontrati danni permanenti dovuti a contatti prolungati. Per limitare le irritazioni sono sufficienti gli indumenti. Invece per quanto riguarda i PFU triturati è necessario indossare indumenti protettivi quali guanti e protezione per occhi, orecchie e capo. Con questi piccoli accorgimenti è comunque possibile utilizzare granulato di gomma nel campo dell’ingegneria civile.

IL CALCESTRUZZO

2.1 Introduzione

Il calcestruzzo si ottiene miscelando in diverse proporzioni degli aggregati, sabbia e ghiaia o pietrisco, tenuti insieme e saldati tra loro da una malta di cemento ed acqua, con eventuali additivi. I componenti di un calcestruzzo normale possono variare in funzione delle prestazioni che si vogliono ottenere dal conglomerato.

Tra le più importanti proprietà vi sono la lavorabilità dell’impasto e la resistenza meccanica:

 per lavorabilità dell’impasto si intende l’attitudine del calcestruzzo a mantenere la propria consistenza, senza che avvengono variazioni fisiche e tecnologiche e senza che si manifesti il fenomeno della segregazione degli inerti, nel periodo compreso tra la confezione e il getto. Una buona lavorabilità principalmente dipende dalla dimensione e dalla forma degli aggregati, dalla loro distribuzione granulometrica, dalla presenza di additivi, dal rapporto tra acqua e cemento e dalla temperatura. La lavorabilità dell’impasto viene valutata attraverso la sua consistenza, ad esempio controllando la sua maggiore o minore attitudine a conservare una forma impartitagli. La consistenza viene solitamente valutata, secondo la UNI EN 206-1, attraverso una delle seguenti metodologie:

- valutazione di consistenza con il cono di Abrams (EN 12350-2); - prova al consistometro VéBé (EN 12350-3);

- indice di compattabilità (EN 12350-4); - spandimento (EN 12350-5);

 per resistenza meccanica intendiamo la capacità del calcestruzzo di resistere alle sollecitazioni di compressione, trazione, urto e abrasione. Questa varia in funzione della composizione e in particolare è influenzata dalle proprietà e quantità del legante, dalla natura e composizione granulometrica degli inerti, dal rapporto tra acqua e cemento, dalla presenza di additivi e dalla modalità di confezionamento e di stesa.

Il requisito più importante richiesto al calcestruzzo nelle normali applicazioni è la resistenza a compressione che denota una massa compatta, con una bassa presenza dei vuoti o irregolarità, e garantisce buone prestazioni sotto tutti gli aspetti. La resistenza a compressione del calcestruzzo viene determinata con prova a compressione secondo la norma UNI 6132 su provini cubici o cilindrici, maturati per 28 giorni secondo la norma UNI 12390-2:2002.

Possiamo considerare che un buon calcestruzzo debba contenere circa 300 kg di cemento per metro cubo di prodotto finito, a cui si devono aggiungere circa 0,4 metri cubi di sabbia, circa 0,8 metri cubi di ghiaia o pietrisco e una quantità d’acqua compresa tra 0,45 e 0,55 la quantità di cemento, per ottenere un metro cubo di conglomerato. Vediamo come la qualità e la quantità dei componenti influenzino le caratteristiche di un conglomerato cementizio.