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CONDIZIONI DI CRESCITA

4. RISULTATI E DISCUSSIONE

4.9 FATTORI CHE INFLUENZANO LA PRODUZIONE

4.9.4 EFFETTO DELLA TEMPERATURA

La produzione della plantaricina LPU4 è positivamente influenzata dalla temperatura di crescita del ceppo. Come si nota dalla figura 4.15, la più alta attività è stata registrata dopo 144 ore coltivando L.plantarum LPU4 a 15°C, dopo 72 ore a 20°C, dopo 43 ore a 25°C e dopo 24 ore a 30°C. Inoltre, il valore riscontrato a 30°C è risultato significativamente inferiore rispetto a quelli ottenuti a temperatura più basse. Sorprendentemente, durante la crescita a 37°C non è stata mai registrata la presenza di attività antibatterica, facendo supporre che la temperatura possa influenzare la sintesi della batteriocina stessa o permettere una sua immediata distruzione da parte di enzimi proteolitici attivi a 37°C. Un simile effetto della temperatura è stato riportato per le batteriocine prodotte da L.sakei MBSa1 (Barbosa et al, 2014) e da Carnobacterium maltaromaticum UAL26 (Miller and McMullen, 2014). In questo ultimo caso gli autori hanno spiegato i risultati ottenuti affermando che la

10 13 16 19 22 24 48 in hi bi tio n zo ne (mm) time (h) *    *  

temperatura relativamente elevata può cambiare la fluidità della membrana del ceppo produttore e questo determina dei cambiamenti conformazionali delle proteine implicate nella secrezione della batteriocina presenti sulla membrana stessa, con conseguente alterazione della loro funzione.

Fig.4.15: effetto della temperatura di crescita sulla produzione della plantaricina LPU4 in relazione alla crescita batterica: crescita e produzione a 15°C (linea e barre verde), a 20°C (linea e barra nera), a 25°C (linea e barra blu), a 30°C (linea e barra rossa) e a 37°C (linea nera tratteggiata. L’asterisco indica il risultato significativamente più basso rispetto agli altri

0,00 3,00 6,00 9,00 10 13 16 19 22 0 19 24 43 72 96 144 OD 600 nm in h ib it io n  zo n e   (m m )   time (h)  *  

5. CONCLUSIONI

La scelta di caratterizzare la plantaricina LPU4 (tra quelle rilevate nella fase di screening di questo studio) si è basata sulla valutazione iniziale dello spettro di attività. L’inibizione di ceppi di S.aureus è stata ritenuta importante per una eventuale applicazione tecnologica di L.plantarum LPU4, ad esempio come coltura aggiuntiva nella produzione di pecorino a latte crudo. D’altra parte la presenza di L.plantarum tra i NSLAB (non starter lactic acid bacteria) della microflora dei formaggi è una caratteristica comune di vari formaggi a latte crudo come riportato da Colombo et al. (2009), Golic et al. (2013), De Pasquale et al. (2014), Caro et al. (2013): L.plantarum può originare dal latte o da fonti indirette come il foraggio, le attrezzature o le pratiche di lavoro tradizionali (Montel et al. 2014). Quindi l’utilizzo di questo microorganismo non andrebbe ad alterare la composizione della microflora autoctona che è implicata nello sviluppo delle specifiche caratteristiche organolettiche di ogni produzione.

L’azione anti-stafilococcica della plantaricina LPU4 è di notevole interesse, considerando il fatto che il 6.4% di tutti gli episodi di tossinfezione alimentare rilevati in Europa nel 2012 è stata causata da tossine stafilococciche e nel 20% dei casi l’alimento di trasmissione era il formaggio (EFSA-CDPC report, 2014). Inoltre il regolamento europeo 2073/05 include gli S.aureus coagulasi positivi tra i criteri di processo per la valutazione dei prodotti caseari, tra cui i formaggi a latte crudo, per cui l’utilizzo di L.plantarum LPU4 potrebbe essere utile nel contenimento della carica di questi microorganismi. Infatti livelli inaccettabili di S.aureus sono stati riportati per diversi formaggi a latte crudo sia in Italia che in altri Paesi (Borelli et al. 2006, Little et al. 2008, Giammanco et al. 2011, Spanu et al. 2012). Inoltre è da sottolineare che la plantaricina LPU4 ha avuto un effetto inibitorio anche verso un ceppo MRSA. Nonostante la reale efficacia sia da confermare testando un numero maggiore di ceppi, il risultato ottenuto è significativo, dal momento che negli ultimi anni sono stati riportati casi di tossinfezioni da MRSA da alimenti di origine animale (Haga et al., 2007; Kerouanton et al., 2007; Loeto et al., 2007; Nema et al., 2007, Kitamoto et al., 2009).

densità cellulare delle cellule target ha rilevato che, in presenza della batteriocina, la crescita veniva arrestata ma non si aveva lisi cellulare (la densità ottica, che misura la concentrazione della sospensione cellulare, rimaneva costante nel tempo). Da questo risultato si può supporre che la plantaricina LPU4 inibisce la crescita del target senza causarne la lisi, evitando il conseguente rilascio di tossine o altre proteine presenti all’interno della cellula. Questa caratteristica risulta particolarmente vantaggiosa se applicata al controllo di S.aureus tossigeni.

Tramite il “peptide mass fingerprinting” la plantaricina LPU4 è risultata essere una batteriocina mai descritta in precedenza, per cui sarà necessario approfondire la sua caratterizzazione per quel che riguarda la sequenza aminoacidica e la determinazione dei geni coinvolti nella sintesi. Nel corso di questo studio è stato appurato che i determinanti genetici della plantaricina sono collocati a livello plasmidico. Questo risultato è molto interessante perché un plasmide può essere con facilità trasferito in altre cellule ospiti per studiare i meccanismi legati alla produzione, secrezione e autoimmunità della plantaricina, oppure può essere trasferito in cellule di colture starter usate per la produzione di formaggi e svolgere la sua attività senza influire sulla composizione della microflora. Vari esempi di questo tipo di utilizzo sono stati riportati da Beshkova et al.(2012).

Infine è utile sottolineare che vari parametri utilizzati negli esperimenti condotti in questo studio sono stati settati allo scopo di ottenere delle condizioni che mimassero la matrice alimentare. I risultati ottenuti confortano l’idea che l’azione della plantaricina LPU4 possa essere efficace anche in situ: ad esempio il pH dei vari pecorini da cui provenivano gli isolati variava tra 4.8 a 5.7, allo stesso modo l’efficacia della plantaricina cruda è stata più elevata a pH acidi, la presenza di NaCl a concentrazioni paragonabili a quelle della matrice non ha influenzato l’efficacia dell’azione antibatterica, infine le condizioni di coltura a pH controllato e a temperature relativamente basse (paragonabili al formaggio durante la stagionatura) hanno consentito la massima produzione di plantaricina.

Va sottolineato però che l’efficacia delle batteriocine in condizioni di laboratorio può non essere indicativa del reale effetto in situ, essendo quest’ultimo

condizionato dalla composizione chimica dell’alimento: ad esempio le batteriocine possono diffondere in modo non uniforme, essere adsorbite da globuli di grasso o proteine, essere degradata da proteasi o altri enzimi (Blom et al., 1997). L’azione inibitoria è anche correlata al livello di contaminazione dell’alimento: se la contaminazione è elevata, l’attività antibatterica può risultare bassa e incapace di prevenire lo sviluppo del target.

Sulla base dei risultato ottenuti da questo studio, risulta evidente che la nuova plantaricina LPU4 mostra delle caratteristiche interessanti dal punto di vista dell’applicazione tecnologica e risulta un ottimo candidato per lo sviluppo di colture bioprotettive. Inoltre la capacità di inibire microorganismi con caratteri di antibiotico-resistenza apre nuovi possibili scenari, come l’applicazione in campo clinico sia umano che veterinario.

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RINGRAZIAMENTI

I ringraziamenti vanno a tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito a rendere possibile questa ricerca:

- i docenti guida, dott. Fischetti e prof. Cerri per la grande libertà che mi hanno concesso nella progettazione e realizzazione degli esperimenti - l’Istituto Zooprofilattico Lazio e Toscana, nelle persone del dott. Fischetti

e della dott.ssa Guarducci per avermi messo a disposizione materiali e strumenti necessari all’esecuzione delle prove in laboratorio

- tutti i colleghi del laboratorio di Microbiologia degli alimenti della Sezione di Pisa per avermi aiutato materialmente e moralmente nei momenti di sconforto: Francesca Campeis, Alessia D’Alonzo, Ilaria Fabbri, Davide Maccanti e Matteo Senese

- i colleghi dell’Università: Barbara Turchi e Filippo Fratini, per l’amicizia soprattutto e poi per l’identificazione dei ceppi, la correzione delle bozze, e la discussione dei risultati

- il mio studente-tirocinante, Saverio degl’Innocenti, per aver svolto con abilità la maggior parte del lavoro nella fase di screening iniziale

- la mia tutor spagnola, Beatriz Martínez, per avermi incoraggiato, sopportato, aiutato e continuato a seguirmi anche dopo la fine del mio tirocinio all’IPLA. Senza il suo aiuto non avremmo potuto dare il nome alla nostra plantaricina!

Infine, ma naturalmente non ultimi, Andrea e Marco per aver sopportato in questi tre anni una compagna/mamma nei momenti di nervosismo, crisi, ansia, assenza… senza smettere di volermi bene…

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