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Efficacia del tr a tta to »

Nel documento Il De monarchia di Dante (pagine 101-104)

Efficacia del trattato

Quale efficacia si ebbe il De Monarchia? Senza punto esitare può affermarsi che questo trattato dantesco non ha avuto alcun effetto pratico ; non

negli eventi storici, non nella dottrina politica■ Esso non ha avuto davvero propizia la sorte ! II Boccaccio nella Vita di Dante ci avvertì già : « Questo libro... il quale infino allora appena s ’era saputo... più anni dopo la morte dell’autore fu condannato da messer Beltramo, cardinale del Poggetto ». Quel cardinale poteva bene rispar­ miarsi i tizzoni, perchè il libro, innocuo alla vita politica, avrebbe potuto essere invece di grande giovamento alla stessa Chiesa, pel suo carattere di entusiastico culto e di timorosa venerazione ai decreti di Dio. Solo pochi libri del più rigoroso ascetismo possono, al pari di questo di Dante, vantarsi di avere avvicinato l’uomo a Dio ; e nessuno può competere con esso per avere sa­ puto, senza menomarlo o offuscarlo, costringer questo Dio a mostrarsi paternamente sollecito dell’uomo, premuroso della sua salvezza, dando immutabile regola e norma alla vita di lui d’ogni istante, onde indicargli la via per giungere a con­ fondersi nella sua stessa divina essenza. Solo Dante, mistico combattente, potè osare tanto, col­ l’entusiasmo della fede più viva ; e se la Chiesa avesse subito inteso il valore del libro, quel fuoco, ripetiamo, lo avrebbe adoperato per bruciargliene tanto incenso.

Meglio così! Tolto alla innocua illusione dei libri santi, esso resta \ noi nuovo documento di una elevatissima mente speculativa, e prezioso commento della sublime cantica del Paradiso. L’origine divina dell’ Impero può essere cosa che interessi molto i teologi ; noi, cui non luce il raggio della divina grazia, ci contentiamo di confermarci nel convincimento che la vita civile non può sussistere senza un sistema d’ordine ; e, senza distrarci sull’incarnazione del Verbo che largì la pace al mondo, ben ci persuadiamo che senza pace non si può serbare l’ordine.

Ma, se pure increduli, noi non siamo scettici ;

e un sentimento di bene e di amore ci conforta alla vita, sicché noi pure crediamo alla perfet­ tibilità ed al progresso umano, alla concordanza degli interessi collettivi umani, alla preminenza della Giustizia, alle virtù sociali, alla fratellanza civile, alla solidarietà umana. E se questo ci in­ segna e riconferma anco il De Monarchia, esso non è un libro inutile, o inefficace, ma un pre­ gevole documento di un momento storico felice­ mente sorpassato.

Appunto come eccellente testimonianza del tempo in cui fu scritto, ritenne anzi il Balbo que­ sto libro come la più importante delle opere di Dante ; e non può disconvenirsi da tale giudizio, quando si è visto che forma, contenuto, metodo e scopo di questo trattato furono solo l’effetto del tempo.

Emana poi da esso un così intenso ed ispirato amore, una così travagliosa e sollecita gelosia per la grandezza ed il primato di Roma e di Italia, che solo un animo ignobile e sconoscente po­ trebbe negare la giusta ammirazione ad un libro di così alta idealità trascendente.

Dante ci addita il bisogno e il dovere di per­ fezionare la mente coltivandola, di mirare allo affratellamento di quanti sono uomini al mondo, di unificar la società in una civiltà veramente umana. Perchè non dovremmo fare nostro un così nobile ideale ? Vi si oppone la realtà della vita o il responso della scienza ? No ! L’umanità anela sempre alla verità, e la scuola sempre più la pro­ paga benefica a chi la ricerca. Mai come oggi si sentì nella storia vissuta potente il vincolo di un civismo prudente che, senza egoistiche preven­ zioni, intenda alla unificazione dell’ umana fa­ miglia nel godimento della scienza propagata da per tutto, e diretta da unica legge, la quale ga­ rantisca il ben essere ed il bene vivere all’uomo, dovunque egli sia nato o si trovi. A questo mi-

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rano le particolari comunanze patrie, che si sfor­ zano di ridursi ad un’unica società mondiale.

C’è impellente, è vero, la questione capitale, dalla quale dipende la soluzione del problema sociale-politico-economico, quella cioè della ine­ guaglianza delle condizioni umane, per la distri­ buzione apparentemente arbitraria ed ingiusta dei vantaggi della vita comune, causa di tutti gli odii, le irrequietezze, le rivolte ; ma l’esperienza sto­ rica, il principio di ragione, il sentimento civile concordemente ci assicurano che non con l’odio e la lotta potrà risolversi tal questione, sibbene con l’amore e la pace, ricorrendo giusto al sen­ timento dell’umana fratellanza. Questo ci insegna appunto anche il libro di Dante.

Il De Monarchia non segna forse un passo innanzi nella scienza politica, ma non perciò è giustificato l’ingiurioso oblio in cui esso è rimasto per lunghissimo tempo ; di esso si deve fare buon conto, non solo in grazia al merito ed all’auto­ rità di chi lo scrisse, sibbene anco come studio dell’epoca in cui sorse, come interpretazione del pensiero politico dantesco, come fattore di ele­ vazione morale umana.

Data la innegabile esigenza dell’umano con­ sorzio, il De Monarchia ci fornisce delle verità indubitabili alla umana ragione, che non possono quindi disconoscersi, e delle quali si dovrà pure avvalersi nell’agognata ricostruzione giuridico- sociale a cui la umana società oggi è intesa.

Nel documento Il De monarchia di Dante (pagine 101-104)

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