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Efficienza e produttività del personale nel settore bancario italiano Le leve industriali a sostegno dei piani strategici post Coronavirus

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Obiettivi. La crisi sanitaria ed economica causata dal Coronavirus sta mettendo a dura prova il sistema finanziario italiano, causando il congelamento dei mercati del credito e mettendo sotto pressione il settore bancario. La stretta delle condizioni finanziarie comporterà per gli istituti finanziari nel breve periodo una contrazione delle commissioni e proventi da attività di trading e nel medio-lungo periodo un aumento delle perdite su crediti, con impatti negativi sulla redditività. All’interno dell’attuale contesto di crisi, inoltre, le banche italiane si troveranno ad affrontare nei prossimi anni una crescente competizione - sia diretta che indiretta - che renderà indispensabile l’eliminazione delle proprie inefficienze operative per evitare di perdere vantaggio competitivo o di rischiare l’uscita dal mercato. In particolare, i Digital Champions come Google, Apple, Facebook e Amazon (GAFA) hanno aggredito diversi prodotti finanziari, come attività di lending o servizi di pagamento, puntando alle parti più redditizie della catena del valore. Tali organizzazioni sono in grado di offrire servizi personalizzati grazie ad architetture innovative, con un front/back-office potente che ha accesso ad un vasto mercato costituito prevalentemente da giovani, assai distante dal sistema finanziario tradizionale, e funzioni di middle-office non soggette a vigilanza come per le banche.

In tale contesto di crisi e di pressione competitiva, azioni volte a favorire il recupero di efficienza e il progressivo miglioramento della produttività, mediante interventi di contenimento e di razionalizzazione del personale, saranno tra le maggiori sfide che le banche dovranno affrontare nell’evoluzione del sistema finanziario italiano.

La necessità di interventi di razionalizzazione del personale appare evidente dalla quantificazione degli esuberi evidenziata nei piani industriali e di ristrutturazione del settore. Gli esuberi identificati andranno ad aggiungersi alle circa 35 mila uscite registrate dal 2012 ad oggi, dovute principalmente alla diminuzione dell’operatività degli sportelli e dalla digitalizzazione dei servizi bancari. Tali uscite però, non sono da intendersi come licenziamenti. La funzione ricoperta dalle banche all’interno del sistema economico italiano ha sempre reso necessario un forte impegno sociale nella gestione degli esuberi tramite prepensionamenti volontari e pensionamenti, e prevede anche cantieri per il ricambio generazionale e la riqualificazione e riconversione del personale, al fine di evitare la distruzione di posti di lavoro.

Per l’efficienza del personale risulta importante valutare la capacità delle imprese bancarie di allocare le risorse a disposizione in modo ottimale, dato un prefissato livello di produzione e tecnica produttiva, erogando servizi al costo minimo efficiente. Le risorse devono essere, quindi, adeguatamente organizzate e combinate fra le unità produttive in modo tale da massimizzare la produttività e conseguire un equilibrio economico e finanziario nel medio e lungo periodo.

La letteratura ha più volte sottolineato la dipendenza tra questi due concetti: efficienza e produttività. Tra le più note interpretazioni di tale dipendenza si rilevano due contributi, ovvero la produttività come “indice di efficienza” di Schmookler (1952), e la produttività come “cambiamento nell’efficienza produttiva” di Kendrick (1956). Lo stretto legame tra i concetti di efficienza e di produttività permette una migliore lettura del contesto operativo delle banche italiane, attraverso l’affiancamento degli indici di efficienza agli indici di produttività parziale dei fattori, quest’ultimi forniti dal rapporto tra la quantità di output prodotta ed un solo fattore produttivo, quale il personale.

Tra i diversi indicatori di efficienza utilizzati in banca, quello maggiormente diffuso e condiviso dagli addetti ai lavori risulta essere il cost/income ratio, calcolato come rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione. Il cost/income ratio, anche a fronte della spinta da parte degli organi di vigilanza verso migliori livelli di efficienza, è riconosciuto oggi come uno degli obiettivi strategici principali degli intermediari finanziari, che ne definiscono il valore obiettivo da raggiungere nei relativi piani industriali. Per migliorare il valore dell’indicatore, evidentemente, è possibile intervenire sulle due componenti che costituiscono l’indicatore stesso: sulla cost efficiency mediante la riduzione del nominatore, o sulla revenue efficiency attraverso l’incremento del denominatore. Nell’attuale contesto di crisi economica e finanziaria, le banche non possono che mirare ad interventi di contenimento dei costi piuttosto che di incremento dei ricavi, data la maggiore discrezionalità e il maggior grado di controllo sulle dinamiche organizzative interne rispetto alle variabili di mercato inerenti al versante dei ricavi aziendali.

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Dottorando in Management, Banking and Commodity Sciences - Sapienza Università di Roma - Italy e-mail: michele.costa@uniroma1.it

Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese - Sapienza Università di Roma - Italy

MICHELE COSTA -ALBERTO PASTORE

L’indagine annuale “Dati cumulativi delle principali banche internazionali” dell’Area Studi di Mediobanca (2019) condotta sulle 24 banche europee più grandi per dimensione dell’attivo, evidenzia che nel triennio 2016-2018 i due principali istituti bancari italiani, Intesa Sanpaolo e UniCredit, hanno migliorato la loro efficienza, ottenendo un significativo decremento del cost/income ratio cumulato (del -5,8% sul 2016 e del -0,8% sul 2017) che raggiunge un valore pari al 63,6%. Tale miglioramento di produttività nel periodo risulta maggiore rispetto al campione europeo, soprattutto in funzione della riduzione del numero dei dipendenti, che è stato del 14% (circa 28 mila unità) rispetto al 4% del perimetro europeo (circa 96 mila unità in totale). Nonostante questi risultati, in termini di produttività del lavoro, calcolata come ricavi pro-capite (al netto dei risultati da trading, maggiormente dipendenti da fattori esterni alla banca e per loro natura più volatili), i due principali istituti italiani presentano nel 2018 ricavi aggregati per dipendente pari a 201.000 euro, ancora inferiori rispetto alla media europea di 211.000 euro. (Tabella 1)

Tab. 1: Numero Dipendenti, Cost/Income e Produttività del lavoro nel settore bancario europeo

Fonte: elaborazione propria su dati dell’Arena Studi Mediobanca

Prendendo in esame il periodo 2008-2017, decennio successivo alla crisi finanziaria dei sub-prime, si osserva come la competitività aggregata dei due istituti italiani (0,30), sia frenata dal più vivace incremento del costo del personale per dipendente (+20%) rispetto all’aumento della produttività (+5,9%). Seppur l’analisi evidenzi, nello stesso periodo, una competitività del campione italiano in linea con la media europea (0,31), saranno necessarie, da parte degli istituti italiani, ulteriori azioni dirette alla continua ricerca di ottimizzazione del costo del lavoro e aumenti di produttività, per mantenere nel tempo la competitività agli stessi livelli dei competitor europei, maggiormente capaci di puntare sullo sviluppo dei ricavi in paesi con situazioni economiche-finanziarie più stabili. (Tabella 2).

Tab. 2: Produttività del lavoro, Costo del lavoro per dipendente e Competitività nel settore bancario europeo

Fonte: elaborazione propria su dati dell’Arena Studi Mediobanca

In questo contesto risulta fondamentale identificare le strategie e le azioni che i principali istituti bancari italiani potranno mettere in atto per fronteggiare l’attuale situazione economica sfavorevole ed ottenere ulteriori miglioramenti di efficienza e produttività del personale. L’obiettivo di questo working-paper, dunque, è quello di mettere a fuoco quali sono le leve industriali utilizzabili dalle imprese bancarie italiane per favorire l’ottimizzazione dell’impiego del personale, in modo da consentire il raggiungimento degli obiettivi strategici di efficienza e produttività.

Metodologia. Data la carenza di ricerche empiriche previsionali riguardanti l’efficienza e produttività della forza lavoro nel settore finanziario italiano, questo working-paper concettuale si propone di fare un’analisi delle principali azioni industriali adottabili dalle banche per il raggiungimento degli obiettivi strategici di miglioramento dell’efficienza e della produttività prefissati nel medio-lungo periodo.

Il lavoro, attraverso un approccio esplorativo, ha affrontato l’argomento a partire dallo studio della letteratura scientifica e della reportistica e documentazione aziendale e professionale disponibile, ancorché limitata, elaborandola e sistematizzandola al fine di fornire una prima risposta alla domanda di ricerca, ponendo l’attenzione su “perché” e “come” gli eventi cambiano (Mintzberg 1979; Langley 1999).

EFFICIENZA E PRODUTTIVITÀ DEL PERSONALE NEL SETTORE BANCARIO ITALIANO.

LE LEVE INDUSTRIALI A SOSTEGNO DEI PIANI STRATEGICI POST CORONAVIRUS.

Il disegno complessivo della ricerca prevede che il presente working-paper costituisca il punto di partenza per la successiva realizzazione di una indagine empirica, volta all’analisi in profondità di un case study, in grado di dare un riscontro all’impostazione teorica e a fornire ulteriori insight. Al fine di validare empiricamente il framework concettuale ipotizzato, è prevista una triangolazione dei dati primari e secondari relativi al caso studio identificato: documenti pubblici e privati, ed interviste semi-strutturate. Le interviste coinvolgeranno manager rappresentanti delle aree aziendali maggiormente coinvolte nella ricerca di migliori livelli di produttività ed efficienza della forza lavoro, allo scopo di registrare le caratteristiche olistiche dei fenomeni studiati e confermare le ipotesi sinora esposte attraverso riscontri sul campo.

Risultati. Il lavoro condotto ci ha portato ad individuare tre principali leve industriali in capo al management delle imprese bancarie italiane, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi strategici di miglioramento dell’efficienza e della produttività della forza lavoro, ancora più necessari di fronte alle sfide poste dall’attuale crisi sanitaria ed economica-finanziaria:

a) La prima leva è lo Strategic Workforce Planning. Lo Strategic Workforce Planning (SWP) è il “processo di analytics, forecasting and planning che permette di connettere e gestire le attività della forza lavoro in modo da garantire all’organizzazione il perseguimento della propria strategia di business, assicurandosi la persona giusta, nel posto giusto, al momento giusto, al giusto costo” (Young, 2009). Lo Strategic Workforce Planning permette di analizzare gli scenari di cambiamento e di determinare le linee di intervento sulla base dell’analisi della domanda e dell’offerta di personale rispetto alle esigenze, definendo la workforce attesa capace di attuare la strategia di business. L’ottimizzazione dei costi è tra i principali vantaggi derivanti dalla piena realizzazione dallo strategic workforce planning. La pianificazione di lungo periodo della forza lavoro consente di fornire una visione sui segmenti critici della popolazione lavorativa e sui relativi gap. Il processo deve partire dalla mappatura del patrimonio delle competenze presenti all’interno dell’organizzazione per andare a identificare il gap di abilità e talenti rispetto alle esigenze aziendali dettate dalla necessità di colmare rapidamente le lacune e criticità di business derivanti dall’attuale congiuntura economica sfavorevole, dai trend di settore e dall’attuazione delle strategie aziendali. Questi gap fondamentalmente sono dettati da due fattori strutturali tra loro interconnessi: da una parte la velocità e profondità del cambiamento tecnologico e organizzativo e dall’altra l’invecchiamento della popolazione lavorativa. Il problema va dunque affrontato anche in una logica di Age Management, andando a definire le più opportune politiche di gestione delle risorse umane in funzione dell’età, rivolte prevalentemente alla valorizzazione del contributo dei lavoratori più maturi.

Ma il fattore che maggiormente influenzerà le strategie di business delle banche, determinando anche delle profonde trasformazioni strutturali nel settore, è costituito dalle nuove tecnologie applicate ai processi di produzione. Secondo il rapporto “Banche Italiane su un piano inclinato” di Oliver Wyman (2019), oltre il 45% della forza lavoro attualmente impegnata nei prossimi anni dovrà acquisire know-how e creare nuove competenze per poter operare nel nuovo ambiente digitale. I ruoli impattati riguardano tutta la filiera produttiva bancaria, dalle filali al middle e back-office, mentre aumenterà la richiesta di professionalità legate alle nuove tecnologie, alla gestione del cambiamento e al trattamento e analisi dei dati. Il cambiamento tecnologico richiesto alle istituzioni bancarie richiederà azioni straordinarie di upskilling per affrontare al meglio la trasformazione digitale, favorendo l’apprendimento di nuove competenze o tecnologie per il mantenimento del ruolo attuale, o aggiungendo nuove competenze per progredire nella carriera. Secondo lo studio “Upskilling your workforce for the age of the machine” (Capgemini 2018), l’automazione è un potente fattore di incremento della produttività, ma solo un appropriato programma di upskilling della forza lavoro può permettere il raggiungimento del suo pieno potenziale. La spesa per la riqualificazione del personale rappresenta, un investimento significativo da affrontare da parte delle imprese bancarie. Tuttavia, come evidenziato dalla ricerca “Towards a Reskilling Revolution” della Word Economic Forum in collaborazione con la Boston Consulting Group (2018), essa verrebbe compensata dai benefici derivanti dalla riduzione dei costi di licenziamento dell’attuale forza lavoro e di assunzione di nuovo personale nonché dalla maggiore produttività dei dipendenti riqualificati rispetto alla più ridotta produttività dei nuovi assunti, (Tabella 3)

Tab. 3: Produttività dipendenti riqualificati vs personale neoassunto

MICHELE COSTA -ALBERTO PASTORE

Nella gestione dell’attuale crisi sanitaria ed economica-finanziaria da Coronavirus, la riqualificazione del personale assume ancora più importanza. Gli istituti creditizi stanno garantendo i servizi bancari necessari nonostante la carenza di personale dovuta alla riduzione del numero di filiali sul territorio e la ricollocazione dei dipendenti in congedo per garantire il rispetto delle distanze minime e le norme di sicurezza all’interno degli spazi lavorativi. Le banche hanno la necessità di colmare rapidamente le lacune e criticità di business cogliendo l’opportunità di far apprendere al personale nuove competenze e software, come programmi di videoconferenze, webinar o sistemi di messaggistica, per supportare al meglio l’operatività in altre aree aziendali in sofferenza. b) Ottimizzazione dei processi paperless: I processi operativi per l’erogazione dei servizi bancari determinano in

larga misura i costi dell’organizzazione. Nella loro configurazione e nel loro svolgimento si riscontrano ampie varianze e sprechi e il loro ridisegno, sovente basato su nuove soluzioni tecnologiche, può portare a significativi incrementi di efficienza. È necessario, allo scopo di migliorare l’efficienza e la produttività della forza lavoro, ottimizzare l’utilizzo delle risorse tramite l’eliminazione degli sprechi del settore: sovrapproduzione, trasporto, movimento, attese, scorte, processi inutilmente costosi e difetti.

Gli istituti di credito dovranno esprimere un consistente impegno nel miglioramento dei processi aziendali. Sarà necessario analizzare i processi e i servizi esistenti in base a somiglianze, ridondanze e interdipendenze, e realizzare un ridisegno per rimuovere le inefficienze, ridurre la variabilità, diminuire i tempi, contenere i costi e incrementare la produttività e il livello di servizio.

L’attuale crisi sanitaria ed economica-finanziaria causata dal Coronavirus ha evidenziato l’elevata competitività dei Digital Champions e delle imprese provenienti dal mondo Fintech, e ha accentuato la necessità di ridurre ulteriormente, se non eliminare, il contatto fisico tra la banca e la clientela finale. L’alto costo derivante dalla chiusura temporanea delle filiali, le spese di sanificazione degli ambienti e la carenza di personale disponibile, spinge inesorabilmente le banche verso superiori livelli di digitalizzazione, con l’home banking e lo smart working. La presente situazione richiede nuove strategie di posizionamento e nuovi modelli di business in grado di portare tutta la catena di produzione e di vendita di un prodotto sui canali digitali, attraverso l’implementazione di tecnologie paperless capaci di ridisegnare gli attuali sistemi di acquisizione, gestione, archiviazione e distribuzione, ancora oggi basati prevalentemente sull’utilizzo della carta. Oltre all’impatto positivo sul fatturato, la soluzione della dematerializzazione offre l’opportunità di snellire sia i costi delle reti esterne (agenti, rivenditori e dealer), mediante l’apertura di canali diretti e remoti verso la clientela, sia i costi operativi derivanti dall’abbattimento delle risorse materiali impiegate nel processo produttivo e dall’ottimizzazione della forza lavoro dedicata nella gestione e archiviazione di documenti, stimata pari a circa il 7% del totale dei dipendenti. La reingegnerizzazione delle attività dovrà essere effettuata sia per i processi orizzontali (Accounting, Compliance, HR, ecc.) sia per quelli banking-specific, liberando il personale verso progetti considerati più rilevanti e verso attività e funzioni a maggiore valore aggiunto.

UniCredit, apripista sul tema paperless nel settore bancario italiano, ha previsto nel piano industriale 2020-2023 per la trasformazione e massimizzazione della produttività, l’adozione di nuove modalità di lavoro per ottimizzare costantemente i processi, migliorare l’esperienza del cliente e ottenere maggiore efficienza. In Italia per il cliente retail i servizi saranno totalmente paperless da metà del 2020, in Germania e Austria nel 2021, con una riduzione dei costi del 12%. Nella successiva fase della ricerca, sarà interessante verificare quanto della spesa per l’elaborazione dei documenti, oggi pari al 7-14% del totale dei costi, potrà ridursi nei prossimi anni, evidenziando le aree aziendali e i servizi bancari maggiormente idonei a divenire paperless.

c) Automazione: L’industria finanziaria, e il settore bancario nello specifico, si contraddistingue rispetto al comparto manufatturiero per l’elevata intensità informativa del suo prodotto, essenzialmente immateriale, e conseguentemente per la strategicità che l’Information Technology ha sul processo-prodotto bancario. In tale contesto di crisi economica-finanziaria e di compressione dei margini, l’uso intenso e diffuso di tecnologie rappresenta la leva principale a disposizione del management, attraverso l’efficientamento dei costi operativi e l’aumento della produttività, per mantenere la posizione acquisita nel tempo, e in taluni casi incrementare il vantaggio competitivo nei confronti dei rivali. Una conferma dell’indissolubile relazione tra il settore bancario e tecnologia è fornito dall’incremento degli investimenti ICT negli ultimi anni e dalla necessità di destinare ingenti investimenti nei prossimi piani industriali. Nonostante le condizioni di mercato sfavorevoli, si dovrà fare il possibile affinché il livello di investimenti si mantenga costantemente elevato, verificando che i benefici attesi derivanti dall’applicazione della tecnologia in termini di produttività e di efficienza siano superiori non solo ai costi diretti d’acquisto, ma anche i costi di manutenzione, formazione del personale e gestione della stessa tecnologia.

I campi di applicazione delle tecnologie sono diversi: da soluzioni di machine learning per il credit scoring e lo studio comportamentale della clientela, all’intelligenza artificiale a supporto del customer care, all’automazione dei processi ripetitivi a bassa variabilità. La Robotic Process Automation (RPA), in particolare, sta suscitando grande interesse ed aspettative all’interno del settore finanziario. Essa permette di interagire con le applicazioni in essere emulando task manuali, routinarie e ripetitive di una risorsa umana, consentendo di allocare il personale ad attività innovative a maggior valore aggiunto. I vantaggi sono notevoli: l’automazione permette di ottimizzare i costi operativi e il ritorno sugli investimenti, incrementare la produttività lavorando in modo continuativo 24/7, ridurre i tempi di lavorazione, diminuire i margini di errore umani, migliorare la soddisfazione dei clienti con servizi di maggiore qualità. La necessità di rispondere tempestivamente alle criticità di business connesse all’attuale contesto di crisi sta già determinando una forte accelerazione nell’adozione di strumenti di

EFFICIENZA E PRODUTTIVITÀ DEL PERSONALE NEL SETTORE BANCARIO ITALIANO.

LE LEVE INDUSTRIALI A SOSTEGNO DEI PIANI STRATEGICI POST CORONAVIRUS.

automazione, che rappresentano per il management bancario un asset fondamentale per ridurre la pressione sulle strutture operative e competere negli scenari futuri.

Potenzialmente, il successo dell’RPA risiederà nel vincere la sfida rappresentata dal costo minore del software robot rispetto alla manodopera offshore, da cui scaturisce l’attuale vantaggio economico derivante dall’arbitraggio del lavoro. Negli ultimi 20 anni la chiave strategica degli operatori finanziari è stata l’attività di offshore dei processi di middle e back-office nei Paesi con un minor costo del lavoro, quali Est Europa, Asia e America Latina. Oggi, la diminuzione dei differenziali tra il costo del lavoro onshore e offshore, le difficoltà legate al turnover del personale, le instabilità politiche e le correnti sovraniste mettono in forte discussione tale modello. Il basso costo d’esercizio e mantenimento dei robot, di circa 1/3 del costo di una risorsa offshore e 1/9 di una risorsa onshore, cambieranno radicalmente le strategie di internazionalizzazione e localizzazione e dei processi di innovazione. Secondo il rapporto “Rise of the Robots” di KPMG (2019), nei prossimi 15 anni una quota compresa tra il 45% e il 75% dei posti lavorativi delocalizzati verranno eseguiti dai robot. Il progresso tecnologico, dunque, avrà un ruolo importante nella composizione del back-middle office del settore bancario, abilitando strategie di reshoring, ossia di rientro nel paese di origine delle attività in precedenza delocalizzate all’estero, in seguito alle quali torneranno ad essere svolte presso l’headquarter le principali attività a valore aggiunto, come quelle legate alla gestione e all’utilizzo dell’informazione.

Limiti della ricerca. Evidentemente la ricerca si trova nella sua fase embrionale. Il piano di ricerca prevede una fase esplorativa field attraverso l’analisi di un case study, volto a fornire un riscontro empirico e una comprensione più approfondita della materia.

Implicazioni pratiche. Lo studio offre una sintetica sistematizzazione delle azioni industriali attuabili per il miglioramento della produttività e dell’efficienza della forza lavoro degli istituti bancari.

Originalità del lavoro. La ricerca vuole dare un riscontro concreto alle strategie di miglioramento dell’efficienza