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L EGITTIMAZIONE ATTIVA E PASSIVA

LA TUTELA APPRESTATA AL PASSEGGERO DALLE CARTE DEI SERVIZI PUBBLICI DI TRASPORTO

4.2. I PROCEDIMENTI DI RECLAMO P ROSPETTIVA PER UN POSSIBILE RAFFORZAMENTO DELLA TUTELA APPRESTATA :

4.3.3. L EGITTIMAZIONE ATTIVA E PASSIVA

Perché il cittadino possa esercitare l'azione in esame non è sufficiente che si verifichi una delle situazioni sopra descritte, ma è necessario, altresì, che da essa sia derivata una lesione diretta, concreta e attuale degli interessi tutelati. È opportuno, allora, chiarire quando possa essere considerata tale. Tralasciando le prime due caratteristiche di più facile comprensione, preme concentrarsi sull'attualità della lesione, per cui occorre che il malfunzionamento delle amministrazioni o la non corretta erogazione dei servizi pubblici non siano solo potenzialmente idonei a sacrificare le richieste del cittadino, ma che effettivamente, nel caso concreto, abbiano provocato al privato un danno che deve essere riparato immediatamente.

Non si può trascurare, però, che la disposizione secondo cui «nel

giudizio sulla sussistenza di tale lesione si tiene anche conto delle risorse strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione delle parti intimate» abbia fortemente limitato le ipotesi in cui può verificarsi la lesione

che legittima l'esercizio dell'azione

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Si v. a titolo esemplificativo la pronuncia del Tar Lazio, Sez. I, n. 1416/2012, con cui il giudice ha rigettato il ricorso presentato da un'Associazione forense e da singoli avvocati per la mancata adozione da parte del CSM di misure necessarie al buon funzionamento del servizio giustizia per la carenza di risorse. Al di là del problema di individuare gli specifici standard qualitativi violati, che nel caso di specie non risultavano essere stabiliti, il giudice amministrativo ha ritenuto di escludere la lesione tenendo conto della scopertura di organico sia del Ministero della Giustizia, con riferimento al personale amministrativo, che del CSM, per la carenza di personale di magistratura

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A ogni modo, tornando all'individuazione dei soggetti legittimati ad agire, ciò che contribuisce ad avvicinare l'azione in parola a quella collettiva prevista in altri ambiti è la possibilità che il ricorso sia proposto anche da associazioni o comitati. Nel caso in cui gli interessi degli associati siano lesi da una delle situazioni patologiche prima descritte, le associazioni o i comitati di appartenenza possono agire per il ripristino della funzione amministrativa o della corretta erogazione dei servizi pubblici.

La grande novità del riconoscimento della legittimazione ad agire anche in capo a gruppi organizzati deriva, però, dall'assenza dei limiti normalmente imposti — ma, invero, nel corso degli anni più volte superati in giurisprudenza — quali l'iscrizione dell'associazione in determinati elenchi ovvero una data rappresentatività territoriale.

Quanto, poi, ai soggetti nei cui confronti è possibile agire, il legislatore, dopo avere previsto tra i destinatari le amministrazioni pubbliche e i concessionari di pubblici servizi, ha operato alcune esclusioni, di cui la più rilevante è rappresentata certamente dalle autorità amministrative indipendenti. Con riferimento alle autorità indipendenti non sussistono dubbi circa la loro natura di pubbliche amministrazioni, per cui non si comprende la ratio dell'esclusione, se non forse nella volontà di non ostacolarne l'attività

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. D'altronde, la previsione che l'azione non possa essere esercitata nei confronti delle amministrazioni indipendenti è in linea con il mancato recepimento, all'interno del decreto di attuazione, del presupposto dell'omessa vigilanza tra gli inadempimenti rilevanti.

In materia di servizi pubblici, tali organismi rivestono un ruolo fondamentale nell'assicurare l'osservanza di standard qualitativi ed economici

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La criticità dell'esclusione delle autorità indipendenti è particolarmente evidenziata da A.BARTOLINI, La class action nei confronti della p.a. tra favole e realtà, in

www.giustamm.it., secondo cui la loro esenzione potrebbe essere idonea ad aumentare il

rischio di istituzioni autoreferenziali, essendo, tra l'altro, già sottratte al circuito di responsabilità politico-rappresentativo.

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predefiniti, controllando ed eventualmente sanzionando la non corretta erogazione dei servizi e adottando le misure necessarie per il relativo ripristino. Tuttavia, se per espressa (e criticabile) scelta del legislatore non viene in rilevo l'attività di vigilanza delle autorità indipendenti, non si vede perché l'azione finalizzata a garantire l'efficienza amministrativa non possa essere avviata anche nei loro confronti.

Probabilmente, come emerge anche dalla relazione illustrativa dello schema di decreto, le ragioni dell'esclusione devono essere ravvisate in due dati, uno sostanziale, l'altro formale.

Con riferimento al primo, confermando quanto detto in ordine ai poteri di vigilanza delle autorità indipendenti, l'Ufficio legislativo del Ministero per la Pubblica amministrazione e l'innovazione reputa tali soggetti inidonei a ledere direttamente gli interessi dei singoli, posto che essi non svolgono compiti di amministrazione attiva

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. Ciononostante, essi devono pur sempre agire secondo i principi di efficienza e buon andamento, ragion per cui il mancato esercizio di funzioni di amministrazione attiva non sembra una motivazione sufficiente per escludere la possibilità per i cittadini di ricorrere anche nei confronti delle amministrazioni indipendenti, se è vero che il giudizio di nuova introduzione,

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Sulla natura dell'attività posta in essere dalle amministrazioni indipendenti, si v. V. V. CAIANIELLO, Le autorità indipendenti tra potere politico e società civile, in Foro amm., 1997, 341, che individua proprio nella natura differente dell'attività svolta dalle autorità la via per superare i dubbi di costituzionalità concernenti tali peculiari organismi. Secondo l'Autore, infatti, tale attività non può essere considerata come amministrativa in senso stretto, intesa cioè come volta a curare interessi pubblici concreti. Solo le attività finalizzate al soddisfacimento dell'interesse pubblico possono essere qualificate come amministrative, mentre, posto che le autorità indipendenti nascono a seguito della privatizzazione di specifici settori, quelli affidati alla cura di tali soggetti non possono essere considerati interessi pubblici in senso stretto, bensì interessi della collettività. Ne consegue che “la collocazione dei nuovi

organismi non sarebbe più nello Stato-persona, perché essi non sarebbero titolari di interessi pubblici, bensì nello Stato-comunità, dovendo in una posizione di terzietà garantire il rispetto delle regole nei confronti di tutti i soggetti che siano portatori di interessi, sia generali che settoriali o particolari”. Pertanto, pur continuando a utilizzare una terminologia idonea a

ingenerare confusione (amministrazioni indipendenti), si ammette una sottrazione di tali soggetti dal meccanismo della responsabilità politica perché non svolgono attività amministrativa in senso stretto, ma anzi presentano “quel carattere arbitrale che deve essere

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al pari dell'intera riforma, mira ad assicurare in generale l'efficienza di tutte le amministrazioni.

Quanto, invece, al profilo formale, la relazione illustrativa chiarisce come le autorità amministrative indipendenti siano state escluse dai destinatari dell'azione perché non contemplate nel comma 2 dell'articolo 1 del d.lgs. 165/2001, e, dunque, dalla disciplina del pubblico impiego, cui si rivolge la riforma avviata con la legge delega 15/2009. Anche questa tesi non sembra pienamente condivisibile, posto che la nuova disciplina non va a incidere solamente sull'attività dei singoli funzionari o dipendenti pubblici, ma si propone di migliorare l'efficienza della struttura organizzativa delle diverse pubbliche amministrazioni, in cui devono essere certamente ricomprese anche le autorità indipendenti, seppure non contemplate dall'elenco meramente esemplificativo del Testo unico sul pubblico impiego.