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Convenzionalmente l'attività elettrica cerebrale è registrata tramite elettrodi per biopotenziali posizionati sulla testa o nelle orecchie. Poichè gli strati più esterni dello scalpo sono tipicamente cattivi conduttori, è necessario preparare la cute prima di applicare gli elettrodi; tale preparazione consiste di una prima fase di pulizia della regione di interesse tramite un'apposita pasta abrasiva, seguita dall'applicazione dell'elettrodo tramite gel o soluzione elettrolitica. Questa ha il duplice scopo di creare un contatto ottimale elettrodo-cute, favorendo la conduzione

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del segnale, e di mantenere un'adesione costante fra elettrodo e pelle, riducendo gli artefatti da movimento.

La presenza di un elettrolita è estremamente importante, in quanto le cariche elettriche non sono in grado di muoversi direttamente da un tessuto biologico a un metallo; la coppia di elettrodi funge quindi da trasduttore di segnali elettrici tra un mezzo a conduzione ionica (la soluzione elettrolitica) ed un mezzo a conduzione elettronica (il conduttore metallico).

L'interfaccia fra il punto di contatto dell'elettrodo e l'area da cui si deriva l'EEG costituisce un punto critico per l'intero procedimento di registrazione elettroencefalografica, e presenta caratteristiche funzionali relativamente complesse. Un elettrodo ideale dovrebbe possedere le caratteristiche di un circuito equivalente a un cavo metallico che permetta il libero passaggio di tutte le correnti generate dal cervello presenti all'inferfaccia senza limitazioni di frequenza e di direzione. Nella pratica il circuito equivalente è molto più complesso, e i valori dei componenti dipendono principalmente da tre fattori:

 l'elettrolita

 il materiale di costruzione dell'elettrodo

 la densità di corrente che passa attraverso la giunzione

Nelle derivazioni sulla superficie cranica, l'elettrolita utilizzato non deve causare irritazione e deve essere compatibile con il substrato chimico della cute. La parte attiva nella maggior parte degli elettroliti è un cloruro, usualmente di sodio (Na) o calcio (Ca).

C'è una grande varietà di materiali utilizzati per la costruzione di elettrodi; fra i metalli quelli più comunemente usati sono l'argento, l'acciaio inossidabile, l'oro e lo stagno.

I materiali per sensori non devono mai essere combinati in un'applicazione EEG, e dovrebbe essere utilizzato un solo tipo di metallo per l'elettrodo e per i cavi attivi. La presenza di metalli diversi può provocare una reazione elettrolitica causando un potenziale di offset DC sovrapposto al segnale.

Acquisizione e manipolazione del segnale EEG

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Tutti i materiali per sensori, tranne il cloruro d'argento (AgCl), forniscono una connessione metallica a contatto con la soluzione elettrolitica, e si dicono non polarizzabili. Poichè gli ioni non possono fisicamente entrare o uscire dal materiale del sensore, si accumulano all'interfaccia, formando uno strato capacitivo che blocca la corrente continua e le basse frequenze. Pertanto, mentre vari sensori metallici sono accettabili e comunemente utilizzati per l'EEG clinica, nessuno di essi è sufficiente per il lavoro a basse frequenze (0.01 Hz o inferiori) ad eccezione del cloruro di argento.

Quest'ultimo è un materiale per sensore ideale, non polarizzabile, in quanto è l'unico materiale in grado di scambiare ioni continuativamente; in teoria esso possiede una costante di tempo infinita, permettendo cosi anche la registrazione dei potenziali lenti senza distorsione del segnale.

Figura 2.1 Chimica all'interfaccia sensore-elettrolita quando si utilizzano elettrodi Ag-AgCl

La relazione tensione-corrente che descrive i fenomeni all'interfaccia elettrodo- elettrolita è funzione della frequenza ed è indipendente dalla densità di corrente, purchè essa rimanga al di sotto di un valore di soglia (0,5 𝑚𝐴/𝑐𝑚2 per elettrodi in

acciaio inossidabile). La relazione tensione-corrente può essere descritta mediante un'impedenza di elettrodo del tipo:

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𝑍(𝑗𝜔) = 𝐴1 + 𝑗𝜔𝜏

2

1 + 𝑗𝜔𝜏

1

che è interpretabile come la serie fra la resistenza 𝑅𝑠 dell'elettrolita ed il parallelo

fra la capacità 𝑅𝑑 e la resistenza 𝐶𝑑 dell'interfaccia elettrodo-elettrolita.

Il processo di misura del segnale EEG tramite una coppia di elettrodi superficiali può quindi essere rappresentato dal circuito equivalente:

Figura 2.2 Analogo elettrico della misura superficiale di un biopotenziale cerebrale

Tipicamente l'impedenza di elettrodo deve essere inferiore a 10 K per coppia di elettrodi.

2.1.1 Sistema di posizionamento standard 10/20

L'esatta disposizione degli elettrodi sullo scalpo è regolata dal sistema internazionale 10/20, un metodo standardizzato sviluppato alla fine degli anni '40. Il sistema 10-20 prevede il posizionamento degli elettrodi secondo linee ideali (linea sagittale antero-posteriore, mediale e laterale; linea coronale frontale, centrale e parietale) tracciate a partire da punti di repere fissi: l'inion (protuberanza esterna dell'osso occipitale), il nasion (piccola depressione immediatamente al di

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sopra del naso) e i punti preauricolari. La distanza tra un elettrodo e l'altro è sempre il 10% o il 20% della lunghezza totale della linea, da cui il nome del sistema. Ciascuna posizione dell'elettrodo viene denominata utilizzando una lettera e un numero (o una seconda lettera). La lettera si riferisce alla regione della corteccia sottostante (Fp = frontopolare, F = frontale, C = centrale, T = temporale, P = parietale e O = occipitale), i numeri indicano la lateralizzazione (i pari sull'emisfero destro, i dispari sul sinistro) mentre la lettera z individua la posizione sulla linea mediana.

Complessivamente quindi il sistema 10-20 comprende 19 siti, 8 sul lato sinistro, 8 sul lato destro e 3 centrali.

Figura 2.3 Posizioni degli elettrodi EEG sullo scalpo definite dal sistema 10-20

I segnali cerebrali prelevati sullo scalpo sono inviati tramite gli elettrodi ad amplificatori differenziali, ognuno dei quali ha un ingresso invertente ed uno non invertente, pertanto gli elettrodi sono sempre utilizzati a coppie.

Una coppia di elettrodi può essere posizionata secondo derivazioni monopolari o bipolari a seconda degli specifici requisiti sperimentali.

Nella derivazione monopolare un elettrodo viene posto sull'area elettricamente attiva, mentre l'altro (elettrodo di riferimento) in un sito elettricamente neutro (ad

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esempio il lobo dell'orecchio). La registrazione monopolare evidenzia il livello assoluto di attività elettrica sottostante il sito attivo e viene utilizzata principalmente per prelevare i segnali provenienti dalle zone più profonde del cervello. Nella derivazione bipolare, invece, entrambi gli elettrodi sono posti su siti attivi dell'area di interesse e il segnale rilevato corrisponde alla differenza che emerge tra le attività dei due siti. Il segnale così misurato rappresenta l'attività proveniente dagli strati esterni della corteccia, in quanto i potenziali generati da sorgenti più profonde vengono considerati di modo comune dall'amplificatore differenziale.

Oltre ai due ingressi, un amplificatore richiede anche una connessione a terra, che consente alla corrente di fluire tra essa ed il conduttore attivo o di riferimento, permettendo così all'amplificatore di operare. Pertanto, per il lavoro a singolo canale (un attivo, un riferimento, massa), sono necessari tre sensori. Per il lavoro a due canali, sono generalmente utilizzati un ulteriore attivo e riferimento, per un totale di cinque sensori.

Figura 2.4 Esempio di derivazione monopolare ad uno e due canali

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