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Eliminare la doppia imposizione economica attraverso le Convenzioni

Nel documento Le doppie imposizioni internazionali (pagine 91-94)

Capitolo 2 – Come prevenire ed eliminare le doppie imposizioni

2.5 Eliminare la doppia imposizione economica attraverso le Convenzioni

Si è detto in precedenza che i trattati internazionale contro le doppie imposizioni mirano a disciplinare le doppie imposizioni giuridiche e raramente quelle economiche. Con ciò non si vuole affatto indicare l’assenza di disposizioni in materia nei modelli OCSE; a supporto di tale tesi, due tipici istituti disciplinati nelle Convenzioni internazionali sono rappresentati dalle CFC e dal Transfer pricing.

In particolare in riferimento al Transfer pricing si creerebbe una doppia imposizione economica qualora, nel corso di una transazione tra due Stati non conclusa secondo valori normali, l’Amministrazione finanziaria di uno dei due Paesi riscontrasse una maggior base imponibile o minori costi deducibili e, l’altro Paese contraente non operasse una rettifica in misura corrispondente e di segno contrario.

La procedura del Transfer pricing è stata istituita anche per evitare tale problematica facendo in modo che le imprese operino sul mercato effettuando transazioni secondo valore normale.

Nel caso in cui però la doppia imposizione si manifestasse, l’unico modo per eliminarla sarebbe quello di affidarsi a quanto disposto dalle convenzioni internazionali.

Difatti lo Stato controparte non è obbligato ad effettuare una rettifica sui redditi esteri. Ciò avverrebbe spontaneamente soltanto se tale Stato ritenesse che la rettifica riflettesse correttamente gli utili che si sarebbero conseguiti nel caso in cui l’operazione si fosse conclusa secondo valori normali.

L’art. 25 del modello OCSE disciplina quindi la procedura amichevole, ossia una procedura volta al raggiungimento di un accordo tra le Amministrazioni finanziarie dei due Paesi coinvolti, con il fine di eliminare così la doppia imposizione economica. Tale meccanismo prevede che il soggetto interessato sottoponga la problematica in questione alle autorità competenti dello Stato di cui è residente le quali, se ritengono fondate le motivazioni sottostanti il ricorso, cercheranno un modo per interagire con le autorità dello Stato controparte allo scopo di pervenire amichevolmente ad una soluzione conforme alla tassazione prevista dal Trattato275.

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La procedura amichevole però non è obbligatoria per lo Stato controparte e dunque non garantisce che le Amministrazioni dei due Paesi giungano per forza ad un accordo comune276.

Esiste tuttavia la possibilità per il soggetto richiedente di attivare un arbitrato in caso di mancato accordo amichevole tra i due Paesi decorsi due anni dalla denuncia del caso alle autorità competenti277, anche se tale procedura non è sempre attivabile in quanto

prevista da pochissime Convenzioni278.

In base a quanto disposto dalla Convenzione Multilaterale BEPS279 in relazione a tale

argomento, l’Italia ha scelto di applicare la procedura arbitrale fermo restando che i

276V. Uckmar, G. Corasaniti, P. De’ Capitani di Vimercate, “Diritto tributario internazionale”, pag. 103, Cedam, 2009

277M. Trivellin, “Contributo allo studio degli strumenti di soluzione delle controversie fiscali internazionali”, pag. 110, Giappichelli, 2017; P. Valente, “Manuale del transfer pricing”, pag. 1666,

Wolters Kluwer, 2015; W.W. Park, “L’arbitrato nei trattati”, in Riv. dir. trib. internaz. , 2003 278P. Valente, “Manuale del transfer pricing”, pag. 1703, Wolters Kluwer, 2015

279“La Convenzione Multilaterale BEPS (Base Erosion and Profit Sharing) è un trattato stipulato nel 2017 da oltre settanta Paesi e nato con lo scopo di contrastare fenomeni elusivi ed evasivi contro cui le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni non hanno trovato un adeguato presidio. L’obiettivo è dunque quello di assicurare che i profitti siano sottoposti a tassazione laddove vengono svolte le attività economiche che li generano.

La Convenzione contiene una serie di disposizioni che vanno a modificare i trattati contro la doppia imposizione stipulati bilateralmente dagli stessi Stati che aderiscono a tale Convenzione, senza l’esigenza di procedere ai procedimenti di modifica dei trattati.

Si tratta quindi di una modifica automatica secondo la quale i trattati originariamente stipulati rimangono in vigore ma ogni modifica di tali documenti non presuppone uno stravolgimento del trattato ed una conseguente ratifica del nuovo trattato, anzi, le disposizioni contenute nella Convenzione Multilaterale su ciascuna specifica materia si considerano sostitutive di quelle contenute nell’accordo bilaterale.

In particolare, sussistono varie tipologie di disposizioni modificative. È possibile pervenire a:

- disposizioni obbligatorie, per le quali non è prevista nessuna disapplicazione;

- disposizioni per le quali ciascuno Stato può avvalersi di apposite riserve ai fini della loro disapplicazione, totale o parziale.

Qualora uno Stato manifesti una riserva circa una certa disposizione, tale riserva impedisce che il trattato subisca le conseguenti modifiche, anche se lo Stato controparte non abbia espresso la suddetta riserva.

In ogni caso la riserva può essere ritirata o sostituita con una più lieve, in qualsiasi momento e dalla parte che l’ha espressa.

- disposizioni per le quali è data la possibilità di optare tra diverse alternative. In tale situazione la disposizione opera e modifica entrambe le Convenzioni dei due Paesi sottoscrittori del trattato a patto che l’opzione scelta sia la medesima da parte di entrambi gli Stati.

L’obiettivo della Convenzione è quello di modificare i rapporti bilaterali attraverso le disposizioni esposte, con lo scopo di eliminare la doppia imposizione con riferimento alle imposte e senza creare opportunità di non imposizione o di ridotta imposizione attraverso l’elusione o l’evasione fiscale”.

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contribuenti possano avvalersi di tale meccanismo solo qualora anche l’altro Stato controparte abbia scelto di applicare la medesima procedura.

Tuttavia lo Stato italiano ha posto delle riserve sull’esercizio di tale procedura.

Tali riserve permettono di non applicare l’arbitrato qualora nel caso in cui, “in una questione non risolta e concernente un caso di procedura amichevole, sia già stata resa una decisione su tale questione in sede giudiziaria o espressa da un tribunale amministrativo di uno dei due Stati”.

Ancora, qualora “in un qualsiasi momento successivo alla presentazione della richiesta di arbitrato e prima che il collegio arbitrale abbia comunicato la propria determinazione alle autorità competenti dei due Stati, sia resa in sede giudiziaria o da un tribunale amministrativo di uno dei due Stati una decisione concernente la questione, il processo arbitrale termina”.

Tuttavia la decisione arbitrale non trova esecuzione e non risulta pertanto vincolante, nel momento in cui le autorità degli Stati controparte concordino per una soluzione diversa da quella definita dall’arbitrato e riguardante tutte le questioni irrisolte per le quali non era stato raggiunto amichevolmente un accordo nelle trattative precedenti. Tale accordo però deve essere intrapreso al massimo entro tre mesi dalla comunicazione alle autorità competenti circa la decisione arbitrale280281.

F. Tesauro, “Istituzioni di diritto tributario”, pag. 404-404, UTET Giuridica, 2018; M. Agri, “UE: sei nuove

disposizioni rafforzano il progetto BEPS”, in www.fiscooggi, 2017; V. Rossi, “OCSE: nasce il framework sul BEPS contro l’elusione internazionale”, www.fiscooggi.it, 2016

280In tal senso, si veda paragrafo 2 art. 24 della Convenzione.

281M. Trivellin, “Contributo allo studio degli strumenti di soluzione delle controversie fiscali internazionali, con particolare riguardo al transfer pricing”, Giappichelli, 2017; M. Lang – J. Owens, “International arbitration in tax matters”, IBFD, 2016

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