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EMILIO CECCHI Messico

« Piccola Biblioteca Adelphi », pp. 200, L. 12.000 * * Ristampe: Christopher Burney CELLA D'ISOLAMENTO Alfred Lichtenstein STORIE DI KUNO KOHN Eugène N. Marais L'ANIMA

DELLA FORMICA BIANCA Leonora Christina Ulfeldt MEMORIE

DALLA TORRE BLU William Carlos Williams NELLE VENE

DELL'AMERICA W.B. Yeats UNA VISIONE

ELEONORA BAIRATI E A N N A FI-NOCCHI, Arte in Italia, Linea-menti di storia e materiali di stu-dio, Loescher, Torino 1984, voi.

I, pp. 512, ili. 1011 + 27, Lit. 18.500; voi. Il, pp. 502, ili. 831 + 33, Lit. 18.500; voi. III, pp. 682, ili. 1031, Lit. 24.500.

In questi tre volumi i lineamenti di storia si intrecciano senza prevale-re con quei materiali di studio che ne costituiscono la caratteristica più appariscente: corredo iconografico, schede, repertori, schede didattiche, elenchi di musei e raccolte, tabelle sull'emigrazione e l'immigrazione degli artisti, orientamenti bibliogra-fici. Il materiale iconografico, in pri-mo luogo, ricco, non esornativo, con le riproduzioni di pressoché tutte le opere citate, di regola impaginate in stretta correlazione con il testo. È un dato tutt'altro che secondario, perché familiarizza con una norma fondamentale, anche se spesso disat-tesa, di questi studi, cioè la necessità di affrontare ogni fatto artistico a partire dalla sua conoscenza. Le illu-strazioni sono in bianco e nero, ma il primo e il secondo volume sono cor-redati da un inserto (previsto anche per il terzo) che individua per il co-lore proposte di percorsi anche in aspetti meno prevedibili (per esem-pio l'architettura). Alle fotografie si aggiungono carte geografiche a te-ma, rilievi architettonici anche di

edifici scomparsi; ma soprattutto il lettore è sollecitato da inviti non sot-tintesi alla visione diretta e alla con-siderazione approfondita. Anche per questi scopi sono presenti schede e repertori che, senza schemi preco-stituiti, formano in parte o del tutto i vari capitoli. Si tratta di testi

mo-nografici illustrati, dedicati rispetti-vamente a centri, imprese decorati-ve, committenti, oppure a tipologie, produzioni, itinerari.

L'individuazione ricorrente di te-mi e percorsi geografici all'interno della gabbia cronologica è una delle costanti del testo, e anche uno degli elementi di maggior interesse e no-vità: le autrici considerano questa la chiave di lettura più appropriata per un fenomeno frazionato come quel-lo italiano, in cui varietà e articola-zione prevalgono su qualsiasi carat-tere unitario e dimostrano così di credere che l'insegnamento della storia dell'arte ha senso unicamente come promozione di una coscienza del territorio; per usare una loro espressione, come educazione civica.

Si parla così di arte piuttosto che di storia dell'arte, e si definisce una geografia artistica della penisola. Si parla di arte con l'iniziale minusco-la, di testimonianze che vanno dagli assetti territoriali e urbani agli og-getti d'uso. Questa assunzione di te-matiche così diverse all'interno del concetto di arte avviene con molta

naturalezza, e questo è uno dei lati più positivi di questo manuale, che ci risparmia sgradevoli rivendicazio-ni corporative dei diritti delle arti minori troppo conculcati ed esalta-zioni del molo politico dell'urbani-stica o della dignità intellettuale dell'architettura. Allo stesso modo

tutti i centri e tutti i periodi, anche i più trascurati dalla pratica didattica e dalla cultura media, trovano citta-dinanza in questo ampio panorama. Due soli esempi: Trieste, la cui ve-duta aerea è pubblicata con ampia didascalia (voi. Ili, p. 289) e Siena, citata anche oltre gli splendori tre-quattrocenteschi. Va da sé che, con questi presupposti, arte non può identificarsi con bellezza: e infatti si parla perfino dei monumenti ai ca-duti della prima guerra mondiale, a cui si dedica, nel III volume, un do-cumentato repertorio (pp. 593-594).

Si potrà esprimere il timore che, in tanta vastità, ci si possa smarrire e perdere il senso della qualità. Proba-bilmente le autrici risponderebbero che non si erano proposte un'educa-zione al bello. Ma certamente è più efficace e formativo del silenzio e di citazioni rapide e imbarazzate dedi-care una scheda al Vittoriano (voi. Ili, p. 481) e definirlo un "pastiche che assomma ricordi dell'area di Per-gamo e del santuario di Palestrina". E evidente che ambizioni così ele-vate e materiali tanto vasti hanno

ri-chiesto alle due autrici uno sforzo di approfondimento e di aggiornamen-to notevole, superiore a quello con-sueto per compilazioni più conven-zionali. Così appare impietoso con-testare, in una trattazione che va dalla preistoria al 1945, singole attri-buzioni, datazioni, notizie, che non inficiano altro che in minima parte il valore della loro fatica. E del resto, le imprecisioni possono essere corret-te in edizioni successive, senza con-tare che ognuno è in grado di muo-vere rilievi solo nell'ambito ristretto della propria specializzazione. Un'eccezione è, però, la collocazio-ne a metà Trecento del Trionfo della

Morte di Pisa, che qui si continua a

spiegare con la crisi successiva alla peste del 1348 e a mettere in relazio-ne con affreschi di ugual soggetto ma più tardi, come quello dell'Or-cagna in Santa Croce a Firenze o quello di palazzo Sdafani a Palermo (voi. I, pp. 468-9). Se si appunta l'attenzione su questo esempio è perché la risistemazione cronologica della pittura trecentesca è stata in questi anni al centro di ricerche e di-battiti (dei quali l'anticipazione del

Trionfo di Pisa e la sua attribuzione

a Buffalmacco non sono che uno dei risultati), di studi la cui eco non si ri-trova che scarsamente nelle pagine di questi volumi. Se piuttosto si cer-ca di risalire alle fonti di aggiorna-mento e di documentazione, le trac-ce conducono in prevalenza alle ri-cerche divulgate in occasione di re-centi mostre. Come non riconoscere, per esempio, nel capitolo dedicato a

L'arte di corte nella Firenze grandu-cale (XXI del II volume) molti dei

temi rilanciati e perfino delle opere esposte in occasione delle mostre medicee del 1980? Questa impres-sione è confermata dal largo spazio concesso negli orientamenti biblio-grafici a cataloghi di mostre, anche ad alcuni scadenti o fuorviami

(Lo-renzo Lotto nelle Marche, Ancona

1981). E vero che le mostre sono sta-te e sono in questi anni fenomeni tutt'altro che trascurabili nella cul-tura di massa, e che alcune hanno dato luogo ad acquisizioni impor-tanti; ma la loro promozione indi-scriminata va in una direzione oppo-sta a quella coscienza del territorio che tanto sta a cuore ad Eleonora Bairati, ad Anna Finocchi, a chi scri-ve e a molti altri. Per questo motivo l'attenzione prevalente concessa alle mostre, più che fonte di sproporzio-ni o inesattezze, sembra un'incon-gruenza rispetto alle premesse e alle intenzioni.

L'efficacia di questo strumento didattico si potrà misurare fra qual-che anno, se il testo avrà la fortuna che si merita. Non solo, cioè, se verrà riconosciuto il suo valore, e se verrà largamente adottato, ma so-prattutto se gli insegnanti ne faran-no buon uso. Come le stesse autrici precisano, questo non è un manuale da studiare da cima a fondo: privile-giare, e anche integrare, i materiali relativi al proprio ambiente è proba-bilmente una delle più interessanti scelte possibili, forse quella sperata e suggerita, certo una via per studiare bene la storia dell'arte, senza com-plessi di inferiorità rispetto alle capi-tali artistiche, anche nei tanti centri minori d'Italia.

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