tipologie e applicazioni
7.1 Life Cycle Assessment (LCA)
7.1.1 Environmental Product Declaration (EPD)
Tra i vari strumenti esistenti per determinare l’ecocompatibilità di un prodotto, si è scelto di approfondire in questa tesi l’EPD, poiché è lo strumento, fornito da Plastics Europe, attraverso il quale sono state reperite le informazioni per costruire il bilancio di massa e di energia delle materie derivate da combustibili fossili prese in esame.
L’EPD®, o Environmental Product Declaration, è una Dichiarazione Ambientale di Prodotto (DAP), una certificazione riconosciuta a livello internazionale che fornisce informazioni circa l’impatto ambientale di prodotti o servizi, durante il loro ciclo di vita.
La Dichiarazione deve essere organizzata facendo riferimento all’analisi del ciclo di vita di un prodotto, basata su uno studio LCA (Life Cycle Assessment), che, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, definisce il consumo di materie prime e gli impatti ambientali durante tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto. Alcune EPD fanno riferimento a studi LCA “dalla culla alla tomba”, prendendo in esame l’intera vita di un prodotto o servizio (dall’estrazione delle materie prime fino al riciclo e smaltimento), mentre la maggior parte di esse si concentra su analisi “dalla culla al cancello”, focalizzandosi sui prodotti fuori opera, fornendo per essi una vera e propria
“carta d’identità ambientale”.60
Questo tipo di informazioni sono al giorno d’oggi fondamentali sia per le industrie produttrici, che hanno la possibilità di scegliere il ciclo di produzione di un bene a parità di unità funzionale ottenendo benefici dal punto
60 R. Giordano, I prodotti per l’edilizia sostenibile. La compatibilità ambientale dei materiali nei processi edilizi, Sistemi Editoriali (2010), p. 75.
di vista ambientale, sia per i progettisti che adoperano i prodotti fuori opera, in modo tale da poter effettuare scelte mirate perseguendo l’obiettivo di un progetto sostenibile.
Le informazioni fornite da una EPD devono essere chiare e univocamente condivise, basate su informazioni oggettive e dati scientifici, in modo tale che tutti possano trarre le stesse conclusioni, senza incorrere in fraintendimenti. Questo tipo di impostazione è regolamentata dalla normativa UNI ISO 14025:2006,61 relativa alle etichette e dichiarazioni ambientali, in particolare alle Dichiarazioni ambientali di Tipo III.
Le etichette ambientali, anche definite marchi ecologici o eco-etichette, sono un sistema di identificazione volontaria per processi/prodotti/servizi, garantendo che i suddetti siano ideati e creati limitando l’impatto sull’ambiente in tutto il loro ciclo di vita o solo per ad un aspetto di esso.
Il grande vantaggio delle etichette ecologiche è che permette al consumatore di fare scelte sostenibili in modo consapevole, ma allo stesso tempo spinge i produttori all’innovazione tecnologica e al miglioramento dei loro prodotti dal punto di vista dell’impatto ambientale.
I marchi ecologici sono istituiti da organizzazioni indipendenti o istituzionali, guidate dalla normativa UNI EN ISO 14020:2002 nella realizzazione degli standard da seguire rispettivamente in ogni categoria di prodotto.
Organismi certificatori hanno poi il compito di verificare la compatibilità del marchio ecologico con gli standard da rispettare.
Queste certificazioni hanno carattere selettivo, perché hanno diritto di entrarne a far parte solo quei prodotti o servizi che hanno registrato il più basso tasso di impatto ambientale per la medesima categoria, senza venir meno ad aspetti importanti come la competitività economica e qualitativa. Un altro punto a favore è il loro carattere volontario, dal punto di vista delle leggi a cui fanno riferimento: le etichette ambientali si impongono di seguire standard superiori a quelli previsti dalla legge, svincolandosi da restrizioni e conformità a cui sono strettamente legate altre certificazioni come il marchio CE in Europa.
61 Oggi sostituita dalla normativa UNI EN ISO 14025:2010, Etichette e dichiarazioni ambientali - Dichiarazioni ambientali di Tipo III - Principi e procedure.
Esiste una sostanziale differenza tra etichetta (o marchio) e dichiarazione ambientale, messa in luce dalla normativa di riferimento UNI EN ISO 14020:2002. Un’etichetta ambientale fa riferimento a requisiti ambientali specifici, valutabili su una scala prestazionale ben definita, mentre una dichiarazione ambientale, in genere realizzata dal produttore e verificata da esso o da terzi, dà informazioni sulle prestazioni ambientali dei prodotti e servizi presi in esame, ma senza dover sottostare a requisiti prestabiliti.
La norma UNI EN ISO 14020:2002 classifica e descrive le etichette e le dichiarazioni ambientali in tre tipologie:
• Tipo I: fanno parte di questa tipologia i marchi di eccellenza che sottostanno a criteri precisi e inclemenza scientifica, creati da un ente esterno e indipendente. Fa parte di questa categoria il marchio europeo di qualità ecologica Ecolabel (UNI EN ISO 14024:2018);
• Tipo II: fanno parte di questa tipologia i marchi e le dichiarazioni ambientali che auto-dichiarano produttori, importatori o distributori di beni e servizi, senza l’intervento di enti certificatori o di organizzazioni istituzionali a controllo di essi. Un esempio di questa classe è rappresentato dalle informazioni circa la percentuale di prodotto riciclato o compostato impiegata, riportate sui prodotti messi in commercio (UNI EN ISO 14021:2016);
• Tipo III: fanno parte di questa tipologia i marchi e le dichiarazioni ambientali che non rispettano limiti restrittivi e parametri ambientali prefissati, al contrario del Tipo I, ma forniscono informazioni oggettive sugli impatti ambientali del ciclo di produzione di un bene o servizio, attraverso studi LCA. Non è prevista alcuna modalità di valutazione o criteri minimi da rispettare, per cui queste dichiarazioni hanno carattere puramente informativo. Le dichiarazioni appartenenti a questa categoria sono sottoposte a controllo da parte di enti indipendenti e scritte in una forma chiara e comparabile. Tra queste rientrano, come precedentemente detto, le Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (DAP) (UNI EN ISO 14025:2010).
L’ambito di applicazione di una EPD copre tutte le categorie di prodotti e servizi. Così come per gli studi LCA, anche per l’EPD è importante definire bene l’unità funzionale del prodotto o servizio indagato, in modo da poter comparare prodotti appartenenti alla medesima categoria, distinguendoli in base al loro impatto sull’ambiente.
Questo tipo di certificazione, infatti, permette alle aziende di comparare diversi sistemi di produzione per
individuare quello col minore impatto e maggiore impiego di fonti di energia rinnovabile e materiali riciclati, a parità di prodotto.
Una Dichiarazione Ambientale di Prodotto mette a disposizione informazioni su un determinato range di argomenti: consumo delle risorse (rinnovabili e non rinnovabili), consumo di energia primaria, valutazione dell’effetto serra e cambiamenti climatici, con conseguente assottigliamento dello strato di ozono e creazione di piogge acide, produzione di rifiuti. Questo tipo di valutazioni ha anche ricadute importanti sulla trasparenza delle informazioni che un produttore di beni e servizi può rilasciare ai consumatori. Per realizzare una EDP è necessario definire le Product Category Rules (PCR), ossia le Regole Specifiche per Categorie di Prodotto, reperire le informazioni da uno studio LCA e redigere la Dichiarazione Ambientale di Prodotto (Fig. 59).
Le PCR, definite da chi realizza l’EPD per ogni categoria di prodotto, racchiudono le regole per la redazione dell’LCA e della stessa EPD. Per mezzo delle PCR, delle vere e proprie schede tecniche dei prodotti, il produttore o l’ente che organizza l’EPD stabilisce in maniera chiara e condivisa tutte le caratteristiche del prodotto o servizio. Sempre in conformità con quanto stabilisce la norma UNI EN ISO 14040:2006, le PCR devono stabilire i parametri per l’applicazione dello studio LCA, definendo l’unità funzionale, i confini dello studio, e gli aspetti ambientali più rilevanti.
Fig. 59 Schema delle fasi per la creazione di una EPD.
Lo studio LCA, come abbiamo già appurato, permette di quantificare i consumi energetici e di valutare gli impatti ambientali del ciclo di vita di un prodotto o servizio, in base a quanto prescritto dalla normativa di riferimento e indicato dalle PCR. In questo caso, lo studio prevede di realizzare un’analisi di inventario attraverso le informazioni reperite dalle PCR e i limiti di queste, ad esempio reperendo i dati primari mancanti da banche dati esterne. Dopo aver concluso l’analisi d’inventario, è possibile destinare ad ogni effetto sull’ambiente tutti gli
impatti e le emissioni che contribuiscono alla formazione dello stesso, allocando e quantificando, per esempio, tutte le emissioni in atmosfera che contribuiscono alla formazione dell’effetto serra. Tutti i valori così ottenuti, moltiplicati per i relativi fattori di conversione, non sono immutabili nel tempo, ma sono riferiti ad un determinato periodo ed avanzamento tecnologico, prestabiliti nelle PCR. La Dichiarazione Ambientale di Prodotto, infatti, ha durata pari a due anni, favorendo il continuo aggiornamento tecnologico.
Si redige, infine, la Dichiarazione Ambientale vera e propria: un report chiaro e dettagliato che fornisce informazioni in modo trasparente sulle caratteristiche delle aziende o enti coinvolti, sul processo produttivo adottato, sul metodo di analisi e calcolo usati, sui consumi energetici, gli impatti e gli effetti prodotti sull’ambiente.
Il documento così redatto, prima di essere pubblicato, deve essere sottoposto al vaglio di un organismo di certificazione autorizzato e indipendente.
Ottenuta l’approvazione da parte dell’ente preposto, l’EPD è pronta per essere pubblicata e adoperata da produttori e consumatori, per realizzare le proprie scelte in maniera sostenibile.