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L’equilibrio di efficienza sociale

agglomerazioni: una proposta da cui partire.

3) è utile, ma non è condizione sufficiente né sempre necessaria,

4.4. L’equilibrio di efficienza sociale

Osservando attentamente quanto proposto sopra, si scopre come in realtà ci sia un comune denominatore a tutte le tipologie di interventi riconducibile a questi due strumenti:

- finanziamento/sussidio

- intervento normativo di supporto

Tale risultato nasce all’interno di un obiettivo di politica economica che mira ad aumentare la produttività del sistema agglomerato.

Tali risultati li possiamo ottenere tuttavia, anche da un altro punto di vista proprio delle esternalità, ovvero quello della efficienza

allocativa che ora dobbiamo introdurre per completare il quadro di

riferimento complessivo.

L’oggetto della policy rimane lo stesso fin qui analizzato (le esternalità) ma cambiano le finalità del policymaker: non si tratta più di un obiettivo di efficienza produttiva ma di un obiettivo di efficienza sociale, ovvero il problema non più “il territorio che genera esternalità che migliorano la produttività”, ma “il territorio che genera le esternalità che determinano effetti anche in termini allocativi”.

Come introdotto infatti nel capitolo I, la questione delle esternalità va affrontata, per coerenza terminologica implicita nell’uso del binomio esternalità-territoriale, anche in termini di efficienza sociale e nel particolare esaminando come questi vantaggi e svantaggi necessariamente aprano una questione di compensare o punire chi li genera riequilibrando i guadagni o perdite dal punto di vista sociale e non del singolo e di pochi agenti economici.

Riprendendo le figure 1-2 del capitolo iniziale, la questione è facilmente chiarita.

Nel caso per esempio di una esternalità negativa sulla produzione, come ad esempio l’inquinamento, in un mercato concorrenziale, si genera un equilibrio inefficiente caratterizzato da una produzione più alta e un prezzo più basso rispetto ai livelli socialmente ottimali: ciò

della produzione del bene e non il costo sociale e la conseguenza è una distorsione del mercato, il “fallimento del mercato”. Nel momento in cui invece noi andiamo a prendere in considerazione anche il costo dell’esternalità dell’inquinamento, l’offerta (i costi privati) aumentano determinando una traslazione verso l’alto della curva di offerta, “trasformandosi” in una curva di costi sociali.

Infatti, il costo marginale sociale della produzione di un bene che genera una esternalità negativa è dato dalla somma del costo marginale sostenuto dall’impresa con il costo marginale della esternalità che essa infligge alla collettività: il costo per la società è maggiore del costo del produttore.

Il prezzo e la quantità ottima socialmente è quella ottenuta dalla intersezione della nuova curva sociale con la domanda privata, caratterizzata per l’appunto da un prezzo maggiore e una quantità minore.

Allo steso modo, un esternalità positiva nella produzione, come il valore della diffusione della tecnologia o spillover di conoscenza, determinano una traslazione verso il basso dell’offerta (costi privati) trasformandosi in una curva di costi sociali che determina, assieme alla curva di domanda privata, il nuovo equilibrio di ottimo sociale (detto anche Pareto-efficiente) caratterizzato da un minor prezzo e maggiori quantità.

In generale si ottiene che:

- nel caso dell’esternalità negativa, la produzione o consumo induce il mercato a fornire quantità maggiori rispetto a quelle che sono socialmente desiderabili; i costi associati a tali quantità diventano maggiori dei costi privati per i produttori e i consumatori.

- nel caso dell’esternalità positiva, la produzione o il consumo induce il mercato a fornire quantità minori rispetto a quelle che sono

socialmente desiderabili; il mercato determina un’offerta inferiore alla quantità socialmente desiderabile.

Quindi l’esternalità determina inefficienza e quindi fallimenti di mercato che devono essere corretti: guardando all’interesse sociale che va oltre il singolo benessere dei produttori e che considera anche il benessere dei soggetti terzi non coinvolti nell’attività di mercato, il policymaker dovrà intervenire per portare l’economia verso l’equilibrio di ottimo sociale.

Per fare ciò occorre che i soggetti considerino gli effetti esterni delle loro attività cioè che internalizzino l’esternalità (positiva o negativa):

l’intervento di policy dovrà incentivare o obbligare i soggetti a farlo attraverso una tassazione in caso di esternalità negative o un finanziamento/sussidio in caso di esternalità positive o attraverso norme ad hoc. Ciò a cui miri il policymaker è l’internalizzazione delle esternalità.

Il fallimento di mercato è quindi corretto incentivando l’economia a spostarsi dall’equilibrio di mercato inefficiente all’equilibrio socialmente ottimo: il governo può internalizzare l’esternalità di produzione sussidiando la produzione cioè pagando il produttore di più rispetto alla quantità di equilibrio e raggiungere la quantità socialmente desiderabile.

Ma l’azione pubblica non è l’unica possibile per raggiungere l’equilibrio socialmente ottimo.

Infatti, l’assunzione di comportamenti non opportunistici e cooperativi, raggiungibili attraverso per esempio a meccanismi di punizioni, contribuiscono al raggiungimento di un sistema economico di equilibrio ottimo senza la necessità di un intervento pubblico correttivo.

Dunque in generale esistono altri implicazioni di policy oltre l’intervento pubblico di tassazione/sussidio che riguardano i privati e che sono ad esempio l’accettazione di :

- codici morali e sanzioni sociali

- contratti privati

Ovviamente il secondo è sostenuto dal Teorema Coase per cui se i soggetti privati possono contrattare senza costi l’allocazione delle risorse allora il mercato può risolvere da solo il problema delle esternalità.

Nel momento in cui tuttavia, le condizioni del Teorema di Coase venissero meno per la presenza di costi troppo alti di transazione (intesi come i costi nei quali incorrono i soggetti privati per raggiungere e mettere in atto un accordo) allora l’interveto pubblico è

nuovamente chiamato in causa e può intervenire riducendo tali costi o definendo meglio i diritti di proprietà.

Per ultimi si osservi come l’equilibrio ottimo può essere raggiungo anche attraverso mezzi coercitivi, normativi.

Le Autorità Pubbliche fissando delle regole possono proibire alcuni comportamenti o richiederne degli altri (come la fissazione di livelli massimi di inquinamento): anche in questo caso si internalizza l’esternalità obbligando gli attori economici a operare secondo l’equilibrio di ottimo sociale.

4.5 I motivi di un intervento pubblico: gli