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VARICELLA (E HERPES ZOSTER)

3. Eradicare le malattie infettive

Successi e sfide

Premessa

Eradicare una malattia infettiva significa otte-nere che la malattia smetta di circolare nel geotte-nere umano (Bartlett J.G., 2012). L’eradicazione di una malattia infettiva, pertanto, rappresenta un formidabile obiettivo per la sanità pubblica, poi-ché permette da una parte di abbattere la morbo-sità e la mortalità correlate alla diffusione della malattia, dall’altra di risparmiare ingenti risorse economiche che possano essere investite per altre cause (Barrett S., 2013).

Per due delle malattie che sono state effettiva-mente debellate, il vaiolo e la peste bovina, il maggior contributo si deve alle vaccinazioni.

Le strategie di eradicazione della poliomielite (uno dei più grandi obiettivi di sanità pubblica a livello mondiale) e del morbillo (già eliminato nelle Americhe nel 2002) si basano sul raggiun-gimento di alte coperture vaccinali in tutti i Paesi del mondo (Omer S.B., 2013). Le malattie infet-tive, infatti, non riconoscono confini geografici e/o politici e tutte, in particolare quelle preveni-bili da vaccino, richiedono un approccio globale e non localistico per la loro prevenzione ed il loro controllo (Ferro A., 2013).

Il Programma Esteso di Immunizzazione (EPI), istituito dalla WHO (World Health Organi-zation) con l’obiettivo di garantire a tutti l’ac-cesso alle vaccinazioni cosiddette “salva-vita”,

ha permesso di ottenere notevoli risultati a li-vello mondiale nel controllo delle malattie infet-tive prevenibili con i vaccini. Dall’introduzione dell’EPI nel 1974, le coperture vaccinali nei con-fronti delle principali malattie infettive dell’infan-zia hanno subito una notevole ascesa nei Paesi in via di sviluppo, passando rapidamente da meno del 5% ad oltre l’80% e raggiungendo così i li-velli di molti Paesi industrializzati (Greenwood B., 2014). La mortalità dovuta a morbillo, te-tano, difterite e pertosse si è ridotta al di sotto dei minimi storici e si è ottenuta l’interruzione della trasmissione del virus della poliomielite in quasi tutti i Paesi del mondo (Okwo-Bele J.M., 2011).

L’impatto dell’EPI non è stato confinato solo ai Paesi in via di sviluppo. Si stima infatti che più di 100 milioni di casi di malattie infettive sono stati prevenuti dal 1924 grazie alle vaccinazioni (Greenwood B., 2014). Altro grande contributo nel controllo delle malattie infettive a livello mon-diale si deve alla Alleanza Globale per la Vaccina-zione e l’ImmunizzaVaccina-zione (GAVI), costituita nel 2000 come coalizione di organizzazioni pubbliche e private, con la missione comune di migliorare l’accesso alle vaccinazioni nei Paesi in via di svi-luppo (GAVI, 2015).

Nonostante i progressi nelle attività di immu-nizzazione, gli sforzi per eradicare le malattie prevenibili con i vaccini si scontrano con molti ostacoli, primo fra tutti il rifiuto delle

vacci-globale della poliomielite, contribuendo alla per-sistenza della trasmissione del virus in alcune co-munità del Nord della Nigeria e in Pakistan e alla conseguente reintroduzione della malattia in quei Paesi in cui la diffusione era stata interrotta. Allo stesso modo, la persistenza dei casi di morbillo in Europa, in parte attribuita al rifiuto vaccinale, mi-naccia la sua eliminazione nel nostro continente e quindi la sua eradicazione a livello globale (Omer S.B., 2013).

Paradossalmente, il rifiuto nei confronti delle vac-cinazioni si diffonde tanto più quanto l’incidenza di una malattia tende a ridursi. L’ultimo miglio nell’eradicazione di una malattia infettiva diventa così il più critico da percorrere: riducendosi sensi-bilmente l’incidenza delle malattie prevenibili con le vaccinazioni, diminuisce la percezione dei pe-ricoli ad esse associati, mentre è più semplice che vengano amplificati messaggi allarmanti sugli ef-fetti negativi, reali o percepiti, delle vaccinazioni.

Malattie come la poliomielite e il morbillo rica-dono così nella memoria culturale di un popolo, dal momento che le generazioni si susseguono senza averne esperienza o ricordarne la severità (Saint-Victor S., 2013).

Questo capitolo si propone di descrivere i successi e le sfide nella lotta alle malattie infettive eradi-cabili. Dopo una preliminare analisi dei criteri che permettono di definire una malattia infettiva come eradicabile, esploreremo il passato, il pre-sente e il futuro attraverso un’analisi delle campa-gne di eradicazione del vaiolo, della poliomielite e del morbillo. Infine, si tenterà di identificare i principali fattori ostacolanti i programmi di era-dicazione, inquadrando il nostro Paese in un con-testo globale.

Quando una malattia infettiva è eradicabile?

diverse ai termini “eradicazione” ed “elimina-zione”. Mentre con il termine di eliminazione si fa riferimento ad una definita area geografica con la necessità di continue misure per prevenire il ristabilirsi della trasmissione, l’eradicazione viene definita come la permanente riduzione a zero dell’incidenza mondiale delle infezioni causate da un agente specifico, come risultato di sforzi deli-berati, in cui misure di intervento non sono oltre richieste. Ancora oggi, la definizione di eradica-zione è in trasformaeradica-zione (Dowdle W.R., 2011).

Non tutte le malattie infettive hanno tuttavia le caratteristiche per poter essere eradicate. Perché l’eradicazione di una malattia infettiva sia fatti-bile, è necessario che vi sia una concomitanza di fattori biologici e tecnici, economici, politici e sociali (Aylward B., 2000).

In termini di fattibilità biologica e tecnica, è ne-cessario che l’agente eziologico possieda deter-minate caratteristiche. Il ciclo vitale dell’agente eziologico deve avere come sede esclusivamente l’uomo e non devono esistere reservoirs ambien-tali (vettori animali o portatori cronici) che pos-sano perpetuare la circolazione del patogeno e la sua moltiplicazione nell’ambiente. È necessaria inoltre l’esistenza di un vaccino efficace e sicuro, in grado di garantire immunità di lunga durata e la pianificazione attenta delle strategie di distribu-zione dello stesso. Infine, la malattia causata dal patogeno deve essere clinicamente riconoscibile e facile da diagnosticare (Aylward B., 2000).

I fattori economici devono comprendere la valu-tazione dei costi delle attività di eradicazione, i potenziali risparmi conseguibili e la possibilità di autofinanziamenti e di fondi da enti governativi e non. I programmi di eradicazione richiedono ingenti somme di denaro per periodi prolungati, con il rischio di incorrere in rischiose lacune fi-nanziarie. È chiaro inoltre come la constatazione

gna. Infine, la consapevolezza del risparmio sui costi dovuto alla riduzione di attività di controllo post-eradicazione può essere un importante in-centivo per i governi nel sostenere l’iniziativa (Keegan R., 2011).

Le possibilità di successo aumentano quando grandi Paesi endemici, come la Cina o l’India, au-tofinanziano le attività di eradicazione. È pur vero che in zone come l’Africa, il Sud dell’Asia e altre aree povere sono necessari fondi di aiuto prove-nienti dall’esterno, non essendo garantita la con-tinuità dei finanziamenti. Governi di Paesi non endemici e associazioni non governative hanno tuttavia sempre sostenuto finanziariamente le campagne di eradicazione, spinti in parte da fat-tori umanitari, in parte dall’impatto che la ma-lattia aveva a livello nazionale ed internazionale (Keegan R., 2011).

Quando una malattia viene eradicata tutti i Paesi ne traggono un beneficio. I Paesi che hanno inve-stito nella vaccinazione post-eliminazione e pre-e-radicazione risparmiano risorse da poter destinare ad altri scopi. Ovviamente anche i Paesi endemici ne beneficiano, e in modo diverso. Non solo evi-tano la necessità di vaccinazioni future, ma si li-berano della malattia. Ogni Paese quindi ottiene un beneficio, che varia per natura e per entità (Barret S., 2013). I programmi di eradicazione fino ad ora sono stati giustificati primariamente sulla base del bisogno di salute e della fattibilità tecnica, piuttosto che per fattori economici. Delle iniziative di eradicazione del secolo scorso, solo la campagna di eradicazione contro il vaiolo è stata promossa in termini di rapporti costi-efficacia fa-vorevoli (Aylward B., 2000), anche se nessuna va-lutazione formale completa fu mai eseguita prima del suo lancio (Keegan R., 2011). Oggi, tuttavia,

una valutazione costi-efficacia favorevole gioca un ruolo chiave nel giustificare gli sforzi e le ri-sorse impegnati in una campagna di eradicazione (Aylward B., 2000).

Infine i fattori politici e sociali sono fondamentali nelle azioni di eradicazione. La precarietà dei go-verni, le guerre e i conflitti armati sono la prima causa di dislocamento di popolazioni, di migra-zioni, di riduzione dell’accesso alle strutture pub-bliche e dei fondi. In tali contesti le priorità dei Paesi cambiano radicalmente, e diventa difficile coordinare le attività stabilite da un programma di eradicazione, in particolare laddove non ci sono sistemi sanitari in grado di garantire le attività di sorveglianza e contenimento (Keegan R., 2011).

L’attuale stato bellicoso tra nazioni è un elemento sfavorevole nella lotta alla poliomielite, al contra-rio di quanto avvenne negli anni di lotta al vaiolo (Henderson D.A., 2011).

Relativamente ai fattori sociali, la percezione che si ha della malattia è essenziale. Se vissuta dalla popolazione come una reale minaccia, allora è in grado di generare supporto politico e finanziario, e anche alti livelli di accettazione da parte di tutte le fasce sociali (Keegan R., 2011). È stato così per il vaiolo: la sensazione di minaccia mortale vissuta nei Paesi endemici ha favorito l’accettazione della vaccinazione di massa (Henderson D.A., 2011).

Le disuguaglianze socio-economiche possono inoltre tradursi in casi più o meno isolati di resi-stenza agli interventi di eradicazione. I moderni mezzi di comunicazione e informazione sono ele-menti preminenti a disposizione delle campagne di eradicazione, in quanto consentono di raggiun-gere alti livelli di efficacia e completezza nella dif-fusione delle informazioni e nella gestione della sorveglianza (Keegan R., 2011).

L’eradicazione del vaiolo: il trionfo della sanità pubblica.

Dopo la prima proposta avanzata dalla WHO per una campagna mondiale di eradicazione del vaiolo nel 1953 e rifiutata in quanto definita

“non realistica”, nel 1966 l’Assemblea Mondiale della Sanità vagliò un programma speciale in cui la WHO avrebbe contribuito per 2,4 milioni di dollari all’anno, con fondi aggiuntivi forniti da governi nazionali ed organizzazioni non gover-native (Henderson D.A., 2011). Il 1 gennaio 1967 la WHO lanciò il programma intensivo di eliminazione del vaiolo e l’Etiopia, nel 1971, fu l’ultimo paese endemico ad iniziare il programma di eradicazione (Condini B., 1983). Si è trattato di uno sforzo universale senza precedenti, con la cooperazione di tutti i Paesi del mondo e la par-tecipazione attiva di più di 50 Paesi. Memorabile fu la cooperazione, anche durante i giorni più bui della guerra fredda, tra Unione Sovietica e Stati Uniti, che si impegnarono con grandi donazioni

WHO nel 1967 comprendeva tre azioni mirate e complementari che si rivelarono fondamentali per il successo della campagna (Henderson D.A., 2011). La prima azione fu il programma di vac-cinazione di massa in tutti i Paesi endemici, in modo da assicurare la copertura dell’80% della popolazione. L’immunizzazione di massa aveva come obiettivo la riduzione delle persone suscet-tibili e di conseguenza il contenimento delle epi-demie e della diffusione della malattia. Le azioni di sorveglianza e contenimento, secondo cardine del programma, iniziarono più o meno contem-poraneamente alla vaccinazione di massa. L’i-solamento delle aree colpite, la mobilitazione di personale medico e paramedico, la vaccinazione mirata dei contatti dei nuovi casi furono azioni dirimenti in Paesi come l’India, il Bangladesh, l’Indonesia e il Pakistan, dove la vaccinazione di massa aveva avuto lacune di implementazione.

Infine, importanza fondamentale rivestì la distri-buzione regolare di rapporti di sorveglianza. Dal maggio 1968 iniziò ad essere pubblicato un report internazionale nel Registro Epidemiologico Setti-Agente eziologico Virus del vaiolo, genere Orthopoxvirus, famiglia Poxviridae.

Trasmissione Contagio per contatto diretto o tramite i liquidi corporali infetti, la saliva e le escrezioni nasofaringee o gli oggetti personali contaminati come abiti o lenzuola.

Sintomi

Dopo un periodo di incubazione asintomatico di 7-17 giorni, compaiono per 2-4 giorni febbre alta, malessere, cefalea, dolori muscolari e vomito. Successivamente compare una eruzione cutanea caratteristica, con piccole macchie rosse a partire da bocca e lingua che si estende su tutto il corpo in 24 ore. Le macchie si infettano diventando vescicole purulente, poi croste che si staccano .

Vaccinazione Vaccino a virus vivo attenuato, sicuro ed efficace. Garantisce una elevata immunità per 3-5 anni, dopodiché il livello di protezione decresce. Efficace nel prevenire la malattia nel 95% delle persone vaccinate.

Ieri Considerato un fardello per l’umanità, il vaiolo ha decimato popolazioni, causato l’estinzione di civiltà come Incas e Aztechi. Solo nel 1967 tra i Paesi endemici si registravano più di 10 milioni di casi, con una mortalità tra 20% e 60%.

Oggi Ad oggi il mondo è libero dalla malattia, dopo la dichiarazione di eradicazione del 1980. In Italia la vaccinazione è stata abrogata nel 1981. Nessun caso di vaiolo è stato

VAIOLO

manale della WHO, con cadenza bimensile, fino al 1977. In questo modo la situazione epidemiolo-gica veniva strettamente monitorata e il controllo centrale dell’OMS dimostrava la presenza costante e l’impegno attivo nella lotta al vaiolo.

All’inizio della campagna, nel 1967, i Paesi con-siderati endemici per la malattia erano 30 e in-cludevano il Brasile, la maggior parte dei Paesi dell’Africa sub-Sahariana, e, in Asia, l’India, il Pakistan, il Bangladesh, l’Afghanistan, il Nepal e l’Indonesia. Solo un caso su 20 veniva denunciato (Condini B., 1983) e si stimavano realmente al-meno 10 milioni di casi di vaiolo nelle aree en-demiche (Henderson D.A., 2011). Dopo soli tre anni i numero di casi di vaiolo era sceso del 70%.

Nel 1972 si arrivò ad un miglioramento tale della sorveglianza ufficiale che un caso su tre era noti-ficato e la stima reale dei casi arrivava a 200 mila.

Dopo soli 3 anni e 5 mesi dall’inizio della campa-gna, si registrò l’ultimo caso di vaiolo in 20 Paesi africani, tra i più poveri e pesantemente colpiti dalla malattia. Successivamente i programmi si estesero con successo alle rimanenti nazioni africane. In oriente, l’India e il Bangladesh rap-presentarono due ostacoli non indifferenti: l’alta densità di popolazione, le migrazioni e la povertà favorivano il diffondersi incontrollato della ma-lattia. La strategia di sorveglianza e contenimento venne implementata con i mezzi e le tecniche ri-chieste dal caso, e divenne la chiave del successo negli ultimi stadi della campagna. Non meno drammatici furono i capitoli di Etiopia e Somalia, dove ogni giorno erano da reinventare la strategie con cui proseguire nel programma (Greenwood B., 2014).

L’ultimo caso di vaiolo fu registrato il 26 otto-bre 1977 in Somalia. Nel dicemotto-bre 1979 una commissione speciale preparò un report desti-nato alla WHO, annunciando l’avvenuta eradi-cazione del vaiolo dal mondo e raccomandando la cessazione della vaccinazione in tutti i Paesi.

Il report fu definitivamente approvato l’8 mag-gio 1980 dall’Assemblea Mondiale della Sanità

e, con questo, venne ufficialmente dichiarata l’eradicazione mondiale del vaiolo. La campagna aveva impiegato solo 9 mesi e 26 giorni in più rispetto al programmato per liberare il mondo dalla malattia. Il direttore generale della WHO definì l’eradicazione del vaiolo come “un trionfo dell’organizzazione e della gestione sanitaria, non della medicina”. Adesso, può sicuramente defi-nirsi come il trionfo della sanità pubblica.

La poliomielite nel mondo: la necessità di uno scatto finale.

Nel 1988 la WHO lanciò l’iniziativa per l’eradi-cazione globale della poliomielite (Global Polio Eradication Initiative; GPEI), quando la malat-tia era endemica in 125 Paesi e paralizzava più di 350.000 bambini ogni anno (Fiore L., 2013). Ini-zialmente il raggiungimento dell’obiettivo venne fissato per il 2000. Tuttavia, proprio nell’ultimo miglio, l’eradicazione globale della poliomielite si è rivelata una sfida molto più complessa di quanto non fosse previsto, costringendo di anno in anno lo spostamento degli obiettivi di eradicazione, oggi fissati per il 2018. Il poliovirus selvaggio di tipo 2 è stato eliminato a livello mondiale nel 1999 e si può considerare ormai eradicato anche il sierotipo 3, con l’ultimo caso notificato il 10 novembre 2012, nello Yobe, Nigeria (Kew O.M., 2014). Il sierotipo 1 attualmente persiste in due Paesi, Afghanistan e Pakistan, dopo che anche la Nigeria è stata ufficialmente dichiarata polio-free nel settembre 2015 (WHOa, 2015).

La Regione Europea della WHO è stata ufficial-mente dichiarata libera da polio nel 2002. In tutti i Paesi europei le coperture vaccinali (3 dosi per il vaccino inattivato di Salk) sono elevate e sono attivi i sistemi di sorveglianza raccomandati dalla WHO per il mantenimento dello status polio-free (sorveglianza attiva delle paralisi flaccide acute e sorveglianza ambientale sui reflui urbani). In Italia l’ultimo caso di poliomielite risale al 1982 (Ministero della Salute, 2014).

Tuttavia, il virus della poliomielite, a causa dei continui spostamenti delle popolazioni, sporadica-mente migra dai Paesi endemici e viene importato in Paesi già da tempo dichiarati liberi da polio.

La diffusione internazionale è facilitata anche dal fatto che il poliovirus, a differenza del vaiolo e del morbillo, può causare una infezione asintomatica, per cui una persona infetta potrebbe trasmettere la malattia passando inosservata (Butler D., 2013).

Nel 2013, un poliovirus tipo 1 selvaggio si è dif-fuso dal Pakistan alla Siria, determinando 27 casi di poliomielite (Aylward R.B. e Alwan A., 2014).

La Siria era stata dichiarata polio-free ben 15 anni fa, ma ora, a causa della guerra civile che ha pro-vocato il crollo delle coperture vaccinali infantili, riemerge il rischio che la malattia possa tornare ad essere endemica (Butler D., 2013). Poliovirus, sempre originari del Pakistan, sono stati indivi-duati nel 2012 anche in campioni di acque reflue in Egitto, nonché in Israele, in Cisgiordania e nella

di questo virus in Europa (Butler D., 2013).

Diversi ostacoli, anche di natura culturale e reli-giosa, mettono a rischio il programma di eradica-zione mondiale della poliomielite. In Nigeria ed in Pakistan, ad esempio, si è assistito ad una vera e propria campagna contro la vaccinazione antipo-lio, ad opera di islamisti che accusavano la vacci-nazione di causare sterilità e impotenza. Il timore contro le vaccinazioni ha generato in diversi casi addirittura una contrapposizione fisica alle squa-dre dei vaccinatori (Warraich H.J., 2009).

Il 5 maggio 2014 la Direzione Generale della WHO ha dichiarato la diffusione del poliovirus un rischio per la sanità pubblica e un’emergenza internazionale (WHO, 2014), rimarcando la ne-cessità di risposte coordinate in ogni paese al fine di evitare il fallimento di un programma che pro-prio negli ultimi anni ha raggiunto i suoi maggiori risultati: il numero di nuovi casi di polio è sceso oltre il 99% dal lancio della Global Polio Eradica-Trasmissione o cibi contaminati o, in misura minore, per via oro-orale tramite la saliva e le goccioline

emesse con i colpi di tosse e gli starnuti da soggetti ammalati o portatori sani.

Sintomi Sintomi iniziali sono febbre, stanchezza, vomito, irrigidimento del collo e dolori agli arti. Una minima parte delle infezioni, circa l’1% ,porta a una paralisi flaccida irreversibile, mentre il 5-10% dei malati muore a causa della paralisi dei muscoli dell’apparato respiratorio.

Vaccinazione

Esistono due tipi di vaccini diversi: quello “inattivato” di Salk (IPV), da somministrare con iniezione intramuscolo, e quello “vivo attenuato” di Sabin (OPV), da somministrare per via orale. Dal 2002, anno in cui la Regione Europea dell’OMS è stata dichiarata polio-free, in Italia è stata adottata in modo definitivo la vaccinazione obbligatoria con virus inattivato (IPV) consentendo di mantenere l’immunità nella popolazione.

Ieri Nel 1988 la malattia era endemica in 125 Paesi e paralizzava all’anno più di 350 mila bambini. Grazie alla campagna di eradicazione, sono stati eradicati i poliovirus tipo 2 e tipo 3, rispettivamente nel 1999 e nel 2012.

Oggi La malattia, causata dal sierotipo 1, è ancora presente in Afghanistan e Pakistan.

Nei Paesi dichiarati polio-free continuano la sorveglianza attiva e la vaccinazione antipolio, al fine di mantenere lo stato di eradicazione.

Domani

Sono in aumento gli sforzi per eliminare la malattia dai Paesi in cui ancora è presente;

contemporaneamente sarà sempre maggiore la necessità di una fitta sorveglianza dei casi e la vaccinazione attiva della popolazione. Lo sforzo umano è davvero ad un passo dall’eradicazione mondiale della poliomielite.

POLIOMIELITE

Il morbillo: la fine della malattia più conta-giosa è possibile.

Il morbillo è l’altro grande potenziale candidato all’eradicazione globale. Infatti, non solo esiste un vaccino sicuro ed efficace ed esami accurati per la sua diagnosi, ma, al pari del vaiolo e della poliomielite, il morbillo ha come unico serbatoio l’uomo: pertanto, una volta interrotta la trasmis-sione umana, il virus scompare poiché non è in grado di replicarsi negli animali. Nella Regione delle Americhe il morbillo è stato eliminato nel 2002, e questo traguardo rappresenta un ulte-riore elemento a sostegno della fattibilità del pro-gramma di eradicazione (Bellini W.J., 2011).

Per molti aspetti l’eradicazione del morbillo sa-rebbe più semplice di quella della poliomielite. Il vaccino del morbillo assicura infatti un’efficacia vaccinale del 99% con solo due dosi. Inoltre, quasi tutti i casi di morbillo si manifestano con chiari sintomi clinici, rendendo pressoché semplice la diagnosi. Tuttavia il morbillo pone diverse sfide,

prima fra tutte la sua estrema contagiosità. Il virus del morbillo è infatti il più contagioso al mondo, potendo infettare virtualmente chiunque non sia vaccinato. Per interrompere la trasmissione del morbillo è necessario perciò che più del 95% della popolazione sia vaccinata. Invece il virus della po-liomielite non si trasmette con la stessa facilità, per cui è sufficiente una copertura vaccinale dell’80-85% per interrompere la trasmissione. Inoltre, il vaccino del morbillo, dovendo essere inoculato, richiede un certo grado di esperienza, mentre in-vece il vaccino antipolio, in forma orale, può es-sere facilmente somministrato anche da volontari (Roberts L., 2015). Ad oggi, il morbillo viene percepito come una malattia di scarsa gravità, so-prattutto nei Paesi più ricchi, e ciò si deve princi-palmente a due ragioni. Da un lato in questi Paesi il morbillo si manifesta con una sintomatologia che nella maggior parte dei casi si risolve senza dar luogo a complicanze. Dall’altro, l’esistenza di si-stemi sanitari efficienti ha consentito, anche attra-verso una crescente diffusione della vaccinazione, Agente eziologico Virus del morbillo, genere Morbillivirus, famiglia Paramixoviridea.

Trasmissione Una delle malattie infettive a più elevata contagiosità. Si trasmette per via aerea, tramite le goccioline provenienti dalle secrezioni nasali e faringee.

Sintomi

Sintomi iniziali simili ad un raffreddore, con una febbre che tende ad aumentare.

Caratteristica è l’eruzione cutanea, con piccoli punti rosso vivo, che diffonde su tutto il corpo. Seppur raramente, la malattia può essere seguita da severe complicanze:

otite media, laringite, diarrea, polmonite e panencefalite, per lo più conseguenza di superinfezioni batteriche.

Vaccinazione Vaccino a virus vivo attenuato. Sono previste due dosi di vaccino, la prima intorno al 12°-15° mese di vita, la seconda raggiunti i 6 anni di età, permettendo di raggiungere una copertura del 99%. La vaccinazione in Italia non è obbligatoria ma fortemente consigliata.

Ieri

Nell’era pre-vaccinale il morbillo uccideva da 5 a 6 milioni di persone all’anno, per la maggior parte bambini. La scoperta del vaccino ha permesso di ridurre il numero dei casi e delle morti correlate alla malattia, ma non sono stati raggiunti i tassi di copertura richiesti affinché si interrompa la trasmissione della malattia.

Oggi Il morbillo è già stato eliminato nel continente americano e anche in alcuni Paesi come la Finlandia e l’Australia, mentre in altri quest’obiettivo è a portata di mano.

L’impegno è nel rafforzare i sistemi di sorveglianza e a favorire l’adesione alla vaccinazione, unica strategia che permetta di bloccare la trasmissione del virus.

Domani Il piano di eliminazione di morbillo e rosolia è stato implementato e attualmente, si considera l’eradicazione della malattia dal pianeta raggiungibile per l’anno 2020. Gli sforzi e l’impegno dei governi e dell’OMS sono tutti proiettati in questa direzione.

MORBILLO

dei pericoli e dei rischi ad esso legati (Keegan R., 2011).

Tuttavia, nei Paesi in via di sviluppo, si stima che più della metà dei casi di morbillo che si ve-rificano ogni anno sviluppi gravi complicanze. Il morbillo infatti sopprime il sistema immunitario, specialmente nei soggetti già immunocompro-messi o malnutriti, rendendoli vulnerabili ad altre infezioni. La polmonite è la principale causa di morte, seguita dalla diarrea e dalla disidratazione.

La mortalità associata a morbillo varia dal 2 al 15% in questi Paesi, raggiungendo il 25% in al-cuni focolai epidemici (Roberts L., 2015).

In Europa e nei Paesi più ricchi la ridotta perce-zione dei rischi correlati al morbillo ha spostato l’attenzione sui possibili effetti avversi dei vaccini, quasi sempre non documentati. Si è assistito così al diffondersi del rifiuto vaccinale, alimentato dall’ipotesi, peraltro ormai dichiarata infondata da numerosi studi scientifici, che la vaccinazione MPR (Morbillo-Parotite-Rosolia) potesse essere associata ad autismo. La resistenza alla vaccina-zione ha comportato un calo notevole delle co-perture vaccinali ed un incremento dell’incidenza di morbillo a livello mondiale, con la conseguente comparsa di focolai epidemici anche laddove la malattia era stata dichiarata eliminata e la man-cata eliminazione in Europa, programmata nel 2015 (Saint-Victor S., 2013).

Eradicare definitivamente il morbillo a livello glo-bale è un obiettivo ambizioso ma realizzabile. For-midabili progressi sono stati compiuti negli ultimi 15 anni grazie ai programmi di vaccinazione. Dal 2000 al 2014 l’incidenza annuale del morbillo nel mondo è diminuita del 73% (da 146 a 40 casi per milione di popolazione) e il numero annuale di decessi è diminuito del 79% (da 546.800 a 114.900). Nel 2014, circa l’85% dei bambini nel mondo ha ricevuto una dose di vaccino contro

I maggiori miglioramenti, in termini di riduzione dell’incidenza, sono stati osservati nelle Regioni dell’Africa, del Mediterraneo Orientale ed in Eu-ropa (WHOc, 2015). Tuttavia, perché veramente si possa raggiungere l’ambizioso obiettivo, c’è bi-sogno nei prossimi anni di un contributo più im-portante anche dalle altre Regioni del mondo. In particolare, spiega la WHO, è necessario che tutti i bambini del mondo possano avere accesso e dun-que ricevere due dosi di vaccino. Secondo alcune stime, infatti, sono ancora 20 milioni i bambini che al 2014 non avevano fatto neanche la prima dose, e circa la metà di questi si trovano in sole sei nazioni: India, Nigeria, Pakistan, Indonesia, Etio-pia e Congo (WHOb, 2015). Anche per questo, molti di questi Paesi sono stati colpiti da epidemie di morbillo nel corso del 2014. Focolai piuttosto grandi di contagio sono stati riscontrati anche in Afghanistan, Cina, Vietnam, Filippine, Bosnia, Ucraina e anche Italia (WHOc, 2015). Come si può immaginare, questi focolai mettono a duro rischio l’obiettivo di eradicazione, dimostrando che ancora molti sforzi devono essere fatti a livello dei singoli Paesi perché i programmi di immu-nizzazione siano realmente efficaci e indicando il bisogno di campagne informative efficaci per i ge-nitori, che li convincano dei benefici associati alla vaccinazione e dei rischi che comporta non farla.

L’eradicazione del morbillo potrebbe essere ostaco-lata dalla coesistenza di un altro programma di era-dicazione, quello della poliomielite. Al contrario, l’interruzione della trasmissione della poliomielite a livello globale rinnoverebbe la fiducia nei vaccini e nelle loro potenzialità di eradicare le malattie, rendendo il morbillo il sicuro prossimo candidato all’eradicazione (Cochi S., 2015, Keegan R., 2011).

Conclusioni.