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6.1. Ergastolo e prevenzione generale.

Tra gli interrogativi politico-criminali sollevati dall’ergastolo, spiccano quelli che vertono sulla funzione generalpreventiva della pena135.

Non da oggi ci si domanda se la pena detentiva perpetua sia uno strumento sanzionatorio irrinunciabile in ragione del suo effetto intimidativo nei confronti della generalità dei consociati, un effetto che si assume superiore a quello di una pena detentiva di lunga durata, ma che preveda una fine.

134 Cfr. GALLIANI, PUGIOTTO (2017), pp. 26 ss.

135 Per l’interrogativo se mantenere una pena perpetua sia “davvero necessario… per placare l’allarme dei

35 È noto che, tra gli argomenti spesi da Cesare Beccaria contro la pena di morte, uno faceva leva proprio sulla spiccata efficacia intimidativa della pena perpetua. Questa la premessa da cui muoveva Beccaria: “Non è il terribile ma passeggiero spettacolo

della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno più forte contro i delitti”136; questa la sua conclusione: “Non vi è alcuno che, riflettendovi,

scieglier possa la totale e perpetua perdita della propria libertà per quanto avvantaggioso possa essere un delitto: dunque l'intensione della pena di schiavitù perpetua sostituita alla pena di morte ha ciò che basta per rimuovere qualunque animo determinato”137.

Dubito tuttavia che l’intimidazione esercitata dalla pena perpetua sia nettamente superiore di quella esercitata da una pena detentiva di lunga durata: tanto più se si considera che l’efficacia generalpreventiva della pena in termini di intimidazione è ampiamente condizionata da fattori diversi rispetto alla sua severità e varia in modo radicale a seconda delle tipologie di reato138. Azzardo dunque la conclusione che una difesa dell’ergastolo incentrata sulla sua forza di intimidazione appare debole, se l’ergastolo viene messo a confronto, ad esempio, con trent’anni di reclusione139, come prevede oggi la legge italiana (art. 442 co. 2 c.p.p.) nel caso in cui per un reato punito con l’ergastolo si proceda con rito abbreviato140.

Uno spunto di riflessione può trarsi anche dall’esperienza portoghese. In Portogallo la pena detentiva perpetua è stata abolita nel 1884 e la durata massima della

pena de prisão è pari a vent’anni (art. 41 co. 1 cod. pen.)141: non di meno, “il tasso di omicidi e di reati violenti in Portogallo è tra i più bassi al mondo”142.

Considerazioni largamente simili a quelle relative alla prevenzione generale mediante intimidazione mi sembra che possano essere svolte in relazione ad una diversa componente della prevenzione generale, quella che guarda all’orientamento culturale dei consociati143: sia la minaccia della pena dell’ergastolo, sia la minaccia di una lunga pena detentiva trasmettono in effetti il messaggio di una valutazione

136 Così BECCARIA (1965), cap. XXVIII, pp. 63 s.

137 BECCARIA (1965), cap. XXVIII, pp. 64 s.

138 In proposito, ritengo tuttora valide le considerazioni che svolgevo in DOLCINI (1979-1), pp. 230 ss.

139 Cfr. RISICATO (2015), p. 1249. L’A., mettendo a confronto l’ergastolo e la reclusione fino a trent’anni, fa riferimento a istanze retributive, ma sottolinea come nelle istanze della retribuzione giuridica siano ricomprese anche istanze proprie della prevenzione generale negativa. E l’abolizione dell’ergastolo, da sostituirsi con la reclusione fino a trent’anni, rappresenta per l’A. la soluzione “più coraggiosa e coerente con il dettato costituzionale” del problema ‘ergastolo’. In senso analogo, richiamando il Progetto Grosso, MANNA (2017), p. 643.

140 Su questo particolare aspetto della disciplina dell’ergastolo, a proposito del quale l’A. parla di “ergastolo rimosso”, v. per tutti PISANI (2016), pp. 607 ss.

141 Per una netta presa di posizione contro chi, nella dottrina portoghese, considera il limite di vent’anni imposto alla pena detentiva un fattore di debolezza del sistema repressivo, cfr. DE FIGUEIREDO DIAS (1993), p. 102.

142 Così PINTO DE ALBUQUERQUE (2016), p. 185, il quale ne trae la conferma che “la prevenzione generale dei reati non giustifica l’ergastolo”.

36 fortemente negativa del tipo di comportamento in questione. Anche sotto questo profilo, la conservazione dell’ergastolo non sembra dunque indispensabile.

6.2. Ergastolo e opinione pubblica.

Semmai, si pone un problema di opportunità politica: politica tout court, piuttosto che politico-criminale. È forte il rischio che la sostituzione dell’ergastolo con una pena detentiva a tempo possa essere percepita dall’opinione pubblica come una sorta di cedimento dello Stato nei confronti delle forme più gravi di criminalità144. La fiducia dei consociati nelle istituzioni potrebbe risultare incrinata, ciò che appare particolarmente preoccupante in un’epoca in cui ci sentiamo stretti d’assedio dalla criminalità organizzata, politica e comune.

Una reazione forse irrazionale, ma del tutto plausibile.

Circa gli orientamenti dell’opinione pubblica in materia di politica del diritto penale, sottoscrivo un lapidario rilievo di Giovanni Maria Flick145: “l’abolizione

dell’ergastolo è rifiutata dalla opinione pubblica”. D’altra parte, rilievi dello stesso tenore

furono svolti nella stessa Assemblea costituente, quando fu discusso il tema dell’abolizione dell’ergastolo146.

A quanto segnalato in precedenza a proposito di referendum e sondaggi in materia di ergastolo, aggiungo un cenno al ‘Contratto per un Governo del cambiamento’ da cui è nato il Governo Conte, che pure non contiene riferimenti espressi all’ergastolo. Al punto 12 (Giustizia rapida e efficiente), sotto il titolo “Certezza

della pena”, si legge: “Per garantire il principio della certezza della pena è essenziale riformare i provvedimenti emanati nel corso della legislatura precedente tesi unicamente a conseguire effetti deflattivi in termini processuali e carcerari, a totale discapito della sicurezza della collettività. Per far sì che chi sbaglia torni a pagare è necessario riformare e riordinare il sistema”.

Sotto il titolo “Ordinamento penitenziario”, compaiono poi affermazioni di questo tenore: “Occorre realizzare condizioni di sicurezza nelle carceri, rivedendo e modificando il

protocollo della c.d. ‘sorveglianza dinamica’ e del regime penitenziario ‘aperto’, mettendo in piena efficienza i sistemi di sorveglianza… È necessario riscrivere la c.d. ‘riforma dell’ordinamento penitenziario’ al fine di garantire la certezza della pena per chi delinque, la maggior tutela della sicurezza dei cittadini…. Si prevede altresì una rivisitazione sistematica e

144 Cfr. MANTOVANI F. (2017), p. 744, il quale addirittura segnala il rischio che abolire ora l’ergastolo possa significare “lavorare a favore della pena di morte”. Per PULITANÒ (2018), p. 16, “abolire l’ergastolo è un messaggio di giustizia mite, che si presta a essere interpretato come lassismo”. Sull’esigenza di fare ogni sforzo per dimostrare che “il porre fine a certe inciviltà non si traduce in un cedimento alla criminalità e a quella più feroce in particolare”, cfr. CHIAVARIO (2017), p. 1514. Per un’analisi critica degli argomenti tesi a legittimare la conservazione dell’ergastolo in nome delle teorie retributive e generalpreventive della pena, v., di recente, RISICATO (2015), p. 1248 ss.

145 Così FLICK (2017), p. 1506. Nello stesso senso PULITANÒ (2018), p. 15.

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organica di tutte le misure premiali… Occorre rivedere le… linee guida sul cd. 41-bis, così da ottenere un effettivo rigore nel funzionamento del regime del ‘carcere duro’”.

Parole-chiave dunque: sicurezza (della collettività e delle carceri) e certezza della pena.

Non mi soffermo sull’equazione tra carcere e sicurezza collettiva, tante volte smentita dalle rilevazioni empiriche, ma saldamente radicata nel sentire dei cittadini (e soprattutto degli elettori)147.

Ribadisco invece che la formula ‘certezza della pena’ è stata snaturata nel linguaggio della politica. Nell’elaborazione penalistica, da Beccaria alla dottrina contemporanea, certezza della pena esprime l’esigenza che l’autore di un reato sia scoperto e punito: in questo senso la certezza della pena, e soprattutto la certezza percepita dal destinatario, è condizione primaria per assicurare un effetto di prevenzione generale, accanto alla prontezza e – solo ultima, relativa a specifiche tipologie di reati – alla severità della punizione148. Certezza della pena esprime inoltre l’esigenza che la pena abbia un fondamento legale149. Così intesa, la certezza della pena è un obiettivo al quale devono tendere tutte le istanze della giustizia penale.

Niente a che vedere, però, con la certezza della pena invocata dai politici dei giorni nostri per asseverare l’esigenza di pene immodificabili in itinere. Certezza della pena in questo senso significa disconoscere ogni modificazione nel tempo della personalità del condannato, significa la messa al bando di ogni incentivo volto a favorire la partecipazione del condannato a percorsi di rieducazione. Penso ad una dichiarazione – una fra molte – di Matteo Salvini in campagna elettorale “Si parla di

pene alternative… Noi faremo l'esatto opposto. Chi deve fare 20 anni di galera ci resta 20 anni”150. In senso opposto si è pronunciata invece, di recente, come si è visto151, la Corte costituzionale, quando – nella sentenza n. 149/2018 – ha affermato che il principio di “progressività trattamentale e flessibilità della pena” è diretta “attuazione del canone

costituzionale” della rieducazione del condannato, che vincola dunque il legislatore

ordinario a prevedere istituti che incentivino il condannato a pena detentiva (temporanea o perpetua) a intraprendere un percorso di rieducazione e nel contempo consentano al giudice di verificare i progressi compiuti dal condannato in tale percorso.

Ora, a dispetto dell’assenza di ogni fondamento razionale e scientifico, lo slogan ‘certezza della pena’ e l’equazione tra carcere e sicurezza sono risultati vincenti sul piano elettorale. Né ci si può illudere che l’insegnamento della Corte costituzionale

147 Sul punto, rinvio a DOLCINI (2018-1).

148 “Uno dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse... La certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito colla speranza dell’impunità; perché i mali, anche minimi, quando son certi, spaventano sempre gli animi umani”: così BECCARIA (1965), cap. XXVII, pp. 59 s. “Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile”: BECCARIA (1965), cap. XIX, p. 47.

149 Cfr. PULITANÒ (2018), p. 17.

150 Cfr. Meloni e Salvini contro la riforma carceri: "Con questa legge meno delinquenti in galera", www.huffingtonpost.it, 22 febbraio 2018.


38 faccia breccia nell’opinione pubblica, oscurando i messaggi – tanto rozzi quanto incisivi – provenienti dalla classe politica.

Si evidenzia ancora una volta la necessità di un dialogo tra studiosi di diritto penale e cittadini, di ogni schieramento politico, un dialogo volto a colmare la distanza abissale che separa gli uni dagli altri. Come ha scritto Gian Luigi Gatta, “senza una

battaglia civile, di tipo culturale, nella direzione dell’umanizzazione della pena, i discorsi dei giuristi sul superamento dell’ergastolo, ‘ostativo’ e/o comune, sono destinati a restare nel circolo ristretto di studiosi illuminati”152.

Se mai la distanza fra studiosi e cittadini venisse colmata, l’abolizione dell’ergastolo non sarebbe forse un’utopia: la strada, però, è davvero impervia.

Un contributo in questo senso potrebbe forse venire da Papa Francesco, del quale ho già segnalato in precedenza una netta presa di posizione, nel 2014, contro l’ergastolo. Su questo tema il Papa è ritornato più volte. Così si è espresso nel 2017 in una lettera inviata ai detenuti nel carcere di Padova153: “Mi pare urgente una conversione

culturale dove non ci si rassegni a pensare che la pena possa scrivere la parola fine sulla vita…; dove l’ergastolo non sia una soluzione ai problemi, ma un problema da risolvere”. Così, ancora,

il 16 gennaio 2018, in un discorso tenuto in un carcere femminile di Santiago del Cile154: “Una pena senza futuro, una condanna senza futuro non è una condanna umana: è una

tortura. Ogni pena che una persona si trova a scontare per pagare un debito con la società, deve avere un orizzonte, l’orizzonte di reinserirmi di nuovo e quindi di prepararmi al reinserimento”.

Ora, è evidente che le indicazioni del Papa non possono rivolgersi, né si rivolgono, al legislatore di questo o quello Stato: si rivolgono invece alla coscienza dei cittadini, credenti o non credenti, la cui evoluzione potrebbe peraltro portare all’eliminazione della pena perpetua da parte del legislatore.

Ma forse anche questa è utopia. Sono altri i più accreditati maîtres à penser del nostro tempo.

152 GATTA (2017), p. 1498.

153 Cfr. A. LAGGIA, Il Papa: «L'ergastolo non è una soluzione. È un problema», in www.famigliacristiana.it, 21 gennaio 2017.

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