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L’esperienza del Cafè Philosophique

Il termine “caffè” deriva dall‘ arabo “qahwa”, diventato “akhweh” in turco, poi “qahve” e finalmente “caffè”. “Qahwa”, usato anche per definire “il vino”, ha un curioso significato: vuoI dire, letteralmente, “lo stimolante”, o meglio “ciò che solleva in alto”. Nella nostra più comune esperienza quotidiana, il caffè, lo sappiamo bene, ha la capacità di svegliare la mente, di renderla più acuta, più pronta e più critica, e di dare al nostro pensiero lucidità, forza e chiarezza. Il caffè è, forse, il principale produttore di immagine per un bar, ne connota lo stile, ne sottolinea la classe: ricordiamo che in Italia, ad esempio, il bar un tempo, era a tal punto identificato con la profumata tazzina da essere chiamato semplicemente il “Caffè”. E’ al bar/caffè che la nostra bevanda rivela il suo valore di “socialità”, come se fosse suo compito portare vivezza, brillantezza, garbo nei rapporti sociali. Bere insieme un buon caffè è condividere un piacere, ritrovarsi in sintonia, coltivare l’amicizia: è un rito, di cui oggi il bar è il tempio, dove il caffè può mostrare le sue magie. Il termine bar deriva da una contrazione del termine inglese “barrier”, cioè sbarra. Infatti, all’epoca della prima colonizzazione dell’America del Sud, l’angolo riservato alla vendita degli alcolici, nelle osterie o nelle bettole, era per l’appunto diviso dal resto del locale da una sbarra. Da ciò deriva l’uso del termine “bar”, sia per intendere l’angolo in cui i liquori vengono serviti e consumati, sia il locale stesso. Altre fonti indicano che il termine derivi dalla contrazione del termine “barred” (che significa “sbarrato”), in quanto nel XIX secolo, nei periodi in cui in Inghilterra era proibita la vendita di bevande alcoliche, sulle porte degli spacci venivano inchiodate delle assi sulle quali questa parola veniva pennellata in calce. Entrambi i termini sono di derivazione latina, basso latino “barra“. Non è da scartare poi l’ipotesi secondo la quale l’uso nell’italiano derivi dal fatto che al bancone del bar erano tradizionalmente presenti (e lo sono tuttora in alcuni locali) due barre, generalmente di ottone: una per i piedi, l’altra per il braccio o il gomito

Il termine caffè filosofico (dal francese Café philosophique) rimanda agli anni del Settecento, quando era comune riunirsi nei salons e nei café per discutere di argomenti di diversa natura. Pratica nata in Francia come esercizio dell’opinione, non confinato nei complessi problemi filosofici, ha subito varcato i confini nazionali, giungendo anche in Italia. Uno dei maggiori e seducenti conversatori dei principali salotti letterari dell’epoca era Diderot. Insieme a lui, vi partecipavano, tra l’altro, Montesquieu, Rousseau e Voltaire. A riscoprire la bellezza dei Café Philo fu, nel 1992, il filosofo francese Marc Sautet che identificò Café des Phares a Parigi nei dintorni di Place de la Bastille il luogo di dibattito: « L’expression café philo semble allier comme un oxymore les contraires: le caractère bruyant d’un lieu de consommation convivial mais superficiel fréquenté par la foule, opposé à la solitude de la pensée rigoureuse du chercheur dans une retraite austère…» (Marc Sautet, Un café pour Socrate, Paris, Robert Laffont, 1995). Oggi, nonostante la prematura scomparsa di Sautet, avvenuta nel 1998, il fenomeno ha prodotto oltre 170 caffè filosofici in Francia e un’ottantina nei più diversi paesi del mondo. Essi sono coordinati e sostenuti da un’associazione, Philos diretta da Pascal Hardy, inizialmente collaboratore di Sautet, che ne promuove l’attività, favorisce la creazione di nuovi circoli, pubblica una rivista dallo stesso nome ed ha una ricca pagina Internet che presenta annunci da tutto il mondo e materiali di quanto i caffè filosofici fanno o hanno svolto in passato. Sulla scia di Sautet, ad oggi, sono circa 170 i Café Philo in Francia e 80 in diversi paesi del Mondo.

I Café Philo propongono attività che si basano essenzialmente sulla organizzazione di una riunione di circa due ore durante le quali si delinea una discussione su di un tema preventivamente deciso e suggerito o su di un argomento identificato al momento della riunione stessa ed eventualmente votato all’inizio dell’incontro. L’animatore introduce brevemente, conduce e modera la discussione tra i partecipanti che intervengono. E’ importante sottolineare che l’incontro è informale e non si tratta quindi di una conferenza accademica, ma di un libero dibattito in cui a tutti è data la possibilità di intervenire e di sostenere le proprie tesi. I fautori del Café Philo ritengono che tale modalità sia sicuramente la migliore in una prospettiva “democratica” per promuovere l’educazione alla filosofia di

tutti discutendo insieme senza pregiudizi; da qui comunque l’importanza per il gruppo al di là dello spirito conviviale e del diritto di ciascuno ad esprimersi, di condividere una visione « filosofica », ossia il tentativo di problematizzare, concettualizzare e discutere razionalmente: gli animatori del Café Philo hanno quindi il ruolo principale di mantenere questo spirito ispiratore. L’animatore stimola il gruppo alla discussione, e, soprattutto, coadiuva nel tentativo di far emergere le problematiche in modo non assertivo od impositivo, ma facilitando il dialogo fra i presenti. I temi trattati sono molteplici e possono essere ricompresi anche in un ambito semplicemente esistenziale.

L’esperienza del Cafè Philosophique di Bologna nasce nel 2006 per volontà di un gruppo di medici di differenti specialità; nasce dal bisogno espresso da colleghi ed amici di approfondire in termini amicali e conviviali alcuni temi di vario umanesimo, in qualche modo connessi alla professione ed all’ essere “ricercatori”. L’idea, per altro perfettibile, e sulla base di altre esperienze simili, è stata quella di organizzare incontri in una sede adeguata ad un piacevole clima conviviale, invitando un relatore cui viene affidato un tema nell’ambito delle sue competenze specifiche, disponibile ad una discussione informale durante la cena conviviale. I temi trattati sono sempre di ampio respiro culturale, interdisciplinari e vanno dall’etica e bioetica della medicina ,alla relazione medico-paziente, alla filosofia della scienza e al rapporto tra scienze e discipline umanistiche e infine al rapporto tra diritto e medicina. La formula del Café Philo continua ad essere, pertanto, una modalità interessante ed attuale per favorire lo scambio interdisciplinare e soprattutto stimolante alla crescita culturale evitando la compartimentalizzazione dei saperi.