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1Domiziana Giordano, attrice e artista multimediale ha, tra l’altro, collaborato con i Planet

Funk ad un progetto creativo di contaminazioni tra suoni e immagini digitali.

The transit is the message

di DOMIZIANAGIORDANO1

Piet Mondrian è un buon esempio di quanto l’arte figurativa, del secolo scor- so, sia andata in sintonia con la musica. Mondrian, raffinato conoscitore delle nuove tendenze musicali, ne fu contagiato tanto da attuare quella che è la più pa- lese simbiosi, o come va di moda dire adesso “contaminazione”, tra arte visiva e musica. Nei suoi quadri realizzati negli anni ’30, chiamati, non a caso, Boogie- Woogie e realizzati durante la sua permanenza negli Stati Uniti, si nota la scrittura musicale laddove le linee nere vengono spezzate da un velo di colore bianco, che le copre e nello stesso tempo le lascia trasparire impercettibilmente, tanto da dire “qui non c’è un vuoto, qui c’è una pausa”. Si realizza così il ritmo musicale, reso codice attraverso un segno personale trasformato in segno e colore. Il vuoto tra una linea nera ed un'altra non è altro che un silenzio, che in termini musicali è la pausa che ne determina poi il ritmo. La pausa ripetuta nel tempo produce il silen- zio. Un silenzio che formalmente si chiama musica, e, infatti, John Cage scrisse un pezzo dove era presente solo “quella” nota musicale. Negli ultimi decenni, da quando l’era tecnologica è apparsa tra le mura domestiche, l’evoluzione dei diffe- renti linguaggi è proseguita in un cammino dove la convergenza dei differenti aspetti formali si è amalgamata fino a crearne uno nuovo, qualcosa che si potreb- be paragonare alla scoperta di un nuovo colore nell’arcobaleno: internet. Le radici le possiamo trovare, in maniera molto evidente, nel remote control che si usa per cambiare i canali TV. Questo hardware, è una sorta di preludio a quello che ne è conseguito poi. Il passaggio veloce tra diversi canali TV, ha generato, tramite lo

zapping, la nascita di un linguaggio ipertestuale (passivo) che ci ha portato ad

adattarci ai modi e ai tempi delle pagine della rete. Questo procedimento di rapidi- tà mentale ci ha abituato ad un potenziamento della capacità di velocizzare la di- namica di digestione delle informazioni. Non siamo certamente diventati più in- telligenti, ma ci ha abituato a ritmi più veloci con conseguenze interessanti anche da un punto di vista neurologico, argomento, questo, che non staremo qui ad ap- profondire. Questo “andar di palo in frasca” ha permesso un allenamento intellet- tivo capace di saltare da un assunto all’altro, abituando il cervello ad assorbire più rapidamente le informazioni tramite una sintesi poco elaborata. Questo comporta- mento ha portato ad un cambiamento della cognizione dell’informazione, che non ha nulla a che fare con una maggiore potenzialità della capacità intellettiva umana. È un isomorfismo all’interno dello stesso veicolo d’indagine semiotica, che sconfina, senza alternative di sorta, in un argomento d’assoluto carattere so- ciologico. La parte interessante di questo progresso linguistico è che il fenomeno sociologico è molto più evidente adesso, rispetto al passato. Il risultato di questo di- namismo ha portato ad un abbassamento sostanziale della cultura generale, a fa- vore di una superficialità effimera che contiene però anche aspetti interessanti, perché sono il risultato di un’evoluzione linguistica formale. Ma quale sono queste modifiche sostanziali? Un esempio straordinario si trova nel linguaggio usato nelle chat rooms su internet e, da ultimo, nei messaggi sms dei telefoni cellulari che a mio avviso sintetizzano la società moderna. Qui ci troviamo di fronte ad una sinte- si sia grammaticale, sia psicologica. La parola non perde la sua funzionalità in una sintassi errata, ma si trasforma spesso in una serie d’acronimi in un linguag- gio che è identificato e riconosciuto solo in una determinata cerchia di persone. Si delinea quindi un nuovo concetto di tribù. La musica è anche questa personalizza- ta. Il DJ è colui/colei che rende unico ma comunque ricostruibile un momento do- ve le varie tribù si ritrovano a confrontarsi: un luogo dove il riscontro è assai ap- prossimativo in termini intellettuali ma invaso da eloquenti segni di appartenenza a determinate tribù, espletati in un abbigliamento e in una gestualità che determi- nano una nuova cultura, non meno interessante di quella accademica. Almeno da un punto di vista antropologico. Esiste un filo diretto tra il linguaggio, l’arte e la musica. Personalmente vedo nella musica lo stimolo motrice di quest’evoluzione. La musica dei DJ, attraverso l’uso del campionamento di altra musica precedente- mente realizzata da differenti artisti, è rielaborata dal vivo nelle discoteche, realiz-

zando così composizioni assolutamente personalizzate con omaggi a questo o a quell’artista. La parte interessante di questo procedimento compositivo, non è tan- to l’omaggio, la citazione di un particolare brano, quanto la struttura lessicale di essa. La forma narrativa, che può essere applicata anche ad altre forme di narra- zione, si ritrova nella forma della sonata, elaborata a partire dal 1600 ed è la for- ma che più direttamente affronta il problema della organizzazione di un pensiero musicale. Una partitura divisa in tre movimenti: introduzione, conflitto, risoluzio- ne. Nella musica dei nostri giorni, invece, troviamo un brano che inizia e non ri- torna. Il giro musicale non riesce neppure ed entrare perché la ritmica si ferma nella ripetizione continua delle prime note che si susseguono, in quello che viene chiamato loop, che non evolve mai, se non con l’aggiunta di nuovi ritmi che inve- ce di portarci nell’evoluzione della canzone, rimangono in attesa, come un man-

tra. Quello che interessa è il loop, la ripetizione. Ballare sullo stesso brano che non

concede nient’altro, se non se stesso in mille forme, ma rimane uguale a se stesso. E questa peculiarità del loop, è la forma più attendibile per capire la società attuale del mondo occidentale. Una società talmente fragile ed inquieta che pur di non chiedersi dove sta andando, ripete incessantemente gli stessi output mediatici che ipnotizzano nel loro succedersi con i loro stessi cloni. In psicanalisi questa forma di ricerca di sicurezza è piuttosto normale nell’età dell’infanzia, ma se questo ac- cade in fase adulta si può tranquillamente definire una regressione. La sicurezza sta nel vedere, vivere la stessa sensazione, segno, suono, ripetuto all’infinito. Tutto si muove in fretta ma rimane sempre uguale. Viene a mancare l’isomorfismo del messaggio. Quello che importa è “esserci” è il passaggio. Mc Luhan diceva “the medium is the message”. Ora è la volta di “the transit is the message”. Questo pro- cesso di enunciato autoreferenziale riporta al Teorema di Incompletezza di Godel. Il contenuto non interessa più, non esiste più, e se c’è non si fa in tempo a fermar- lo ed analizzarlo perché non si fa in tempo. Tutto scorre, tutto transita. L’impor- tante è transitare e far parte del flusso.

1Riportiamo di seguito la trascrizione degli interventi di Luca Mazza e Livio Lanzetta, com-

ponenti dei Polina, e parte del dibattito con gli studenti.

2F. K.Prieberg, Musica ex machina, Einaudi, Torino 1963

Musica ex machina