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L’esperienza dell’INFS relative alla gestione faunistica degli agroecosistemi agricoli

LEC LENC

ANALISI DELLE MISURE DI CONSERVAZIONE/GESTIONE DEGLI HABITAT AGRICOLI ALL’INTERNO DELLE AREE HNVF

6.2 Analisi delle misure di conservazione/gestione degli habitat agricoli

6.2.5 L’esperienza dell’INFS relative alla gestione faunistica degli agroecosistemi agricoli

L’Istituto Nazionale Fauna Selvatica, oggi confluito in ISPRA, ha una notevole esperienza sulla gestione faunistica degli agro ecosistemi. Di seguito sono riportate le indicazioni di gestione tratte dalle seguenti pubblicazioni: Genghini M 2004; Genghini e Nardelli, 2005, Genghini M, 2007; Genghini M. 2008.

Coltivazioni e superfici per la fauna selvatica

Fra gli interventi con finalità faunistiche è possibile distinguere: Colture a perdere

Le coltivazioni per la fauna selvatica (colture a perdere) rappresentano una delle pratiche, soprattutto in campo venatorio, più tradizionali e diffuse sul territorio nazionale. Può trattarsi di rilascio o rinuncia alla raccolta di piccoli appezzamenti o “strisciate” di colture destinate originariamente alla produzione agraria (da cui il nome di “colture a perdere”) o di coltivazioni realizzate apposta per fini faunistici e quindi seminate ed eventualmente coltivate con questa finalità.

La maggior parte delle colture a perdere ha una durata annuale (anche se l’intervento può essere ripetuto nel corso degli anni) e pertanto non è in grado di influire in modo significativo e prolungato sulle caratteristiche degli agro-ecosistemi. Tuttavia è possibile realizzare dei piani pluriennali di intervento e gestione delle superfici.

Mantenimento dei residui colturali o stoppie

Il mantenimento dei residui colturali e delle stoppie consiste nel rilascio e mantenimento sul terreno, dopo la raccolta dei cereali (frumento, orzo, mais, sorgo, ecc.) e delle colture oleaginose (girasole, colza, ecc.) dei residui colturali (culmi o stocchi, semi ed erbe spontanee o ricacci della coltura precedente) e quindi nel ritardo o posticipazione della lavorazione del terreno (aratura, discatura, erpicatura, ecc.).

Maggese faunistico

Il maggese faunistico consiste invece nella gestione agronomico-ambientale dei terreni non coltivati provvisoriamente o ritirati dalla produzione (set- aside) in seguito a misure di politica agraria. Tra queste nel recente passato sono state previste diverse forme di set-aside: quello facoltativo o obbligatorio, quello annuale o poliennale, quello rotazionale o fisso, ecc.

Gestione dei margini dei campi (erbacei ed arboreo-arbustivi)

Fra gli interventi è possibile distinguere:

Creazione, mantenimento e ampliamento delle fasce erbacee non coltivate in prossimità o lungo gli appezzamenti agricoli (cavedagne, banchine, scarpate, ripe, ecc.)

Tali aree devono essere gestite riducendo al minimo le lavorazioni del terreno, lo sfalcio della vegetazione e i trattamenti con prodotti chimici. Quando queste operazioni risultano necessarie, per esigenze legate alla produzione agricola (in alcuni casi una volta l’anno in altri

ogni due anni), devono essere eseguite nei periodi meno dannosi alle specie selvatiche, in particolare per quelle che frequentano questi ambienti e per quelle di maggiore interesse naturalistico o venatorio, in linea di massima tra settembre e fine febbraio. Se non è possibile, per motivi legati a particolari esigenze delle produzioni agricole adiacenti, rinunciare all’impiego dei prodotti chimici, questi dovranno essere scelti con particolare cura in modo da non arrecare danno alle specie selvatiche.

Impianto e cura di siepi e filari di alberi

Si tratta della messa a dimora o del mantenimento di piante arboree e arbustive in ambiti ove predominano le coltivazioni agrarie intensive e vi è scarsa presenza di elementi naturali, al fine di creare strutture ecologiche adatte alla sosta, al rifugio ed alla riproduzione della fauna selvatica.

E’ possibile distinguere due tipologie principali di intervento: • Impianto di siepi arboreo-arbustive e di filari di alberi

- prima di effettuare l’intervento è necessaria un’adeguata preparazione del terreno (aratura, erpicatura, scavo di buche per la messa a dimora delle piante, aggiunta di torba, irrigazione e pacciamatura). La preparazione del terreno deve essere fatta con sufficiente anticipo rispetto all’impianto che deve avvenire nel periodo di riposo vegetativo, tra novembre e marzo, evitando le giornate di gelo e i periodi nei quali il suolo è troppo bagnato;

- lo sviluppo lineare deve essere di minimo 100 metri;

- le siepi sono da localizzare al limite dei diversi appezzamenti coltivati, lungo i canali o le rogge, preferibilmente creando intersezioni perpendicolari fra loro e/o linee sinuose interrotte da tratti inerbiti;

- le siepi arboreo-arbustive devono avere un’ampiezza minima di 4 metri ed essere accompagnate da una fascia di rispetto non coltivata mantenuta ad inerbimento naturale, per la larghezza di almeno 1 metro per lato;

- le siepi devono presentare un’elevata diversità strutturale e specifica ed essere costituite da una doppia fila alternata di arbusti appartenenti almeno a 5 specie diverse, da scegliere tra quelle in grado di produrre frutti eduli per la fauna selvatica. Deve essere previsto inoltre, nella misura minima di un esemplare ogni 10 metri di siepe, l’impianto di specie arboree di altezza superiore ai 3 metri, di almeno tre specie diverse. Queste ultime sono da scegliere in funzione dell’adattabilità alle condizioni ambientali della stazione d’intervento, devono essere autoctone e originarie della località oggetto della realizzazione;

- successivamente all’impianto devono essere effettuate operazioni di manutenzione, consistenti nel controllo delle specie infestanti, eventuali irrigazioni di soccorso e sostituzione delle fallanze;

- nelle fasce erbacee non devono essere impiegati concimi e fitofarmaci, non devono essere effettuati sfalci da marzo ad agosto, ma preferibilmente realizzati ad anni alterni.

• Riqualificazione e cura di siepi arboreo-arbustive e di filari di alberi

Il mantenimento, la riqualificazione e la cura degli elementi lineari già esistenti possono concretizzarsi attraverso i seguenti interventi:

- pulizia e lavorazione del terreno, eliminazione delle specie infestanti e messa a dimora di nuove piante in numero variabile, in ragione dello sviluppo dell’intervento, sulla base di 50

135 - conservazione di esemplari arborei maturi e installazione di cassette-nido per passeriformi

in numero variabile, in ragione dello sviluppo dell’intervento, secondo il rapporto di 5 cassette ogni 100 metri circa;

- inserimento, tra due elementi arborei del filare, di macchie arbustive costituite da 10 esemplari con l’eventuale sostituzione degli esemplari arborei in cattivo stato di conservazione;

- le specie utilizzate devono essere autoctone, adattabili alla stazione di riferimento, originariamente presenti nella zona, di età non inferiore ai 3 anni per le specie arbustive e 5 anni per le specie arboree. E’ da prevedere l’utilizzo di almeno 5 specie diverse per gli arbusti e di almeno 2-3 specie diverse per gli alberi. Le operazioni suddette devono svolgersi al di fuori del periodo riproduttivo, dal mese di ottobre a quello di febbraio.

Gestione degli habitat di collina e montagna

Gli interventi tecnici di gestione faunistica di questi territori si riassumono generalmente in due principali categorie di azioni:

- mantenimento o creazione delle aree aperte a vegetazione erbacea in territori ove prevale il bosco, l’arbusteto e l’incolto;

- gestione multifunzionale del bosco;

- a queste misure di base devono essere aggiunti interventi più specifici e mirati relativi alla realizzazione di strutture artificiali di alimentazione, abbeveraggio.

Gli interventi relativi del mantenimento, ripristino e creazione di aree aperte riguardano le seguenti azioni (Genghini, 2007; Genghini e Nardelli, 2005):

- semplici misure di mantenimento del prato e del pascolo, attraverso la realizzazione di uno sfalcio all’anno;

- realizzazione di un pascolo controllato (ovini, caprini, equini e anche asini);

- interventi più impegnativi di decespugliamento, ripristino o creazione di radure con semina di colture a perdere e di recupero degli incolti con decespugliamento ed impianto del prato. Per quanto riguarda gli interventi di gestione del bosco, nelle misure applicate attraverso la legislazione faunistico-venatoria è possibile ricordare:

- la pulizia del bosco (cura e gestione); - il diradamento delle aree e fasce arbustive; - la ripulitura del sottobosco;

- il ripristino delle aree incendiate;

- l’avviamento all’altofusto del bosco ceduo invecchiato;

CAPITOLO 7

INDIRIZZI GESTIONALI PER LA STESURA DI PROTOCOLLI