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14 Francesco Soverina, C’era una volta l’Ilva a Bagnoli, pag.1 in Resist-oria. Bollettino dell’Istituto campano per la storia della Resistenza, Napoli, s.l.e., 2018

15 Simonetta Ieppariello, Bagnoli e l’isola che non c’è. C’era una volta una fabbrica-il Circolo Ilva e gli ex lavoratori dell’Italsider: storie di un secolo di cambiamento, articolo, disponibile all’indirizzo https://www.ottopagine.it/na/attualita/158905/bagnoli-e-l-isola-che-non-c-e-c-era-una-volta-una-fab-brica.shtml, consultato a febbraio 2019

16 Egidio Dansero, Dentro ai vuoti. Dismissione industriale e trasformazioni urbane a Torino, Torino, edizioni Libreria Cortina Torino, 1993

CRISI, ABBANDONO, RICONVERSIONE L’esperienza italiana

come nuove occasioni per il recupero dell’assetto urba-nistico.

2. Una seconda fase ha visto invece crescere l’at-tenzione nei confronti del fenomeno dismissione nonché una presa di coscienza del problema, che vede quest’ul-timo confrontarsi con alcuni casi simili presenti nel pano-rama internazionale; a questo punto la problematica ha cominciato ad ampliare i suoi orizzonti, arrivando ad in-teressarsi non solo delle degli impianti che si erano già liberati delle precedenti funzioni industriali, ma anche di quelli ancora attivi e che sembravano liberabili.

3. L’ultima fase, più matura, ha mirato ad identifi-care una dimensione quantitativa del problema attraver-so una serie di censimenti ed analisi dei casi.

Si può dire dunque che gli studi italiani, così come quelli inglesi e francesi, si concentrino principalmente sull’im-portanza della mappatura come strumento per quantifi-care il patrimonio edilizio in disuso al fine di operare una valida strategia di recupero, valorizzazione e restituzione alla collettività dello stesso come presupposto per un nuovo utilizzo del bene.

A tal proposito è stata approvata la proposta di realizza-zione di una mappa dell’abbandono quale vero e proprio progetto di ricerca che mira a creare più

consapevolez-za su come gli spazi vacanti possano essere considerati come una risorsa efficace in vista, soprattutto, di progetti artistici, culturali e sociali.

L’Italia infatti, oltre ad essere un paese che emerge tra gli altri per la grande quantità di beni culturali presenti sul proprio territorio, presenta tuttavia un grande numero di beni abbandonati; recuperare questi spazi in disuso “si-gnifica non solo riappropriarsi di una parte del patrimonio culturale, ma significa anche agire sulla riqualificazione sociale del territorio, poiché spesso questi siti si trovano collocati in zone periferiche, significa altre sì dare nuove opportunità lavorative ai giovani all’interno delle proprie comunità locali attraverso azioni provenienti dal basso e quindi strettamente legate alle esigenze territoriali”.17 Iniziato quindi con la mappatura del territorio fiorentino, il progetto si è rapidamente esteso fino a coprire l’intero territorio toscano ed è ancora in continua espansione al punto che Il Senato italiano, ispirato al progetto, ha pro-mosso un’indagine a scala nazionale recante lo stesso nome.

La ricerca esamina quattro diversi aspetti dell’argomen-to: la memoria storica, l’archeologia contemporanea, le strategie di riutilizzo ed il consumo del suolo; per raggiun-gere i propri obiettivi la natura del problea è esaminata non solo tramite la mappatura del territorio, ma anche

17 Simona Politini, La mappa dell’abbandono: restituire alla comunità il nostro patrimonio, articolo disponibile all’indirizzo https://archeologiaindustriale.

net/4541_la-mappa-dell-abbandono-di-michela-montevecchi/, consultato a marzo 2019

mediante l’organizzazione di incontri, conferenze e work-shop ed utilizzando alcuni di questi luoghi come spazi per interventi artistici.

La mappatura non è altro che uno dei primi presuppo-sti per un lavoro di intervento che riguarda numerosi siti industriali dismessi e che permette di ragionare sui futuri progetti di recupero che possano regalare loro una nuo-va vita a beneficio della collettività, come sta accaden-do per il complesso della Manifattura Tabacchi di Firenze.

Il complesso industriale (simbolo dell’architettura raziona-lista italiana ed ormai in disuso) realizzato a Firenze negli anni Trenta per la lavorazione del tabacco e la produzio-ne di sigari e sigarette è dismesso dal 2001 e vedrà la sua rinascita a nuova vita dopo quasi venti anni di abbando-no; la Manifattura è oggetto di un progetto di recupero che punta tutto sulla riqualificazione dei fabbricati

esi-stenti (senza tralasciare la valorizzazione della memoria e dell’identità del luogo) e sulla creazione di un nuovo quartiere attrattivo per la città che guardi alla cultura ed alla creatività, ma anche al turismo e all’artigianato, il tut-to integratut-to con residenze e luoghi dedicati all’istruzione.

L’intero progetto ruota attorno ad una piazza coperta svi-luppata su più livelli e fruibile durante tutto l’arco dell’an-no, sovrastata da una copertura vetrata che ingloba la vecchia officina, situata proprio al centro della piazza stessa.

Il piano terra prevede la presenza di luoghi dedicati al ri-storo, laboratori per gli artigiani e spazi per eventi tempo-ranei; ai piani superiori troveranno invece spazio ambienti di co-working. Sono inoltre stati pensati alcuni ambienti per favorire l’interazione sociale: mercati d’arte, un teatro ed un cinema all’aperto.

L’immagine aerea mostra la grandezza della Manifattura: un’area di sei ettari, composta da sedici edifici ed una superficie coperta di 100.000 metri quadri.

CRISI, ABBANDONO, RICONVERSIONE L’esperienza italiana: la Manifattura Tabacchi a Firenze

Il masterplan di progetto, con la distribuzione delle funzioni che saranno presenti all’interno dell’ex complesso industriale, firmato dallo sudio Concrete Architectural Associated.

Concept progettuale dello studio Concrete Architecctural Associated: la piazza centrale accoglierà il mercato e le botteghe, ma anche luoghi di incontro.

L’area che ospitava il dopo lavoro della Manifattura sarà adibita a teatro, con spettacoli sia all’interno che all’esterno. (Schizzo dello studio Concrete Architectural Associated)

Gli spazi saranno animati da laboratori ed atelier in cui gli artisti potranno produrre ed esporre le proprie opere. (Schizzo dello studio Concrete Archi-tectural Associated)

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