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Espressioni del primo impatto con l’isola sconosciuta: la

Nel documento Da Salvadori a Joyce Lussu (pagine 158-163)

II.4 D A S ALVADORI A J OYCE L USSU

II.4.3 Espressioni del primo impatto con l’isola sconosciuta: la

Ho trovato in una vecchia cartella dei manoscritti ingialliti [...] di più di trent’anni fa. Racconti, versi, articoli sulla Sardegna, espressione del mio primo impatto con l’isola sconosciuta, che ho visto nel settembre del ’44, umiliata e immiserita dal fascismo e dalla guerra.125

Con la presente affermazione, che apre la raccolta di racconti del 1982 L’olivastro e l’innesto, Joyce fa riferimento anche ai tre scritti pubblicati per la prima volta nel ’49 in «Botteghe Oscure»: La

matriarca, La bambina e La giubba del reduce.126

Nelle tre novelle vengono esposte diverse tematiche, dalla povertà all'onore, sullo sfondo dell’inconfondibile terra sarda. Si tratta della Sardegna dell’imminente secondo dopo guerra, le trame ruotano attorno a giri di vite appartenenti a personaggi che sembrano far parte di una tragedia, come molte delle figure deleddiane. È una terra che purtroppo non è cambiata col passare del tempo, e appare agli occhi di Joyce non solo «umiliata e immiserita» dalla guerra, ma anche come la stessa isola deleddiana, atrofizzata e immutata negli anni.

Una particolare analogia, quella tra Joyce Lussu e Grazia Deledda che nessuno prima ha mai affrontato, probabilmente per

125 Joyce LUSSU,L’olivastro e l’innesto, edizione speciale per «La Nuova Sardegna»,

collana a cura di Manlio Brigaglia, 2003, 7.

126 Joyce LUSSU, La Bambina, La Matriarca, La Giubba del reduce, in «Botteghe oscure», quaderno III, I semestre 1949, 197-209; tr. inglese in Marguerite CAETANI,

An antology of New Italian Writers, (Two short stories: The matriarch e The bambina), Ist. Geografico Tiberino, Roma, 1950; J. LUSSU,L’olivastro e l’innesto..., La bambina, 57-58;

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Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali – Università degli Studi di Sassari

via della profonda diversità tra le due autrici, ma che curiosamente si rivela in questi racconti sulla Sardegna. Le coincidenze non sono date dalla prossimità cronologica, ma dallo stile narrativo e dai temi che caratterizzano i racconti: gli usi e costumi dell’isola.

La vicinanza tra le due autrici è data soprattutto dalla tendenza sia di Deledda che di Joyce Lussu a una rappresentazione di tipo antropologico delle comunità che vedono. Per esempio l’insistenza su un conflitto delle generazioni che regge la trama, ne La matriarca, con Marietta, la giovane che cerca di sottrarsi alle dure condizioni domestiche, e Donna Raimonda che in tutto e per tutto resiste, incarnando il caparbio mos maiorum; così come accade in Fior di

Sardegna, dove Maura lotta contro una madre ignorante, fossilizzata

e analfabeta.

Come noto, la Deledda adotta con frequenza nelle sue narrazioni una modalità di tipo autobiografico, sono numerose infatti le eroine nelle quali si avverte la proiezione che l’autrice fa di sé, con una costante allusione alla propria formazione culturale, d’altra parte la Lussu non fa altro che illustrare ciò che vede e vive in questo suo primo viaggio. Una porzione fantasiosa è certamente presente, ma in minima parte, con la mera funzione di struttura per la trama, molta è invece una verità svelata tra le righe, che interessa la modernissima Joyce, così come aveva interessato la altrettanto moderna scrittrice primo novecentesca. E cioè che i rapporti sociali si reggono su un continuo sottile conflitto intergenerazionale e garantisce la continuità della metamorfosi delle abitudini, delle convinzioni etiche e politiche: «Nella sua santa ignoranza, donna

Margherita non sapeva che il mondo cammina e la civiltà progredisce e i sentimenti delle nuove generazioni cambiano».127

Nel primo dei tre racconti, La Matriarca, impersonata dalla figura di Donna Raimonda è strettamente collegabile a Donna Margherita di Fior di Sardegna. Nonostante l’età e le precarie condizioni di salute, la donna, definita nel testo da appellativi come: “la padrona”, “la regina”, “la santa”, proprio come il personaggio deleddiano,128 regge le fila dell’intera famiglia, proteggendo le figlie

e la loro reputazione nel paese. Le figlie di Donna Ramonda e quelle di Donna Margherita si spostano tra casa e chiesa, e vivono unicamente in funzione della vecchia madre malata, così come le sorelle Pintor, di Canne al vento, che vivono sotto la tirannica tutela del padre: «[...] dentro casa come schiave le quattro ragazze [...] E come schiave esse dovevano lavorare, fare il pane, tessere, cucire, cucinare, saper custodire la loro roba».129 A questa strettissima

condizione domestica, tenta di ribellarsi solo Marietta, che incontra dopo tanti anni Corraine Sulis, l’amore platonico giovanile. L’uomo decide di chiederla in sposa, ma la sua richiesta viene prontamente rifiutata da Donna Raimonda, che gli nega persino l’accesso in casa. Marietta trasgredendo – seppure col solo pensiero – le regole

127 Grazia DELEDDA, Fior di Sardegna, Nuoro, Il Maestrale, 23.

128 Ivi, 24: «Donna Margherita era una buona e Santa Donna». 129 Grazia DELEDDA, Canne al vento, Milano, Treves, 1913, 10.

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imposte dalla madre, si tormenta a tal punto da non riuscire a reggere la situazione, e decide di suicidarsi nel fiume.

L’amore in questo caso, pur nascendo con naturalezza, in Joyce come nella Deledda, non è mai un sentimento puro e viene costantemente punito dalle coscienze morali di quei tempi, rappresentate in questo caso da Donna Raimonda, ma anche dalla figura serva, che con fare stoico, non ferma il tragico gesto finale di Marietta pur conoscendone le intenzioni.

Il dolore è un altro dei sentimenti presenti nei racconti, sotto i suoi molteplici aspetti, i personaggi vivono una vita senza pace e senza conforto, tormentati da numerosi rimpianti. Nel secondo racconto, intitolato La bambina, è presente sia la sofferenza che il senso di oppressione di una madre, che per non avere sensi di colpa nei confronti del divino, continua a mettere al mondo figli rischiando la propria vita, perché come le aveva suggerito il parroco: «è peccato rifiutare i figli che manda la Provvidenza».130

In questa novella la figura del parroco è centrale, si tratta di un personaggio che oltre a essere portatore del “Verbo”, incarna il giusto giudizio. Don Gesumino non solo sostituisce la figura maschile della famiglia, dato che Egidio, il marito di Antonia passa buona parte della giornata a lavorare nei campi; ma rappresenta soprattutto il padre spirituale della donna, il medesimo ruolo di Efix nei confronti delle sorelle Pintor in Canne al vento.

La descrizione della cucina sarda è presente nella Deledda, così come nella Lussu, con una particolare attenzione della descrizione

delle abitudini alimentare regionali, un esempio è il piatto che la madre del La giubba del reduce, avrebbe voluto preparare per celebrare il ritorno del figlio:

Mariasanta piangeva ogni volta che pensava, come sarebbe stato bello sgozzare il maiale alla presenza di Francesco, e preparare per lui le salsicce dolci di sangue e saba e arrostire allo spiedo il fegato fresco nella rete di grasso rosa. E mangiavano il pane solo per poter vendere qualche formaggio, e mettere da parte un po’ di soldi per comprare [...] un bel pezzo di carne, e anche il semolino per fare i ravioli col ripieno di patate e un bel sugo al pomodoro.131

Il racconto si svolge intorno a Francesco, protagonista appartenente all’ambiente agro-pastorale. Un personaggio negativo, che con la sua attitudine pusillanime e meschina sembra valorizzare la virtù dei suoi antagonisti positivi.

I racconti sono abitati da personaggi sottomessi, primitivi, intenti a svolgere lavori domestici o sui campi e le narrazioni non sono altro che affreschi della vita rurale sarda, ricchi di componenti propri di una certa novella realista: approfondimenti della psicologia dei personaggi, comportamenti individuali in continuo scontro con la società che cambia e una dedita accuratezza nella descrizione degli spazi.

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