La biomassa raccolta viene conferita ad un piazzale di lavorazione e stoccaggio, dove è sottoposta ad un processo di essiccazione e stagionatura prima della sua commercializzazione e successivo conferimento per la conversione energetica. La fase di essiccazione è fondamentale per ridurre il quantitativo di umidità presente nella biomassa, che generalmente viene stoccata una volta che è già stata trinciata (nel caso di colture erbacee, da falciatrinciacaricatrici) oppure sottoposta a cippatura (nel caso di biomasse ligno-cellulosiche, mediante cippatrici). Tuttavia si può ricorrere anche all’essiccazione della materia prima e successivamente operare la cippatura (caso della biomassa legnosa). Si riportano quindi le principali tecniche di essiccazione delle biomasse, classificate sinteticamente in base al meccanismo principale: naturale o forzata.
Essiccazione naturale della materia prima legnosa
Per quanto riguarda la biomassa legnosa, può essere lasciata in bosco tal quale o ridotta in tronchetti; il grado di umidità finale dipende dalla durata della stagionatura del legno e può passare dal 50-55% al 35-45%, per una stagione, fino ad arrivare a valori del 18-25% dopo due anni. Per quanto riguarda le colture SRF, la possibilità di stoccare le piante intere all’aperto è praticabile per la presenza della corteccia che rallenta l’assorbimento dell’acqua da parte del legno. Operare prima l’essiccazione e poi la cippatura permette di stoccare materiale con basso tenore di umidità, di conseguenza la superficie attaccabile da funghi e parassiti è minore e diminuiscono i rischi di degradazione delle caratteristiche della biomassa.
Essiccazione naturale in campo
Questa tecnica sfrutta lo spontaneo abbattimento del contenuto idrico della biomassa. Nel caso del miscanto, ad esempio, la raccolta tardiva a febbraio-marzo permette il parziale essiccamento naturale delle piante in pieno campo, raggiungendo valori di contenuto idrico inferiori al 15-20%. Anche in tal caso lo stoccaggio del materiale non risente di problemi legati a fenomeni fermentativi e degradativi visto il basso tenore di umidità della biomassa. Tale tecnica comunque non è utilizzabile con tutte le colture: la canna comune, ad esempio, non perde umidità come il miscanto, pertanto si ricorre a tecniche di essiccazione forzata.
4 Pre-trattamenti biomasse tradizionali
53 Essiccazione naturale in cumulo
Questa tecnica prevede la formazione di cumuli di materiale lavorato, ossia trinciato oppure cippato, che abbia un elevato tenore di umidità (50-60%). La bassa densità del materiale comporta l’utilizzo di vaste superfici su cui realizzare i cumuli. In particolare è necessario garantire un isolamento dal terreno tramite teloni plastici sia per motivi legati all’umidità e a possibili ristagni d’acqua sotto il cumulo, sia per evitare l’inquinamento della biomassa con materiale estraneo.
Il processo alla base dell’essiccazione naturale in cumulo risiede nell’auto-riscaldamento che si verifica al suo interno a causa dell’attacco della biomassa da parte di funghi, batteri e muffe. I cumuli di biomassa sminuzzata iniziano così un processo di fermentazione raggiungendo al loro interno temperature di 70-80 °C. L’azione di questi agenti di fermentazione comporta tuttavia una perdita di sostanza secca intorno al 20%. Inoltre possono sorgere problemi di salute per gli operatori specialmente nelle fasi successive all’essiccazione in cui il cumulo viene smosso per essere trasportato altrove.
I vantaggi nella scelta di questo processo di essiccazione sono molteplici:
- è economico e non incide sul consumo energetico dell’impianto di produzione della biomassa
- il processo fermentativo si arresta naturalmente quando il tenore di umidità della biomassa scende sotto un valore che non permette più l’attività biodegradante - il processo fermentativo può essere controllato creando cumuli che facilitano
l’areazione naturale al loro interno, con conseguente più veloce diminuzione del contenuto idrico. Si ricorre per questo a pezzatura grossolana della biomassa.
Accorgimenti per l’essiccazione naturale: cumuli all’aperto o sotto copertura
La soluzione migliore per evitare gli effetti dei fenomeni meteorologici sui cumuli è rappresentata dalla realizzazione di coperture ben areate (tettoie). In questo modo il cumulo di materiale rimane asciutto sia nella parte a contatto con il suolo sia sulla superficie. Inoltre la realizzazione ottimale consente l’areazione del cumulo, facilita le operazioni di carico/scarico da parte delle macchine e impedisce al vento di spargere via il materiale. Per contro questa soluzione aumenta i costi complessivi del processo di essiccazione.
Nel caso in cui non sia possibile realizzare coperture dedicate all’essiccazione della biomassa si può ricorrere all’uso di teli traspiranti speciali da applicare sopra i cumuli. Questi teli, composti da polipropilene, sono resistenti ai raggi UV e sono in grado di far traspirare l’acqua che evapora dal materiale sottostante in fermentazione e, contemporaneamente, impediscono la penetrazione dell’acqua meteorica nel cumulo (avendo cura che non si creino ristagni d’acqua sulla superficie del telo). Inoltre il telo funge anche da vero e proprio contenitore della biomassa, impedendo che questa si disperda a causa di fenomeni meteorologici.
4 Pre-trattamenti biomasse tradizionali
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I tempi necessari per l’essiccazione della biomassa fino a valori specifici di umidità sono influenzati da una serie di fattori quali il clima del luogo, la stagione in cui avviene il processo, il tipo di biomassa. In maniera molto indicativa possono essere inquadrati come tempi necessari al processo un minimo di 1 mese / 1 mese e mezzo fino a 6 mesi.
Tuttavia i tempi esatti cui sottoporre la biomassa al processo di essiccazione derivano da un costante monitoraggio della qualità e della composizione della stessa durante il processo. In tal modo, una volta che si siano raggiunte le condizioni specifiche per il processo cui la biomassa è destinata, è possibile interrompere l’essiccazione al momento opportuno e procedere con le operazioni di trasporto.
Essiccazione forzata
L’essiccazione naturale è ovviamente da preferire per i vantaggi in termini economici e di bilancio energetico che essa comporta sulla filiera di produzione della biomassa. Tuttavia nei casi in cui essa non sia una soluzione percorribile, si ricorre all’essiccazione forzata, ossia indotta da circolazione di aria, sia essa pre-riscaldata o meno, all’interno del cumulo di cippato o di trinciato. Questo è un ambito in cui la ricerca ha concentrato il suo interesse per cercare di rendere meno oneroso il processo di essiccazione. Sono stati per questo ideati schemi impiantistici che integrano il più possibile i flussi energetici all’interno di un’azienda minimizzando gli sprechi. La sorgente di calore per pre-riscaldare l’aria può quindi essere costituita da recuperi termici vari da utenze proprie dell’azienda, oppure può essere fornito calore da impianti a pannelli solari. In ogni caso i sistemi che realizzano l’essiccazione forzata sono poco standardizzati e sono prettamente specifici per ogni tipo di applicazione.
I consumi energetici legati al funzionamento del ventilatore, che induce la circolazione dell’aria attraverso la biomassa, e dell’eventuale sistema di pre-riscaldamento della stessa sono ammortizzati dalla possibilità di operare la fase di essiccazione con tempi più rapidi (rispetto alla modalità naturale) e di controllare meglio il processo.
La molteplicità di soluzioni possibili esula da una descrizione completa delle varie tecniche di essiccazione forzata in questo lavoro.